Episoder

  • “Timore e tremore”. L’abusatore seriale Marko Rupnik amava citare la formula del filosofo danese Soren Kierkegaard ai suoi allievi negli esercizi spirituali che conduceva da carismatico gesuita e che preparavano lo sfogo violento delle sue ossessioni sessuali. 

    Il nuovo Papa Leone XIV, nel presentarsi nella sua messa di insediamento, spiega di essere stato scelto “senza alcun merito, con timore e tremore”. Una singolare coincidenza di citazioni che ricorda ancora una volta come per il nuovo pontefice sia impossibile sottrarsi all’urgenza di decidere cosa fare del caso Rupnik: continuare a proteggere l’abusatore, come faceva Papa Francesco, o sbloccare il processo insabbiato da mesi e provare a fare giustizia? 

    Il vertice dei gesuiti, in contrasto con le scelte di Jorge Mario Bergoglio, ha già riconosciuto gli abusi commessi da Rupnik e ha promesso di fare qualcosa per le vittime ignorate tanto a lungo. Papa Leone XIV con chi si schiererà, con i gesuiti o con Francesco? 

    Per capire la questione bisogna anche ricostruire come Rupnik usava la sua influenza spirituale per sottomettere e manipolare le sue possibili vittime. Un partecipante agli esercizi spirituali di Rupnik racconta come funzionavano. 



    Dopo il successo de⁠⁠⁠⁠ La Confessione⁠⁠⁠⁠, un nuovo lavoro di giornalismo investigativo sul tema degli abusi nella Chiesa firmato da Stefano Feltri, Giorgio Meletti e Federica Tourn

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    La Scomunica

    è un podcast di giornalismo investigativo disponibile su Spotify e tutte le principali piattaforme

    di Stefano Feltri, Giorgio Meletti e Federica Tourn

    Inchiesta sul campo di Federica Tourn

    Story editor Giorgio Meletti 

    Consulenza musicale e sonora: Stefano Tumiati


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  • Il nuovo Papa sugli abusi deve decidere se coprire l’abusatore seriale Rupnik come faceva Francesco. Ma anche sulle accuse per il suo operato in Perù deve scegliere tra la trasparenza e la reticenza

    Sugli abusi il nuovo Papa ancora non ha detto praticamente nulla. Ma si è già trovato sotto accusa per l’operato in Perù: i suoi difensori hanno subito sostenuto che non ha fatto niente di sbagliato, che si tratta anzi di illazioni di abusatori rancorosi.

    In realtà, anche nelle vicende della diocesi di Chiclayo, in Perù, come ricostruiamo in questo episodio, si replica lo schema che abbiamo visto in molti altri casi: le vittime denunciano, c’è una istruttoria interna che finisce in nulla ma i cui contenuti sono inaccessibili a tutti.

    Per tacitare le critiche, Robert Francis Prevost potrebbe cominciare ad applicare fin dal caso che lo riguarda la trasparenza invece che la reticenza: basterebbe divulgare il contenuto dell’indagine interna, dimostrare che la diocesi ha fatto gli approfondimenti, che ha preso sul serio le vittime.

    Non sappiamo cosa è stato fatto davvero in Perù e in Vaticano sul caso Chiclayoma, finora, niente nel percorso di Prevost lo identifica come un grande nemico dei preti abusatori, neppure nella sua breve esperienza da prefetto per il dicastero per i Vescovi. Però l’inizio di un pontificato è il momento per rompere col passato e segnare un nuovo inizio, a cominciare proprio dal ruolo dei vescovi, che sono incoraggiati a denunciare quando hanno segnalazioni di abusi commessi da religiosi ma non hanno alcun obbligo.

    Così si arriva a situazioni paradossali come quella ammessa nientemeno che dal capo dei vescovi italiani, Matteo Zuppi, che spiega di aver ricevuto denunce di abusi ma di non essere andato alle autorità. Poiché la vittima non era interessata a sporgere denuncia, Zuppi ha fatto anche firmare un foglio per liberarsi di ogni responsabilità e tutto è finito così.

    Leone XIV avrà il coraggio di cambiare questo sistema? Alcuni indizi fanno pensare che si sta ponendo il problema, ma sarà misurato sulle scelte concrete.



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  • Appena Papa Leone XIV è stato eletto, subito si è dovuto confrontare con la pervasività del problema degli abusi sessuali nella Chiesa cattolica.

    Ci sono così tanti casi di insabbiamenti, coperture e complicità che il modo più diretto per screditare qualcuno, soprattutto qualcuno che è stato vescovo, è accusarlo di aver nascosto qualche scandalo.

    Anche le associazioni delle vittime di abusi hanno segnalato la vicenda che potrebbe imbarazzare il cardinale Robert Francis Prevost: tre suore sono state abusate nella diocesi che ha guidato per anni in Perù, l’accusa Prevost di non aver indagato a sufficienza sui due preti abusatori e di aver mandato a Roma un dossier fatto apposta per essere archiviato.

    In realtà, sembra che dietro queste accuse ci sia un tentativo di colpire Prevost per la sua opposizione al Sodalizio di Luis Figari, una comunità cresciuta in Perù e sciolta dalla Santa Sede proprio per gli abusi e i soprusi commessi dal fondatore Luis Figari.

    Ma già questo inizio indica quale sarà uno dei temi del nuovo papato: Prevost dovrà scegliere se essere in continuità con quello che Papa Francesco predicava, cioè la tolleranza zero, o quello che faceva, cioè proteggere gli abusatori quando erano amici suoi.

    Il test sarà proprio il caso dell’ex gesuita Marko Ivan Rupnik, che è al centro dell’inchiesta de La Scomunica: l’artista più famoso della Chiesa di oggi e abusatore seriale per decenni non è più protetto dal suo amico Jorge Mario Bergoglio, che aveva fatto inabissare il processo in nebbie dalle quali ancora non è emerso.



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  • La copertura degli abusi e degli abusatori, anche durante il mandato di Papa Francesco, non è soltanto un problema di giustizia e di gestione del potere nella Chiesa. E’ una questione anche teologica: dietro le violenze c’è una teologia perversa che rivela l’ossessione di molti religiosi per il sesso. 

    Non si tratta di una ossessione privata e repressa, anzi, entra nelle prediche, nelle lezioni, negli esercizi spirituali, perfino nei libri.

    Lo dimostra il caso di Marko Ivan Rupnik, l’artista ormai ex gesuita al centro di questo podcast, che per anni catechizzava su vagine, orgasmi, sangue mestruale, in un intreccio di allucinazioni e perversioni mascherato dal velo della teologia.

    Lo faceva in pubblico, anche e soprattutto negli anni in cui era considerato un intellettuale e un artista di riferimento per tutta la Chiesa cattolica, amico personale di Papa Franceso. 

    Il pontefice ormai scomparso ha voluto accanto a sé, nientemento come prefetto per il Dicastero per la Dottrina della Fede, il cardinale argentino Víctor Manuel Fernández, un altro che ha elaborato riletture quasi pornografiche della Bibbia e del Vangelo, condensati in libri sull’ “arte del bacio” e sulla “passione mistica”.

    E’ chiaro che una Chiesa così, che fin nelle sue figure apicali ostenta un rapporto disordinato con la sessualità, non può poi disciplinare i suoi componenti che cercano una giustificazione teologica ai propri peccati e perfino ad abusi e violenze.

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  • Per spiegare cosa è stata la Chiesa di Papa Francesco bisogna confrontare due processi paralleli. Uno al cardinale Giovanni Angelo Becciu, e l’altro al gesuita Marko Ivan Rupnik, abusatore seriale per trent’anni di donne nella sua comunità. 

    Becciu, fino a poco prima potente braccio destro del Papa, nel 2020 riceve prima la condanna, con la richiesta da parte di Francesco di rinunciare alle prerogative del cardinalato, e poi un processo che può avere un solo esito: la condanna, perché un giudice del Vaticano non può contraddire il Papa. 

    Becciu, che qui parla per la prima volta del drammatico incontro con Papa Francesco, viene accusato di aver arricchito i suoi parenti con i soldi dei fedeli e di altre malefatte. Intorno a quel processo si consuma la più clamorosa faida vaticana recente, si capisce presto che il Papa ha ricevuto un racconto distorto dei fatti ma ormai il pontefice non si può smentire. E tutto, nel processo Becciu, viene piegato all’esigenza di arrivare alla condanna. 

    Per Rupnik, gesuita come Francesco e suo amico personale, invece vige il massimo garantismo: prima la scomunica cancellata, poi il tentativo di evitare il processo con una prescrizione sugli abusi commessi, infine, quando Francesco è costretto dalla pressione mediatica a revocare la prescrizione, il processo si perde nelle nebbie.

    Becciu è colpevole fin dalla prima udienza, molto prima della condanna in primo grado nel 2022, e per questo perde l’accesso al conclave. Rupnik è sempre e comunque presunto innocente, protetto anche di fronte all’evidenza. 

    Perché nel Vaticano di Francesco, soprattutto quando si parla di abusi sessuali, vige un principio che il Papa aveva appreso nell’Argentina di Juan Domingo Peron: "Al amigo, todo; al enemigo, ni justicia". All'amico tutto, al nemico neppure giustizia. 

    La puntata contiene un'intervista esclusiva al cardinale Giovanni Angelo Becciu registrata il 12 febbraio 2025. 

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  • Gli scandali sessuali hanno segnato la storia recente della Chiesa, e gettano un’ombra sul papato di Francesco che si è appena concluso. Il Vaticano sa, ha sempre saputo, anceh e soprattutto durante gli anni di Jorge Mario Bergoglio, quando i problemi tanto a lungo nascosti sono emersi. 

    Papa Benedetto XVI, una volta libero dalla tutela di Giovanni Paolo II che silenziava tutto per ragioni geopolitiche, ha iniziato ad affrontare lo scandalo degli abusi, ma ne è stato travolto. 

    Francesco ha promesso tolleranza zero, ha cambiato la normativa per facilitare le denunce, ma le regole non valgono più quando l’abusatore può contare su un “amico vestito di bianco”. Cioè quando ad abusare o insabbiare è qualcuno che gode della protezione del ponefice, allora l’unica urgenza diventa quella di silenziare le vittime e tacitare lo scandalo. 

    I casi di Marko Rupnik, di Gustavo Zanchetta, ma anche di monsignor Rosario Gisana rivelano sia l’arbitrio assoluto che Papa Francesco ha esercitato in materia di abusi che l’ossessione che la Chiesa ha per il sesso. 

    Il potere, dal Vaticano in giù, ha bisogno degli scandali sessuali per costruire quella rete di ricatti, minacce, omertà e angoscia che compatta le gerarchie ecclesiastiche ma soffoca lentamente la comunità dei fedeli. 

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  • La Scomunica - Episodio 1: Parole e fatti 

    Perché Papa Francesco ha coperto i peggiori scandali sessuali della Chiesa mentre in pubblico prometteva la massima intransigenza? Cosa c’è dietro il suo supporto al gesuita Marko Ivan Rupnik, il più famoso artista sacro vivente che per trent’anni ha molestato donne senza conseguenze, celebrato e riverito da tutti?

    Nel maggio del 2020 padre Rupnik viene addirittura scomunicato dal dicastero per la Dottrina della fede: ha assolto in confessione il complice, cioè la donna vittima di abusi che la Chiesa considera, appunto, complice. 

    Nel giro di pochi giorni la scomunica viene revocata. E c’è solo una persona che può prendere una decisione così importante: papa Francesco in persona, amico di Rupnik, gesuita come lui. 

    Quel favore all’amico è l’ultima goccia in un vaso di scandali. In questa nuova inchiesta seguiamo il filo del caso Rupnik per raccontare le omertà e le complicità di una Chiesa ossessionata dal sesso nella quale il potere è cementato dall’omertà, e gli scandali per abusi servono solo a regolare i conti tra fazioni in lotta. 

    In questo primo episodio iniziamo l’indagine al centro de La Scomunica: cosa è stato il caso Rupnik e perché la Chiesa in scandali grandi come questo, e in tanti altri più o meno noti, pensa a proteggere gli abusatori e non le vittime? Come funziona la teologia degli abusatori che tentano di dare basi teologiche alle proprie violenze?

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  • Per tutta la durata del suo papato, Francesco ha sempre promesso che la sua Chiesa avrebbe perseguito abusi e abusatori senza incertezze. Ma alle parole non sono mai seguiti i fatti e il Vaticano ha continuato a coprire, insabbiare, negare, e ad abbandonare le vittime. 

    Il caso più clamoroso è quello di Marko Ivan Rupnik, teologo e artista famoso in tutto il mondo per i mosaici che decorano le chiese più importanti. Per oltre trent’anni le sue vittime hanno denunciato gli abusi subiti, e non è successo niente. 

    Nel maggio del 2020 padre Rupnik viene anche scomunicato dal dicastero per la Dottrina della fede: ha assolto in confessione il complice, cioè la donna vittima di abusi che la Chiesa considera, appunto, complice. 

    Nel giro di pochi giorni la scomunica viene revocata. E c’è solo una persona che può prendere una decisione così importante: papa Francesco in persona, amico di Rupnik, gesuita come lui. 
    Quel favore all’amico è l’ultima goccia in un vaso di scandali. In questa nuova inchiesta seguiamo il filo del caso Rupnik per raccontare le omertà e le complicità di una Chiesa ossessionata dal sesso nella quale il potere è cementato dall’omertà, e gli scandali per abusi servono solo a regolare i conti tra fazioni in lotta. 

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  • Dopo molti mesi sono arrivate le motivazioni della sentenza del tribunale di Enna sul caso Rugolo al centro del podcast La Confessione. Una sentenza che, per la prima volta in Italia, stabilisce una responsabilità diretta della gerarchia e del vescovo in particolare nel coprire, tollerare e consentire gli abusi da parte di don Giuseppe Rugolo. E non una volta, ma per anni e anni. 
    Grazie anche alla visibilità che la storia ha avuto grazie al podcast - se ne è discusso poco sui giornali italiani ma molto su quelli internazionali, ultimo il Times di Londra pochi giorni fa - monsignor Rosario Gisana ha rotto il silenzio e ha parlato in prima persona in una intervista alla Stampa (che ho analizzato in un altro pezzo qui su Appunti). 

    E’ il segnale che qualcosa si è rotto nel sistema di omertà e coperture degli abusi, che far finta di niente non basta più, che un vescovo censurato da un tribunale dello Stato italiano inizia a sentire vacillare la sua poltrona. E che il Papa deve scegliere se continuare a coprire e legittimare o reagire. 

    Ce n’è, insomma, più che abbastanza per una puntata extra della Confessione: una chiacchierata con Giorgio Meletti e Federica Tourn per analizzare tutto quello che è successo dopo l’uscita del podcast e dopo che le sue sette puntate hanno raggiunto mezzo milione di ascoltatori. 

    La Confessione
    è un podcast di giornalismo investigativo in 7 puntate disponibile su Spotify e tutte le principali piattaforme
    Autori:
    Stefano Feltri
    Giorgio Meletti
    Federica Tourn
    Con la collaborazione di Carmelo Rosa
    Consulenza musicale e sonora: Stefano Tumiati
    Produzione:
    Il podcast La Confessione è possibile grazie al sostegno degli abbonati alla newsletter Appunti
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  • La settima puntata della Confessione, il podcast dedicato al processo per violenza sessuale contro il sacerdote di Enna Giuseppe Rugolo, ha un protagonista indiscusso: papa Francesco.
    Se infatti il vescovo di Piazza Armerina Rosario Gisana è impegnatissimo a difendere Rugolo e aiutarlo con i soldi dell'8 per mille, come se lo temesse, ma anche a insabbiare e occultare i suoi reati sessuali per proteggere la reputazione della Chiesa, qui scopriamo che ha un maestro e una guida: il papa in persona. 
    E' lui stesso a spiegarlo ai genitori di Antonio Messina, il giovane che ha denunciato Rugolo: loro chiedono giustizia, Gisana gli offre 25 mila euro per comprarne il silenzio. E per risultare più convincente racconta che lui sa come ci si comporta in questi casi, perché gliel'ha insegnato Bergoglio, quando gli ha chiesto un favore per una cosa che lo riguardava personalmente. 
    I genitori di Messina registrano tutto, noi ascoltiamo, e La Confessione vi racconta la storia del frate siciliano Giovanni Salonia, accusato di violenza sessuale almeno da una suora: papa Bergoglio ha le sue ragioni per far presiedere proprio a Gisana un'atipica commissione d'inchiesta che arriverà a una conclusione che pare obbligata: le accuse delle religiose a Salonia sono fantasie di menti non lucidissime. 
    Di questa prestazione di Gisana papa Francesco sembra gratissimo, al punto da scendere in campo al suo fianco il giorno prima della requisitoria del pm al processo Rugolo: “Saluto il Vescovo di Piazza Armerina, Monsignor Rosario Gisana: bravo, questo Vescovo, bravo. È stato perseguitato, calunniato e lui fermo, sempre, giusto, uomo giusto”.
    Quel giorno Antonio Messina, la vittima di Rugolo che ha avuto il coraggio di denunciarlo, si infuria: ha chiesto giustizia alla Chiesa prima che al tribunale, ha anche scritto al papa per chiedergli aiuto, senza ottenere risposta. 
    Ma questa è la morale della settima puntata della Confessione: la Chiesa tra i preti abusatori e le loro vittime sceglie di difendere gli abusatori e mettere sotto accusa chi li denuncia. 
    Ed è il papa, nei fatti, a dare la linea che anche la Cei del presidente Matteo Zuppi segue rigorosamente: generiche parole di denuncia degli abusi sessuali del clero ma nessuna azione conseguente. Anzi, quando serve il sacerdote accusato di abusi viene protetto in tutti i modi, anche quelli più disonesti. 
    Episodio sette di sette.  
    La Confessione
    è un podcast di giornalismo investigativo in 7 puntate disponibile su Spotify e tutte le principali piattaforme
    Autori:
    Stefano Feltri
    Giorgio Meletti
    Federica Tourn
    Con la collaborazione di Carmelo Rosa
    Consulenza musicale e sonora: Stefano Tumiati
    Produzione:
    Il podcast La Confessione è possibile grazie al sostegno degli abbonati alla newsletter Appunti
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  • Il sesto episodio di La Confessione rivela che per la chiesa italiana i reati sessuali dei suoi sacerdoti si possono cancellare con il denaro. Il prezzo è 25 mila euro, una cifra ricorrente in molti casi simili.  Il denaro si prende dai fondi della Caritas, quelli che i fedeli donano per aiutare i poveri. Per il vescovo di Piazza Armerina Rosario Gisana è giusto usarli per offrirli ad Antonio Messina, vittima degli abusi del sacerdote Giuseppe Rugolo, in cambio del silenzio. Nel frattempo preleva 50 mila euro dai suoi fondi 8 per mille (oltre un milione di euro all'anno per la sola diocesi di Piazza Armerina) e li dà a Rugolo per fare fronte al pagamento degli avvocati, di vecchi debiti del padre e dei costi dell'esilio a Ferrara.  
    E' il punto più oscuro della storia che La Confessione racconta. Il 5 ottobre 2019, quando Antonio Messina sta già chiedendo giustizia alla Chiesa da 5 anni, Gisana annuncia ai suoi genitori che il sacerdote abusatore, "non degno di guidare la parrocchia di san Cataldo", andrà via da Enna e non vi tornerà più, e che il vescovo lascerà un'ammonizione scritta in modo che anche i suoi successori siano informati della pericolosità di Rugolo.
    Un mese e mezzo dopo, con una inspiegabile capriola, Gisana convoca i Messina e dice loro che Rugolo tornerà in sella dopo due anni perché la parrocchia di San Cataldo senza di lui andrebbe allo sfascio, e che loro devono accontentarsi di 25 mila euro (che non hanno mai chiesto) firmando un impegno al silenzio. I genitori di Antonio rifiutano e lo mandano al diavolo, dicendogli che non si vedranno mai più. "Magari per strada", sibila cinicamente Gisana. 
    Mentre i Messina padre e madre gli dicono che a loro non interessano i soldi, Gisana (difeso a spada tratta da papa Francesco come "un uomo giusto ingiustamente accusato") andrà in giro ad accusarli di un tentativo di estorsione. Lo farà anche con i magistrati, mentendo in interrogatorio, lo farà al telefono con il suo amico Fortunato Di Noto, altro sacerdote siciliano. Di Noto è assurto alla fama nazionale come difensore dei minori abusati, a meno che, si scopre dalle sorprendenti intercettazioni, non siano abusati da sacerdoti. In questo caso mette in guardia Gisana dalle vittime, dipinte come desiderose di arricchirsi accusando strumentalmente sacerdoti innocenti. 
    Episodio sei di sette.  
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  • Il quinto episodio del podcast La Confessione, intitolato Il vescovo insabbiatore, descrive l'impianto etico del vescovo di Piazza Armerina Rosario Gisana. 
    Quando il prelato siciliano viene torchiato per tre ore dalla procura di Enna che indaga sulle accuse di violenza sessuale contro un parroco dei suoi, Giuseppe Rugolo (che verrà poi condannato a 4 anni e 6 mesi), è sorpreso dalle domande dei magistrati. Da una soprattutto. Vogliono sapere perché, quando ha saputo degli abusi di Rugolo sul giovane Antonio Messina, non si è rivolto alla magistratura. 
    Non è un reato, i vescovi non sono pubblici ufficiali e non hanno l'obbligo legale di denuncia. Ma i magistrati sembrano incuriositi proprio dall'etica di Gisana. Gli chiedono come mai, quando ha saputo, non si è premurato almeno di chiamare i genitori di Messina e invece ha aspettato che fossero loro a interpellarlo un anno dopo.
    L'idea del vescovo è che i reati sessuali del clero vadano coperti, insabbiati, occultati. E su questa linea - anche se questo può sorprendere - ha il pieno ed esplicito consenso di papa Francesco, e nei colloqui privati se ne vanta. 
    La regola dei vescovi è l'omertà, e Gisana lo spiega a Rugolo in un colloquio privato:
    "Io ti potrei fare il nome di una persona, nostro confratello, che non viene fuori, e io non so perché non viene fuori, la problematica molto ma molto peggiore della tua, io conosco tutto per filo e per segno e chiaramente finché non viene fuori, non pozzo dire a chistu”.
    La regola è "finché non viene fuori", il sottinteso è che nella Chiesa tutti sanno tutto e usano semmai le intemperanze sessuali e criminali dei confratelli come armi nelle loro guerre di potere. Anche qui è Gisana a dirlo, rappresentando Rugolo come vittima che si sta guadagnando la santità: "Gente che lo osteggia, i fratelli! Lo calunniano". 
    Rugolo è vittima perché si trova inopinatamente a dover rispondere dei suoi reati, mentre l'altro sacerdote peccatore la fa franca (e per il vescovo il fatto che sia lui a fargliela fare franca sembra non rilevare ai fini etici).
    Ecco ancora le parole di Gisana a Rugolo: “Se tu mi fai la domanda: perché X (perché non posso dire il nome) è ancora a galla e io no, non so risponderti. Certo il rapporto di Dio con noi è molto variegato”.
     Difficile capire se questa frase contenga una sottile ironia. 
    Sicuramente non c'è nessuna ironia nel vicario di Gisana, don Nino Rivoli, quando il vescovo gli racconta delle tre ore di faccia a faccia con i magistrati. 
    Per lui la colpa di Rugolo non è di aver abusato sessualmente di ragazzini che gli sono stati affidati, fatto noto a tutto il clero di Enna. La colpa di Rugolo è essersi fatto beccare, mettendo in imbarazzo il vescovo che lo aveva protetto: “Ma vidi ‘stu cretinu, in quale guaio c’ha messo”. Naturalmente in dialetto, come la drammaticità del momento impone.
    Episodio cinque di sette.  
    La Confessione
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    Autori:
    Stefano Feltri
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    Con la collaborazione di Carmelo Rosa
    Consulenza musicale e sonora: Stefano Tumiati
    Produzione:
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  • Nel quarto episodio del podcast La Confessione si scopre che la Chiesa siciliana copre e nasconde i suoi preti abusatori esattamente come faceva oltre 20 anni fa l'arcidiocesi di Boston. 
    La tecnica - spostare gli abusatori da una parrocchia all'altra per farli sfuggire alle accuse, di fatto consentendo loro di continuare a occuparsi di ragazzini - fu scoperta nel 2002 da un'inchiesta del Boston Globe resa celebre dal film Spotlight, premiato con l'Oscar nel 2016.
    Giuseppe Rugolo, il parroco accusato da Antonio Messina di violenza sessuale, e recentemente condannato a 4 anni e 6 mesi di carcere, quando la sua vittima inizia a denunciare e si spargono voci e imbarazzi, viene spedito dal vescovo di Piazza Armerina, Rosario Gisana alla diocesi di Ferrara, dove il vescovo Gian Carlo Perego non solo lo accoglie benevolmente ma lo incarica senza esitazione, ancora una volta, di occuparsi dei ragazzi.
    Proprio quello che succedeva a Boston. In seguito all'inchiesta del Boston Globe fu la stessa arcidiocesi di Boston, dopo le clamorose dimissioni del vescovo Bernard Francis Law, a pubblicare una lista di oltre 150 preti accusati di pedofilia, per le cui imprese furono pagati risarcimenti per deine di milioni di dollari. 
    Ascoltando il quarto episodio di La Confessione sorge una domanda: se a Boston risultano alla Chiesa 150 sacerdoti pedofili in una diocesi che conta due milioni di abitanti, quanti potrebbero essere i preti molestatori nella diocesi di Piazza Armerina che ha circa 200 mila abitanti? Una quindicina, facendo un calcolo puramente aritmetico. 
    Sicuramente ascoltando La Confessione si capisce che a Enna tutti i preti, a cominciare dal vescovo Gisana, sanno e si dicono che Rugolo non è l'unico. E tutti gli altri vengono coperti.
    Episodio quattro di sette.  
    La Confessione
    è un podcast di giornalismo investigativo in 7 puntate disponibile su Spotify e tutte le principali piattaforme
    Autori:
    Stefano Feltri
    Giorgio Meletti
    Federica Tourn
    Con la collaborazione di Carmelo Rosa
    Consulenza musicale e sonora: Stefano Tumiati
    Produzione:
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  • Troppo spesso, per seminaristi e sacerdoti, i ragazzi che vengono loro affidati non sono persone da formare ma oggetti di consumo sessuale. Nel terzo del podcast La Confessione viene descritto in modo analitico il sistema di appetiti sessuali che anima l'interesse per i giovani di Giuseppe Rugolo, il parroco di Enna condannato a 4 anni e sei mesi per violenza sessuale su ragazzi a lui affidati. 
    I magistrati hanno potuto ricostruire che una sera Rugolo chatta via Facebook con un altro prete, che gli investigatori identificano nelle carte dell’inchiesta come “un parroco della diocesi di piazza Armerina con il quale Rugolo ha avuto una relazione anche di natura sessuale”. Rugolo scrive all’amico e collega prete: “Sto legando molto con un ragazzo della parrocchia che secondo me prima o poi entra in seminario”. Si tratta proprio di Antonio Messina, il giovane che anni dopo ha trovato il coraggio di denunciare Rugolo, prima al vescovo di Piazza Armerina Rosario Gisana, che ha insabbiato tutto, poi alla magistratura. 
    Quella sera l’amico prete condivide con Rugolo la foto di un ragazzo al quale è sessualmente interessato (con una cultura e un atteggiamento da bordello pre legge Merlin) e che gli ha chiesto l’amicizia via Facebook. Rugolo risponde con un’altra foto e il messaggio: “Invece guarda il mio, si chiama Antonio Messina”. L'amico prete manifesta il suo entusiastico consenso scrivendogli che se un ragazzo così entra in seminario, testuale, “se lo fanno tutti”. Un mondo e una cultura che il vescovo Gisana ha liquidato come stupidate, ragazzate.
    Episodio tre di sette.  
    La Confessione
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  • Nel secondo episodio del podcast La Confessione c'è, raccontato e analizzato nei dettagli, un fatto che a prima vista sembrerebbe inverosimile. 
    Invece è la semplice verità: per la Chiesa cattolica la violenza sessuale su un minore non è punibile se a compierla non è un sacerdote ma un seminarista. 
    Sì, perché la giustizia della Chiesa si occupa solo delle colpe dei sacerdoti e un seminarista non lo è ancora. 
    Per questa ragione la cosiddetta Investigatio Previa su don Giuseppe Rugolo, il sacerdote di Enna condannato a 4 anni e 6 mesi per violenza e tentata violenza, si è conclusa con l'assoluzione. 
    E il vescovo di Piazza Armerina Rosario Gisana, regista dell'operazione, ha anche sfruttato abilmente le ambigue regole canoniche per non dare alla vittima denunciante, Antonio Messina, alcuna informazione sull'esito del procedimento. E per non denunciare il fatto alla magistratura, cosa che ha dovuto fare Messina due anni dopo la denuncia formale al vescovo, fatta quando ancora aveva fiducia nella Chiesa. 
    Rimane il fatto che un seminarista, colpevole di violenza su un minore a lui affidato, per la Chiesa non solo non è punibile perché non ancora sacerdote ma neppure perde i requisiti per diventarlo. Recentemente questa regola è cambiata, ma solo per i fatti commessi dopo il 2021. 
    Per quelli commessi prima vale ancora uno dei perversi meccanismi con cui la Chiesa ha tradizionalmente tutelato gli abusatori seriali annidati tra le sue fila.
    Episodio due di sette.  
    La Confessione
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    Stefano Feltri
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  • Per Papa Francesco la santità è un gioioso stato d'animo donato da Dio. Per il vescovo di Piazza Armerina Rosario Gisana la santità è il premio che spetta al sacerdote accusato di violenza sessuale al termine del suo calvario. Non importa se colpevole o innocente. Una specie di scatto di carriera.
    Monsignor Rosario Gisana, vescovo in carica di una tra le diocesi più importanti della Sicilia, sta parlando con Giuseppe Rugolo, un prete di Enna accusato di violenza sessuale su minori.
    Rugolo è il protagonista della storia esemplare che vi raccontiamo nel podcast La Confessione.
    Delle accuse contro di lui monsignor Gisana è informato da tempo. Quello che Gisana non sa è che don Rugolo ha attivato il registratore del suo smartphone e così tutte le parole del vescovo vengono conservate.
    In questo modo scopriamo l’incredibile tesi del vescovo di piazza Armerina: la pedofilia sarebbe non un crimine tra i più spregevoli, ma una prova offerta dal Signore, addirittura una tappa verso la santità.
    Queste parole fanno di Gisana il coprotagonista della nostra storia. Perché è lo stesso Gisana che il 6 novembre 2023, proprio mentre il processo a Rugolo entra nel vivo, viene elogiato da papa Francesco con queste parole: “Bravo, questo vescovo, bravo. È stato perseguitato, calunniato e lui fermo, sempre, giusto, uomo giusto”.
    Forse senza rendersene conto, o forse sì, il Papa conferma che, come vi racconteremo, il processo allo sconosciuto prete di Enna accusato di violenze sessuali su minori chiama in causa tutta la Chiesa.  
    In questo primo episodio impariamo a conoscere i protagonisti della nostra storia: don Giuseppe Rugolo, monsignor Rosario Gisana e soprattutto Antonio Messina, il coraggioso ragazzo che subisce gli abusi di Rugolo e trova il coraggio di denunciare. 
    Grazie alla sua denuncia abbiamo potuto capire come funziona davvero il sistema interno alla Chiesa italiana per gestire i casi di abusi, cioè per proteggere l’accusato e silenziare la vittima.
    Episodio uno di sette.  
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