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VIDEO: Elon Musk: "Ho perso mio figlio a causa del gender" ➜ https://www.youtube.com/watch?v=5CywMj2wXco&list=PLolpIV2TSebV77TepqE_q5EwBUVyPvMmw
VIDEO: DETRANSITIONERS - Giovani che si pentono della transizione ➜ https://www.youtube.com/watch?v=z-jQkoYHmUQ&list=PLolpIV2TSebV77TepqE_q5EwBUVyPvMmw
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7866
ELON MUSK CHOC: LA TRANSIZIONE DI GENERE HA UCCISO MIO FIGLIO di Fabio Piemonte
C'è un virus che "uccide" i giovani. Un virus che ha "ucciso" il figlio di Elon Musk, come lo stesso miliardario ha denunciato nel corso di un'intervista rilasciata allo psicologo Jordan B. Peterson, sul portale di informazione DailyWire.
Stiamo parlando della cultura woke che, in particolare tramite la transizione di genere per i giovani, si annida nelle loro menti e di fatto li annienta, come un vero e proprio virus e come è accaduto a Xavier, uno dei figli di Elon Musk, che oggi si fa chiamare con il suo cosiddetto "nome di elezione", ovvero Jenna.
Il patron di Tesla ha raccontato il dramma del figlio - e il suo in quanto genitore -, denunciando che «vi sono adulti che manipolano i bambini che stanno attraversando una vera e propria crisi d'identità, facendogli credere di appartenere al genere sbagliato. È malvagio, si tratta di bambini che sono molto al di sotto dell'età del consenso. È davvero mutilazione e sterilizzazione di bambini». Non usa mezzi termini il proprietario di Tesla e SpaceX il quale è tornato a parlare di ideologia di genere, un tema di scottante attualità, data la recente approvazione di un disegno di legge in California per il divieto di notifica ai genitori da parte delle scuole in caso di 'transizione sociale' dei loro figli, e che lo tocca da molto vicino, dal momento che suo figlio questo passo l'ha purtroppo già compiuto.
«Sono stato sostanzialmente ingannato a firmare documenti per uno dei miei figli più grandi, Xavier. Questo è successo prima che capissi cosa stesse succedendo e durante la pandemia in corso, per cui c'era molta confusione. Mi è stato detto che Xavier avrebbe potuto suicidarsi». A tal proposito il suo intervistatore, il dottor Peterson, conferma l'infondatezza di tali timori, ribadendo infatti che «non ci sono mai state prove al riguardo e che se c'è un tasso di suicidio più alto i motivi sono la depressione e l'ansia, non la disforia di genere. Questo ogni medico lo sa, ma sono troppo codardi per dirlo apertamente».
«Sono stato ingannato - ha proseguito Musk - e non mi è stato mai spiegato che i bloccanti della pubertà sono in realtà solo farmaci sterilizzanti. Così ho perso mio figlio. Lo chiamano 'deadnaming' per un motivo, ossia perché tuo figlio è morto, quindi mio figlio Xavier è morto, ucciso dal virus della cultura woke. È incredibilmente malvagio, quanti promuovono tali trattamenti di terapie affermative di genere dovrebbero andare in prigione», ha tuonato infine Musk, manifestando nel contempo la propria ferma volontà di combattere strenuamente cancel culture e ideologia di genere che stanno continuando a mietere tante vittime, profittando subdolamente della condizione di particolare vulnerabilità che i giovani attraversano, in specie durante la fase dell'adolescenza, nel lento e faticoso processo di strutturazione e consolidamento del proprio Sé. -
VIDEO: Alfred Kinsey ➜ https://www.youtube.com/watch?v=pk9x6c01FZc&list=PLolpIV2TSebV77TepqE_q5EwBUVyPvMmw
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7830
DALLA SCALA KINSEY ALLA SIGLA LGBTQI+ di Gelsomino Del Guercio
Alla base dell'ideologia del gender, e spesso usati come supporto scientifico, stanno i Rapporti Kinsey, dal nome dello scienziato americano Alfred Charles Kinsey, il quale condusse esperimenti sul comportamento sessuale delle persone.
I Rapporti Kinsey sono due volumi intitolati "Il comportamento sessuale dell'uomo" e "Il comportamento sessuale della donna", pubblicati rispettivamente nel 1948 e nel 1953 negli Stati Uniti da Alfred Charles Kinsey e dai suoi collaboratori. I due rapporti furono l'esito di una ricerca finanziata sin dal 1940 dalla Rockefeller Foundation. I dati furono raccolti essenzialmente con interviste, strutturate in modo da mantenere confidenziali i contenuti.
Le ricerche sostenevano che: i maschi, specialmente i ragazzi, si masturbavano con grande frequenza (92%); che il sesso prematrimoniale ed extraconiugale era molto comune; che il sadomasochismo è ritenuto stimolante da più della metà del campione; che un terzo degli uomini aveva avuto un rapporto omosessuale; che i bambini anche di età prescolare hanno la capacità di provare un orgasmo.
Kinsey introdusse una nuova scala di valutazione che sostituiva le tre categorie fino ad allora accettate di eterosessualità, bisessualità e omosessualità. La Scala Kinsey misura infatti il comportamento sessuale assegnando valori che vanno da 0 a 6, dove 0 sta ad indicare un comportamento totalmente eterosessuale e 6 un comportamento totalmente omosessuale. Con 1 considera un individuo in prevalenza eterosessuale e solo occasionalmente omosessuale. Con 2 un individuo di solito eterosessuale ma più che occasionalmente omosessuale. Con 3 un individuo equamente omosessuale che eterosessuale, e così via. Fu inoltre creata una particolare categoria, X, per indicare coloro che sono privi di desiderio sessuale.
CAMPIONE MANIPOLATO
Ma chi era Alfred Kinsey? Ce lo ricorda lo psicologo Roberto Marchesini che scrive: «Kinsey ha manipolato il campione di individui intervistato per ottenere quei dati. Il celebre psicologo Abraham Maslow, saputo delle ricerche che Kinsey stava conducendo, volle incontrarlo per confrontarsi con lui. Una volta compreso il metodo d'indagine di Kinsey, Maslow mise in guardia l'entomologo dal "volunteer error", ossia dalla non rappresentatività di un campione composto esclusivamente da volontari per una ricerca psicologica sulla sessualità».
«Kinsey decise di ignorare il suggerimento di Maslow e di proseguire nella raccolta delle storie sessuali di volontari. Oltre a questo, circa il 25% dei soggetti maschi intervistati nella sua ricerca erano detenuti per crimini sessuali; l'unica scuola superiore presa in considerazione per la ricerca fu un istituto particolare nel quale circa il 50% degli studenti avevano contatti omosessuali; tra i soggetti erano presenti anche un numero sproporzionato di "prostituti" maschi (almeno 200); tra gli omosessuali vennero contati anche soggetti che avevano avuto pensieri o contatti casuali, magari nella prima adolescenza; infine, nel calcolare la percentuale di omosessuali, Kinsey fece sparire – senza darne spiegazione – circa 1.000 soggetti» (lanuovabq.it, 11 febbraio 2013). Non un caso, sicuramente, dato che lo stesso Kinsey non disdegnava i rapporti omosessuali.
Ma agli errori metodologici vanno aggiunti gli "orrori" materiali e teorici di cui Kinsey si rese responsabile. L'aspetto però più inquietante di questo personaggio riguarda gli esperimenti sessuali condotti su bambini: «Nel paragrafo intitolato "L'orgasmo nei soggetti impuberi" (pp. 105 – 112) del primo Rapporto Kinsey descrive i comportamenti di centinaia di bambini da quattro mesi a quattordici anni vittime di pedofili.
In alcuni casi, Kinsey e i suoi osservarono (filmando, contando il numero di "orgasmi" e cronometrando gli intervalli tra un "orgasmo" e l'altro) gli abusi di bambini ad opera di pedofili: "In 5 casi di soggetti impuberi le osservazioni furono proseguite per periodi di mesi o di anni [...]" (p. 107); ci furono anche bambini sottoposti a queste torture per 24 ore di seguito: "Il massimo osservato fu di 26 parossismi in 24 ore, ed il rapporto indica che sarebbe stato possibile ottenere anche di più nello stesso periodo di tempo" (p. 110).
SESSO TRA BAMBINE E ADULTI
Nel secondo Rapporto esiste un paragrafo intitolato "Contatti nell'età prepubere con maschi adulti", nel quale vengono descritti rapporti sessuali tra bambine e uomini adulti, ovviamente alla presenza di Kinsey e colleghi. Le osservazioni condotte inducono Kinsey a sostenere che: "Se la bambina non fosse condizionata dall'educazione, non è certo che approcci sessuali del genere di quelli determinatisi in questi episodi [contatti sessuali con maschi adulti], la turberebbero. È difficile capire per quale ragione una bambina, a meno che non sia condizionata dall'educazione, dovrebbe turbarsi quando le vengono toccati i genitali, oppure turbarsi vedendo i genitali di altre persone, o nell'avere contatti sessuali ancora più specifici"».
L'opinione pubblica ed alcuni gruppi religiosi, scrive psicolinea.it, accusarono Kinsey di fare pornografia nel modo più subdolo possibile, per aggirare le norme condivise sul buon costume, chiamando queste produzioni oscene 'scienza'. In particolare erano messe sotto accusa le sue 'ricerche fisiche' in cui le persone compivano atti sessuali, che venivano osservati, analizzati e registrati a livello statistico in tutti i loro particolari.
Oltre tutto, Kinsey era un pervertito. Da come lo descrive James Jones, un collaboratore del gruppo di Bloomington, nella sua biografia, egli aveva anche tendenze sadomasochiste ed esibizionistiche. A detta di Jones, Kinsey aveva "una metodologia ed un modo di raccogliere casi che garantiva all'autore di trovare esattamente ciò che voleva trovare".
Kinsey, si legge sempre su psicolinea.it, veniva accusato di essere preda delle sue compulsioni sessuali nel fare ricerca, poiché spesso partecipava direttamente alle riprese (nudo dal collo in giù) e filmava addirittura sua moglie mentre si masturbava (si dice contro il volere di lei).
Kinsey, si diceva, era ossessionato dai comportamenti omosessuali e per questo passava ore ed ore ad osservare documenti pornografici e rapporti sessuali, girati nelle zone malfamate di Chicago e New York, nei carceri e nelle case di appuntamento. -
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TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7825
CANNES, LA MIGLIORE ATTRICE E' UN UOMO... IN EFFETTI, SE LI HA CONVINTI, RECITA BENE di Raffaella Frullone
Dopo i concorsi di bellezza e le gare di atletica, poteva forse il cinema rimanere indietro nell’ormai diffusissima arte di premiare gli uomini in competizioni femminili? Certamente no. In nome della fluidità, e della parità di genere ovviamente. Non si vedono manifestazioni femministe contro questa che altro non che l’usurpazione da parte di un uomo di un premio femminile.
Ma passiamo ai fatti. Siccome ormai "i generi " ormai tantissimi, e soprattutto non sono mai binari, e ci si può percepire come si vuole e quanti si vuole, a Cannes hanno voluto esagerare. Così la miglior attrice sono quattro persone? Che c’è di strano? Se una persona può farsi chiamare con il pronome "they ", ossia "loro ", perché il Festival del Cinema non può decidere che una donna sono in realtà quattro? Dunque il premio è stato assegnato - a pari merito, s’intende, per non far torto a nessuno, o a nessuna, o a nessun* - a Zoe Saldana, Selena Gomez, Adriana Paz Carlos Sofia Gascon, in arte Karla. Ossia l’attrice che non è un’attrice, ma un attore. Cosa che però non si può dire, al massimo si può dire che "è trans " ossia una persona che "si percepisce di un sesso diverso rispetto a quello biologico ".
Dire che è un uomo sarebbe "discriminazione " e noi non siamo persone che discriminano, siamo persone perbene, leggiamo anche il principale quotidiano italiano. Il Corriere della Sera che sulla vicenda mette in pagina un articolo dal titolo «Noi trans siamo persone», quasi si sente la voce incrinata dal pianto, e il tono grave (e si legge anche quello che non c’è scritto ossia "chiunque abbia qualcosa da obiettare, sta dicendo che i trans non sono persone ") Il pezzo inizia così: «Quando muove le mani, porta il polso all’indietro, aprendo le dita in modo molto femminile. Sorride: Le donne spagnole e italiane gesticolano in modo esagerato. Da Carlos a Karla. È la prima volta che un festival premia un’attrice transgender». Dunque per il Corriere è assolutamente normale che una persona si percepisca di sesso diverso, è normale assecondare il desiderio di esser chiamati al femminile e non c’è niente di strano nel premiare un uomo nella sezione miglior attrice, è tutto talmente normale che nel titolo non ci finiscono i meriti sul campo del vincitore, meno che meno aspetti riferibili alla cinematografia, no, l’articolo verte su un’unica cosa, la cosiddetta identità di genere di Gascon e racconta "la transizione ". «L’ho fatta tardi - spiega - nel 2018, a 46 anni, in Messico dove vivo. Ho aspettato fin troppo. Ne avevo veramente bisogno. Mia moglie mi chiese: e adesso cosa farai?». Sì perché Carlos è ma padre di una figlia, di tredici anni. Il Corriere gli chiede che rapporto ha con lei e Gascon risponde così «Ci adoriamo, sono suo padre, sua madre, ma sono anche sua amica». What else? Nel film ovviamente il premiato veste i panni di una persona che, oltre a voler cambiar vita, vuole "cambiar sesso", chi lo avrebbe mai detto. Eppure c’è stato un tempo in cui l’identità non era un orientamento sessuale, meno che meno una percezione e se qualcuno provava disagio nel suo corpo sessuato, veniva aiutato ad affrontarlo. Invece oggi si vuol dar l’illusione - dolorosa - che tutto sia possibile.
Anche Repubblica risponde prontamente all’appello dedicando al premio una pagina intera e un articolo dal titolo «Karla Sofía Gascón "La mia transizione è una battaglia vinta Ora sono felice "». Anche loro dove vanno a parare? Sulla "transizione " ovviamente. «Ha 52 anni, la sua transizione è avvenuta pochi anni fa. È stata difficile per tanti motivi, compresi quelli legali. È stata dura, ho iniziato il processo di transizione in Messico ma ho dovuto fare il percorso burocratico anche in Spagna: servivano nuovi documenti per me, per mia figlia, mi sono appellata a tutti gli uffici. Per me è stato un percorso di grande sofferenza. Ci sono stati momenti in cui mi sono chiesta se fossi necessaria in questo mondo, ho pensato anche di togliermi la vita "». Qui il colpo da maestro, fedele ad uno dei pilastri della teoria affermativa del genere secondo cui l’alternativa è tra "cambiare" genere o togliersi la vita. Tertium non datur.
E con questo spauracchio, chi ha il coraggio di dir qualcosa? Meglio limitarsi tutti dire che sì, il Re è vestito e sì, Karla una donna, anche perché se fosse un uomo reciterebbe davvero bene. Avrebbe convinto tutti. Meriterebbe un premio.
Nota di BastaBugie: nell'articolo seguente dal titolo "X, cisgender non gradito " spiega perché da maggio la parola "cisgender " è poco gradita sulla piattaforma di Elon Musk.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 11 giugno 2024:
Da maggio sulla piattaforma X di Elon Musk, l’ex Twitter, se un utente scrive un post con le parole "cisgender" e "cis ", in automatico appare questa scritta: «Questo post contiene un linguaggio che può essere considerato un insulto da X e potrebbe essere usato in modo dannoso in violazione delle nostre regole». Ma non c’è nessun divieto ad usare queste parole, ma solo un ammonimento.
Cisgender è un neologismo dell’ideologia LGBT che indica le persone che si riconoscono nel sesso a sua volta riconosciuto alla nascita. Insomma tutti noi, eccetto le persone transessuali. Musk dichiarò a tal proposito: «Le parole ‘cis’ o ‘cisgender’ sono da considerare insulti sulla piattaforma».
Musk ho voluto mandare un messaggio ben preciso: la normalità non deve essere ostaggio della grammatica arcobaleno, non deve apparire come una tra le possibili variabili naturali dell’identità sessuale.
Naturalmente questa sua decisione gli ha attirato gli strali della comunità LGBT. Il sito Washington Blade, sito di punta di gay e trans negli States, ha scritto a riguardo: «Elon Musk è ufficialmente un pericolo per la società. [...] Musk è noto per la sua transfobia». Il sito Wired, proLGBT, appunta: «X si fa sempre più discriminatoria».
La guerra sulle parole e la guerra per riconquistarsi la realtà. -
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=
IN SCOZIA PUOI FINIRE IN PRIGIONE SE AFFERMI CHE I SESSI SONO SOLO DUE di Matteo Delre
Non c'è nulla di più ideologico (dunque stupido) di una legge che inasprisce le pene per un fenomeno in calo. Questo accade in Scozia, dove i "crimini d'odio" sono calati del 2% nel corso di un anno. Ciononostante il governo in mano a Humza Yousaf fa passare una legge che allarga al massimo possibile il campo di applicazione di una legge già esistente relativa appunto ai reati di incitamento all'odio. La scusa, sempre valida, è che il calo registrato è causato non da un miglioramento della situazione, ma dal fatto che i crimini d'odio sanno nascondersi meglio, sanno camuffarsi e scorrere in modo carsico nella società. Dunque c'è il bisogno di una legge che permetta di stanare gli odiatori di professione là dove si nascondono.
Fin qui in realtà nulla di strano, se non fosse Yousaf ha pensato bene di rispolverare quell'Hate Crime Act che stava ad ammuffire in Parlamento dal 2021 e lo renderà esecutivo a partire da aprile. La legge, revisionata per l'occasione, oltre a inasprire ulteriormente le pene per i reati già previsti, in gran parte collegati al razzismo, introduce la nuova fattispecie del "incitamento all'odio" e la collega a praticamente tutto lo spettro di ciò che possiamo intendere come politicamente corretto. Dunque sarà reato "incitare all'odio", oltre che sulla base di questioni razziali, anche sulla base dell'identità transgender - oltre che di altri casi condivisibili come la disabilità.
REATO DI INCITAMENTO ALL'ODIO
Il problema è che il confine tra libera espressione della propria opinione (specie se critica) e il reato di incitamento all'odio è talmente sottile da non poter quasi essere identificato, soprattutto nel campo della sessualità. I molti in Scozia preoccupati per la tutela della libertà di espressione hanno cercato di aprire una linea di confronto con il governo, che a sua volta si è dichiarato disponibile, senza però dar alcun seguito concreto. In compenso ha lanciato una campagna propagandistica finalizzata a "spiegare" e promuovere il nuovo provvedimento, al centro del quale c'è Slobhian Brown, membro del partito Scottish National Party, che così si esprime: «Per quanti sono colpiti dall'odio e dal pregiudizio, gli effetti possono essere traumatici e cambiare la vita. Pur rispettando il diritto di ognuno alla libertà di espressione, nessuno nella nostra società dovrebbe vivere nella paura o sentirsi escluso». Si noti, in prima istanza, come l'incipit "pur rispettando..." contenga la stessa straordinaria carica di ipocrisia della formula "Non sono razzista ma...".
In seconda istanza va registrato come proprio alle presunte vittime del presunto odio che venga messa in mano, nell'ambito della campagna di propaganda, la testimonianza di quale impatto abbia avuto l'hate speech. Ed è qui che casca l'asino. Non solo quello scozzese, ma quello che trotta per tutto il mondo occidentale. Possiamo spendere centinaia di righe e pronunciare centinaia di migliaia di parole per analizzare il conflitto tra il concetto di "hate speech" e la libertà di espressione; possiamo riflettere se può ragionevolmente essere considerato reato il registrare ed esprimere ciò che la realtà fattuale rivela (ad esempio che esistono soltanto due sessi) e purtuttavia non toccheremmo che la superficie del problema. Per arrivare alla radice (e tagliarla) serve concentrarsi sulla improcedibilità di qualunque atto che venga definito esclusivamente da chi dichiara di averlo subito.
LA NEGAZIONE DELLA REALTÀ
Alla base di questo aspetto sta il "sentore", il vissuto personale, la percezione individuale. Che hanno la loro dignità, sono meritevoli del massimo rispetto, ma non possono e non devono essere la fonte unica, e nemmeno quella privilegiata, per la definizione di una fattispecie di reato. Lasciare che sia la presunta vittima o il suo personalissimo sentore a rendere fattuale la sussistenza di un crimine significa sovvertire dalle fondamenta un intero edificio giuridico costruitosi sul consenso di grandi pensatori e su un'evoluzione del pensiero che ha le sue origini nientemeno che in epoca romana antica. Lì sta il focolaio da cui si origina tutto, nelle leggi repressive come nelle modalità di raccolta delle statistiche ufficiali.
Basta riflettere un attimo su questo sovvertimento nella fonte delle informazioni diffuse nell'opinione pubblica, e che ne influenzano l'approccio generale alle varie questioni, così come nella costruzione delle leggi, specie quelle repressive, per rendersi conto che un ritorno alla normalità, o per lo meno la strada per evitare che la civiltà occidentale si sgretoli come un castello di sabbia, passa dalla netta interruzione di utilizzare il vissuto individuale o di gruppo per definire la realtà. Di questo si sono accorti anche diversi politici e osservatori scozzesi, che al di là della già gravissima inaccettabilità di principio, da buoni anglosassoni l'hanno messa giù molto concreta: come faranno le forze dell'ordine a correre dietro a tutti quelli che si sentiranno offesi da qualcosa, ascoltarli per capire se c'è un reato e perseguire chi l'ha commesso? La prospettiva, se davvero passerà l'Hate Crime Act, è uno vero diluvio di segnalazioni che travolgerà le forze dell'ordine. E i criminali comuni ringrazieranno.
Sullo sfondo di tutto questo si staglia anche la giganteggiante figura di J.K. Rowling, residente proprio in Scozia, da tempo iper-critica in particolare verso le istanze gender e Lgbt, ma proprio per questo da tempo oggetto di feroci attacchi e denunce. Può essere una mera speculazione, ma sulla decisione del governo scozzese potrebbero benissimo aver avuto effetto le pressioni di certe lobby, che darebbero qualunque cosa per abbattere la monumentale figura della scrittrice, che con questa legge rischia concretamente di essere incriminata. Lei, in ogni caso, se ne sta e se ne starà lì, ferma e salda su una delle sue ultime dichiarazioni, risalente al 2023: «passerò felicemente due anni in prigione se l'alternativa è una compressione della libertà di parola e la negazione forzata della realtà e dell'importanza dei sessi». -
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7802
COME E' NATA LA BANDIERA DEI TRANSESSUALI
Robert Hogge da piccolo rubava la biancheria alla madre, poi si diede alle orge e inventò la bandiera trans (intanto nelle scuole del Regno Unito si propone ai 12enni masturbazione, sesso orale ed anale)
da Provita & Famiglia
La protesta di una madre ha fatto scoppiare un vero e proprio scandalo riguardo ai corsi di educazione sessuale e ai contenuti a dir poco scioccanti che vengono proposti nelle scuole del Regno Unito, che vanno dalla masturbazione e il sesso anale fino alla teoria gender.
Clare Page, una madre di 47 anni, ha tentato invano di conoscere i contenuti di educazione sessuale insegnati alla figlia in una scuola secondaria della capitale, il College Hatcham, dopo che la figlia quindicenne è tornata un giorno a casa spiegando di aver imparato che «l'eteronormatività è una brutta cosa» e che nei rapporti con ragazzi e ragazze bisogna essere «sex positive».
Page si è allarmata dopo che la charity alla quale è stata appaltata l'educazione sessuale, "School of Sexuality Education", che realizza corsi in oltre 300 scuole in tutto il paese, si è rifiutata di mostrare il materiale didattico, al pari della scuola.
Page ha quindi raccolto con una campagna di crowdfunding 14 mila sterline per fare causa, ma ha perso la sua battaglia: a metà giugno un giudice ha sentenziato che una madre non ha il diritto di conoscere che cosa viene insegnato a scuola ai suoi figli. Nonostante questo il caso ha fatto talmente scalpore che il premier Rishi Sunak ha ordinato una revisione urgente dei corsi Rse. Il rapporto sarà pubblicato il prossimo autunno.
Nel frattempo i giornali britannici hanno indagato autonomamente il contenuto dei corsi di educazione sessuale, rivelando dettagli a dir poco disturbanti. Secondo il Daily Mail, una delle lezioni suggerite dalla Sex Education Forum (Sef), una delle charity più importanti nel settore dell'educazione sessuale, prevede di parlare della "masturbazione" ai bambini di nove anni, invitandoli a compiere atti di auto-erotismo.
Uno dei libri più scaricati della charity Brook, intitolato "Vagina Matters" normalizza il sesso «prima della prima mestruazione» e ai giovani tra i 12 e i 14 anni consiglia anche di provare «la penetrazione della vagina o dell'ano con un pene o un sex toy e l'utilizzo della bocca e della lingua per stimolare i genitali del partner». Anche secondo un'inchiesta del Telegraph, a molti bambini di 12 anni viene chiesto a scuola dagli insegnanti che cosa pensano del sesso orale e anale, mentre ai ragazzini di 13 anni è insegnato che «ci sono 100 generi».
Nota di BastaBugie: nell'articolo seguente dal titolo "Chi ha inventato la bandiera trans?" si parla di Robert Hogge che da ragazzo rubava la biancheria alla madre e poi si diede alle orge.
Ecco l'articolo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 27 marzo 2024:
Robert Hogge è colui che ha inventato la bandiera dei transessuali: due bande azzurre agli estremi (il colore maschile) poi due bande rosa (il colore femminile) e una bianca al centro («per coloro che sono in transizione o si considerano di genere neutro o indefinito», come ha spiegato lo stesso Hogge). Mr Hogge, che poi all'anagrafe divenne Monica Helms, dice di sé di essere "bigender", ossia che il suo cervello «fluttua tra più ruoli... A volte sono un uomo e una donna allo stesso tempo, oppure posso cambiare in un nanosecondo, per poi tornare indietro».
Hogge racconta che era un ragazzo problematico, che rubava la biancheria a sua madre, che amava sperimentare cose nuove nel sesso e travestirsi. Si sposò, poi divorziò, abbandonò moglie e figli e infine si diede alle orge. Nel 1999 ideò la bandiera trans. -
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7794
IL FILM CHALLENGER APPLICA LA TEORIA DEL GENDER PER DIFFONDERE IL POLIAMORE
Altre notizie dal mondo gay (sempre meno gaio): Biden forza la costituzione, i figli confusi delle star, autocertificazione per cambio di sesso
da Gender Watch News
Challenger è un recente film di Luca Guadagnino in cui si narra la storia di tre tennisti professionisti: due uomini, Patrick Zweig e Art Donaldson, e una donna, Tashi Duncan. La vicenda è imperniata sullo scontro agonistico tra i due tennisti e sulla rivalità tra Patrick ed Art per conquistare il cuore di Tashi. Nel film c'è anche un bacio omosessuale tra i due uomini e altre scene che rimandano a suggestioni gay. La pellicola però è anche un inno al cosiddetto poliamore: infatti Tashi, negli anni, ha rapporti sia con Patrick che con Art, il quale tra l'altro sposerà.
L'azienda Lelo, produttrice di sex toys, ha condotto una indagine: dopo la visione di Challenger il 25% degli inglesi ha preso in considerazione di intraprendere una relazione poliamorosa. In particolare il 38% dei giovani crede che una relazione poliamorosa potrebbe soddisfare i suoi più intimi bisogni.
Kate Moyle, che ha condotto l'indagine, ha spiegato: «le statistiche mostrano che le persone sono più esplorative e aperte a provare modelli di relazione etici non monogamici». Ci domandiamo: chissà da dove deriva l'eticità di tali relazioni? «Il movimento per il benessere sessuale [esiste anche questo] sta incoraggiando le persone a trovare ciò che è giusto per loro, che potrebbe trovarsi al di fuori del modello di relazione a cui in precedenza sentivano di dover aderire. Mentre leggiamo, impariamo qualcosa, ascoltiamo, parliamo ed educhiamo, accade sempre più che integriamo e normalizziamo idee sul sesso e sulle relazioni che assumono forme diverse nelle nostre vite. Allora ci muoviamo gradualmente verso un luogo di maggiore accettazione».
La gender theory si salda, necessariamente, con il "poliamore", ossia, per uscire dal linguaggio assolutorio del politicamente corretto, con il nomadismo sessuale e l'adulterio. Questo perché la fluidità insegnata dal pensiero arcobaleno deve diventare bisessualismo e promiscuità sessuale, anche vissute contemporaneamente. La teoria del gender, si sa, predica la liquefazione delle presunte forme rigide dell'amore. Il poliamore dunque non è altro che una delle possibili declinazioni di questo principio dissolutore.
Nota di BastaBugie: ecco altre notizie sul "gaio" mondo gay... sempre meno gaio.
BIDEN FORZA LA COSTITUZIONE
«Il fatto che la Costituzione enumeri determinati diritti non potrà intendersi nel senso di negare o di deprezzare altri diritti che il popolo si sia riservato». Questo è il Titolo IX della Costituzione americana, titolo che il presidente Biden vuole applicare agli studenti transessuali al fine di permettere loro di accedere a servizi igienici e a spogliatoi non secondo il loro sesso biologico ma secondo il sesso percepito. Inoltre vuole permettere che i ragazzi trans possano gareggiare in competizioni femminili.
Contro questa deriva ideologica si sono opposti Florida, Texas, Louisiana, Mississippi, Montana e Idaho. Ad esempio il governatore della Florida, Ron DeSantis, ha dichiarato: «La Florida rigetta il tentativo di riscrivere il Titolo IX. Non ci adegueremo e contrattaccheremo». Sulla stessa frequenza d'onda il commissario all'Istruzione della Florida, Manny Diaz Jr: «Anziché attuare le chiare direttive del Congresso tese a prevenire la discriminazione sulla base del sesso biologico, l'amministrazione Biden fa a pezzi gli statuti rendendoli irriconoscibili e tenta di spingere il Paese a credere che il sesso biologico non abbia più alcun significato».
Analoghe critiche da parte del governatore dello stato del Texas, Greg Abbott, critiche espresse in una lettera inviata a Biden. Abbott parla di un «maldestro tentativo di imporre convinzioni della sinistra tramite il Titolo IX. [Biden] ha riscritto il Titolo IX per costringere le scuole a trattare i ragazzi come fossero ragazze, e ad accettare qualsiasi identità di genere autodichiarata dagli studenti».
(Gender Watch News, 2 maggio 2024)
I FIGLI CONFUSI DELLE STAR
Il transessualismo impazza ad Hollywood tra i figli degli attori. Ad esempio La figlia della star di Sex and the City, Cynthia Nixon, ora si identifica come maschio. Jackson, figlio di Charlize Theron, le ha detto che dall'età di tre anni si sente femmina e così l'attrice lo tratta come una ragazza. L'All-Star dell'NBA Dwayne Wade insieme alla moglie sta crescendo il figlio Zaion come femmina, avendole cambiato pure il nome in Zaya. L'attore Khary Payton ha fatto sapere che sua figlia ora si chiama Karter. Seraphina Rose Affleck (nella foto), figlia dell'attore Ben Affleck, ora si presenta come un maschio e si fa chiamare Fin. Jennifer Lopez si riferisce alla figlia Emme con il pronome "loro", escamotage ormai usato da tempo per neutralizzare qualsiasi riferimento al sesso.
Come mai questa esplosione di casi di confusione sulla propria identità sessuale nei figli delle star? Potrebbero essere due le motivazioni. La prima si riferisce al fatto che la maggior parte dei Vip sono di impronta liberal, ossia progressisti e, tenuto conto della loro visibilità, devono per forza sposare le cause woke e nel modo più estremo possibile. Questa adesione ideologica non può che riverberarsi anche nella educazione dei figli.
In secondo luogo le relazioni familiari di queste star sono spesso segnate da divorzi, amanti multipli, pressioni dei media, esposizione dei social, etc. tutti fattori che incidono nella educazione dei figli in senso negativo.
(Gender Watch News, 17 aprile 2024)
AUTOCERTIFICAZIONE PER "CAMBIO" DI SESSO
In Germania venerdì scorso è stata varata una legge che permette alle persone transessuali di cambiare identità anagrafica tramite autocertificazione. Nel luglio del 2023 un tentativo di far passare questa legge era stato sventato dal Parlamento tedesco.
E dunque dal primo di novembre non servirà che prima la persona si sia sottoposta a trattamento chirurgico o psicologico, né una sentenza di un tribunale. Come fosse la residenza di casa.
Per i minori di 14 anni la richiesta dovrà essere fatta dai genitori. Per i ragazzi tra i 15 e i 18, la richiesta potrà essere presentata dai minori stessi, ma occorre il consenso dei genitori. Se questo manca il ragazzo potrà rivolgersi ad un tribunale. In Germania a 15 anni non sei abbastanza grande per guidare un'auto, né per acquistarla, ma lo sei per "cambiare" sesso.
E così grazie a questa legge un uomo, che anche di aspetto risulti essere mascolino, potrà presentarsi come donna. È uno dei vertici più significativi raggiunti dall'ideologia LGBT: il pensiero - voglio essere donna - diventa subito realtà. Io sono tutto quello che voglio, nel momento stesso in cui lo voglio. Basta il pensiero. In questa prospettiva la medicina e la burocrazia sono ostacoli da eliminare per non compromettere il delirio di onnipotenza.
(Gender Watch News, 16 aprile 2024) -
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7744
UN SACERDOTE DICE CHE L'OMOSESSUALITA' E' PECCATO E IL GOVERNO FRANCESE LO DENUNCIA di Paola Belletti
L'Abate Matthiey Raffray è un sacerdote cattolico francese membro dell'Istituto del Buon Pastore, società di vita apostolica di diritto pontificio, istituita nel 2006 dalla Congregazione per il Clero, i cui sacerdoti celebrano la Santa messa secondo il messale del 1962. Dal 2021 è Assistente del Superiore Generale. Teologo, filosofo e professore presso la Pontificia Università San Tommaso d'Aquino, ha pubblicato diversi libri ed ha una significativa presenza sui social media.
Ciò che però lo ha condotto agli onori della cronaca non è questo curriculum di tutto rispetto, bensì l'azione legale che il governo francese ha intrapreso nei suoi confronti per aver dichiarato che l'omosessualità, non la tendenza in sé ma gli atti (ovvero ciò che la Chiesa insegna nel suo magistero) è peccato. Ne ha parlato in un video pubblicato qualche giorno fa sul suo profilo Instagram, seguito da 60000 utenti. La caption che accompagna il video spiega chiaramente il senso del contenuto che si può fruire e che si immagina rivolto principalmente ai fedeli cattolici:
«Gesù Cristo è il nostro Salvatore: viene a salvarci dai nostri vizi, dai nostri peccati, prendendosi cura delle nostre ferite interiori e fortificandoci per mezzo della sua grazia. Ma c'è bisogno innanzitutto che riconosciamo i nostri errori e le nostre debolezze: sì, siamo tutti peccatori!» Potrebbe essere l'apertura di qualsiasi catechesi o meditazione quaresimale nella quale potremmo imbatterci andando in parrocchia, ora non più con la stessa certezza statistica, a essere onesti. Peccato per gli hashtag, un po' più espliciti nell'indicare tra i molti vizi e peccati che possono ferirci e ostacolarci interiormente anche l'omosessualità. Ed è proprio questo riferimento che la sempre zelante sedicente comunità LGBTetc non ha lasciato passare senza appiccare i soliti roghi di commenti feroci, vittimistici, accusatori. Efficaci, purtroppo, al punto da ottenere l'avvio di un'azione legale a carico del sacerdote.
DIRE PUBBLICAMENTE QUELLO CHE LA FEDE CATTOLICA INSEGNA
La dichiarazione più pesante in risposta alla breve catechesi del noto Abate sono quelle niente meno del Ministro per l'uguaglianza di genere, la diversità e le pari opportunità, Aurore Bergé, che ha bollato le parole del presbitero cattolico come "inaccettabili" e, sempre via social, ha dato seguito a tanto sdegno istituzionale: «In un messaggio pubblicato su X, ha detto di aver "chiesto alla delegazione interministeriale per la lotta al razzismo, all'antisemitismo e all'odio anti-LGBT (DILCRAH) di segnalare la questione al pubblico ministero sulla base dell'articolo 40" del codice di procedura penale. Il DILCRAH ha preso atto del messaggio del ministro e ha confermato di aver "notificato il pubblico ministero dei commenti omofobi fatti dal signor Raffray sui suoi social network". Nel suo messaggio, la delegazione ha aggiunto: "Parlare di omosessualità come debolezza è vergognoso"».
Ciò che viene contestato al sacerdote è di dire pubblicamente quello che la fede cattolica insegna e non può smettere di fare perché farebbe un torto a sé stessa e al bene più grande che è in gioco (e non è un gioco!): la verità sull'uomo e la salvezza delle anime. Sì, siamo peccatori, capaci di peccare in molti modi; in nostro soccorso viene la Grazia del Signore. Guai però ricordare come le pratiche omosessuali siano parte dell'elenco dei possibili peccati, perché in questo modo si osa sfidare un dogma laicista ormai ritenuto indiscutibile: non l'accettazione delle tendenze omosessuali, ma la promozione, addirittura la nobilitazione dell'omosessualità vissuta e praticata.
OMOFOBIA
Fa sorridere il capo d'accusa perché l'inesistente, ma obbligatorio, termine pseudoscientifico di "omofobia" parla di paura; che paura può mai avere la Chiesa di Cristo di fronte al male se è l'unica a poter vantare a capo del proprio esercito il vincitore contro il principio di ogni male? Tant'è. In Francia e non solo lì ciò che è chiaramente sotto attacco è la morale cattolica e più a monte ancora la visione dell'uomo come creatura indebolita dal peccato e bisognosa di una salvezza che è entrata nella storia. Non si può dire, o meglio non si può dire "gratis".
In un'intervista al settimanale Famille Chrétienne lo stesso sacerdote sotto accusa ha dichiarato come questo ultimo attacco sia l'ennesimo tentativo di «intimidire l'insegnamento morale tradizionale della Chiesa cattolica: "È la moralità cristiana che è sotto attacco", ha spiegato, aggiungendo che non stava facendo altro che citare il Catechismo della Chiesa cattolica, e in particolare §2357: L'omosessualità si riferisce alle relazioni tra uomini o donne che sperimentano un'attrazione sessuale esclusiva o predominante per persone dello stesso sesso. Ha assunto forme molto diverse nel corso dei secoli e in culture diverse. Le sue origini psicologiche rimangono in gran parte inspiegabili. Sulla base della Sacra Scrittura, che la presenta come una grave depravazione, la Tradizione ha sempre dichiarato che "gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati"».
Nonostante altri procedimenti a carico di esponenti della chiesa cattolica in Francia siano finiti con un nulla di fatto, dal momento che non può essere considerato discriminatorio o incitante all'odio proporre gli insegnamenti della Chiesa in tema di moralità, questi episodi e i toni sempre più violenti addirittura assunti da cariche istituzionali confermano il clima di aperta ostilità nei confronti dei cristiani e di ciò che portano nel mondo. Ci si può chiedere, ancora una volta senza paura, chi spinge a odiare chi? Ma siamo cristiani, a certe cose siamo stati istruiti dal più Alto in carica. -
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UTERO IN AFFITTO: NASCE FEMMINA E I COMMITTENTI CHIEDONO I DANNI
Altre notizie dal mondo gay (sempre meno gaio): 12enne stuprata a scuola da un trans, in Polonia la TV di Stato si scusa, i dubbi del NYT sui minori trans, dopo Fiducia Supplicans pastorale sempre più arcobaleno
da Provita & Famiglia
Una coppia di uomini californiani ha citato in giudizio una clinica per la fertilità di Pasadena per violazione di contratto, negligenza medica, e violazione di normative varie a tutela dei consumatori, perché la surrogata ha partorito una femmina anziché un maschio, come era stato pattuito.
L'avvocato dei Sanigers [Albert e Anthony], sposati nel 2013, ha spiegato che i due da sempre sognavano di avere due figli, entrambi maschi. Già prima di sposarsi, la coppia aveva scelto il nome per i loro futuri figli e aveva creato per loro un account Gmail.
Dal momento in cui l'hanno contattata, sono stati espliciti con la clinica HRC e Kolb: potevano essere impiantati nell'utero della loro surrogata solo embrioni maschi.
Invece, "negligentemente, sconsideratamente e/o intenzionalmente" hanno impiantato una femmina.
Ed ora i due committenti dovranno sopportare anche un grande danno economico perché dovranno allevare tre figli, anziché i soli due bambini che avevano programmato.
È noto che la merce deve avere le qualità previste dal contratto e pagate dagli acquirenti: è probabile che i Sanigers vinceranno la causa.
Stupisce, però, che una coppia così desiderosa del loro primo bambino (o forse bisognerebbe dire "bambolotto"?) per nove mesi non si sia preoccupata di chiedere e guardare le immagini ecografiche: avrebbe potuto ordinare e ottenere l'aborto.
Chissà, ora, come sarà la vita di quella bambina con due "papà" che già provano un tale risentimento verso di lei.
A pensarci bene, però, una soluzione a tutto questo poteva esserci: dato che il sesso biologico non conta nulla, la coppia addolorata poteva dichiarare all'anagrafe che la bambina era un maschio e il problema sarebbe stato risolto.
Quanto ai bambini maschi che prima o poi nasceranno, già con indirizzi Gmail, sarebbe interessante sapere se abbiano già anche siti OnlyFans personalizzati.
Nota di BastaBugie: ecco altre notizie sul "gaio" mondo gay... sempre meno gaio.
DODICENNE STUPRATA A SCUOLA DA UN TRANS
L'ASK Academy, una scuola privata di Rio Rancho (New Mexico), permette agli studenti maschi che si sentono donne di usare bagni e spogliatoi femminili. Ray (nome di fantasia), alunna 12enne, provava disagio a vedere maschi nei propri spazi, ma il personale scolastico le aveva detto di non giudicare e di rimanere in silenzio se avesse avuto qualche rimostranza da fare.
Nell'ottobre del 2021 Ray venne stuprata. [...] Ray non disse nulla, finché la madre l'anno scorso, grazie alla lettura del suo diario, scoprì cosa fosse successo alla figlia. Ora la ragazzina assume farmaci per l'ansia e, quando è sola a casa, dorme con un coltello accanto a sé e vicino al proprio grosso cane.
Ray è un irrilevante effetto collaterale della battaglia arcobaleno, ossia è un'altra vittima dell'ideologia LGBT e del politicamente corretto che pur di portare avanti le proprie istanze non guarda in faccia a nessuno.
(Gender Watch News, 5 luglio 2023)
IN POLONIA LA TV DI STATO SI SCUSA
In Polonia, diventato primo ministro il liberale Donald Tusk, molte cose stanno cambiando. In peggio. Anche sul versante dell'informazione pubblica. Ad esempio sono saltate tutte le teste alla guida della Tv pubblica - la TVP - della Radio polacca e dell'agenzia di stampa pubblica PAP.
Nel programma di informazione della TVP - InfoTVP - il conduttore Wojciech Szelag, invitando alcuni attivisti LGBT in studio, si è profuso in scuse per come l'emittente TVP avesse trattato le comunità LGBT negli anni passati.
«Per molti anni in Polonia parole vergognose sono state rivolte a numerose persone perché hanno scelto di decidere da sole chi sono e chi amano - ha detto Wojciech Szelag commovendosi - Le persone LGBT+ non sono un'ideologia ma persone; nomi specifici, volti, parenti e amici. Tutte queste persone dovrebbero sentire la parola "scusa" provenire da qualche parte. Quel posto è qui, dove ora mi sto scusando. Per otto anni si sono mostrati gli attivisti LGBT - ma anche la comunità LGBT - come una minaccia per la nazione polacca».
In realtà durante il governo precedente a guida Pis la politica tentava semplicemente di tutelare i bambini dalla propaganda LGBT e si opponeva a derive ideologiche come le “nozze” gay o l'omogenitorialità. Ora il vento è cambiato e la voce della politica progressista andata al potere usa della TV di stato per fare propaganda arcobaleno.
(Gender Watch News, 16 febbraio 2024)
I DUBBI DEL NYT SUI MINORI TRANS
Il New York Time, giornale ultraliberista, si fa anche lui delle domande sulla cosiddetta transizione sessuale dei bambini e ragazzi. L'anno scorso uscì un articolo dal titolo Hanno messo in pausa la pubertà, ma c'è un costo? e all'inizio di quest'anno un altro con il seguente titolo Quando gli studenti cambiano identità di genere e i genitori non lo sanno.
La giornalista Pamela Paul, accennando all'apripista Olanda, sottolinea che «la pratica [dei bloccanti della pubertà] si è diffusa in altri paesi, con protocolli variabili, scarsa documentazione dei risultati e nessuna approvazione da parte del governo dei farmaci per tale uso, inclusa la Food and Drug Administration statunitense. Ma ci sono prove emergenti del potenziale danno derivante dall'uso dei bloccanti, secondo revisioni di articoli scientifici e interviste con più di 50 medici ed esperti accademici in tutto il mondo».
La sua collage Katie Baker affronta poi il tema della carriera alias a scuola. Spesso i distretti scolastici non avvertono i genitori che la loro figlia o il loro figlio vuole farsi chiamare con un nome diverso. La Baker appunta: «I distretti hanno affermato di volere il coinvolgimento dei genitori, ma devono seguire le linee guida federali e, in alcuni casi, statali intese a proteggere gli studenti dalla discriminazione e dalle violazioni della loro privacy. [...] Ma dozzine di genitori i cui figli hanno scelto la transizione sociale a scuola hanno riferito al Times di sentirsi maltrattati dagli educatori i quali sembravano pensare che loro - e non i genitori - sapessero cosa fosse meglio per i loro figli». E qui sta il punto: la privacy deve cedere il posto al diritto dovere dei genitori di educare i figli non ancora emancipati. Rimanendo fermo il punto, però, che qualsiasi carriera alias non è accettabile dal punto di vista morale.
(Gender Watch News, 19 febbraio 2024)
DOPO FIDUCIA SUPPLICANS PASTORALE SEMPRE PIÙ ARCOBALENO
Due iniziative proposte in casa cattolica ma non cattoliche. La prima: il gruppo Kairos propone una serie di incontri dal titolo A piccoli passi... Titolo del primo incontro: Pastorale LGBTQ+ ma in che senso?
La seconda iniziativa, promossa dall'Azione cattolica, dal Centro culturale San Rocco e la Tenda di Gionata e dal titolo Strade dell'amore, prevede tre incontri: L'omosessualità nella Bibbia; La scoperta dell'omosessualità nella famiglia; I cammini dei cristiani LGBT+ e dei loro genitori nelle nostre comunità cristiane.
Un paio di riflessioni. È errata la qualificazione cristiani o cattolici o pastorale LGBT o omosessuale, perché i due termini non possono stare insieme dato che l'omosessualità e la transessualità non hanno nulla di naturale e quindi contrastano con la volontà di Dio. Sarebbe sensato, ad esempio e solo per fare un'analogia, parlare di cristiani ladri o di pastorale furtiva?
Seconda riflessione: dopo Fiducia supplicans è ormai completamente tramontata l'idea di avere una pastorale che indichi come verità antropologica l'uscita dall'omosessualità. Le iniziative pastorali di questo tipo servono solo per rafforzare il proprio orientamento omosessuale o il proprio disturbo attinente alla sfera dell'identità sessuale, costringere i fedeli ad accettare ciò che per buon senso rifiuterebbero e permettere a persone omosessuali e transessuali di occupare sempre più ruoli all'interno della Chiesa.
(Gender Watch News, 14 marzo 2024) -
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7721
LA NEOLINGUA NON LASCIA IN PACE NEANCHE I DINOSAURI di Matteo Delre
Siete pronti per una nuova avventura nell'abisso della cancel culture? Bene. L'ultima assurdità woke è quella della proposta di cambiare i nomi dei dinosauri perché in alcuni casi non sono inclusivi o richiamano a personaggi "controversi" o perché riflettono una cultura sessista, razzista o coloniale.
Tutto vero. Lo ha affermato il team della paleobiologa Emma Dunne dell'Università Friederich-Alexander di Erlange-Norimberga, in uno studio che invece di diventare il copione per qualche stand-up comedy viene addirittura ripreso e rilanciato dalla rivista "Nature". Vi si specifica che questi casi di non conformità dei nomi sono pochi, anzi pochissimi «ma sono comunque significativi in termini d'importanza», ci ammoniscono i cervelloni dell'università tedesca, supportati da alcuni altri colleghi in giro per il mondo.
«Non diciamo che da domani bisogna cambiare tutto», spiga uno dei ricercatori, «ma dobbiamo rivedere criticamente ciò che abbiamo fatto, per correggere cose che non abbiamo fatto bene». Il problema è sempre lo stesso, quello che ossessiona gli eterni offesi di questa nostra infelice epoca: gli stereotipi. O presunti tali.
«Meglio - spiegano - d'ora in poi scegliere nomi che facciano riferimento alle caratteristiche fisiche dell'animale, ai luoghi di ritrovamento e anche alla lingua e alla cultura delle popolazioni locali, spesso dimenticate». Poco importa che così si rischi di chiamare una conchiglia fossile con un nome lungo come il titolo di un film della Wertmüller, l'importante è che non si dimentichi nessuno della lista. Non viene chiarito però come gestire la situazione se si fa riferimento alle caratteristiche fisiche. Metti che si ritrova un dinosauro fossile con una grande pancia, che si fa, si rischia il body shaming?
LA FOLLIA DELLA CANCEL CULTURE
La Commissione internazionale sulla nomenclatura zoologica (ICZN) al momento - meno male! - non ha preso in considerazione le assurdità di questi studiosi per quanto riguarda i nomi già dati, mentre si è mostrata - ahinoi - disponibile per le eventuali nuove scoperte, sebbene il problema sollevato non riguardi le diciture scientifiche (quelle binomiali in latino, per intenderci, come Anas platyrhynchos per il germano reale), bensì i nomi comuni degli animali.
Tanto per fare un esempio pratico - e attuale - pensiamo al grazioso oriolo di Audubon (che non è neanche un dinosauro vero e proprio), ovvero un uccelletto giallo e nero classificato dall'ornitologo americano John James Audubon (1785/1851), il cui nome, collegato al suo lavoro scientifico, andrebbe cancellato perché prima suo padre e poi lui sono stati proprietari di piantagioni di canna da zucchero che utilizzavano schiavi. Sì, avete capito bene.
La proposta degli studiosi appare però abbastanza ideologica e poco supportata da riscontri davvero reali quando si vanno a vedere i numeri. Nel voler trovare, infatti, "nomi problematici" di dinosauri, ossia legati a "razzismo e sessismo" oppure nominati in "contesti coloniali o in onore di figure controversi", gli esperti hanno individuato 45 nomi potenzialmente offensivi, corrispondenti a meno del 3 per cento degli esemplari esaminati. Noi stessi, d'altra parte, per trovare un esempio di nome controverso in zoologia, abbiamo dovuto scavare nei peggiori recessi dell'internet woke per scovare l'oriolo di Audubon.
Siamo cioè in un'area di nicchia dell'isterismo globale della cancel culture, ed è forse per questo che la follia emerge in modo così lampante.
Si dovrebbe invece avere la consapevolezza che cambiare 45 nomi già dati ai dinosauri o modificare la nomenclatura dei ritrovamenti futuri (nel caso ce ne fossero) non cambierebbe nulla, non renderebbe la scienza più "inclusiva", ma servirebbe al massimo a chi procede al ri-battesimo per sentirsi buono e in pace con se stesso, nel concetto distorto di pace in vigore nell'attuale distopia occidentale.
NEOLINGUA
Ma è solo questo? È davvero soltanto l'effetto concreto della propaganda martellante? Probabilmente no. In realtà occorre provare una profonda pietà per la professoressa Emma Dunne e il suo team, forzati a esporsi a questo livello di ridicolo perché forse soltanto così, oggi, si può accedere a corposi finanziamenti per la ricerca accademica. La piena conformità al dettato del pensiero unico, a partire dall'Agenda 2030 dell'ONU, sembra infatti essere - con tutta probabilità - criterio di base per rispondere ai bandi di finanziamento e ricevere i fondi connessi.
Newspeak, lo chiamava George Orwell. Nella traduzione italiana viene detta Neolingua, ovvero una tecnica per esprimersi e chiamare le cose imposta dal potere con l'obiettivo di non far pensare chi parla, o meglio di farlo pensare come vuole il potere. Il pericolo dietro queste iniziative dunque non è soltanto che rischiamo di trovarci a non poter più ascoltare la musica di Carl Orff o Richard Strauss perché aderirono (sbagliando! ovvio!) al nazismo. Il rischio è che ci privino delle parole per descrivere la realtà, per poi imporci le loro parole. Parole non ordinarie, ma cariche di un significato morale e politico uniformato e uniformante, nascosto sotto il vello di pecora della "bontà" e "inclusività" e che, soprattutto, nulla hanno a che fare con la realtà, storica o attuale che sia.
Senza più parole che la descrivano, la realtà non esiste più, se non nella versione che le parole consentite ci permettono di concepire. È un'operazione deliberata, partita con la sovversione della definizione del sesso degli esseri umani e penetrata così profondamente da arrivare a occuparsi di 45 nomi di dinosauri. Ridiamoci su, d'accordo, ma non smettiamo di suonare il campanello dell'allarme. -
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7671
SE ''LOVE IS LOVE'' PERCHE' NON INNAMORARSI DI UN ALBERO?
Le scuole della California promuovono attivamente il transgenderismo nei minori tramite materiali audiovisivi, sollevando preoccupazioni e sdegno tra i genitori e gli attivisti pro family. Il distretto scolastico di Hayward, infatti, che serve oltre 19.000 studenti dalla scuola materna alle superiori, ha adottato un approccio educativo controverso, incoraggiando gli studenti a guardare film che normalizzano il transgenderismo infantile e promuovono trattamenti come i bloccanti della pubertà.
In particolare, l'HUSD ha creato un elenco di "film inclusivi LGBTQ", inclusi film destinati agli studenti dalla quinta elementare in su, che mirano a mostrare "la diversità delle esperienze di genere". Uno di questi film, per fare un esempio, è incentrato su una ragazza di 12 anni che esplora la sua identità di genere e riceve un trattamento medico per ritardare lo sviluppo fisico. Un vero e proprio tentativo di indottrinare i bambini su questioni di genere e sesso, spingendo attivamente l'ideologia di genere e sovvertendo i valori scientifici e biologici.
Le preoccupazioni crescono anche a causa della promozione di film che criticano le concezioni tradizionali del sesso. Un altro esempio è "Straightlaced: How Gender's Got Us All Tied Up", un film che mette in discussione i ruoli di genere tradizionali e incoraggia alla fluidità di genere.
Il distretto sta anche promuovendo un programma di libri per le scuole elementari che si concentra su storie che includono strutture familiari non tradizionali, come famiglie con due mamme o due papà, e temi di identità di genere. Questo approccio è stato denunciato da genitori e associazioni come un'intrusione ideologica nell'educazione dei bambini, distogliendo l'attenzione da temi educativi fondamentali.
Inoltre un documento del distretto sulle risorse "inclusive, anti-pregiudiziali, antirazzisti, LGBTQIA+" vorrebbe indirizzare a elenchi di libri LGBT per bambini piccoli. Questo orientamento pedagogico è dunque un tentativo di plasmare e influenzare le giovani menti su temi delicati e complessi, senza un'adeguata considerazione delle implicazioni etiche e psicologiche a lungo termine.
Un modo, da parte del distretto scolastico, per promuovere un'agenda pro-transgender tra i giovani studenti, ignorando le preoccupazioni dei genitori e la necessità di un approccio più equilibrato e attento alla questione dell'identità di genere e del benessere dei minori.
Nota di BastaBugie: nell'articolo seguente dal titolo "Sono ecosessuale" si parla di una canadese (una donna, non una tenda, perché in tal caso poteva essere) che si è innamorata di una quercia e prova per essa un'attrazione sessuale.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 15 gennaio 2024:
La canadese Sonja Semyonova, 45 anni, è ecosessuale. Ossia si è innamorata di una quercia e prova per essa un'attrazione sessuale.
La quercia, a suo dire, la riempie di «un'energia erotica ». L'incontro con la quercia è avvenuto nelle sue passeggiate quotidiane nel bosco fuori casa. La donna spiega che «c'era in essa un erotismo con qualcosa di così grande e così vecchio che mi attraeva. Ho notato una connessione con l'albero. Mentirei se dicessi l'opposto».
L'ecosessualità è una delle infinite conclusioni logiche dell'omosessualità, anzi: del principio che ogni affetto è amore ed è dunque sano. Se una persona si può innamorare di una persona dello stesso sesso perché non può innamorarsi di una pianta? Si obietterà che nell'omosessualità si prova attrazione verso una persona e non verso un vegetale. Ma, volendo fare l'avvocato del diavolo, è discriminatorio affermare che l'amore possa essere confinato solo nello stretto recinto della nostra specie, escludendo così i vegetali e gli animali. Come l'amore vero può essere espresso per una persona dello stesso sesso o di sesso differente e, così l'amore vero può essere espresso per un essere della stessa specie o di specie differente. Tra l'altro, come l'omosessualità è per sua natura infeconda, parimenti anche l'ecosessualità.
Continuando ad argomentare secondo la logica LGBT, è solo una sovrastruttura culturale ecofoba, una ristrettezze di vedute che ci spinge ad escludere le piante dal raggio del nostro amore. Chi siamo noi alla fine per giudicare la signora Semyonova? Fa del male a qualcuno con il suo amore ecosostenibile? E non è forse questo un'alta espressione dell'ambientalismo? Non dobbiamo forse noi amare il creato? E allora questa donna canadese non sta semplicemente dando forma particolare a questo nostro doveroso amore? "Love is love" is green. -
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7668
L'OMS PROMUOVE I FARMACI PER ''BAMBINI TRANS'' di Matteo Delre
È ormai quasi fatta. A tutti i ragazzi e le ragazze che si approssimano all'adolescenza potremo affiancare finalmente alle solite domande trite e ritrite una nuova e molto più sensata. Non «a quale università vorresti iscriverti?», non «che lavoro vorresti fare da adulto?» e nemmeno cosa «ti piacerebbe fare un'esperienza all'estero?». Roba da medievali, retrogradi e boomer! La nuova domanda, quella che tutti, figli, figlie e genitori, attendevano di poter fare o ricevere a breve diventerà la norma: «di che genere vuoi essere?».
Ebbene sì, perché questo, a conti fatti, è il senso dell'iniziativa presa dall'Organizzazione Mondiale della Sanità, che ha annunciato di aver istituito un gruppo di "esperti" per stilare nuove linee guida sulla salute delle persone trans e "di genere diverso" (???). Linee guida che dicono di dover tener conto di temi aberranti come l'accesso agli ormoni bloccanti della pubertà, agli interventi chirurgici atti all'affermazione del genere e al riconoscimento giuridico dell'autoidentificazione di genere.
LA LOGICA PERVERSA DELLE NAZIONI UNITE
In un mondo normale, dove cioè un organismo delle Nazioni Unite operasse secondo una logica rispettosa sia del setting naturale, sia del bilanciamento che dei vari fenomeni umani ne discende, tali linee guida sarebbero lunghe una mezza paginetta e risulterebbe del tutto inutile la creazione di una commissione di studio. Tuttavia, com'è noto, il nostro è ormai ben lungi dall'essere un mondo normale e le Nazioni Unite sono ormai notoriamente un organismo degno rappresentante del clima da basso impero in cui abbiamo la cattiva sorte di trovarci.
Coacervo degli interessi più biechi e delle ideologie più progressiste tra quelle reperibili su piazza, l'ONU, attraverso agenzie come l'OMS, è ormai soltanto un megafono e un manganello con cui lobby organizzatesi straordinariamente bene e radicatesi nei processi decisionali internazionali fanno il bello e il cattivo tempo sulle vite di tutti. Solo in questo senso si giustifica una commissione di "esperti" composta al 70% da attivisti LGBTQ+ e il restante 30% da lobbisti di alcune case farmaceutiche. Quali linee guida potranno mai scaturire da una siffatta gang di soggetti?
Non è difficile immaginarlo, basta andare a vedere i nomi dei componenti e riscontrarne on line qualche dichiarazione. Florence Ashley, ad esempio, sedicente "giurista e bioeticista transfemminile", ha dichiarato che «i bloccanti della pubertà dovrebbero essere trattati come l'opzione predefinita, evitando di lasciare che la pubertà faccia il suo corso, perché ciò favorisce fortemente l'incarnazione cis, aumentando il costo psicologico e medico della transizione». Mannaggia: se lasci andare le cose come natura vuole, i "cis" (cioè gli eterosessuali) finiscono per essere la maggioranza. Quale orrore.
BLOCCANTI DELLA PUBERTÀ PER TUTTI
Soluzione? Bloccanti della pubertà per tutti! D'altra parte, dice Ashley, «i giovani che assumono bloccanti della pubertà hanno le loro opzioni molto aperte, i loro corpi non vengono alterati né dal testosterone né dagli estrogeni». Come detto, in un universo di pubertà bloccate, alla domanda su quale facoltà universitaria il figlio ormai adolescente vuole fare, si unirà quella del genere che preferisce avere, il tutto naturalmente a prescindere dai cromosomi che ha nel sangue, da ciò che ha tra le gambe e dagli organi interni che si ritrova al di sotto del pube. Robetta da nulla, queste ultime due cose almeno, risolvibile con un paio di interventini chirurgici rapidi rapidi. E sei tutto ciò che vuoi.
Non sfugge la totale distopia di tutto questo. Lasciando stare i discorsi, ormai più che stranoti, sulla dannosità dei bloccanti allo sviluppo cognitivo di chi li assume, sull'irreversibilità del processo, sulla medicalizzazione eterna di chi transiziona, al centro di tutto c'è qualcosa di molto più significativo, un ribaltamento concettuale totalmente folle: il percorso naturale è una patologia, mentre quello artificiale e farmacologizzato è la normalità. A costo di sembrare ripetitivi, tutto ciò ha un nome chiaro e ormai codificato: transumanesimo. Una minoranza potente e ramificata in ogni ganglio del potere lo sostiene, una maggioranza sempre troppo silenziosa e inerte, per quanto ragionevole, lo respinge. L'esito è che la follia avanza imperterrita. [...] -
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ARRIVA LA BIBBIA QUEER ED E' SUBITO INCLUSIONE (E CAOS) di Valerio Pece
Se è vero che la Chiesa richiama da sempre a osservare i «segni dei tempi», una casa editrice cattolica che vanta nello stesso catalogo - insieme all'Enchiridion Vaticanum e alla pregiata Bibbia di Gerusalemme - anche un Commentario biblico ad usum LGBTQ+, qualche interrogativo è destinato a sollevarlo. Parliamo della Bibbia Queer, tradotta e pubblicata in questi giorni da EDB, Edizioni Dehoniane Bologna. Il Commentario (1136 pagine di taglio ermeneutico a cura della «pastora» Mona West e dell'ex gesuita Robert E. Shore-Goss) raccoglie testi di studiosi, rabbini e pastori che attingono alle «teorie femministe, queer, decostruzioniste, decoloniali e utopiche» al fine offrire al mondo arcobaleno una lettura radicalmente inedita della Sacra Scrittura.
Già dall'introduzione all'imponente opera, la teologo Selene Zorzi e il professore Martin M. Linter scoprono le carte: «Una lettura queer vuole rompere schemi familiari e offrire nuovi modi di riflettere sul divino [...] e ricordare a noi stessi e agli altri che la Bibbia è tutt'altro che un manuale di codificazioni rigide, ma il luogo in cui ritrovare la chiave della complessità e della porosità delle vite». L'ex monaca benedettina Zorzi e il prof. Linter continuano gagliardi: «Il termine queer intende riferirsi a tutto ciò che di strambo, storto nel senso di non allineato possa presentarsi in una identità personale. Il Dio biblico è un Dio queer: è eccessivo nel suo amore per gli esseri umani [...] e perciò fuoriesce da sé»
Il TRADUTTORE RAIMO, DECOSTRUZIONISTA DOC
I colpi del Commentario queer targato EDB vengono sparati ad intra e ad extra: a una nuova interpretazione dei testi biblici si somma, in un circolo ermeneutico sempre in progress, l'impatto che eserciterà sulla fluida comunità LGBTQ+. Nelle note di pubblicazione la Bibbia Queer non viene solo descritta come «un testo rivoluzionario, rigoroso, che dà un nuovo volto della Sacra Scrittura», ma anche il primo di una lunga serie di passi volti a scardinare la teologia esistente. «Presentare questo testo al pubblico italiano significa lanciare in qualche modo una prima opera», afferma il curatore Gianluca Montaldi nella nota all'edizione italiana. Montaldi si rammarica che il «confronto della riflessione teologica e spirituale italiana con le tematiche queer [...] rimane ancora relegato a gruppi considerati marginali», mentre invece dovrebbe riguardare «un'opzione dell'intera società», quella «alla quale Michela Murgia - cui viene dedicata questa edizione italiana - ha dato molti apporti». Oltre alla speciale dedica, tra i traduttori dell'opera va segnalato quel Christian Raimo che del decostruzionismo ha fatto un dogma di fede, tanto da definire «violento» il logo di ProVita: la figura stilizzata di padre, madre e figli che si prendono per mano. Il raptus non particolarmente inclusivo è andato in diretta tv, davanti a una sbigottita Maria Rachele Ruiu (portavoce della Onlus) e a un imbarazzato Parenzo.
Lo sbarco in Italia della Bibbia Queer suona come un'operazione editoriale ben ponderata, con mandanti e scopi non lasciati al caso. Quanto ai primi, l'eminenza grigia va individuata nella figura di Alberto Melloni, storico delle religioni e indomabile alfiere della dossettiana e poi alberighiana "Scuola di Bologna", che nel giugno 2022 guidò una cordata di imprenditori per salvare EDB e Marietti da un fallimento già conclamato. Quanto agli scopi della pubblicazione del rivoluzionario Commentario, il fatto che nelle chiese della galassia progressista il Gesù queering sia diventato mainstream da tempo lascia intravvedere una forte voglia di emulazione: lavorare sodo per assottigliare il gap con quelle chiese d'oltreoceano e del nord Europa in cui la teologia queer è già ampiamente deflagrata.
L'AUTODEMOLIZIONE DEL CATTOLICESIMO
Il 31 marzo scorso, durante la "Giornata delle visibilità Transgender", una chiesa presbiteriana è diventa virale sul web per aver celebrato la data con una preghiera al "Dio dei pronomi". Eccone un passaggio: «Allattando dai tanti seni, tu, Dio, distruggi tutti gli stereotipi, rendendo ogni singola persona maschio e femmina. Maschio e femmina, intersessuale, non binario a tua immagine. Esattamente a tua immagine. Dio dello spettro dell'arcobaleno, che hai messo la tua promessa di non violenza nel simbolo dell'amore strano prima che l'umanità lo sapesse, perché tu lo sapevi».
Il Commentario EDB dovrebbe ridurre il gap anche con la Chiesa Metodista Unita, quella che vanta la prima drag queen al mondo ad essere stata ordinata. Si chiama Isaac Simmons, si fa chiamare Penny Cost, e descrive il "ministero drag" come un improrogabile «dovere divino». In chiesa, rigorosamente in paillettes, dopo aver tenuto un sermone ai bambini denunciando il privilegio di essere bianchi e etero, il pastore ospitante l'ha lodata così: «Ms. Penny Cost è un angelo con i tacchi, che appare di notte ai pastori annunciando che la Buona Novella è arrivata».
La chiesa Presbiteriana non è da meno. Negli ultimi due anni, durante il sacro mese del Pride il Presbyterian News Service ha offerto ai fedeli serie educative online come "Queering the Bible" (giugno 2022) e "Queering the Prophets" (giugno 2023).
Pochi esempi, tra i tanti possibili, che raccontano bene una precisa direzione di marcia, quella per cui chiese di stampo liberal, avventurandosi nei sentieri pericolosi e incerti della teologia queer, stiano andando ben oltre l'anelito ad ogni forma di inclusione. Bandendo il matrimonio, la monogamia e ogni struttura sociale consolidata, la teologia queer di fatto incoraggia a sconvolgere e destabilizzare i presupposti di ogni convivenza sociale, che improvvisamente diventano oppressivi e antibiblici. È nella queerness che va cercato il vero messaggio del cristianesimo, non altrove. Non è un caso che Gianluca Montaldi, direttore editoriale delle EDB nonché docente di Teologia presso la sede di Brescia dell'Università Cattolica, scrive senza esitazione alcuna: «Il pensiero binario è letteralmente velenoso».
Sulla Bibbia Queer fresca di stampa coglie il punto Marco Respinti su Libero: «Un commentario non è che uno dei molti titoli in catalogo. Con più di 1000 pagine a 79 euro, lo compereranno in pochi e ancora meno lo leggeranno (e il dirlo non è gufare l'editore). Però c'è, resta, segna un confine e subito lo attraversa, presidiando una nuova trincea. È un'operazione culturale, quindi politica, seria, studiata, acuminata, con gli LGBT+ come strumento. Epocale. Il nuovo fronte dell'autodemolizione del cattolicesimo». -
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7621
AGGRESSIONE A PRO VITA: TORNA IL CLIMA ANNI '70 di Eugenio Capozzi
La violenta aggressione alla sede dell'associazione Pro Vita e Famiglia, perpetrata dal collettivo "transfemminista" Non Una di Meno in margine alla manifestazione nominalmente indetta contro la violenza sulle donne sabato scorso 25 novembre a Roma, e ancor più l'agghiacciante rivendicazione di quell'aggressione con un linguaggio che ricorda i peggiori schemi del terrorismo degli anni Settanta, non rappresentano un esito incidentale, ma il logico coronamento della campagna politica di cui quella manifestazione, come molte altre, è stata parte. Una campagna che con il tema della difesa delle donne dalla violenza ha ben poco a che vedere, ma è invece un chiaro tentativo di assalto ideologico e di destabilizzazione politica e culturale.
Occorre riflettere bene su quello che è avvenuto in Italia a partire dal 18 novembre, data del ritrovamento del corpo di Giulia Cecchettin, uccisa in circostanze atroci dal suo ex fidanzato. Approfittando dell'emozione suscitata da quel singolo episodio di cronaca nera, un consistente blocco politico-mediatico ha messo in piedi un'operazione propagandistica clamorosa - già preparata peraltro da mesi e anni di martellante indottrinamento nello stesso senso in ogni sede della cultura e dell'intrattenimento - in cui l'Italia è stata rappresentata come un inferno per le donne, un Paese "patriarcale" popolato da legioni di maschi violenti, oppressori, dominatori, per cui si è intimato addirittura a tutti gli uomini in blocco di fare mea culpa e chiedere scusa (e molti sventurati, per sfare sfoggio di femminismo, si sono addirittura prestati a questa messa in scena degna dell'Urss di Stalin).
NARRAZIONE SCOLLEGATA DALLA REALTÀ
Si tratta di una rappresentazione completamente scollegata dalla realtà quotidiana, dai dati misurabili, dalle statistiche, che convergono al contrario nell'indicare il nostro Paese come uno di quelli in cui in Europa si verificano meno "femminicidi" e stupri. E si tratta di una operazione spudoratamente ipocrita, volutamente strabica, in quanto omette di specificare che una componente statisticamente significativa della violenza sulle donne - in Italia come, ancor più, nei Paesi dell'Europa settentrionale - è legata all'immigrazione da Paesi in cui, al contrario che in quelli europei contemporanei, la condizione femminile si trova in uno stato di soggezione al dominio di una società quella sì "patriarcale" nel senso peggiore e più violento del termine.
Non è un caso se gli episodi di violenza ai danni delle donne che conquistano la "prima pagina" dei media, e attirano legioni di articoli di denuncia, sono esclusivamente quelli che vedono come responsabili uomini italiani autoctoni, laddove invece quelli messi in atto da immigrati vengono sistematicamente svalutati e relegati nelle brevi di cronaca, quando non viene addirittura taciuta la nazionalità del colpevole.
D'altra parte il corto circuito tra questo inorridito coro "antipatriarcale" e il relativismo culturale altrettanto imperante nel "progressismo" nostrano, con le sue propaggini di immigrazionismo selvaggio, è ben evidenziato dal fatto che alla citata manifestazione "femminista" romana il tema della "violenza strutturale contro le donne e le libere soggettività" è stato accoppiato, non si comprende in base a quale contorta logica, ad attacchi violenti contro Israele, al totale silenzio sulle orrende violenze contro le donne perpetrate da Hamas, all'invocazione di ancor più immigrazione, senza minimamente considerare un problema, tra gli altri, il rapporto tra fondamentalismo islamico e assoggettamento femminile.
AL PENSIERO UNICO NON IMPORTA NULLA DELLE VIOLENZE SULLE DONNE
Tale spregiudicata e disonesta ondata di indottrinamento può essere spiegata, a mio avviso, secondo due direttrici fondamentali.
La prima è la precisa volontà, da parte dell'opposizione politica saldata al mainstream mediatico e culturale, di colpire con ogni pretesto il governo di Giorgia Meloni, montando e strumentalizzando contro di esso qualsiasi episodio di cronaca: in questo caso, per additare l'attuale esecutivo come responsabile "a prescindere" di ogni sopruso subìto dal genere femminile, in quanto conservatore, di destra, quindi maschilista (benché guidato da una donna, che in tal caso viene persino privata della sua appartenenza di genere, in quanto "traditrice").
La seconda è l'utilizzo di ogni occasione, da parte del compatto blocco sopra citato, per importare e imporre a tappe forzate nel nostro Paese tutti gli aspetti dell'ideologia progressista woke attualmente egemone nei Paesi anglosassoni, fondata sul soggettivismo totale e sul rifiuto di ogni struttura naturale di famiglia e società. Un'importazione che, quando appunto sulla spinta di risposte emotive riesce a superare le resistenze di elementare buonsenso tipiche di Paesi di tradizione cattolica più solida, dotati di strutture familiari più coese, in cui la secolarizzazione radicale è arrivata più tardi e in forma più attutita, provoca smottamenti clamorosi, con contrapposizioni di una violenza inusitata (come è accaduto in altre nazioni in ciò analoghe, come Spagna, Portogallo, Irlanda).
La fusione tra queste due componenti ci aiuta a contestualizzare l'enorme sproporzione tra la natura dei fatti e la spropositata tensione politica che a partire da essi è stata costruita nelle ultime settimane. E soprattutto ci aiuta a comprendere perché certe esagitate manifestanti "anti-patriarcali" abbiano considerato naturale e giustificabile un'esplosione di violenza altrimenti inspiegabile contro un'associazione cattolica che si batte contro l'aborto, l'eutanasia, l'indottrinamento Lgbt nelle scuole, l'utero in affitto.
Ciò avviene, evidentemente, perché a quanti hanno sposato la campagna ideologica di criminalizzazione dell'Italia come Paese "patriarcale" non importa nulla di promuovere una prevenzione fattuale ed efficace delle violenze sulle donne. Essi vogliono soltanto colpire in ogni modo la famiglia naturale, la paternità e la maternità, la fecondità. Il loro nemico sono innanzitutto i cristiani, e tutti coloro che continuano a mantenere in piedi la continuità della nostra civiltà con le sue radici. Il loro obiettivo, in sintonia con i fanatici woke che essi scimmiottano, è quello di ridurre la società a una somma disgregata di individui isolati, anaffettivi, diffidenti gli uni degli altri, incapaci di qualsiasi relazione solida, dediti soltanto ossessivamente alla ricerca di gratificazioni egotistiche ed effimere. -
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7516
DILETTA LEOTTA INCINTA PARLA DELLA MATERNITA'... SENZA MAMMA (PER NON SCONTENTARE I GAY) di Giuliano Guzzo
Quando si è saputo che Diletta Leotta - conduttrice Dazn e volto del calcio italiano e internazionale - aveva deciso di dare il via a Mamma dilettante, dieci episodi vodcast e podcast, «per esorcizzare le paure e le ansie che accompagnano la sua prima gravidanza», le aspettative erano quelle di un'occasione per mettere al centro, per di più in un Paese a natalità cimiteriale come l'Italia, il tema della maternità. Cosa che, in effetti, è stata.
Le prime puntate di Mamma dilettante hanno infatti visto accanto alla conduttrice tutta una serie di ospiti - coppie di genitori e ovviamente mamme, in dolce attesa e non - i quali si sono impegnati a condividere le loro esperienze; il che, lo si ripete, non si può che salutare positivamente. Insomma, sarebbe quasi venuto da congratularsi con Diletta Leotta quando, purtroppo, è arrivato uno scivolone francamente imperdonabile.
Ci riferiamo al contenuto della settima puntata. Essa, infatti, discutibile ha avuto per ospiti due uomini «meglio conosciuti sui social come i "Papà per scelta"» impegnati «a raccontarsi a cuore aperto [...] tra risate - tante - e momenti emozionanti [...] nella loro vita da genitori dei due gemelli avuti grazie alla Gestazione Per Altri. Una famiglia arcobaleno che ha davvero tanto da insegnare».
Ora, sulla coppia di due uomini in questione, diciamo, non c'è granché da dire: il fatto che abbiano oltre 323.000 follower su Instagram dimostra al di là di ogni ragione dubbio che la loro storia è già sufficientemente nota. Ci sarebbe invece da dire, e molto, a Diletta Leotta, partita come si diceva con delle buone puntate, salvo poi non solo concedere spazio a rappresentanti del mondo Lgbt - una sorta tributo che sui grandi media pare ormai impossibile non pagare, se non si vuol passare per bigotti od oscurantisti -, ma perfino, indirettamente, ad una pratica abominevole come l'utero in affitto, che si è scelto di chiamare «Gestazione Per Altri».
Ora, sarebbe interessante sapere dalla conduttrice se sia al corrente che quella pratica (che in Italia è reato perfino pubblicizzare, ma non sottilizziamo), è esattamente la negazione della maternità o, meglio, il suo perfetto svilimento; e qualunque coppia si inviti in una trasmissione - eterosessuale oppure omosessuale da questo punto di vista non cambia proprio nulla - che abbia ottenuto uno o più figli con l'utero in affitto ha per forza di cose preso parte a tale meccanismo. Dunque altro che "Mamma Dilettante", con l'utero in affitto si arriva a "Mamma annullata", "Mamma eliminata", "Mamma sfruttata".
Un meccanismo che, in questi anni, ha visto: delle donne lasciarci la pelle; delle donne ammalatesi di cancro costrette ad abortire dall'amorevole coppia committente; dei genitori "intenzionali", come usa oggi dire con una espressione assai opinabile, che rifiutano il bambino commissionato «perché non assomiglia abbastanza» a loro, o che ritirano solo uno dei due gemelli - guarda caso, quello nato sano e non quello con la sindrome di Down - venuti al mondo. Ci sono poi pure casi di neonati abbandonati, semplicemente, perché non più desiderati. Soprattutto: non c'è un caso, neppure quando ci prova a parlare di «gestazione per altri solidale», in cui il figlio non sia ridotto a merce di scambio. [...]
Chiaro, cara Leotta? Un essere umano non è una cosa! -
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MISS OLANDA E' UN TRANS... LA RIVOLUZIONE AVANZA di Roberto Marchesini
Il/la transgender Rikkie Valerie Kollé è Miss Olanda 2023, ecco la sua dichiarazione: «Ce l'ho fatta. È incredibile, ma ora posso definirmi Miss Netherlands 2023. È stato un viaggio educativo e bellissimo... Sono così felice che non riesco nemmeno a descriverlo. Rendere orgogliosa la mia comunità [ovviamente LGBTQ+] e mostrare che si può fare. E sì, sono trans e voglio condividere la mia storia, ma sono anche Rikkie ed è questo che conta per me. L'ho fatto da sola e ne ho amato ogni momento».
Qualche riflessione a caldo.
Primo punto: Kollè non è il/la primo/a trans a vincere un concorso di bellezza nazionale: nel 2018 Angela Maria Ponce Camacho è diventato/a Miss Spagna e ha partecipato a Miss Universo, senza arrivare in finale. Non scommetto mai, ma quest'anno Kollè potrebbe anche vincerlo, quel titolo. Perché? Perché il/la proprietario/a del concorso di Miss Universo è il/la milionario/a thailandese Jakkaphong Jakrajutatip; trans, ovviamente. [...]
LE DONNE DEVONO FARE SPAZIO AI TRANS
Insomma: non sembra assurdo pensare che, d'ora in poi, i podi dei concorsi di bellezza principali saranno appannaggio di transgender e che le donne, per quanto belle e talentuose possano essere, debbano accontentarsi di partecipare. Né la bellezza (comunque frutto di ritocchi chirurgici e fotografici) né il talento, infatti, hanno portato Kollé all'ambita corona: la motivazione della premiazione recita: «Ha una storia forte e una missione chiara». Quale missione? Probabilmente la stessa che ha portato il cantante austriaco Conchita Wurst a vincere l'Eurovision 2014. La stessa che ha portato sullo stesso podio, due anni fa, gli ambigui Maneskin; i quali, per chissà quale strano motivo (non credo di natura musicale), hanno vinto anche il Festival di Sanremo e una serie piuttosto lunga di premi e riconoscimenti.
Insomma: la faccenda ha tutta l'aria di un'operazione in grandissimo stile per modificare l'atteggiamento, soprattutto dei più giovani, nei confronti delle «non conformità sessuali». Non stiamo dunque parlando di concorsi di bellezza o musicali, ma di puntate di un Truman Show del quale tutti noi siamo i protagonisti inconsapevoli.
Secondo punto: il pensiero va automaticamente ad altre competizioni femminili nelle quali sono entrati i trans. Sto parlando delle competizioni sportive femminili dominate in lungo e in largo da atleti transessuali: ciclismo, nuoto e persino Mixed Martial Arts (MMA), il brutale sport di combattimento nel quale è lecito ad atleti transessuali picchiare e persino spaccare le ossa a donne (e nessuno denuncia). Se i maschi devono condividere il loro mondo con le donne, queste ultime devono fare spazio ai trans. Così funziona il politicamente corretto: c'è sempre una minoranza più minoranza della tua. Cala il sipario sul femminismo, si alza sul transessualismo.
QUAL E' LA LOGICA IN TUTTO QUESTO?
Conviene fare un ripassino sul processo rivoluzionario con il sempre utile schema di Hegel: la tesi produce il suo opposto, l'antitesi; dalla lotta tra i due opposti sorge la sintesi che, a sua volta, diventa tesi. E il processo ricomincia. Si ha così un continuo movimento nel quale nulla è stabile, nulla è fermo, ma tutto viene continuamente superato, cancellato, contraddetto; è un eterno movimento nel quale la realtà è sempre provvisoria e destinata ad essere distrutta. Così, ogni fase del processo rivoluzionario (operaismo, femminismo eccetera) è destinato a essere superato da una nuova fase, da un nuovo -ismo: immigrazionismo, omosessualismo, transessualismo... Chi pensa di aver ricevuto giustizia o il dovuto riconoscimento dal processo rivoluzionario è destinato a essere ben presto dimenticato e accusato a sua volta.
Terzo e ultimo punto: qual è l'obiettivo finale di questi fenomeni? Qual è la logica di tutto questo complesso fenomeno? Si potrebbe pensare che sia la sessualità tradizionale, la «cisessualità», per usare il linguaggio woke. Non è così semplice. Ricordo, ad esempio, il caso di Sephora Ikalaba, la ragazza nigeriana diventata, nel 2017, Miss Helsinki. Con tutto il rispetto per la ragazza, anche nel suo caso non è possibile attribuire la vittoria alla bellezza: se per Kollè la motivazione riguardava le sue «storia e missione», nel caso della Ikalaba viene spontaneo pensare a qualcosa legato alla sua pigmentazione.
Sembra quasi che, per il mondo mediatico contemporaneo, sia necessario premiare e applaudire una certa parte di umanità, a prescindere da merito, a discapito di un'altra. Qual è la parte che va punita o penalizzata? Avere una sessualità «conforme», cioè tradizionale? Non si spiega il caso Ikalaba. Avere la pelle bianca? Non si spiega il caso Kollè.
L'unica spiegazione possibile è che si voglia penalizzare chiunque incarni la cultura europea tradizionale; che è poi la cultura sorta dal cristianesimo, che ha le sue radici ad Atene e Roma. Eccoci dunque tornati a Popper, al suo «paradosso della tolleranza», ripreso eufemisticamente da Locke e dal suo Trattato sulla tolleranza: «I papisti non devono godere i benefici della tolleranza, perché, dove essi hanno il potere, si ritengono in obbligo di rifiutarla agli altri». Siamo alle solite: il motore della modernità è l'odio a Cristo. Il buon Maestro ce l'ha ben detto: «Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia ». -
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PERDE CLIENTI LA BIRRA PUBBLICIZZATA DA UN TRANS
La guerra culturale ha avuto un impatto notevole su Bud Light. Ora, il proprietario del marchio di birra dichiara che la sua quota di mercato si sta stabilizzando e che riconquisterà i consumatori mantenendosi lontano da temi controversi. Secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, Anheuser-Busch InBev BUD, il più grande produttore di birra al mondo, ha rivelato giovedì che le vendite, i profitti e la quota di mercato negli Stati Uniti sono calati bruscamente nel secondo trimestre a causa dell'abbandono di Bud Light da parte dei consumatori, a seguito di una promozione realizzata con l'influencer transgender Dylan Mulvaney.
Un sondaggio tra i consumatori statunitensi durante il trimestre mostra che il marchio è ancora visto favorevolmente, ma anche che la gente vuole semplicemente che si dedichi alla vendita di birra. "La birra è sinonimo di relax", ha dichiarato l'amministratore delegato Michel Doukeris in un'intervista. "Le persone non vogliono godersi la loro birra con un dibattito. Vogliono che la birra sia semplice, che sia per tutti e che sia piacevole da condividere con familiari e amici."
La reazione negativa contro Bud Light è iniziata in aprile, dopo che Mulvaney ha postato un'immagine su Instagram di una lattina personalizzata che AB InBev le aveva regalato. Il post era parte di una campagna di marketing mirata a rinnovare l'immagine di Bud Light per renderla meno "mascolina". Ma il post ha scatenato un putiferio, facendo arrabbiare i consumatori di base di Bud Light e spingendo AB InBev a mettere in pausa gli executive di marketing che avevano supervisionato la collaborazione. Più tardi, l'azienda ha tagliato centinaia di posti di lavoro negli uffici statunitensi a causa del calo delle vendite.
Doukeris ha detto che i consumatori desiderano che l'azienda concentri il suo marketing su cose di largo consumo, come la National Football League, la musica e il sostegno alle famiglie militari. Per ora basta coi trans. -
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OSCAR WILDE DIVENNE CATTOLICO E SI PENTI' PER LA SUA PERVERSIONE OMOSESSUALE
«Il cattolicesimo è la religione in cui muoio», così disse il celebre poeta e drammaturgo Oscar Wilde poco prima di morire a Parigi, il 30 novembre 1900. Lo scrittore e saggista esperto del mondo britannico Paolo Gulisano si è concentrato anche sulla conversione di Wilde nel suo libro "Ritratto di Oscar Wilde" (Ancora 2009) in cui ha definito «un mistero non ancora pienamente svelato» la sua complessa personalità, arrivando a descrivere il profondo e autentico sentimento religioso del celebre poeta.
Il cammino esistenziale di Oscar Wilde è stato un lungo e difficile itinerario verso il cattolicesimo, una conversione - ha spiegato Gulisano - «di cui nessuno parla, e che fu una scelta meditata a lungo, e a lungo rimandata, anche se - con uno dei paradossi che tanto amava - , Wilde affermò un giorno a chi gli chiedeva se non si stesse avvicinando troppo pericolosamente alla Chiesa Cattolica: "Io non sono un cattolico. Io sono semplicemente un acceso papista". Dietro la battuta c'è la complessità della vita che può essere vista come una lunga e difficile marcia di avvicinamento al Mistero, a Dio». Molte le persone che sono entrate in rapporto con lui e si sono convertite, come Robbie Ross, Aubrey Beardsley, e - ha continuato lo scrittore - «addirittura quel John Gray che gli ispirò la figura di Dorian Gray che diventato cattolico entrò anche in Seminario a Roma e divenne un apprezzatissimo sacerdote in Scozia. Infine, anche il figlio minore di Wilde divenne cattolico». Wilde soleva ripetere: «Il cattolicesimo è la sola religione in cui valga la pena di morire» (R. Ellmann, "Oscar Wilde", Rizzoli, Milano 1991, pag. 669).
Wilde è oggi celebrato sopratutto come "icona gay", ma Gulisano ha spiegato che «non può essere definito tout court "gay": aveva amato profondamente sua moglie, dalla quale aveva avuto due figli che aveva sempre amato teneramente e ai quali, da bambini, aveva dedicato alcune tra le più belle fiabe mai scritte, quali "Il Gigante egoista" o "Il Principe Felice". Il processo fu un guaio in cui finì per aver querelato per diffamazione il Marchese di Queensberry, padre del suo amico Bosie, che lo aveva accusato di "atteggiarsi a sodomita". Al processo Wilde si trovò di fronte l'avvocato Carson, che odiava irlandesi e cattolici, e la sua condanna non fu soltanto il risultato dell'omofobia vittoriana». Tuttavia ebbe contemporaneamente diverse relazioni omosessuali, ma verso l'epilogo della sua vita si pentì del suo comportamento. Già nel celebre "De profundis", una lunga lettera all'ex amante Alfred Douglas, scrisse: «Solo nel fango ci incontravamo», gli rinfacciò, e in una confessione autocritica: «ma soprattutto mi rimprovero per la completa depravazione etica a cui ti permisi di trascinarmi» (Ediz. Mondadori, 1988, pag. 17). Tre settimane prima di morire, dichiarò ad un corrispondente del «Daily Chronicle»: «Buona parte della mia perversione morale è dovuta al fatto che mio padre non mi permise di diventare cattolico. L'aspetto artistico della Chiesa e la fragranza dei suoi insegnamenti mi avrebbero guarito dalle mie degenerazioni. Ho intenzione di esservi accolto al più presto» (R. Ellmann, "Oscar Wilde", Rizzoli, Milano 1991, pag. 669).
Mentre si trovava in punto di morte, il suo amico Robert Ross condusse presso di lui il reverendo cattolico irlandese Cuthbert Dunne. Wilde rispose con un cenno di volerlo vicino a sé (era impossibilitato a parlare), il sacerdote gli domandò se desiderava convertirsi, e Wilde sollevò la mano. Quindi padre Dunne gli somministrò il battesimo condizionale, lo assolse dai suoi peccati e gli diede l'estrema unzione (R. Ellmann, "Oscar Wilde", Rizzoli, Milano 1991, pag. 670).
Nota di BastaBugie: come approfondimento trovate qui sotto due articoli. Il primo è un estratto ricavato dal sito Rai Vaticano. Il secondo, dal titolo "Oscar Wilde, l'inquieto che implorava la pietà di Gesù" è di Francesco Agnoli ed è stato pubblicato su La nuova Bussola Quotidiana. Lo pubblichiamo integralmente.
OSCAR WILDE BANDIERA GAY? NON PROPRIO...
Recentemente, in un talk show radiofonico, un esponente del movimento gay italiano intervistato sulla storia del movimento omosessuale, citava, tra i tanti personaggi del mondo della cultura, dell'arte e della scienza che hanno avuto chiare tendenze omosessuali anche - e con ragione - Oscar Wilde.
Di lui, oltre alle doti di scrittore, saggista e commediografo, il nostro intervistato apprezzava soprattutto il coraggio di non aver nascosto la sua "diversità", specialmente nell'Inghilterra del XIX secolo intrisa di perbenismo vittoriano, nonché la sua intelligenza ed il suo sarcasmo tipici - sottolineava - proprio del mondo omosessuale. Insomma - concludeva - una vera bandiera gay contro i troppi bigottismi, specialmente religiosi, di cui propriola Chiesa cattolica è ancora oggi il maggior fautore.
Peccato che questa prolusione dimenticasse un piccolo particolare: la "bandiera" dell'orgoglio gay ebbe non solo un pentimento totale riguardo la propria vita, ma concluse i suoi giorni con la conversione alla tanto "vituperata" fede cattolica, tanto da esalare l'ultimo respiro avendo tra le mani un rosario. [...]
Poche settimane prima di morire, intervistato da un giornalista del Daily Chronicle, dichiarava tra l'altro: "Buona parte della mia perversione morale è dovuta al fatto che mio padre non mi permise di diventare cattolico. L'aspetto artistico della Chiesa e la fragranza dei suoi insegnamenti mi avrebbero guarito dalle mie degenerazioni". Concludeva quindi in maniera risoluta: "Ho intenzione di esservi accolto al più presto". (Ediz. Rizzoli, 1991).
In un celebre aforisma dichiarava tra l'ironico e il feroce che: "La Chiesa cattolica è per i santi ed i peccatori; per le persone rispettabili va benissimo quella anglicana". Riguardo il peccato e il peccatore, merita di riportare quanto scrive, sempre nel "De Profundis": "Il Credo di Cristo non ammette dubbi e che sia il vero Credo io non ho dubbi. Naturalmente il peccatore deve pentirsi. Ma perché? Semplicemente perché altrimenti sarebbe incapace di capire quanto ha fatto. Il momento della contrizione è il momento dell'iniziazione. Di più: è lo strumento con cui muta il proprio passato". […]
Forse, prima di definire Oscar Wilde "bandiera" dell'orgoglio gay, bisognerebbe rivedere con onestà intellettuale anche il significato della conversione proprio a quella religione, la cattolica, definita dagli ambienti gay - e non solo - la più oscurantista e retrograda. Alla luce della vita di Oscar Wilde, ci permettiamo di dire che non è così.
Fonte: sito Rai Vaticano, 15/12/2011
OSCAR WILDE, L'INQUIETO CHE IMPLORAVA LA PIETÀ DI GESÙ
Il 30 novembre 1900, a Parigi, moriva Oscar Wilde, l'autore de Il ritratto di Dorian Gray. La sua figura è spesso strumentalizzata e incompresa, nella sua profondità e nel suo dramma. Per questo può essere utile ricordare almeno alcune cose. Oscar Wilde nasce a Dublino il 16 ottobre 1854. Come racconta il biografo Francesco Mei, suo padre, sir William, è un medico affermatissimo, che «cambia più spesso le amanti che non le camicie» (Francesco Mei, Oscar Wilde, Rcs, Milano, 2001). Sua madre, Jane, è «portata a trascurare l'andamento della casa, compresa l'educazione morale dei figli».
William e Jane sono una coppia "aperta", con tutte le caratteristiche del caso. Quando Oscar nasce, la madre, «che aspettava ardentemente una bambina», resta delusa. Proietta sul figlio, maschio, i suoi desideri: il piccolo Oscar viene vestito da bambina, «agghindato con trine e pizzi» e patisce tanto le imposizioni della madre, quanto l'assenza del padre. Vari biografi mettono in luce come Wilde abbia interiorizzato una figura negativa di padre, e questo gli abbia impedito di sviluppare appieno la sua virilità e il suo senso di paternità: cercherà sempre, in altre figure maschili, il padre che non ha avuto, e sarà, con la moglie e con i figli, il marito infedele e il padre assente che non aveva apprezzato in suo padre.
Presto Wilde si distacca dalla famiglia, andando a studiare in collegio, prima al Trinity College di Dublino, poi ad Oxford. Rimanendo per certi aspetti «un eterno fanciullo», incapace di «maturare, almeno sul piano affettivo». Suo padre non è per lui oggetto di ammirazione, anzi Oscar non approva «lo sfrenato libertinaggio del genitore. E non è escluso che proprio per reazione agli eccessi paterni, egli abbia concepito sin dall'adolescenza una sorta di riluttanza a stabilire rapporti impegnativi con le donne». Si sposerà, amerà sua moglie, ma, un po' come il padre, senza mai riuscire a farlo veramente, alternando i rimorsi e il desiderio di tornare da lei, all'insicurezza e alla mutevolezza, ai rapporti fuggevoli e molteplici con donne, uomini e ragazzini. -
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ https://www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7490
LA GUERRA MULTIMEDIALE DELL'IDEOLOGIA LGBTQ+ di Mauro Faverzani
La denuncia è stata ripresa da fonti autorevoli, quali le agenzie canadese LifeSiteNews e spagnola InfoCatólica: oltre a YouTube, l'app YouTube Kids, propostasi come un «ambiente protetto» per i minori, promuoverebbe, in realtà, anche sessualità, gender e aborto. Tali insidie si celerebbero nei contenuti e nei video pubblicati.
A lanciare l'allarme ha provveduto Aldo Buttazzoni, esponente del gruppo americano conservatore PragerU, che ha puntato l'indice, in particolare, contro uno dei canali presenti su YouTube Kids, «Queer Kid Stuff». Perché? Perché qui vengono analizzate tutte le "varianti" della comunità Lgbtq+, oltre al significato di ogni lettera dell'acronimo; in molti episodi i protagonisti sono drag queen e «Queer kids». Non solo. In un video si propone anche la lettura ad alta voce del libro What is an Abortion Anyway [Cos'è l'aborto-NdT] di Carley Manes e Emulsify. La risposta, data al titolo, è sconcertante: «L'aborto - si legge - è il momento in cui si decide di interrompere la crescita della gravidanza». Non spiega ch'è il momento in cui si uccide il bimbo nel grembo della madre... L'antilingua non perde mai occasione per confondere, ingannare e mistificare. Ancora. Si ricorrerebbe all'aborto «quando una gravidanza non è abbastanza sana per continuare a crescere», il che tradotto significa eutanasia pratica insegnata ai più piccoli.
Secondo il libro What is an Abortion Anyway, l'aborto sarebbe «molto sicuro e milioni di persone lo praticano ogni anno in tutto il mondo», occultando la realtà ovvero il numero di morti per aborto, nonché le conseguenze, mediche ma soprattutto psicologiche e morali, post-aborto.
Buttazzoni mette in guardia anche circa un altro video dal titolo «Impara il consenso», destinato a bambini fino ai 12 anni, evidenziando qui la sinistra presenza del termine MAP o «Persone attratte da minori», termine, in genere, utilizzato dagli attivisti Lgbtq+ per "sdoganare" la pedofilia.
«Questi video non sono adatti ai minori e YouTube li sta diffondendo per indottrinare i bambini», ha concluso l'esponente del gruppo PragerU. Si noti come recentemente, in un'intervista rilasciata al prestigioso quotidiano spagnolo Abc, anche la psicologa Carola López Moya, autrice del libro La secta. El activismo trans y cómo nos manipular [La setta. L'attivismo trans e come ci manipola-NdT], abbia lanciato l'allarme, paragonando senza mezzi termini le modalità operative della lobby trans a quelle di una setta: «Indottrinano i giovani - ha dichiarato -, ponendoli contro i loro genitori, accusati di non rispettare la loro vera identità di genere. Cercano di dissociare le persone dalla loro realtà organica». Nel suo volume López Moya definisce il movimento queer come una nuova religione, la cui azione sarebbe inarrestabile sia per la quantità di denaro ormai in gioco, sia per il ricorso a metodi quali la persuasione coercitiva, la propaganda, la censura e le facili promesse rivolte a persone fragili. L'autrice avverte tuttavia come alle chimere verbali corrispondano evidenti effetti - atrofie e mutilazioni - irreversibili.
Ma la propaganda non è solo multimediale. Oltre ai video, in Texas sono finiti sul banco degli imputati anche i libri di testo con contenuti sessualmente espliciti. Il governatore Greg Abbott, repubblicano, ha firmato ben quattro leggi in materia di istruzione, tutte tese a dare più diritti ai genitori ed alle famiglie, a contrastare nelle aule l'indottrinamento ideologico di sinistra, ma soprattutto a proibire «il possesso, l'acquisizione e l'acquisto di materiale bibliotecario dannoso, sessualmente esplicito, volgare o inadeguato dal punto di vista educativo» e difforme da quanto peraltro previsto dal programma scolastico obbligatorio.
Il governatore Abbott è già noto per aver firmato anche il provvedimento, con cui sono stati vietati gli interventi chirurgici mutilanti, nonché i farmaci per minori transgender.
È sul piano educativo, morale e spirituale, che si gioca comunque il grosso di una battaglia ideologica, combattuta sulla pelle dei ragazzi. La posta in gioco è altissima, ma troppi non sembrano ancora rendersene conto. -
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LA STRATEGIA LGBT DELLA DISNEY NON PAGA di Giuliano Guzzo
La strategia Lgbt non paga. Anzi. È controproducente perché il massiccio e martellante indottrinamento arcobaleno porta famiglie, genitori e in generale utenti (ma anche i dipendenti) a "scappare" da chi si rendere protagonista di tale ideologia, finendo quindi per mettere a rischio la stessa vita di determinate aziende. Lo sa bene la Disney, il colosso dell'intrattenimento per bambini, che ormai da anni è sempre più Lgbt ma ora sta vivendo, fortunatamente, una stagione di costanti flop, boicottaggi, licenziamenti e critiche di massa.
Fortunatamente? Beh, forse la fortuna e il caso c'entrano poco. Non è una coincidenza, infatti, perché si può a ragione dire come sia tutto merito di genitori e famiglie e di chi (dipendenti o semplici utenti) si discosta da certi diktat Lgbtqia+. Tanto in Italia quanto all'estero, infatti, le famiglie sembrano evidentemente stufe di prestare il fianco alla propaganda gender ed esporre i loro figli a questo martellamento mediatico. Purtroppo, però - e anche qui il caso c'entra ben poco - questo bombardamento deve far riflettere e non far mai abbassare la guardia. E' vero, infatti, che i flop della Disney sono ormai costanti e che la strategia Lgbt non paga (e ora lo vedremo nel dettaglio), ma è vero anche che la Disney - dopo i molti annunci dei suoi dirigenti di voler promuovere l'agenda Lgbtqia+ - non si è più fermata in tale direzione.
Dunque l'appello è quello - e non lo ripeteremo mai abbastanza - di stare con gli occhi aperti sempre, per difendere l'educazione e la crescita (e il divertimento!) dei nostri figli e non prestare mai il fianco a questa nuova, ma ormai già rodata, industria dell'intrattenimento Lgbt. Che ora, però, sta iniziando a scricchiolare.
Quella della Disney è una crisi confermata non solo, appunto, dall'allontanamento di famiglie, genitori e utenti, ma che emerge inesorabile anche dai bilanci e dalle grandi perdite in termini economici. Ulteriore prova, dunque, che le istanze "progressiste", woke e pro gender non pagano e anzi fanno andare addirittura in perdita. A quasi cento anni dalla fondazione (li festeggerà nell'ottobre 2023) la Walt Disney Company arriva infatti con i rattoppi e ha già previsto una "ristrutturazione", o almeno così viene definita dall'interno, che prevede tagli dei costi per addirittura 5,5 miliardi di dollari, eliminando 7.000 posti di lavorocirca il 4% del totale). C'è poi il capitolo, anche questo amaro, dello streaming, del quale la multinazionale ha fatto un suo punto nevralgico dopo il lancio di Disney+. Ebbene, se alla fine del 2022 contava ben 161,8 milioni, dal momento della sua fondazione (nel 2019) ad oggi le perdite si attestano intorno ai 10 miliardi di dollari. Avete capito bene, 10 miliardi!
PESANTI FALLIMENTI
Quando ai vertici di una grande azienda, infatti, ci sono avvicendamenti o cambiamenti significativi non è mai un caso. C'è sempre qualche ragione. E spesso è una ragione che ha a che vedere con mancati obiettivi raggiunti o addirittura dei flop. Sembra essere questo il caso di Latondra Newton, chief diversity officer e vicepresidente senior della Disney che, dopo sei anni di onorato servizio, è stata allontanata. Motivo? Per il capo delle risorse umane, Sonia Coleman, Newton deve ora «dedicarsi ad altre attività». Però altre fonti raccontano un'altra storia: quella secondo cui alla base dell'allontanamento della donna ci sono almeno due recenti e pesanti fallimenti.
Stiamo parlando della Sirenetta e di Elemental, che ha messo a segno il peggior esordio al botteghino nella storia di casa Pixar. Entrambi, c'è da notare, erano e sono due prodotti fortemente ideologizzati e politicizzati in chiave progressista: nel primo, per la protagonista è stata scelta un'attrice di colore - cosa che ha scatenato da subito forti polemiche - nel secondo c'è il primo personaggio non binario all'interno di un film Disney Pixar. Ma Elemental non è stato certo un caso isolato, dal momento che i prodotti della celebre casa di animazione paiono da anni piegati all'agenda arcobaleno.
Prova ne siano le serie tv Star Wars Resistance (2018-2020) - i cui creatori hanno confermato che lo show ha una coppia gay - e The Owl House - Aspirante Strega (2020-2023) - la cui la protagonista Luz è stata dichiarata bisessuale dall'autrice Dana Terrace. Oppure si pensi a Toy Story 4 (2019) - prodotto insieme alla Pixar Animation Studios - in cui si mostrano due madri lesbiche che accompagnano e lasciano il figlio all'asilo; o lo stesso Lightyear - La vera storia di Buzz (sempre del mondo di Toy Story) dove si vedono due "mamme" e un bacio gay tra le due; ma anche a Onward - Oltre la Magia (2020), dove c'è il primo personaggio Lgbtqia+ ad apparire in un film Disney, la poliziotta Specter; a Red (2022) - dove si vede Priya, un personaggio queer d'inclinazione bisessuale.
Ma questi, attenzione, sono solo i casi più recenti. [...] Non è un caso che già cinque anni or sono una importante testata internazionale, il Telegraph, dedicasse un apposito servizio ai «personaggi gay» presenti nelle opere della Disney. Oltre alle istanze Lgbt la celebre casa di contenuti per bambini è attenta anche alle istanze woke e femministe, come provano per esempio il nuovo Peter Pan «antisessista» - con i «bambini perduti» che sono diventati delle ragazze - o il sostegno dato dall'azienda al sedicente movimento antirazzista Black Lives Matter. Tuttavia, è soprattutto sul fronte Lgbt che Disney - destinataria non a caso del plauso della Glaad, acronimo di Gay & Lesbian Alliance Against Defamation, sigla arcobaleno attiva nel monitoraggio dei media - sta spingendo e spingerà sempre di più.
ALMENO IL 50%
Questo, almeno, se si deve credere a Karey Burke, presidente della Disney's General Entertainment Content, la quale in una call aziendale su Zoom, successivamente pubblicata su Twitter, ha ricordato che a breve «almeno il 50% dei» personaggi Disney dovrà essere arcobaleno. Le famiglie sono dunque avvertite, anche se in realtà dei segnali di partigianeria pro Lgbt della celebre azienda di contenuti per bambini c'erano da anni. Basti pensare al video di una conferenza tenuta nell'ormai lontano 1998 all'Università della California da Elizabeth Birch, dirigente dal 1995 al 2004 della Human Rights Campaign, la più grande organizzazione Lgbt americana.
Ebbene in quel filmato, dopo essersi accertata che tra il pubblico non vi fossero giornalisti - e probabilmente senza sapere di essere ripresa - la Birch riferisce di uno scambio di battute avuto con Michael Eisner, amministratore delegato della Walt Disney Company per oltre vent'anni, cui lei disse che il 30 per cento dei suoi dipendenti era gay, prima d'esser da costui corretta: «Ti sbagli, Elisabeth, sono il 40 per cento». Lo ricordiamo: parliamo del 1998, dunque di un'era geologica fa rispetto ai progressi e alle conquiste Lgbt degli ultimi anni. La Cnn fissa invece addirittura al 1984 l'anno in cui in casa Disney è iniziata una metamorfosi di apertura verso il pubblico Lgbt.
Ma in realtà anche prima la produzione disneiana, come ho raccontato nel mio libro Propagande - segreti e peccati dei mass media (2017), era segnata da un tratto abbastanza caratteristico: l'assenza o la morte delle due figure genitoriali del protagonista, mamma e papà. Una cosa che, beninteso, può avere varie spiegazioni (inclusa quella del mero espediente narrativo, per favorire una crescita attraverso le difficoltà dei personaggi), ma che non può indubbiamente non suggerire una riflessione. Ad ogni modo, non devono stupire, tornando a noi, le parole di Karey Burke, che comunque sul fronte arcobaleno ha anche motivi personali per impegnarsi, dato che si presenta come «madre di due bambini queer».
C'è dunque da crederle quando dice che a breve «almeno il 50% dei» personaggi Disney dovrà essere arcobaleno. Il fatto è che tutta questa politicizzazione arcobaleno dei cartoon non sembra portare molto bene, a livello economico. Lo dimostrano non solo il licenziamento di Latondra Newton, ma anche quello di un esercito di ben 7.000 dipendenti. Se si è arrivati a tanto è anche perché il 2022 ha inflitto pesanti perdite un po' a tutti i grandi media arcobaleno. A farlo presente, è stato una fonte di sicura autorevolezza come il Financial Times, secondo cui lo scorso anno la Walt Disney Company, ma pure Netflix e Comcast e altri giganti dei media hanno perso più di mezzo trilione di dollari di valore di mercato.
Ciò nonostante, c'è da escludere che nel breve periodo Disney - che peraltro ha sponsorizzato anche il recente Roma Pride - possa fare autocritica e smettere di fare politica attraverso i cartoon. E questo perché una volta presa una strada ideologica così potente come quella pro Lgbt essa non è affatto semplice da abbandonare, se non si vuole passare per "omofobi", per "transfobici" o comunque per intolleranti.
Aspettiamoci, dunque, altri spot disneiani alla causa dei movimenti queer ed Lgbt. [...] -
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IN RUSSIA APPROVATA UNA LEGGE CHE VIETA DI CAMBIARE SESSO di Fabrizio Cannone
Nel "migliore dei mondi possibili" in cui, secondo i progressisti, staremmo tutti vivendo, c'è una scienza che è divenuta il nemico numero 1 degli ideologi e degli utopisti. E non è la teologia, né la filosofia o le altre scienze di taglio umanistico. Ma è la biologia. Poiché essa studia l'essere umano per quello che è realmente, e non per ciò che vorremmo che fosse, e manda in frantumi i sogni-incubi dei padroni del discorso.
A fronte di un'impennata di giovani e minorenni che si dichiarano "transgender" o "non binari" e che sempre più spesso iniziano una "transizione di genere", in Russia, come riporta Avvenire, la Duma ha «approvato in prima lettura una proposta di legge che vieta gli interventi chirurgici per cambiare sesso». Tranne per i casi di «anomalie congenite nei bambini».
Secondo Piotr Tolstoj, deputato del partito Russia Unita e vice presidente del parlamento, la legge appena votata dalla Camera bassa, serve ad erigere una «barriera alla penetrazione dell'ideologia anti-famiglia occidentale». E purtroppo da occidentali - e fieri di esserlo come siamo - non è possibile dargli torto.
Specie se si pensa al fenomeno ormai mondiale dei Gay Pride, sostenuto dalle multinazionali, da Joe Biden negli Usa, dalla Cia e dai poteri forti tutti quanti. Che anzi ora si è trasformato nella celebrazione dell'intero mese di giugno, quale mese Lgbtq+ e in cui tutte le rivendicazioni più astruse, estremiste e discutibili, come l'utero in affitto, vengono messe nero su bianco. Con attori, politici e miliardari ben contenti di metterci la faccia.
Secondo il comunicato dei deputati della Duma, esiste «un'industria del cambiamento sessuale ben sviluppata in Russia», e di essa farebbero parte, oltre a molti medici e psicologi, una serie di «organizzazioni e gruppi Lgbt».
Al di là del governo che la sta emanando, si tratta di una norma che va nel senso della difesa dei valori tradizionali, universali e naturali. E che non è appannaggio del solo partito di Putin ma è stata condivisa, come riporta sempre Avvenire, da «400 deputati, su un totale di 450, rappresentanti di cinque partiti, tra cui il partito del Cremlino, Russia Unita».
La legge, oltre a sfavorire il mercato del cambiamento di sesso, nega la possibilità di variare genere, o inventarlo. E questo «nei documenti di identità e altri certificati ufficiali». E anche questo dà solidità ad una nazione e crea solidarietà e armonia tra le generazioni.
Secondo le statistiche riportate da Oleg Salagay, vice ministro della Sanità, solo nel 2022 ci sarebbero state in Russia «996 richieste di cambio di sesso» e ammonterebbero a 2700 i russi che dopo il 2018 avrebbero fatto correggere il loro documento, per ragioni di «auto-percezione».
Anche ambienti della sinistra o scettici verso Putin hanno condiviso una misura restrittiva su cui tutti dovremmo riflettere. Perché il punto di fondo, al di là degli aspetti giuridici e normativi, è questo. Vista la pervasività dell'ideologia trans che sta corrodendo il femminismo dall'interno e sta spingendo un numero sempre più alto di minorenni a credere che la soluzione dei loro problemi sia nella chirurgia, è chiaro che bisogna intervenire e fare qualcosa. Se si tollera troppo il commercio di droga, si finirà per legalizzarla e se si chiudono gli occhi sulla prostituzione essa diverrà un mestiere come un altro, magari proposto dal centro per l'impiego a nostra figlia.
Se ammettiamo che medici senza scrupoli facciano soldi spingendo degli adolescenti a prendere ormoni o bloccanti della pubertà, allora siamo già divenuti schiavi dell'ideologia e sordi al buon senso. Del resto, è noto il numero sempre più elevato dei cosiddetti "detransitioners", i pentiti della transizione. I quali dichiarano che hanno accettato la mutilazione del proprio corpo, che era sanissimo, proprio perché indotti dallo psicologo o dal medico di turno, dall'assistente sociale, dal sito web pro trans, eccetera.
Questa legge serve a rafforzare un trend pro family che precede di gran lunga la sciagurata operazione militare in Ucraina e che vuole rafforzare la famiglia e il senso di appartenenza. E correggere quelle tendenze abnormi che un tempo ci venivano dall'Unione sovietica mentre oggi ci giungono dall'Unione europea. - Daha fazla göster