Folgen
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I Borgia sono passati alla Storia come una delle famiglie più perfide e corrotte del Rinascimento. Ma era vero? Ancora nella prima metà dell’800, poco prima che cominciasse una riabilitazione dei Borgia, molti storici erano convinti che la storia del clan fosse stata solo una lunga sequenza di infamie. Ma incesti, avvelenamenti e corruzione che vengono loro attribuiti furono reali? Alessandro, Lucrezia e Cesare furono davvero spietati e lussuriosi come sono stati dipinti? La verità, come spesso accade, sta nel mezzo visto che i metodi con cui avevano governato non erano molto diversi da quelli usati da molte altre grandi famiglie dell’epoca. Ma, allora, perché tanto accanimento contro di loro? Perché, alla fine dei giochi, ai Borgia toccò la parte dei vinti. E la Storia, si sa, viene scritta dai vincitori. Insomma la loro leggenda nera nacque perché i primi a raccontarne la vicenda furono essenzialmente i loro nemici.
Per Storiainpodcast, la scrittrice Carla Maria Russo, ci aiuta a capire meglio fatti e misfatti dei Borgia e ci racconta il controverso personaggio di Lucrezia Borgia che ha incarnato nell’immaginario collettivo, con. La ricerca storica ci ha invece restituito, specie negli ultimi anni, l’immagine di una donna non priva di punti oscuri, ma la cui fama negativa è stata spesso esagerata rispetto alle reali vicende, che l’hanno vista molto spesso essere a sua volta vittima delle dinamiche interne alla sua stessa famiglia. In tutti i casi la storia di Lucrezia, e quella dei Borgia più in generale, è la storia di una esponente di una tra le famiglie più illustri del Rinascimento italiano, la cui vicenda è fortemente segnata da un periodo, quello a cavallo tra XV e XVI secolo, di grandi cambiamenti culturali e di forte instabilità politica; fattori che hanno senza dubbio contribuito all’evoluzione della vita della giovane nobildonna.
Carla Maria Russo ha scritto “Le nemiche” per Piemme.
A cura di Francesco De Leo. Montaggio di Silvio Farina.
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In questo podcast, l’ambasciatore Domenico Vecchioni racconta la storia di Suez, il canale che ha cambiato la geografia del mondo.
Inaugurato alla fine del XIX secolo, il canale di Suez ha attraversato tre secoli di storia: testimone dell’evoluzione dei tempi, protagonista delle contese militari tra gli stati che se lo disputavano, spesso sfruttato come via degli imperi coloniali, sempre comunque al servizio del commercio marittimo internazionale, di cui è stato un formidabile volano di sviluppo. Nell’antichità il canale infiammò l’immaginazione dei grandi costruttori egizi e, 30 secoli dopo, alimentò l’entusiasmo del visionario Ferdinand de Lesseps, traducendo in realtà quell’antico sogno dell’umanità. Una storia affascinante fatta non solo di vicende strettamente legate alla conformazione dell’idrovia o alle evoluzioni del traffico marittimo mondiale, ma anche del racconto dei protagonisti di una straordinaria avventura che ha modificato la geografia del mondo; una storia che parla anche della creazione e sviluppo delle “città del canale”, degli spostamenti e delle evoluzioni delle popolazioni.
Domenico Vecchioni ha scritto “Suez. Il Canale che ha cambiato la geografia del mondo” per Rusconi Libri. L’ambasciatore Vecchioni – storico e saggista – ha prestato servizio a Le Havre (Consolato), a Buenos Aires (Ambasciata), a Bruxelles (NATO) e a Strasburgo (Consiglio d’Europa). Alla Farnesina ha ricoperto gli incarichi di Capo segreteria della direzione generale delle relazioni culturali, Capo segreteria della Direzione generale del personale, Capo ufficio “Ricerca, Studi e Programmazione”, Ispettore delle Ambasciate e dei Consolati italiani all’estero. È stato quindi Console generale d’Italia a Nizza e a Madrid. Vice Rappresentante permanente presso il Consiglio d’Europa, dal 2005 al 2009 ha ricoperto l’incarico di Ambasciatore d’Italia a Cuba.
A cura di Francesco De Leo. Montaggio di Silvio Farina.
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Fehlende Folgen?
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Come era arrivato al potere Stalin? Aveva iniziato la sua scalata dopo la morte di Lenin (1924): uscì vittorioso dalla lotta per la successione, sfruttando ogni mezzo, persona e occasione. Poco alla volta, accentrò tutti i poteri nelle proprie mani, cancellando qualsiasi oppositore. “Stalin era un ragno e chiunque si fosse avvicinato alle sue tele doveva morire”, fu la descrizione postuma che ne fece il compositore russo Dmitrij Šostakovich. A raccontarci la parabola di Stalin è lo storico Andrea Romano, docente di Storia contemporanea presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata.
Si stima che sarebbero 20 milioni le vittime complessive della dittatura di Stalin tra la fine degli Anni ’20 e il 1953. La cifra comprende le persone liquidate con le “purghe staliniane” (i processi-farsa che miravano a epurare dal partito comunista gli elementi “controrivoluzionari”), i morti nei gulag e quelli provocati dalle carestie indotte dalla collettivizzazione forzata.
Andrea Romano, autore del podcast, è Professore associato di Storia contemporanea presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Ha scritto tra l’altro “Contadini in uniforme. L’Armata Rossa e la collettivizzazione delle campagne nell’URSS”, Firenze, Leo S. Olschki, 1999; “Russia in the Age of Wars 1914-1945” (con Silvio Pons), Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Annali XXXIV, Milano, Feltrinelli, 2000; e “Lo Stalinismo. Un’interpretazione storica”, Bruno Mondadori Editore, 2002.
A cura di Francesco De Leo. Montaggio di Silvio Farina.
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Il 5 marzo 1953 moriva Stalin, l’uomo che aveva tenuto in pugno l’Unione Sovietica per quasi trent’anni, vincitore della guerra contro Hitler ma persecutore del proprio popolo. Il giorno dopo l’Unione Sovietica si risvegliò disorientata, scioccata, piena di incognite. Che cosa aveva rappresentato per l’Unione Sovietica quel “Piccolo padre”, come la propaganda chiamava Stalin? E che cosa rappresenta ancora oggi? Ce lo spiega su Storia in Podcast lo storico Andrea Romano, docente di Storia contemporanea all’Università Roma Tor Vergata.
Stalin era stato colpito da un ictus verso le 18:30 del 1° marzo 1953, nella sua dacia fuori Mosca. Le guardie se ne accorsero solo verso le 10 di sera. Il dittatore fu trovato a terra in pigiama e maglietta, in mezzo alla propria urina. Furono subito avvisati i vertici dell’Urss, tra i quali il ministro degli Interni Berija e l’astro nascente Nikita Krusciov. Dodici ore dopo il colpo apoplettico erano intorno al leader agonizzante sul divano. Ma solo la mattina seguente decisero di chiamare i medici.
Fu un ritardo voluto? Alcuni, in realtà senza prove concrete, sostengono la tesi di un avvelenamento: fu probabilmente il tempo necessario per trovare un accordo sulla gestione del Paese e la futura distribuzione del potere...
Andrea Romano, autore del podcast, è Professore associato di Storia contemporanea presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata. Ha scritto tra l’altro “Contadini in uniforme. L’Armata Rossa e la collettivizzazione delle campagne nell’URSS”, Firenze, Leo S. Olschki, 1999; “Russia in the Age of Wars 1914-1945” (con Silvio Pons), Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Annali XXXIV, Milano, Feltrinelli, 2000; e “Lo Stalinismo. Un’interpretazione storica”, Bruno Mondadori Editore, 2002.
A cura di Francesco De Leo. Montaggio di Silvio Farina.
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Nell'XI secolo in gran parte dell'Europa vigeva il sistema monetario carolingio per il quale l'unità di riferimento era la lira d'argento. Nel XIII secolo però si impone l'utilizzo dell'oro nella monetazione europea. I primi a coniare una moneta d’oro furono i genovesi ma la grande affermazione avvenne tramite il fiorino d’oro coniato nel 1252 a Firenze, che allora vantava una potenza economica incredibile (qui nacquero anche le cambiali e le assicurazioni).
Comincia da qui la seconda parte del podcast sulla storia delle monete in Europa: lo storico Sergio Valzania ci racconta dieci monete famose, fino alla decisione di affidare proprio a una moneta unica la funzione trainante del progetto europeo.
Sergio Valzania, scrittore, saggista e storico, autore radiofonico e televisivo, è stato vicedirettore di Radio Rai. Collabora con L’Osservatore romano e con radio InBlu2000. Ha scritto per Il Mulino Le vie delle monete.
A cura di Francesco De Leo. Montaggio di Silvio Farina.
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Le monete, quasi più degli uomini, si sono sempre spostate liberamente in tutta Europa: l’ampiezza della loro diffusione ci parla dell’intensità dei loro scambi. Fino all’invenzione della stampa nessuno strumento ha fatto circolare informazioni, progetti, scelte religiose o notizie di cronaca con la velocità e la capacità di penetrazione delle monete. Quasi ogni passaggio della storia dell’Europa può essere raccontato, e compreso, attraverso le vicende delle monete che l’hanno accompagnata: la nascita dell’impero romano sotto Ottaviano, gli splendori del Rinascimento italiano e il siglo de oro spagnolo, la meteora napoleonica. In questo podcast, lo storico Sergio Valzania, ci accompagna in un raccono di dieci monete famose che culmina con la decisione di affidare a una moneta unica la funzione trainante del progetto europeo.
Sergio Valzania, scrittore, saggista e storico, autore radiofonico e televisivo, è stato vicedirettore di Radio Rai. Collabora con L’Osservatore romano e con radio InBlu2000. Ha scritto per Il Mulino Le vie delle monete.
A cura di Francesco De Leo. Montaggio di Silvio Farina.
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Qual è il rapporto tra sport e politica internazionale. Cosa sono i boicottaggi sportivi, e a cosa servono. Qual è stata la storia dei boicottaggi sportivi nel Novecento. In che modo la guerra fredda ha impattato sul movimento sportivo internazionale. Perché la Russia è oggetto di sanzioni sportive internazionali.
Il podcast è curato da Leo Goretti, storico e responsabile del programma di politica estera dell’Italia presso l’Istituto Affari Internazionali (IAI) di Roma.
Montaggio di Silvio Farina.
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Sigmund Freud, medico neurologo e fondatore della psicoanalisi, aveva un cane: Jofi. Era un Chow Chow e visse con lui dal 1930 al 1937. In questo podcast vi raccontiamo la sua storia.
Jofi faceva anche da segretaria al dott. Freud, indicandogli quando la seduta era terminata. Trascorsi 50′, si alzava, andava alla porta e faceva capire al suo padrone e al paziente che il tempo era finito. Freud non aveva neanche bisogno dell’orologio, era Jofi a pensarci. Il medico riteneva che Jofi avesse anche un effetto tranquillizzante sui pazienti, soprattutto bambini. Per tutto questo Jofi è passato alla storia come l’assistente del dott. Freud.
A cura di Francesco De Leo.
Interpretato da Mario Cagol.
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Al funerale dell’ebreo polacco Raphael Lemkin morto a New York il 28 agosto del 1959 ci furono solo sette persone, come capita per la maggior parte degli uomini giusti che vengono dimenticati per l’ingratitudine umana.
Eppure Lemkin è stato uno dei grandi protagonisti della Storia, che ha allertato il mondo già nel 1933 contro le minacce di Hitler agli ebrei; che, fuggito dalla Polonia dove tutta la sua famiglia fu assassinata, cercò di convincere l’amministrazione americana a dare un nuovo indirizzo alla guerra per salvare gli ebrei; che dopo la guerra fu l’artefice della Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio che venne approvata nel 1948 alle Nazioni Unite.
A Lemkin dobbiamo la stessa creazione della parola genocidio che non esisteva nel lessico politico e che rappresenta un ibrido tra la parola greca “genos”, stirpe, usata da Platone nella Settima lettera e dal latino “cidio”, uccidere. Voleva che questa parola fosse sulla bocca di tutti come un marchio di un prodotto di largo consumo che tutti ricordassero a memoria e che avesse il valore di un nuovo comandamento: non commettere un genocidio. E che in nome di questo comandamento si unissero tutti gli Stati del mondo affinché non si ripetesse una nuova Shoah.
Saggista e scrittore, Gabriele Nissim autore del podcast, è fondatore e presidente della fondazione Gariwo, la onlus che si occupa della ricerca delle figure esemplari dei Giusti. Nel 2003 ha promosso a Milano la costruzione del Giardino dei Giusti di tutto il mondo, e in seguito la campagna che ha portato alla proclamazione della Giornata europea dei Giusti, il 6 marzo, istituita dal Parlamento euro-peo nel 2012, e all’approvazione da parte del Parlamento italiano, nel dicembre del 2017, della legge che istituisce la Giornata dei Giusti dell’umanità. Nel 2018 è stato nominato dal presidente francese Macron Cavaliere dell’Ordine Nazionale al Merito «per il suo impegno al servizio della memoria e delle relazioni tra i nostri due Paesi» e nel 2021 commendatore della Repubblica dal presidente Mattarella. Has scritto per Rizzoli “Auschwitz non finisce mai”.
A cura di Francesco De Leo. Montaggio di Silvio Farina.
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Vi raccontiamo la storia di Juan Carrito, l’orso bruno marsicano morto il 23 gennaio 2023 su una strada che conduce al cimitero di Castel di Sangro, nell’Aquilano d’alta quota, dove un’auto lo ha travolto. Diventato famoso per le sue scorribande alla ricerca di cibo nei paesi dentro e fuori dal Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, è un esemplare di 150 chili, uno dei quattro cuccioli gemelli di mamma Amarena, nato nel Parco nazionale quattro anni fa.
La storia del plantigrado, un orso confidente e fin troppo abituato alla presenza dell’uomo, narrata da Luciano Sammarone, direttore del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Catturato più di un anno fa e spostato sulle pendici boscose della Maiella, l’animale tornato libero era rientrato in breve nella zona che già conosceva. Intorno al collo, così da non perderne le tracce, aveva un collare con gps.
In base ai recenti censimenti, sono rimasti poco più di 50 esemplari di questa specie; attraverso i progetti dell’Unione europea, l’impegno era di raddoppiare l’area della specie e il numero di individui presenti entro il 2050.
“Ho appreso con grande dolore la notizia dell’investimento mortale di Juan Carrito, l’orso marsicano più famoso e amato d’Abruzzo”, commenta il presidente della Regione Abruzzo, Marco Marsilio: “La sua perdita rattrista non solo l’Abruzzo ma il mondo intero che ha scoperto l’Abruzzo e la bellezza degli orsi attraverso i numerosi video che lo ritraevano sin da cucciolo con i suoi fratelli e l’orsa Amarena”.
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Il 16 gennaio 2023 è stato arrestato il capomafia Matteo Messina Denaro nella clinica Maddalena di Palermo, in cui era in cura. “Mi chiamo Matteo Messina Denaro”, ha subito detto rivolgendosi con fare arrogante al carabiniere del Ros che stava per arrestarlo. “Abbiamo catturato l’ultimo stragista responsabile delle stragi del 1992-93”, sono state le prime parole del procuratore di Palermo Maurizio De Lucia. Per Storiainpodcast, il giornalista e saggista Giovanni Bianconi, traccia il profilo del boss.
Figlio del vecchio capomafia di Castelvetrano Ciccio, storico alleato dei corleonesi di Totò Riina, Matteo Messina Denaro era latitante dall’estate del 1993, quando in una lettera scritta alla fidanzata dell’epoca, Angela, dopo le stragi mafiose di Roma, Milano e Firenze, preannunciò l’inizio della sua vita da Primula Rossa. “Sentirai parlare di me – le scrisse, facendo intendere di essere a conoscenza che di lì a poco il suo nome sarebbe stato associato a gravi fatti di sangue – mi dipingeranno come un diavolo, ma sono tutte falsità”. Il capomafia trapanese è stato condannato all’ergastolo per decine di omicidi, tra i quali quello del piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito strangolato e sciolto nell’acido dopo quasi due anni di prigionia, per le stragi del ’92, costate la vita ai giudici Falcone e Borsellino, e per gli attentati del ’93 a Milano, Firenze e Roma. Messina Denaro era l’ultimo boss mafioso di “prima grandezza” ancora ricercato. Per il suo arresto, negli anni, sono stati impegnati centinaia di uomini delle forze dell’ordine. Oggi la cattura, che ha messo fine alla sua fuga decennale. Una latitanza record come quella dei suoi fedeli alleati Totò Riina, sfuggito alle manette per 23 anni, e Bernando Provenzano, riuscito a evitare la galera per 38 anni.
Giovanni Bianconi, giornalista del Corriere della Sera, ha recentemente scritto per Solferino il saggio “Un pessimo affare. Il delitto Borsellino e le stragi di mafia tra misteri e depistaggi”.
A cura di Francesco De Leo. Montaggio di Silvio Farina.
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Questa docuserie è dedicata al Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, dove da un secolo la natura è protetta. Cento anni fa, nel cuore dell’Appennino, quella che era stata una riserva di caccia del Re d’Italia si trasforma in uno dei luoghi più belli del nostro Paese. Paesaggi mozzafiato, animali straordinari e immense foreste che si distendono sui pendii delle montagne come una coperta dai colori intensi e profondi, che custodisce la fragile vita animale che vi ha trovato rifugio. Oltrepassandone i confini si percepisce chiara la sensazione di trovarsi in un luogo in cui la Natura ha ricevuto un rispetto singolare ed è stata libera di evolversi spontaneamente accanto all’uomo.
Oggi chi dedica la propria esistenza alla protezione del Parco cerca in ogni modo di coniugare la conservazione con lo sviluppo umano e sostenibile del meraviglioso territorio in cui è immerso, nella costante e a volte difficile ricerca del sottile equilibrio tra essere umano e natura. Le loro voci vi accompagneranno alla scoperta del Parco.
Docuserie in 3 puntate.
Intervengono nell’ordine Giovanni Cannata (Presidente del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise), Luciano Sammarone (Direttore del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise), Daniela D’Amico (Responsabile dell’Ufficio Promozione e Rapporti internazionali del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise), Roberta Latini (Responsabile Uffici studi e ricerche faunistiche e censimenti del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise), Carmelo Gentile (Responsabile dell’Ufficio Conservazioni e Attività Agrosilvopastorali del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise), Paola Cocuzzi (Guardia Parco), Ezechia Trella (Guardia Parco).
Di Francesco De Leo
Montaggio di Silvio Farina. Montaggio sigla e voce narrante: Mario Cagol.
https://storiainpodcast.focus.it - Canale Le Docuserie
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Questa docuserie è dedicata al Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, dove da un secolo la natura è protetta. Cento anni fa, nel cuore dell’Appennino, quella che era stata una riserva di caccia del Re d’Italia si trasforma in uno dei luoghi più belli del nostro Paese. Paesaggi mozzafiato, animali straordinari e immense foreste che si distendono sui pendii delle montagne come una coperta dai colori intensi e profondi, che custodisce la fragile vita animale che vi ha trovato rifugio. Oltrepassandone i confini si percepisce chiara la sensazione di trovarsi in un luogo in cui la Natura ha ricevuto un rispetto singolare ed è stata libera di evolversi spontaneamente accanto all’uomo.
Oggi chi dedica la propria esistenza alla protezione del Parco cerca in ogni modo di coniugare la conservazione con lo sviluppo umano e sostenibile del meraviglioso territorio in cui è immerso, nella costante e a volte difficile ricerca del sottile equilibrio tra essere umano e natura. Le loro voci vi accompagneranno alla scoperta del Parco.
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L’11 settembre del 2001 negli Stati Uniti d’America furono dirottati quattro voli civili. Due di questi furono fatti schiantare da terroristi di Al Qaeda sulle torri del World Trade Center di New York. I due grattacieli crollarono. 2.974 furono le vittime, 19 i terroristi morti, 24 gli uomini dispersi. Più di 90 paesi nel mondo persero loro cittadini l’11 settembre del 2001. Il mondo assistette incredulo a una delle più assurde e sconvolgenti tragedie che l’uomo potesse mettere in atto.
Sono stati circa 300 i cani da ricerca che hanno lavorato a Ground Zero. Hanno lavorato senza sosta tra le macerie per giorni interi, senza risparmiarsi. Tanti hanno sacrificato la propria vita. In questo podcast un omaggio ad alcuni dei cani che hanno avuto ruoli decisivi nel portare in salvo centinaia di vite. Per non dimenticarli.
Interpretato da Mario Cagol.
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L’ultimo capitolo del podcast su Khomeini si apre con la sua morte nel 1989 e con il suo funerale che dimostrò quanto fosse ancora grande il sostegno degli iraniani: nonostante i fallimenti su tanti fronti, era ancora un padre, simbolo di un regime islamico che aveva promesso benessere economico e spirituale al popolo.
Al momento della morte tutto sembrava perdonato: una folla oceanica lo accompagnò nel suo ultimo viaggio. Al suo posto venne scelta una nuova Guida Suprema, l’ayatollah Ali Khamenei (ancora in carica). Ma che cosa resta della sua eredità?
Per Storiainpodcast, lo spiega il giornalista e saggista Alberto Zanconato, attualmente corrispondente dell’Agenzia ANSA dalla Russia. Sempre per l’ANSA è stato corrispondente dalla Repubblica Islamica d’Iran per tredici anni. Ha scritto la biografia “Khomeini. Il rivoluzionario di Dio” per Castelvecchi Editore.
Puntate del podcast:
- Chi è Khomeini (Prima parte).
- Khomeini leader della Rivoluzione e dopo la caduta dello Scià (Seconda parte).
- Khomeini e il grande Satana, l’Imam al potere (Terza parte).
- La morte di Khomeini e l’eredità nella Repubblica Islamica (Quarta parte).
A cura di Francesco De Leo. Montaggio di Silvio Farina.
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Nel novembre del 1979 gli Usa – identificati come il “Grande Satana” – accolsero lo scià Pahlavi, un gruppo di estremisti musulmani, per ritorsione, sequestrò per 444 giorni 52 dipendenti dell’ambasciata americana a Teheran, fino al 1981.
Il 24 aprile 1980 gli Usa tentarono anche la via del blitz militare, che si risolse in un fallimento. Anni duri per la tenuta degli Stati Uniti, prima provati dalla guerra in Vietnam, poi colpiti dallo scandalo Watergate (1974), dal rialzo dei prezzi del petrolio e infine dalla “crisi degli ostaggi”: a quel punto era chiaro che la superpotenza non era più invulnerabile.
Ad accompagnarci in questo racconto è Alberto Zanconato, corrispondente dell’Agenzia Ansa dalla Russia e autore dell biografia “Khomeini. Il rivoluzionario di Dio” (Castelvecchi Editore).
Le puntate del podcast:
- Chi è Khomeini (Prima parte).
- Khomeini leader della Rivoluzione e dopo la caduta dello Scià (Seconda parte).
- Khomeini e il grande Satana, l’Imam al potere (Terza parte).
- La morte di Khomeini e l’eredità nella Repubblica Islamica (Quarta parte).
A cura di Francesco De Leo. Montaggio di Silvio Farina.
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A metà 900 l’Iran era il secondo Paese esportatore di greggio al mondo e possedeva il 95% delle riserve mondiali di gas, ma manteneva redditi pro capite, tassi di alfabetizzazione e mortalità infantile da fondo classifica. Le profonde disuguaglianze sociali e il risentimento per le ingerenze straniere portarono il carismatico Khomeini a denunciare l’allineamento dell’Iran ai canoni occidentali. La protesta fu repressa, e Khomeini, arrestato ed esiliato (prima in Turchia, dal ’63 in Iraq e infine in Francia), divenne un eroe.
All’inizio del 1979 arrivò il punto di rottura. In seguito a una crisi economica, milioni di iraniani scesero in piazza e indussero lo scià alla fuga. Così Khomeini, all’epoca esule a Parigi, raggiunse Teheran in aereo: dopo 14 anni di assenza rientrò in patria da trionfatore e in veste di Guida Suprema istituì una Repubblica islamica.
A raccontare l’ascesa di Khomeini è in questo podcast Alberto Zanconato, corrispondente dell’Agenzia Ansa dalla Russia e autore dell biografia “Khomeini. Il rivoluzionario di Dio” (Castelvecchi Editore).
Puntate del Podcast:
- Chi è Khomeini (Prima parte).
- Khomeini leader della Rivoluzione e dopo la caduta dello Scià (Seconda parte).
- Khomeini e il grande Satana, l’Imam al potere (Terza parte).
- La morte di Khomeini e l’eredità nella Repubblica Islamica (Quarta parte).
A cura di Francesco De Leo. Montaggio di Silvio Farina.
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“La Repubblica islamica dell’Iran, che è il bastione più saldo dell’islam nel mondo, può facilmente riempire il vuoto ideologico del vostro sistema”. L’ayatollah Khomeini annunciava al leader sovietico Michail Gorbaciov la fine del comunismo e l’avvento dell’islam, in una lettera del 1° gennaio 1989. Chi era dunque Khomeini? A raccontarne complessità e contraddizioni è in questo podcast Alberto Zanconato.
Zanconato è attualmente corrispondente dell’Agenzia Ansa dalla Russia. Sempre per l’Ansa è stato corrispondente dalla Repubblica Islamica d’Iran per 13 anni. Ha scritto la biografia “Khomeini. Il rivoluzionario di Dio” per Castelvecchi Editore.
Le puntate del podcast:
- Chi è Khomeini (Prima parte).
- Khomeini leader della Rivoluzione e dopo la caduta dello Scià (Seconda parte).
- Khomeini e il grande Satana, l’Imam al potere (Terza parte).
- La morte di Khomeini e l’eredità nella Repubblica Islamica (Quarta parte).
A cura di Francesco De Leo. Montaggio di Silvio Farina.
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Quando si festeggia il Natale ucraino? Partendo dalla questione riguardante il calendario ucraino e le celebrazioni natalizie, in questo podcast Yaryna Grusha racconta le tradizioni storiche sopravvissute alla cancellazione sovietica della religione, i canti natalizi, l’attualità di un Natale vissuto nel 2022 in un Paese distrutto dalla guerra.
Yaryna Grusha è Professoressa di Lingua e Letteratura ucraina all’Università Statale di Milano. Ha curato per Mondadori, con Alessandro Achilli, il volume “Poeti d’Ucraina”.
A cura di Francesco De Leo. Montaggio di Silvio Farina.
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