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La finalità dell’insegnamento di Casorati era quella di affrancare gli scolari da qualsiasi retaggio accademico o stilistico, per raggiungere il soggetto pittorico nella sua essenzialità formale, soprattutto attraverso lo studio del disegno (non è un caso che la prima mostra di “scuola” sia proprio un’esposizione di “bianco e nero”, organizzata alla Galleria Centrale d’Arte di via Po nel 1921 e subito recensita dall’amico Piero Gobetti) ; Casorati esorta gli allievi a cogliere i valori tonali dei modelli, evitando qualsiasi tipo di condizionamento esterno o accessorio: a vedere, insomma, il soggetto in maniera disincantata, quasi come se fosse la prima volta.
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Marcolino Gandini ha intrattenuto con artisti e critici, storici dell’arte e filosofi un fitto dialogo su temi che specialmente lo interessavano e che riteneva oggettivamente significativi; negli ultimi anni di vita ha elaborato un testo riassuntivo, intitolato “Che difficoltà vivere”, edito in proprio, senza data di pubblicazione. Da questo volumetto, biografico e di ripensamento del proprio impegno , si estragggono alcuni brani significativi. Anche nel suo caso, la didattica al Liceo Artistico di Roma (dove si era trasferito da Torino nel 1963) è l’impegno secolare, vissuto “drammaticamente”. Non soltanto per oggettive difficoltà fisiche e per un carattere alquanto duro ed esigente, quanto per la convinzione profonda che “l’essere stati pittori oggi [comporta la consapevolezza di] essere cerniera tra un epilogo [certo] e un possibile [comunque remoto] reinizio”.
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Francesco Casorati rifugge dalle teorie, ma sa delineare convincenti ritratti di sé e degli amici, e ragionare con intelligenza e onestà sul lavoro proprio e altrui. Figlio di Felice Casorati e Daphne Maugham, ne ha ereditato l’impegno sistematico e un’idea per così dire etica della pittura, che ha generosamente proiettato nell’insegnamento al Liceo Artistico e all’Accademia. Scrive Elena Pontiggia nel catalogo del 2022 Tra magia e geometria. La pittura di Francesco Casorati: “Il rapporto con gli allievi, fondato su un reciproco confronto, si traduce in una esperienza intensa sul piano umano e stimolante sul piano professionale”
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Nino Aimone non amava scrivere. Invece era parlatore appassionato e coinvolgente, come ben sanno amici e allievi (ha insegnato per anni all’Accademia, dopo aver lavorato da operaio e da grafico; ed è stato, comunque, un didatta per naturale vocazione). Si riportano alcuni suoi dialoghi sulla pittura pubblicati in occasione di una sua personale nel 2010 presso la Fondazione Amendola di Torino, a cura di Pino Mantovani e Loris Dadam.
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Francesco Tabusso ha avuto una formazione classica (compagno di Edoardo Sanguineti al Liceo), e si sente non fosse altro che nella insistenza di indagare ”i perché”. E’ significativo che egli ami indossare gli abiti del “Villano” di umanistica memoria. Quello che conosce, quello che pensa, quello che immagina e sogna - sempre godendone come di una scoperta - lo racconta con vivacità, chiarezza e profondità, specialmente a chi sappia ascoltarlo. Seguono alcuni brani dell’intervista a Francesco Tabusso registrata e trascritta da Gianfranco Schialvino per la monografia del 2005, edita da Melli Edizioni, mentre ulteriori passi sono tratti dal catalogo della Antologica torinese del 1998 a cura di Angelo Mistrangelo.
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Questa mostra, ospitata presso la Fondazione Giorgio Amendola di Torino e curata da Pino
Mantovani, è dedicata a quattro artisti che devono a Felice Casorati un corretto approccio alla pittura, salvo poi fare scelte più o meno divergenti.