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Radio is Queen
Anni fa andava di moda la frase Content is King, per dire che ciò che conta nel mondo dei media sono i contenuti. Sarà, ma chi scrive - e siamo sicuri tanti di coloro che ci leggono - sono o sono stati appassionati anche del contenitore, dell'apparecchio "Radio".
E d’altronde, se guardiamo le vecchie copertine del Radiocorriere, vediamo che in passato che il ricevitore era spesso in copertina, al posto di conduttori o cantanti.
Armonia di linea, Purezza di voce
Meno noto il fatto che, come si potrà vedere a Milano , tanti di questi apparecchi portano firme di designer e architetti prestigiosi, quali Le Corbusier, i fratelli Castiglioni, Zanuso e tanti altri.
L' ADI design Museum di Milano ha deciso dunque di ospitare la prima tappa dell'esposizione intitolata "L'evoluzione estetica degli apparecchi radiofonici", a cura di Davide Vercelli.
Impossibile resistere alla tentazione di parlargli direttamente: abbiamo dunque chiesto e ottenuto il contatto dalla direzione del museo. Questo il resoconto dell'intervista che ha avuto luogo lunedì 2 settembre 2024. Per chi preferisce, l'audio originale è disponibile a questo indirizzo.
L'intervista
M.H.B.-FMworld: Per chi non ti conoscesse una breve tua presentazione.
Davide Vercelli: Sono un ingegnere deviato alla creatività, nel senso che ho una formazione da ingegnere ma non ho mai fatto l'ingegnere materialmente: progetto invece oggetti per aziende. Poi ho in gestione per Arte Fiera sempre a Bologna, parte degli eventi collettivi. Sono appassionato di design di radio e ho iniziato una collezione specificatamente dedicata al design degli apparecchi connessi in qualche modo alla musica ormai 30 anni fa.
M.H.B.-FMworld: Abbiamo letto che la collezione dei pezzi presentati è tua, non si tratta di pezzi reperiti sul mercato o in altri musei...
Davide Vercelli: Sì, è così, io negli anni ho addirittura dovuto acquistare un capannone per gestire gli apparecchi che man mano ho radunato. C'è uno scrittore che si chiama Walter Benjamin che ha scritto delle cose meravigliose sul collezionismo e ci paragona a Sisyphos, quindi un sasso dopo l'altro portato alla sommità della montagna per poi ridiscendere. Gli oggetti sono così. Per cui la maggior parte degli oggetti esposti è mia, tranne due o tre che per i quali ho coinvolto amici collezionisti.
L'esposizione
M.H.B.-FMworld: Quindi raccontaci a questo punto cosa ci attende a Milano.
D.V.: Allora io nella pletora di possibilità che ci presentava ho voluto raccontare delle storie che in qualche modo hanno attraversato la società italiana ed europea a partire dagli esordi della radio in poi.
Nel caso specifico sono nove e riguardano dei temi specifici. In parte è un'epopea di alcune aziende europee che hanno fatto la storia della radio: Braun, che prima di fare spazzolini da denti ha fatto delle cose meravigliose, prima con Hans Gugelot, quindi la scuola di Ulm, e poi con Dieter Rams (leggere questo, N.d.R.) ha fatto delle cose meravigliose nell'ambito audio, bellissime e forse inarrivate, dal '57 in poi diciamo.
Una delle creazioni più famose di Braun è la cosiddetta "Barra di Biancaneve" (Braun SK55), che è questo radiofonografo da porre in centro stanza. Perché non ha un retro come accade abitualmente su tutti gli apparecchi, dove per primo ha utilizzato il policarbonato trasparente, per non coprire ma svelare la presenza del giradischi, cosa che poi è stata adottata in poi tutti gli impianti stereo cche ancora oggi utilizzano un giradischi.
Ducati
Quindi dicevo , Braun, Brionvega ma anche Ducati. Ducati, prima di essere nota e famosa per le moto, produceva componenti elettromeccanici e negli anni '40 ha prodotto una serie di tre radio in legno piallacciato chiare, in un'epoca dove tutto era scuro, noce, legno scuro.
Una linea perfetta che è all'avanguardia ancora adesso, e una in particolare - è una di quelle che non è mia - , si chiama affettuosamente "radio papale".
È un esempio di eleganza meravigliosa da vedere, con una scala verde e le manopole verde, immaginiamo degli anni '40, quindi in legno piallacciato chiaro, anticipando il design del Nord Europa, manopole chiare e griglia dell'altoparlante verniciata di verde chiaro anche lui.
Space Age
E poi raccontiamo invece una serie di storie un po' più intime, non relative a grandi aziende ma che hanno attraversato la società, per cui Space Age, l'influenza che la fantascienza e poi i viaggi spaziali hanno avuto sul design generale, sul design delle radio e degli apparecchi. Per cui le forme Sputnik, quelle rotonde, oppure a razzo, l'uso di materiali come il cromo, le plastiche lucide, c'è uno degli slot dedicato alla Space Age.
Giò Ponti
Dopodiché raccontiamo che Giò Ponti (l'architetto del palazzo sede di Finelco/Radio Medioaset N.d.R.), nel 1930, tuonò nella sua rivista contro le aziende produttrici di radio dicendo che erano solo in grado di mettere un apparato elettronico all'interno di un comodino in stile Tudor o Queen Anne, fruibile solo per i cottage americani e della necessità di strutturare un'architettura regionalista non ci fosse nulla.
Quindi stimolò, con La voce del padrone, His Master's Voice, che era un'azienda produttrice, un concorso vinto da Figini e Polini, due architetti modernisti che entrarono nell'ambito del lavoro con lo studio di Gio Ponti che disegnarono questa radio che si chiama Domus, che è un piccolo capolavoro di architettura.
Un edificio razionalista e le geometrie variabili
Un parallelepipedo perfettamente squadrato, le manopole bianche, la disposizione dei comandi estremamente elementare, sembra un edificio razionalista in miniatura con un piallaccio in ebano, ebano del Macassar (??) , quindi estremamente raffinato, una bellezza totale. Esponiamo il numero di gennaio del 1933 di Domus, laddove viene bandito questo concorso.
Ci è piaciuto poi raccontare delle storie, ci sono le geometrie variabili, tutti quegli apparecchi come la TS 502, la Radio Cubo, che volutamente non rappresentiamo nello slot della Brionvega ma in quello delle geometrie variabili perché è stato il capostipite di questi oggetti che potevano essere modificati dall'utente.
Insieme a degli apparecchi, per esempio c'è un impianto stereo di Wega, marca tedesca, che anche lì ha due porzioni che ruotano l'una sull'altra a liberare il giradischi.
Benito vs Adolph
Poi vorrei ricordare la diatriba Italia vs Germania sulla radio popolare. Laddove i due regimi avevano necessità di diffondere il proprio verbo e di creare un'unità nazionale, in Italia e Germania i governi si mossero con principi molto diversi, con efficacia e risultati estetici estremamente agli antipodi, direi, Un esempio significativo di un approccio progettuale differente tra i nostri due popoli che sussiste tuttora.
M.H.B.-FMworld: Puoi spiegare meglio? Cosa intendi?
D.V.: Intendo che ai tempi noi facciamo un editto in cui coinvolgiamo 12 aziende e diamo delle indicazioni di massima, la radio deve avere queste caratteristiche, prese determinate stazioni e avere questa forma più o meno.
Quindi cosa accade? Che in Italia ognuno si fece una radio di legno, un mobile di legno più o meno come voleva, sono distinguibili, si riconoscono, si chiama radio rurale per i fregi, perché il fregio caratteristico è una spiga in alluminio sul frontale della radio, però sostanzialmente anche dal punto di vista elettrico ognuno mise dentro, ogni produttore, ero 11 o 12, mise dentro un apparecchio che già aveva leggermente modificato.
In Germania, da tedeschi: la radio deve essere questa, uno stampo che faceva la Basf in bachelite uguale per tutti e il progetto elettronico verteva su una valvola sola. Per cui, mobile identico per tutti, stampato in bachelite, elettronico con una valvola e questo permise loro, con questa estrema razionalizzazione della produzione, di fare una radio che costava pochissimo e di distribuirne milioni: la Volksempfänger
Tanto che, a distanza di pochi anni, il 70% della popolazione tedesca aveva in casa una radio popolare tedesca.
Le nostre radio, bellissime, sono proprio meravigliose, ma con una produzione limitata e esclusivamente dedicata alle scuole e agli enti rurali, sindacati e cose varie.
Quindi noi abbiamo pensato di colpire una popolazione giovanile principalmente attraverso le scuole, loro invece di diffondere la radio in massa.
La loro radio popolare si trova ovunque e costa pochissimo, anche oggi si trova sul mercato a prezzi accessibili. La nostra radio rurale invece è molto rara, si parla di poche centinaia di esemplari, e a livello collezionistico è molto ambita. A livello di efficacia siamo stati un po' perdenti.
50 kW
M.H.B.-FMworld: Dunque Mussolini inaugurava trasmettitori più potenti d'europa, 50 KW a Roma, ma alla fine non aveva gente che lo potesse ascoltare ?
D.V.: Esattamente. Una cosa interessante che facemmo fu indirizzare la nostra radio alle popolazioni giovanili, quindi alle scuole. Esisteva un periodico mensile che programmava settimanalmente delle trasmissioni educative. Le scuole seguivano quelle trasmissioni che andavano in onda al mattino, tipo alle 10, con temi come la missione dell'Italia in Etiopia o l'aeroplano e l'aviatore. Con tanto di rivista e, soprattutto, un poster enorme che veniva affisso nelle scuole, graficamente illustrando il contenuto delle lezioni.
M.H.B.-FMworld: Una filosofia sostanzialmente diversa tra i due popoli...
D.V.: Esatto. E questa differente lettura del progetto, del design, si riflette anche nel confronto tra Braun e Brionvega. Ci sono apposta anche per quello: Braun, con Dieter Rams: minimalismo totale, colori bianchi, assenza totale di elementi decorativi, e una linea produttiva che, dal '57 fino agli anni '80, può essere facilmente identificata. Brionvega, al contrario, esplose con colori vivaci, plastiche e modelli identificabili, ma molto diversi tra loro. Anche questo tipo di approccio progettuale ci appartiene in qualche modo, e appartiene ancora ai tempi odierni tra Italia e Germania.
La La La Radio
D.V.: C'è anche una parte dedicata alle radio più moderne, fino agli anni '80, con pezzi di Philippe Starck, che abbiamo inserito nella sezione dedicata agli "outsider". Sono apparecchi che, sebbene importanti, non appartengono ai grandi gruppi identificati in precedenza. Starck ha lavorato con aziende come Alessi e Telefunken, e ha disegnato delle radio interessanti come "La La La Radio", che è sostanzialmente un grande cono che enfatizza l'altoparlante, con i comandi molto piccoli. È stata prodotta in 7.000 esemplari numerati e noi ne abbiamo uno in esposizione.
M.H.B.-FMworld: Questi apparecchi sono funzionanti? E... li fate funzionare durante l'esposizione?
D.V.: La quasi totalità è funzionante, perché il mio interesse principale è smontare gli apparecchi e riportarli a una condizione di restauro conservativo.
Tuttavia, nessuna di esse funziona qui, perché sono molto vecchie e non rispettano le norme di sicurezza attuali, quindi abbiamo preferito considerarle un'esposizione museale. Però ci piacerebbe, magari in qualche fase di apertura, farne funzionare una per mostrare come suonavano all'epoca....
M.H.B.-FMworld: ...Ma Assolutamente! Poi a Milano c'e' ancora una o forse due emittenti private in OM...
D.V.: Esatto, poche stazioni sulle OM dopo che la RAI ha smesso di trasmettereci l'11 settembre di due anni fa, abbattendo le antenne. È una scelta che ha fatto arrabbiare molti appassionati.
Design High Tech italiano oggi
M.H.B.-FMworld: Un'ultima domanda: dispositivi quali i caschi virtuali, Metaquest o Apple Vision Pro sono da un certo punto di vista l'evoluzione della radio e della TV, considerato che lo "use case" è da molti ritenuto proprio l'entertainment.Ma in questi ambiti non sembra esserci un ruolo significativo dell'Italia...
D.V.: Purtroppo, no. Non esistono aziende italiane, o persino europee, che lavorano in modo significativo in questo ambito. Questo è anche uno dei motivi per cui non ci arrivano richieste per fare design di apparecchi elettronici. Dall'inizio degli anni '90, questa crisi ha colpito tutte le aziende produttrici europee, e ora tutto è appannaggio delle grandi aziende tecnologiche statunitensi e asiatiche, che spesso non approcciano il design come lo intendiamo noi. È triste, ma è una realtà.
M.H.B.-FMworld: Per concludere, puoi dirci le date e i dettagli dell'esposizione a Milano e Bologna? E ci sono piani di portarla all'estero?
D.V.: Certo. L'apertura a Milano è il 5 settembre, presso l'ADI Design Museum, fino al 27 settembre. Poi ci sposteremo dal 4 al 31 ottobre a Bologna, alla Fondazione Cirulli. La fondazione è una sede che ha una coerenza perfetta con il tema trattato, essendo la vecchia sede produttiva di Dino Gavina, progettata dai fratelli Castiglioni. Dopodiché, ci sono contatti per portare la mostra in altre città, sia in Italia che all'estero, ma non posso ancora confermare nulla. Si parlerà comunque del 2025 per una terza sede.
Adi design Museum
L'ADI Design Museum è in piazza Compasso d'Oro, zona Paolo Sarpi a Milano. Il museo è aperto dalle 10:30 alle 20:00; l'accesso a questa particolare esposizione è gratuito. All'interno, Il museo ospita la collezione storica del Compasso d'Oro. (M.H.B. per FM-world)
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Domenica d'Agosto
Lo spunto per questa conversazione è stato un ormai famoso post su Talkmedia: su alcune vetture BMW un aggiornamento software del costruttore rende impossibile ascoltare Radio Cecchetto. O meglio, la fa ascoltare visualizzando il logo di tutt'altra emittente. Pensavamo di raccogliere una dichiarazione dell'editore (Cecchetto) in merito, ma alla fine abbiamo ritenuto più interessante fare il punto su Radio Cecchetto e sull'annosa questione di "come emergere nel mare magnum delle radio digitali", una problematica che anche un nome importante deve affrontare.
Ecco dunque, senza filtri e senza tagli, la nostra conversazione che ha avuto luogo domenica 11 agosto. L'audio originale è disponibile qui.
L'Intervista
FM-world - Raccontaci innanzitutto l'idea di tornare a fare radio dopo tanti anni, cosa è successo in questo primo anno e se la consideri, oggi, una fase di messa a punto del progetto o se è già a regime.
Claudio Cecchetto - Guarda io ho sempre creduto nel web, ho fatto anche iniziative in questo ambito ed essendo privilegiato nel campo della radio - perché le cose mi sono andate particolarmente bene - ho pensato: si parla tanto di web, del suo futuro e tutto il resto, ma con la radio siamo ancora in FM e quindi ho detto "voglio questa avventura" perché purtroppo la rete è considerata come la serie Z della radio, fino a poco tempo fa sembrava che fosse proprio l'ultima spiaggia, invece secondo me è la prima spiaggia, il web sarà la serie A.
Pensare a lungo termine
E quindi ho cominciato a entrarci un po' più seriamente, un po' più professionalmente e ho fatto questa radio, ho trovato dei collaboratori che hanno condiviso con me questo progetto... perché insomma come in tutte le cose c'è bisogno di persone valide... e penso di averle trovate.
E quindi eccomi nell'avventura del web, io penso che come sono riuscito ad avere un ruolo gratificante nella radiofonia tradizionale spero di ottenere altrettanto nella radiofonia digitale, anche se secondo me... ci vorranno 10 anni, però spero con il mio ingresso di diminuire questo tempo.
Novantanovemilasettecento
FM-world - Perfetto, la tua risposta si sposa bene a quello che volevo chiederti. Tanti milanesi ricordano il lancio di Radio Deejay: praticamente ti eri messo tra i due colossi, Studio 105 e RMI - perché (99+101)/2 = 100, Radio Music "100" -, anzi quasi 100, novantanovemilasettecento.
Insomma, quando uno passava con la manopola da 105 a RMI, poteva capitare in una bella canzone e dunque ci si fermava, si scopriva la tua radio. Con il web purtroppo non si riesce perché non c'è una manopola da girare, devi proprio andarci diretto e questo fa sì che tanti progetti facciano fatica ad emergere e diventare redditizi...
C.C. - Secondo me i progetti redditizi sono quelli vincenti, ci vuole un'idea ottimale e la gente viene a cercarti, solo che devi avere davvero quella giusta.
Non rifare quello che fanno gli altri (incluso me stesso)
Quando sono partito sapevo esattamente quello che non avrei fatto: tutto ciò che hanno già fatto gli altri, tra cui includo anche me stesso.
Perché esiste già. Questo è uno strumento nuovo e io vorrei che fosse nuovo anche il prodotto, quindi bisogna fare un buon contenuto, questo è l'unico sistema per arrivare alla notorietà.
Pero, attenzione, ripensiamo a Radio Deejay: per diventare numero uno, ci ho messo 8 anni, non è che ci ho messo due giorni.
Il problema è scalfire l'abitudine, le persone sono abituate ad andare sempre nello stesso posto, quindi tu devi disabituarle, quello è il lavoro più difficile, convincere gli ascoltatori che sono abituati ad ascoltare una certa radio, a fare una certa cosa, a farne un'altra, ecco questo è l'aspetto più difficile.
Però ai tempi ce l'ho fatta e penso di farcela di nuovo, sicuramente con qualcosa di diverso da ciò che c'è già, perché quello che c'è già, c'è già da anni, si è capito che funziona e quindi è inutile andare a disturbare un prodotto con un prodotto simile, perché la gente deve cambiare, perché deve venire da te, trovare qualcosa di diverso da quello che gli è sempre stato offerto.
Paddle e beneficienza
FM-world - A questo punto, visto che non tutti conoscono la tua emittente, potrebbe essere utile dedicare due minuti nel descrivere cosa stai facendo con Radio Cecchetto.
C.C. - Beh. Non tutti conoscono la radio sicuramente, però come brand penso che sappiano di che cosa si tratta. Vero, sono sempre un work in progress, quello senz'altro e cerco di inventarmi. Credo di essere partito già con qualcosa di diverso, pensa solo a Radio Rent. Noi diamo la possibilità... ecco, diciamo, così come ci sono i campi di paddle, i campi di calcetto o si tennis, ci sono anche le radio in affitto, ore radiofoniche che io metto a disposizione per quelli che magari hanno lavorato nelle radio, hanno crisi di astinenza, hanno voglia di ritrasmettere. O le idee nuove. Ecco io ho fatto un programma che si chiama Radio Rent che è proprio per loro, per poter rivivere l'esperienza radiofonica.
FM-World - Sì, ma ti fai pagare lo spazio...
C.C.: Attenzione, lo spazio lo noleggio ma il costo del noleggio va in beneficenza perché chiedo a tutti di donare quello che pagano per Radio Rent a un'associazione benefica di loro conoscenza, di loro fiducia.
Oltre il rock
FM-world - Non fai una supervisione sul tipo di musica?
C.C. - Guarda, guardate, le cose a me non piace raccontarle, a me piace farle, sono sempre stato così.
La radio va ascoltata. Anche all'inizio in tanti non avevano capito Radio Deejay, tanto è vero che sorridevano perché dicevano "ma che musica mette questo qua?". Ma la musica io andavo a prenderla, a cercarla, e quindi secondo me la cosa più logica è fare e non dire che cosa fare.
Prendi il rock: è scomparso, perché quello bello ormai è già stato fatto, esiste ed è difficile che venga aggiunto nel repertorio rock qualcos'altro, è diventato quasi come la musica classica.
Mancando il rock, questo può essere sostituito dal "rock del 2000" che è ad esempio l'elettronica e io sto andando in quella direzione, però a poco a poco, perché come tutte le cose ci si arriva col tempo.
Assago 2.o?
FM-world - Quindi tu dici, giudicatemi sulla lunga distanza, su 8/10 anni...
C.C. - Sì, poi nel mio caso la gente dice "Ah fa Radio Cecchetto, perfetto, adesso farà Radio Capital Cecchetto". Ma ricordiamoci, prima di tutto ci vogliono le risorse. E obiettivamente se non hai tutte le risorse deve arrivare a dei compromessi, nel senso che se ti dà qualcuno le risorse vuol metterci anche il suo parere, quindi alla fine è che non fai un prodotto tuo, fai un prodotto mediato dal finanziatore.
Dunque nel mio caso ok, con calma: ma penso di metterci un po' meno di 10 anni. E poi non è che voglio diventare numero uno, voglio... mi piacerebbe che Radio Cecchetto diventasse qualcosa di nuovo, qualcosa che mancava.
DAB chiama WEB
FM-world - Tu sei stato anche in FM, Radio Cecchetto l'abbiamo sentita a Sanremo sui 106 MHz, e poi in DAB, però hai parlato solo di web....
C.C. - Attenzione, io continuo ad andare in DAB, io in DAB sono a Torino, Milano, Brescia, Genova, Roma e adesso a Napoli. Io comunque credo nel DAB, il DAB è quello che aiuterà la notorietà del web. Vedi, ti ho detto otto, dieci anni, ma credo che col DAB ce ne metteremo cinque.
In poche parole, divertimento e opportunità
FM-world - C'è qualcosa che vuoi dire a chi ci legge e ci ascolta, che ho dimenticato di chiederti?
C.C. - Dico solo che generalmente io mantengo le promesse. Noi ce la mettiamo tutta, il problema è che in questo momento le radio non divertono più... neppure chi le fa. Le radio sono nate perché c'erano dei ragazzi che andavano in un attimo al microfono, si divertivano e divertivano.
Ecco, bisogna ritornare a quell'epoca lì, a quel tipo di approccio alla radio, la radio è uno strumento per divertirsi.
E poi un appello, una cosa che dico a quelli che vogliono approcciarsi alla radio: attenzione, non è un lavoro, è un'opportunità.
(Marco H. Barsotti per FM-world)
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Fehlende Folgen?
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L'intervista
FM-World: Due parole sulla lunga e gloriosa storia della vostra radio per chi magari non la conosce.
Don Paolo Padrini: Intanto grazie per l'opportunità di parlare. La nostra radio PNR ha una lunga storia, nata nel periodo delle radio libere negli anni 80, in un contesto popolare, dal territorio come buona parte delle radio libere della provincia. Nasce come radio di una piccola cittadina del Piemonte, Novi Ligure, poi si fonde con un'altra di Tortona e si struttura diventando radio di Cesana. Ha una storia popolare fatta di tante piccole storie di volontari, giovani, appassionati che hanno trovato l'opportunità di esprimersi e dare voce al territorio, come era lo spirito originario delle radio locali.
FM-World: Quando si pensa un emittente comunitaria cattolica...o almeno, quando io penso a questo tipo di emittenti ho in mente stazioni come Radio Orizzonti di Saronno: basate su volontariato, antenna nel loro caso addirittura quasi nascosta in un campanile di un altro paese... eccetera. Però guardando la vostra radio oggi mi sembrate che è un po a metà tra un'impostazione commerciale e una comunitaria, forse piu' sul modello di Radio Marconi a Milano...
DPP: È un po' così, ho sempre lavorato sull'idea di una radio cattolica e cristiana nello spirito del volontariato e della radio comunitaria, ma fatta bene qualitativamente a livelli alti.
Qualità globale
Non esiste la radio brutta o bella, esiste fatta bene o male, e noi cerchiamo di farla bene crescendo nella qualità del suono, delle apparecchiature ecc. Lavoriamo con uno stile di radio nazionale non per pretesa, ma perché crediamo che il livello debba essere alto. Siamo tanti volontari, io per primo, ma il volontariato diventa più uno stile, la missione da portare avanti con un alto livello di qualità, perché il bene si traduce in bene solo se comunicato bene.
FM-World: Avete molti conduttori molto giovani mi chiedevo se sono autonomi nella creazione dei contenuti o se esiste un coordinamento da parte vostra, se avete qualcuno che scrive testi.
DPP: Sono autonomi ma coordinati. La loro autonomia è di scrittura, ricerca di contenuti e confezionamento del prodotto, ma c'è un coordinamento redazionale sui contenuti che diventano i nostri podcast quotidiani e interventi talk. Abbiamo una redazione giornalistica ma difficoltà a coprire il territorio essendo piccolini con due impianti FM. Questo mi ha spinto a diffondere i contenuti in modi alternativi per essere presenti con interviste e contatti con associazioni e realtà culturali. I nostri ragazzi imparano ad aprire bocca per parlare del territorio, sono allenati a raccontare ciò che accade, questo li spinge a produrre contenuti di interesse e qualità.
I giovani e la radio
FM-World: Restiamo un attimo sui giovani allora. Si dice che la radio non è più nel radar dei giovani, che usano social media, instant messaging e che per la musica vanno su Spotify.
Ora non so quale sia la causa e quale l'effetto ma oggi direi che gran parte dei network è animata da persone decisamente oltre il '"mezzo del cammin di loro vita" (anzi forse oltre il doppio del mezzo del cammin). A suo avviso questa impostazione, gente davvero giovane al microfono, porta anche a un aumento dell'ascolto medio da parte di giovani?
Padrini: : Il feeling che abbiamo è ottimo da questo punto di vista. Non posso dire che siamo una radio orientata verso un pubblico giovanile, considerando anche la strutturazione della nostra musica in ambito adulto. Però cerchiamo di dare molto spazio ai giovani, ad esempio siamo presenti nelle scuole con laboratori musicali per bambini e ragazzi che vengono a creare podcast. Facciamo tante attività per dare opportunità ai giovani e crearci un vivaio, come le squadre di calcio con le giovanili.
Cerchiamo di farci vedere negli open day e momenti importanti per le scuole. Non sappiamo quanto si traduca in ascolto broadcast, perché chi fa radio nel 2024 sa che non c'è solo la radio accesa e spenta, ma anche podcast, interviste, contenuti social. Pensiamo che il nostro lavoro con i giovani abbia impatto. La nostra radio è frequentatissima dai giovani che entrano come stagisti, volontari del servizio civile ecc., trasformandola in un luogo che produce professionalità e opportunità. Alcuni nostri giovani hanno spazi in radio nazionali, quindi siamo un vivaio di opportunità.
È un po' come fanno le squadre di calcio con quelle giovanili chiaramente no?
In Blu
FM-World:Una domanda sulla sostenibilità economica; preparandomi a questa intervista parlavo con un ex redattore di Radio Marconi...tra l'altro voi eravate in Marconi o siete stati subito "in blu"?
Padrini: No, noi siamo sempre stati InBlu come appartenenza e lo siamo tuttora, noi con Marconi abbiamo avuto un importante contatto quando nel 2001 io ho preso la direzione della radio e abbiamo rinnovato completamente la programmazione. Io a Marconi ho fatto uno stage personalmente proprio per andare a capire come funzionava una radio importante.
FM-World: In breve, mi dicevano appunto che volontariato ok, ma poi servono soldi veri per le tante spese. E questi si hanno se le diocesi credono nella radio, e non tutte lo fanno.
Padrini: Una cosa importante per sfatare miti - non solo le radio hanno bisogno di soldi esterni, anche i quotidiani nazionali hanno bisogno di contributi dell'editoria altrimenti chiuderebbero tutti, laici e cattolici.
Una radio come la nostra si sostiene in parte con la pubblicità, ma abbiamo anche partnership con fondazioni bancarie, comuni ecc. Se si vuole lavorare, possibilità di finanziamenti ci sono. È chiaro che il nostro budget è coperto per buona percentuale dai contributi dell'8 per mille grazie alle firme dei contribuenti italiani, e questo impegna la diocesi in modo importante. Una diocesi che ci crede investe, un'altra meno decide di non investire, alcune hanno scelto tv invece che radio o carta stampata.
Un investimento
Ma la diocesi deve intervenire perché in realtà è un investimento, non una spesa. Noi ad esempio non riuscivamo a coprire il territorio diocesano, quindi ci siamo inventati un'attività video coprendo le celebrazioni del vescovo e diventando realizzatori di contenuti multimediali per la diocesi, creandoci uno spazio lavorativo e permettendoci finanziamenti perché offriamo un servizio più grande. Dico ai colleghi che lamentano che la diocesi non crede nel mezzo di trovare il modo di offrire un servizio a 360 gradi innovativo, perché la diocesi ha bisogno di comunicare le proprie attività, che sono il Vangelo. Il lavoro fatto bene ripaga, quindi c'è bisogno dei soldi della diocesi ma anche di trovare vie per darle soddisfazioni.
Mille Watt (con l'otto per mille)
FM-World: A questo punto accontentiamo un attimo il nostro cuore tecnico. Ci racconta due cose sulla vostra struttura tecnologica?
DPP: Abbiamo due piccoli impianti di diffusione FM da 1 kW circa, uno a Tortona e l'altro su un monte a Serravalle Scrivia/Stazzano, a 200 e 400 metri di altitudine, che ci permettono di coprire gran parte della provincia di Alessandria, la zona di Tortona e Novi arrivando ai confini della Lombardia verso Voghera.
Sono piccoli impianti con due frequenze, 95.7 e 96.4 MHz. Poi abbiamo tutta l'infrastruttura per lo streaming sulla nostra app e tutti i canali audio/video esistenti, compresi FM World, stiamo creando app per smart TV ecc. Cerchiamo di essere presenti ovunque la tecnologia lo consenta. Abbiamo uno studio di produzione audio/video a Tortona, e usciamo con una "visual radio" parziale, senza i video musicali a causa dei costi dei diritti CIAE/SIAE. Ma con alcuni accorgimenti trasmettiamo le immagini dei conduttori e qualche video generico sotto le canzoni.
DAB-
FM-World: DAB...si o no?
Padrini: No, il DAB al momento non è previsto nei nostri investimenti anche se teniamo d'occhio il settore. Ma io ho sempre spinto di più sull'internet radio, credo che sarà il modo principale di fruizione dei contenuti, vedo già persone anziane che usano le smart TV senza problemi.
Anche nel mondo auto ormai chi acquista chiede Android Auto o Apple Car Play, non il DAB.
Una voce per la pace
FM-World: Ultima domanda. Storicamente i missionari andavano in paesi lontani a diffondere il Vangelo, oggi sono quei paesi che vengono da noi con l'immigrazione. Ma nessuno sembra fare piu' promozione della cultura cattolica, addirittura immaginare di proporre conversioni sarebbe considerato politically incorrect. Ritiene in ogni caso che la radio possa essere utile non per "convertire" ma almeno per favorire un inserimento armonioso e la comprensione reciproca, come faceva la Voice of Peace tra Libano e Israele?
Padrini: : È utopistico pensare che una radio possa risolvere i problemi del mondo solo trasmettendo contenuti di relazione e positivi. Ma questo non significa che non serva. Credo che la grande pace sia fatta di piccole paci quotidiane, e in questo ambito una radio che lavori bene sul territorio, diventi uno spazio dove si parla di cose belle nel modo giusto, uno spazio in cui persone diverse lavorano insieme per produrre gli stessi contenuti e diventi uno spazio di dialogo, è possibilissimo. Basta buona volontà, onestà intellettuale e voglia di confrontarsi. Se una radio fa questo può essere uno strumento utile per l'integrazione, come la scuola insegna ai bambini a stare insieme risolvendo conflitti in modo naturale. Anche la radio può aiutare molto in questo senso. (M.H.B. per FM-World)
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Durante la conferenza sull’Intelligenza Artificiale svoltasi a Cannes (Francia) il 9 febbraio 2024 abbiamo avuto l’opportunità di intervistare Maurizio Mesenzani, CEO di VGS e Managing Partner di BSD. Questo il riassunto dell’intervista, interamente ascoltabile nel podcast allegato a questo articolo.Marco Hugo Barsotti: Allora intanto presentati per chi non ti conosce e racconta che cosa fai.
Maurizio Mesenzani: Sono Maurizio Mesenzani, imprenditore nel settore dei servizi professionali. Ho un gruppo di aziende, tra cui BSD, fondata nel 1990, che si occupa di interazione uomo-macchina in ambito industriale, servizi e software. Facciamo user research, testing, prototyping e valutazione di strumenti per capire come rispondono ai bisogni delle aziende e delle persone che li utilizzano.
M.H.B.: Avete prodotti propri o lavorate solo a progetto?
M.M.: Non siamo produttori né rivenditori. Siamo consulenti indipendenti che supportano l'adozione e il deployment di tecnologie. Non vendiamo prodotti ma aiutiamo i clienti a selezionare quelli già esistenti o a progettarne di nuovi su misura. Nel business tu ti posizioni in un certo modo, se io mi posiziono come venditore di un prodotto, poi non posso su un altro tavolo fare l'advisor e sull'altro tavolo fare il valutatore, perché come dire... A meno che ti chiami Goldman Sachs.
M.H.B.: Quanto è sentita in Italia l'esigenza di ottimizzare l'interazione con i sistemi automatizzati?
M.M.: È molto sentita, è particolarmente sentita post-pandemia perché ci sono delle logiche di lavoro diverse da prima, banalmente i controlli remoti, banalmente lo smart working, banalmente la digitalizzazione di molti flussi. Digitalizzando i flussi, che cosa succede? Tu hai a disposizione milioni di dati, hai a disposizione milioni di strumenti, milioni di device, dai telefoni, smartphone, gli schermi intelligenti, tutto quello che vuoi tu. Sono tutti elementi che richiedono un ripensare l'interazione tra le persone e l'hardware e il software.
Quindi sono, diciamo, negli ultimi tre anni, praticamente nel periodo post-pandemico, c'è stata una ripresa molto sentita perché i fabbisogni di business sono molto diversi da prima. Banalmente io posso tranquillamente governare una linea di produzione lavorando da casa, però vuol dire che devo avere un'interfaccia dalla quale posso cliccare delle cose, loccare, interagire con qualcun altro, scrivere a qualcuno per chiedere informazioni.
M.H.B.: L'intelligenza artificiale come ha già modificato e modificherà le interfacce che proponete?
M.M.: Sta cambiando molto i processi di customer service con chatbot e risposte generate automaticamente. Apre scenari nuovi in termini di professioni, processi e progettazione di interazioni. Richiede persone in grado di istruire e gestire gli strumenti AI.
M.H.B.: Per gli imprenditori interessati, come potete essere un interlocutore sull'AI?
M.M.: La nostra azienda è all'avanguardia nell'utilizzo di tutti gli strumenti di intelligenza artificiale disponibili. Integriamo l'AI nei nostri progetti per ottimizzare l'interazione uomo-macchina in diversi settori, dall'industria al customer service.
Possiamo essere un interlocutore valido per gli imprenditori in diversi modi:
* Valutazione e selezione di strumenti AI: Aiutiamo a valutare le diverse tecnologie AI disponibili e a selezionare quelle più adatte alle vostre esigenze specifiche.
* Progettazione di interfacce utente: Disegniamo interfacce utente intuitive e user-friendly che massimizzano l'efficienza e la produttività dei vostri dipendenti.
* Sviluppo di soluzioni AI personalizzate: Possiamo sviluppare soluzioni AI personalizzate per automatizzare i processi aziendali e migliorare l'esperienza dei vostri clienti.
* Formazione e supporto: Offriamo formazione e supporto per aiutare ad adottare le nuove tecnologie AI e a sfruttarne al meglio il potenziale.
M.H.B.: Dove pensi che la tua azienda si posizionerà in futuro rispetto all'intelligenza artificiale?
M.M.: Vedo grandi opportunità per applicare l'AI nei nostri servizi. Ad esempio, per analizzare ed estrarre insight dai dati che raccogliamo studiando l'interazione uomo-macchina. O per generare automaticamente prototipi di interfacce utente alternative. L'obiettivo rimane capire i bisogni degli utenti, ma l'AI può ampliare le nostre capacità di farlo in modi nuovi. Continueremo ad esplorare queste possibilità restando concentrati sul valore che possiamo generare per i clienti.
M.H.B.: Quali competenze serviranno in futuro alle aziende per sfruttare appieno il potenziale dell'AI?
M.M.: Saranno cruciali sia competenze tecniche che di business. Sono aperte molte qestioni, quali Il prompt designer, che cos'è? Cioè chi dà le istruzioni alla macchina? E chi fa il tuning degli algoritmi? Chi è? Cioè è uno che fa le pulizie degli database? È uno che fa i servizi generali? O è uno che sta nell'area IT? O è uno che sta nel marketing? O è uno che ha un percorso di vendite?
Non lo sappiamo, sono tantissime professioni che hanno degli impatti enormi. Tecnicamente serviranno data scientist, esperti di machine learning, ma anche designer di interfacce utente che sappiano integrare al meglio l'AI. Dal punto di vista business, serve capacità di identificare casi d'uso concreti e misurabili, non applicare l'AI in modo superficiale. E serve sensibilità etica per gestire temi come privacy e bias. Le figure chiave saranno ibridi tra tecnologia e business.
M.H.B.: C'è il rischio che l'AI elimini posti di lavoro sostituendo le persone?
M.M.: È un timore comprensibile, ma la storia dimostra che l'automazione spesso crea nuovi lavori più che distruggerne.
M.H.B.: Un consiglio conclusivo per le aziende che vogliono cogliere le opportunità dell'AI?
M.M.: Il mio suggerimento è di partire con progetti pilota focalizzati, per capire come l'AI può portare valore al proprio business. Meglio tanti piccoli passi che un grande progetto generico. E monitorare i risultati per capire dove investire di più. L'AI comporta un cambio di mentalità: è uno strumento al servizio delle persone, non un fine in sé. Adottarla con successo richiede visione, coraggio e concretezza.
M.H.B.: Come possono contattarvi le aziende interessate ai vostri servizi?
M. M.: Contattarci, assolutamente dal sito web www.bsdesign.eu, la mail la [email protected], la mia mail personale [email protected] e come sedi siamo presenti principalmente su Milano, che è l'area dove abbiamo il più grosso numero di persone, in realtà siamo presenti anche su Roma, Firenze, Pesaro e Aosta, anche perché cerchiamo di essere vicini ai clienti con cui lavoriamo. L'elemento fondamentale è tenere sempre presente la componente umana. Per quanto la tecnologia progredisca, le interfacce diventino più intuitive e l'intelligenza artificiale più sofisticata, alla fine sono le persone che utilizzano i sistemi. Il contatto diretto, l'osservazione sul campo di come l'utente interagisce con la macchina, è insostituibile. Possiamo progettare il sistema più innovativo, ma se non tiene conto dei bisogni concreti dell'utilizzatore finale nello svolgimento del suo lavoro quotidiano, è destinato a fallire. Il digitale è potentissimo, ma la componente umana con le sue complessità rimane centrale. È questo il fulcro del nostro lavoro.
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L'edizione 2024 del Festival di Sanremo ha visto una presenza dell'ente radiotelevisivo pubblico che definire preminente è quasi riduttivo. Oltre a due postazioni prestigiose, la Rai vantava un palco gigante e la riconquista di un famoso negozio a fianco dell'ingresso dell'Ariston. Giovedì 8 febbraio abbiamo avuto il piacere di conversare con l'attuale direttrice di Rai Radio2, Simona Sala: lasciando ad altri il compito di commentare artisti e programmi, abbiamo cercato di focalizzarci su infrastrutture e strategie. Questo il resoconto della conversazione. Lungo, per gli standard di FM-world. Ma, vi assicuriamo, degno del vostro tempo.
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“Nella società della semplificazione, forse anche della banalizzazione, io credo che ci sia anche un valore sociale e culturale importante nell’insegnamento della musica classica”
Come tutti sappiamo, il maestro Beatrice Venezi ha subito una contestazione durante il recente concerto all’Opera di Nizza (Francia). Non si è trattato del primo caso di ostilità verso questa giovane direttrice d’orchestra.
I tanti articoli che hanno parlato dell’evento – tristemente tutti scritti da uomini – hanno descritto egregiamente i fatti e noi eviteremo di ripeterli.
Abbiamo invece deciso di intervistarla, non tanto per farci raccontare l’evento, quanto per cercare di comprendere insieme a lei il contesto che porta a questi tristi fatti.
Inevitabile parlare alla fine di cancel culture, di politica e in particolare della politica culturale del governo Meloni. Ma – proprio rifacendoci alla frase con cui abbiamo aperto – vogliamo invitare tutti i lettori a leggere anche tutta la (lunga) prima parte di questa intervista, dove si parla di cultura, musica e società in modo tutt’altro che banale. Faticoso forse. Ma vi promettiamo che si tratterà di tempo ben speso, di “unregretted user-minutes” come direbbe Elon Musk.
L’intervista a Beatrice Venezi (BV) è stata curata da Virginia D’Umas per Radio Nizza(VDU) e Marco Hugo Barsotti per Atlantico (MHB), il podcast completo è disponibile a questo indirizzo.
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Sono ancora sostenibili le emittenti territoriali? Le stazioni legate a una città o a un territorio ben delimitato hanno ancora un ruolo nella società odierna, dove la musica si può richiedere a Spotify e le notizie ci arrivano in tempo reale via social?
Ma soprattutto, è ancora economicamente conveniente essere editori di una emittente locale?Intervista esclusiva all’editore Giovanni Ciminelli
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Ritorniamo a parlare di clima, occupandoci questa volta di eventi estremi. Che - almeno ad ascoltare stampa, radio e TV, sono “sempre più frequenti” e dimostrano (o dimostrerebbero) il rapidissimo deteriorarsi degli equilibri del nostro pianeta. Lo facciamo con Gianluca Alimonti dell’Istituto nazionale di fisica nucleare e della Statale di Milano, di cui Atlantico ha parlato in un articolo dell’agosto 2023.
Uno studio pubblicato a suo nome (insieme ad altri ricercatori) e dal titolo “A critical assessment of extreme events trends in times of global warming:” (Analisi critica delle tendenze degli eventi estremi in epoca di riscaldamento globale) ha visto il prestigioso sito che lo ospita, Springler, aggiungere la dicitura “RETRACTED ARTICLE”.
La cosa ci ha molto incuriosito e abbiamo deciso di chiedere un’intervista direttamente al ricercatore, intervista che ha avuto luogo giovedì 21 settembre 2023.
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Crescono costantemente gli attacchi alle nostre imprese. E non parliamo solo dei famosi Ransom, quel particolare tipo di virus che rende inutilizzabili tutti i files, a meno di non pagare un corposo riscatto. O di disporre di backup aggiornati effettuati con sofisticati sistemi automatizzati. Parliamo anche di esflitrazioni a opera di interni e in generale di tutto quanto minaccia il sereno funzionamento delle aziende. E’ un fenomeno che riguarda tutti, certamente le grandi azienda ma anche le medio piccole. Proteggersi è possibile. Se ne parlerà durante il tour “Digital Defense” che vede la sua prima tappa giovedì 28 settembre a Albano Sant’Alessandro.Per capirne di più abbiamo intervistato Nicola Bosello: un quarto d’ora di ascolto che consigliamo a tutti.
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Come abbiamo recentemente riportato su Linkedin, 22HBG sta sperimentando l'utilizzo della realtà aumentata (AR) per le proprie applicazioni, a cominciare dall'evoluzione della app FM-World.
Si trata di un modo innovativo e forse rivoluzionario di interagire con il mondo reale e le applicazioni che ci assistono ogni giorno, dove molti stanno iniziando a muovere i primi passi. Abbiamo dunque pensato di parlarne con una società italiana che è leader di fatto, avendo iniziato a operare in questo ambito già' da numerosi anni. Questo il resoconto della conversazione conEugenio Gatto, business unit manager per le "immersive technologies"
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Many people think the World Wide Web was my idea.
I want to clear that up.
The web is a dumbed-down of my idea, but I believe I created the web accidentally by two mistakes I made.
We'll be getting to that.
Where to begin a history?
Benzo, where do you want to emphasize?
I'd begin the story of hypertext with the Rosetta Stone about 196 BC, the Talmud after 70 AD, the Hexapla of Origen, Third century.
These are all parallel documents, side by side, connected.
The kind of document not possible yet in today's electronic formats, nearly 2,000 years later.
Jump to around year 1450, Gutenberg reinvents movable type and prints Bible's great impact on religion.
Shortly thereafter, an enterprising Venetian named Aldus Minucius invents the personal book, which moves the Renaissance from palaces to middle-class homes.
Note 500 years to 1945.
Vannevar Bush, that's his name is pronounced Vannevar Bush, President Roosevelt's science advisor, writes an article predicting a machine he calls the Mimics, storing all the world's writings on microfilm, all of this.
He misunderestimated, he he, the words of another Bush, the words of another Bush.
He misunderestimated how many writings there would be, as did everyone.
Vannevar Bush proposed that scholars make trails to the world's knowledge, a new form of publication, each author connecting things and adding content of his own.
Technical aside, Bush's article also profiled transclusion.
1951, West Coast, Doug's epiphany.
Douglas Engelbart is one of the greatest men of all time, a warm-hearted, soft-spoken, and saintly guy who invented much of our modern world.
Doug's name, Engelbart, means "angels' beard," didn't know angels had beards, did you?
Well, Doug read Bush's article in 1945 when he was stationed overseas.
Then when he got his PhD in California in 1951, Doug Engelbart had a great vision.
That interactive computer displays would make possible a new form of collaboration vital for the urgent complex problems of humanity.
And it would be rather like the mimics.
It was all about connection, connections between documents, but also connections between people and the dynamics of collaboration.
Step by step, Doug went through the painful departmental politics and funding to build a team that would change the world.
That was his intention, and that is what he did.
Nowhere near what he hoped to do.
Cut to the East Coast.
In 1960, I, Ted Nilsen, took a computer course and it hit me.
The interactive computer screen will be the new home of humanity, the next great media revolution, and I want to be in it.
A lot of people can't understand how I could figure this out without being an engineer, but that's the reason I could figure it out.
The engineers didn't have a clue.
It took a media person.
I'd been an actor on stage and TV.
I'd published a little magazine.
I'd produced an LP.
I'd shot a half-hour movie.
I'd seen TV developing from the inside, watching what I went on in my father's control rooms at NBC and CBF, starting when I was 10.
So the technicalities and art of interaction would be the next frontier.
I didn't actually see an interactive screen for five years, but I didn't need to.
I was a movie maker.
I could feel the screen.
In my mind and heart, I saw it and touched it.
I conjured it and caressed it.
It responded wonderfully.
Many people still don't recognize interactive software as an art form.
Many techies treat the interactive screen as a kind of blackboard.
But artists know it as a lumbar.
Here was my new credo.
There would be millions of readers and writers all over the world with their own computers and screens, and they would be able to publish to each other without publishing companies in the middle.
This meant new forms of writing, it meant a whole new form of literature, it would replace paper.
Five years later, when I started publishing on the subject, I called it "hypertext.
" I had not yet heard of Engelbart.
Okay, technical part.
Here was my initial tactical design.
Whatever the user typed in would be immediately saved for safety on tape, I thought at the time.
Each new version would consist of pointers to what was already there on the tape and what you were adding as you continued to write.
The method would be safe and efficient and have other benefits which I gradually figured out.
How to do the links was a separate problem that would take 19 long years to figure out, but I feared that if I didn't design the documents of the future, the techies would screw it up.
Which I believe is exactly what has happened.
What I really wanted was to make movies, but I thought it was more important to be the new Gutenberg.
Little did I know that Gutenberg went bankrupt.
1964-ish, meanwhile in California, step-by-step Doug Engelbart builds his lab.
He gets sponsorship from Bob Taylor, the defense department, and assembles a team at Stanford Research to not stand for you.
In this project, Doug proceeds to invent multiple windows on a screen, screen sharing between collaborators, text editing on screen at the first word crossing, links between texts, and much more.
Technical point.
Doug's links weren't embedded.
The whole of Doug's vision was greater than these parts.
The augmentation of human intellect, especially through collaborative networks of people, constantly improving their networks with methods of collaboration.
Those innumerable parts that I just enumerated of Doug's system were just the hockey sticks for a much greater game of collaboration he hoped to create.
Okay, 1965, East Coast.
After four years of study in design, I submit papers to four conferences and everyone is accepted.
The biggie is the ACM National Conference in, of all places, Pittsburgh.
I think that most of the computer scientists in the world were in that room.
It was possible in those days, and most of them heard my paper.
It was very well received, and I could see that all my work was just it.
The only question confronting me was how to get leverage, convincing somebody that I was right so I could get machines and a team together.
But how could I make people believe I knew what I knew, let alone what I could do about it?
Then somebody came along that appeared to believe me and had the bucks to make it all happen.
A few days after my Pittsburgh talk, I got a call from a guy identifying himself as the Director of Information Processing Research for the Central Intelligence Agency.
He came to my house and asked how I'd like to be funded.
People asked me why would I take money from the CIA?
Hey, our country needs good intelligence, and I needed the money to do good things.
So I began writing proposals for the CIA, which went on for five years, till I gradually realized they were just stringing me along, as most prospective backers do.
1962.
1966.
Meanwhile in California, Douglas Engelbart invents what everybody credits him for.
A mouse.
Oops, it dropped it.
Is that it?
In the excitement it tried to escape.
Again Engelbart invents the mouse, which is a big improvement over the light pen.
But somehow the process of myth-making has dropped the more important stuff from his reputation one liner, leaving only in my dog's overall vision was and is so much more than that.
East Coast, 1967.
The Hess Project, HES.
I am asked to join a project at Brown University that will be a chance to "try out my hypertext ideas" at no sale, right?
It ends up costing me all my savings.
On the first day, I did not get along with the nasty guy who ran the project, but I am not a quitter.
I should have quit.
As I wrote in New Scientist magazine in 2006, I believe that humanity went down the wrong road with that project.
Dumbing down interactive documents through one-way jumps among paper simulations.
A great and fundamental loss to civilization.
The project was called HES, Hypertext Editing System, and it turned out the guy didn't really want hypertext.
What he wanted was a system to prepare paper documents for printing, what we now call word processing.
I consider this unworthy and entirely the wrong path.
You have to choose which will be.
Are you going have real electronic documents or are they going to simulate paper?
That project chose appearance over connection, dumbed down hypertext one-way jumps among paper simulations, and this would later become, alas, the structure of the World Wide Web.
1968, West Coast, by which time there was still no personal computer, Doug Engelbart's great demo at the Fall Joint Computer Conference, where he shows cooperative work by people at separate screens, amounts, hypertext links, collaboration over the phone while pointing at the same text on different screens, and much more.
At this point, computer screens were still considered exotic and crazy by most of the computer world.
Alas, this was Doug's high point, because politics and disagreements took over as his lab gradually fell apart.
Big skip to 1974.
Again on the west coast, Xerox Palo Alto Research Center in Xerox PARC starts hiring people away from Doug Engelbart and his lab collapsed.
I was at dinner with Doug a couple of years ago when he actually wept at the memory of how his people had deserted him and how Bob Taylor, his earlier supporter, betrayed him and the vision he had tried to betray him and the vision he had carried forward so faithfully.
Alas, Doug Engelbart's system never got to the public.
A company called Timeshare tried to productize it but with no real interest in Doug's greater teaching.
What if they put NLS out to a broad public?
What if they productized Doug's software for distribution?
Wilminton.
Now the page turned.
1975.
Personal computing begins with kit computers, soon also modem kits.
1977.
Fully assembled personal computers at last, notably the Apple II.
Now that some people have personal computers and slow over the phone modems, soon there are file sharing methods, built bulletin boards, message boards, forums, discussions, hosting.
The yearning for online publishing by individuals is at last fully revealed.
Though most people, as the American company, still don't get it.
And it's still a small subculture.
East Coast, 1979, the big year for my Xanadu project.
Six of us come together, Roger Marks, Stuart Rowland, Eric and me, to design our worldwide hypertext network.
Note that as of that moment, set in 1979, there are still very few personal computers in the world, and the only interactive screens most people have seen are airline ticket counters.
but we knew what was coming.
My team figures out how to do the links brilliantly, making links of reuse work together.
This is described in my book, Literary Machines.
What it would do.
Deep hypertext, that is, connected systems of documents with any connectivity and complexity.
Every quotation connected to its origin by my method from 1960.
Detailed side-by-side inter comparison with between any two documents of versions, showing which parts are the same and and other connections as well.
Links in profusion, not embedded but overlaid, a system of publication involving unrestricted reuse of content, but sale of the content could be required by the publisher, separate from the document container.
Our plan was to put stabilized content on servers with every character retaining its permanent address, stabilized XANA links on servers individually published, nothing at all like web links.
Finally, Mark Stewart and Roger Market Stewart work out a brilliant unifying addressing scheme with a new kind of mathematics for compactly referring to content and structures throughout this universe and creating new documents and versions as permutations in this space.
The boys start programming and Roger looks for backers.
He and I agree that he can do the technical develop.
I'll flounder the publishing business.
But we're all agreed on certain ideals that would later become popular.
Freedom of publication for everyone everywhere.
Dodging government controls over free publication.
Privacy for everyone that wants it.
We see this as a new sweeping mechanism for democracy, citizen awareness, truth telling, honoring minority views in documentation of the world.
Eight more long years to the West Coast, 1988.
Autodesk backs Zalazak in 1988.
Nine years after, eight or nine years after that what I just told you, my colleague Roger Gregory gets backing for his development company from Autodesk Inc.
and his visionary founder, John Walker.
Roger and I had agreed that he would develop a Xanadu system that would work on interfaces and plan the publishing network.
Unfortunately, that puts us in different departments at Autodesk, a recipe for danger, in business, your enemy, or your suspected savagery is all in the other department.
You may know the story of the appointment in Samara where a man brings on his doom by trying to avoid it.
That happened to me.
I got a call from one of the Xanadu programmers saying Roger was out of control and throwing things, and they were going to quit.
So while I had no official status in Roger's development company, I called John Walker, the head of Autodesk, and told him the situation.
And Roger was relieved and con- [pause] Turned out that Roger was right.
He was throwing these because the team wanted to redesign, which would obviously delay the project six months or more.
With Roger no longer in charge, it was much worse than that.
The program was redesigned for four years, till Autodesk shut the project down.
At which time, a very different animal slouched into our other- our ecological niche.
So what were the two mistakes I made that brought about the World Wide Web?
Mistake one, participating in and endorsing the 1967 S-Project that Brown popularized hypertext links as one-way jumps between simulations of paper.
I thought it would be fixed later.
Famous last words.
Mistake two, urging John Walker in 1988 to demote Roger Gregory from his own Zanadu development company, unwittingly giving up Zanadu's pole position as the world's hypertext system.
What if Roger had not been demoted?
I believe he would have kept his promise to John Walker and delivered the server network and a workable client within the one year he promised, definitely two.
Way ahead of HTML and the Mosaic browsers that made it possible.
Unseating Roger lost us the world, and no one knows what the world lost.
I believe that without these two mistakes, humanity would have a far better tech system.
This is a very heavy burden, but I fight on.
To be continued.
Thank you.
I am Ted Nelson with another disclosure of Computers for Cynics.
Today's undertaking is the real story of the world wide web.
In the preceding discussion of projects added, I skipped over the one-way hybrid systems, one-way general-between-paper simulations based on Hess et al.
1967.
But in the 1980s, there were lots of one-way hybrid systems, off the top of my head, on the West Coast, HyperCard, SuperCard, NoteCards.
On the East Let's go with Cowles from the DoD, the Department of Defense, Fress, Intermedia, the Eastgate School, Hypertext, and New Literary Style.
Based on one way jumps with surprises, making literary hay out of the invisibility of the next item till after you select it.
Again, that's the Hess zone.
Oh yeah, and in Scotland, Guide.
In 1984, the year of the Macintosh, the CIA finally got their hypertext system, 19 years after they started teasing me with plausible backing.
It was called Notecards.
I have this from Kathy Marshall who says she worked on the contract in Xerox PARC, and she says it's not secret, just not well known.
Would my system with the CIA have been better years and years earlier?
Of course I'd think so, but who knows?
1986-7, Neil Larson publishes Houdini, a hypertext system with lots of links to documents out on the net.
His hypertext filers also include HyperRes, PC Hypertext, and Transtech.
1988, as mentioned in the previous talk, the Xanadu group stumbled and alas got out of control with the unseeking of Roger Bricker.
Now to 1989, Europe, the first public initiative for what will become the World Wide Web.
Tim Berners-Lee, a physicist at CERN, the huge European nuclear research lab, circulates a document entitled "Information Management Proposal.
" "There are few fuzzets which take Ted Nelson's idea of a wide docuverse literally.
" Actually, as already mentioned, there were several such products, though the people who made them didn't want to admit it.
But in that proposal, Tim also said, "There seems to be a general consensus about the abstract data model which a hypertext system should use.
" Hey, wrong out of that one.
He didn't ask the senator, guys.
Our abstract model was off the charts a bit, but we didn't care.
Next year, 1990, Tim and Robert Cailliau write an official proposal, a worldwide web proposal for Hypertech, with a capital "D" in the middle, and they get support from CERN.
Next year, 1991, the web starts up locally.
Tim's text format and server software are working and deployed at CERN.
It's a preliminary package of text pages, jump format, page structure, directory structure, but it does not reach any general public.
Two years later, 1993, mosaic.
The web browser as we know it makes history.
1993 is when the World Wide Web really happened.
The World Wide Web as we know it wasn't created by Tim Berners-Lee, but by two university students who Poo-ified the net.
That is, they put the Parc user interface, or Poo-ee, around Tim Berners-Lee's document format, repackaging Tim's phage layout in an application frame with Parc user interface, or Poo-ee, around it.
This created not just jumpable pages, as in Tim's design, a new hybrid, a puppet theater and shop window, now called the web browser and Mosaic was its name.
The Mosaic vision, that is Andrisa's vision, was to create a user platform essentially competing with Windows and the Macintosh, in which not only could text appear, but interactive applications could be presented.
New application cattle pens, not boxed inside your computer, but managed from servers on the net.
Far away.
Andriessen and Bina could easily have chosen to frame, glamorize, and foolify some other format.
Certainly, if they had built the poetic, bless Neil Larson's 1986 Houdini format, the Houdini browser, it wouldn't have been called the Houdini browser.
That would have had the impact of the web.
Arguably, it was sheer chance that Tim's format best suited their purpose.
Without Mosaic, Tim's format probably wouldn't have gotten any further than Larson's.
That's why I think the real creators of the World Wide Web were Andriessen and Bina.
Now who exactly should get credit for Mosaic?
Larry Smarr, who was their boss at the National Center for Supercomputer Applications, tells me I'm supposed to say the NCSA browser, National Center for Supercomputer Applications browser, and credit Bina and Andreesen equally.
However, it's important to point out that Bina was being paid.
Andreesen was doing it on sheer guts and sleeplessness, and many say he should get the main credit.
Probably Larry Smarr too had something to do with the initiative.
So why not call it the NCSA Smar Bina Andreessen Browser, or just PuyoNet?
1994, the impact of Mosaic.
One browser to rule them all, one browser to bind them in the land of Mordor where the shadows lie.
Thousands, powered by the Mosaic, the web's expansion was now following exactly the expansion rate I'd predicted presented.
Thousands, soon hundreds of thousands of users were using this mosaic, and thousands of servers were firing up in companies and apartments, even in secret hiding places.
Meanwhile, on the West Coast, Microsoft jumps in with a version of web browser PUI called Internet Explorer, which gets off the ground fast because Bill licensed his mosaic from Larry Swarmer, technically Spyglass from NCSA.
And also on the West Coast, Mark Andreessen, who has just graduated from college, is taken on as a partner by Jim Clark, just dethroned from presidency of Silicon Graphics.
Clark takes young Andreesen on as co-founder of Netscape Communications, Inc.
For a kid just out of college, to be brought in as equals in a new enterprise by a multi-millionaire shows that Andreesen was a pretty impressive character.
In 1995, Netscape goes public and brings in lots of money.
However, Microsoft gives away Internet Explorer and that kills the Netscape business home.
By 1999 Netscape manages to get acquired by AOL just in time, and Andreessen and Clark managed to get away with their money by the scale of 18.
So these those were the important events of web history as far as I'm concerned.
Younger people would have a different look.
As a free-form standard, the web come around wildly and the public thinks it's "technology" rather than an accidental packaging of a lot of stuff by a bunch of ambition gut.
So whose idea was it?
Who quote "invented the web" unquote?
I'm not in this race, I'm neutral on this issue, my team was doing something entirely different, but I want to see people like Neil Larson get the credit they deserve.
The notion that Tim Berners-Lee quote "invented the web" shows the process of myth-making.
It's like the invention of the telephone.
The same was Alexander Graham Bell who invented the telephone.
Way dumb dumb down the truth.
Many inventors of the telephone don't make it into the STEM history.
Tim Berners-Lee would have won the credit lottery for things a lot of guys were already doing, creating viewers and document formats for jump access among paper-like documents on the net.
But Tim's document format was blessed, nay consecrated and sanctified by Eric, Bina, and Mark Andreessen when they boobified it by putting Tim's text format into a frame on the Internet, the Fooey frame.
Bina and Andreessen could as well have blessed some other Internet text program at that time, like Houdini or Silversmith, or whatever even Microsoft Word as a World Hybrid X format by putting it in a networked POUYA and making it the Houdini browser or the Silversmith browser or whatever.
Did Tim have some transcendent supernatural understanding?
Nobody else did.
He would never make that claim.
To repeat what he said in 1989, he built on what he considered "a general consensus about the abstract data model which a hypertext system should use.
" He put together a clean and professional package around what he saw as a consensual objective, nothing supernatural about that.
What he has undergone in deification process that makes people want to believe in his transcendent supernatural understanding.
I'm sure credit is never claimed.
Credit Lunduli.
He's an extremely decent fellow.
This is just how the myth-making process works.
Where did the parts of Tim's format come from?
Embedded format was from Xerox PARC, among other places, as it moved to the Microsoft Word.
in angle brackets were from Neil Larson's MaxThink in 1984.
SGML, which Tim renamed HTML was from Yuri Rubinsky and it had firstly used in a browser by Bottoms in 1987.
What I think what Tim should get the most credit for is the URL, whereby he harmonized and standardized network addressing a rational organization across the diverse and divergent file structures of Unix, Windows and the Macintosh and indeed the whole world.
A hell of an achievement.
But if people ask me what I think of Tim Berners-Lee, what can I say?
First of all, I likened him.
I would compare Tim Berners-Lee to Ronald Reagan.
Perfect figurehead.
Very nice guy.
Very idealistic.
Upright.
Totally focused.
Totally enclosed.
I've argued with him for hours at his home in Massachusetts, in bars in Tokyo.
One bar, anyway.
with no sense of communication.
But as with Reagan, that could just be a pose of political stance.
He needs to throttle initiatives as much as possible.
He is trying to defend the formats of the browser.
Tim has a very tough political job.
Head of a juggernaut, the World Wide Web Consortium, a political tiger by the tail, with running a system that's getting worse and worse, messier and messier, with lots of politics, people want to add more and more junk to the web, i.
e.
into the web browser.
And he wants to prevent that joke as much as possible, or at least organize it in the most rational way he can.
Despite Tim's best efforts, the web internals get worse and worse, full of special effects and special cases.
The web browser format is still misleadingly called HTML.
So when people say HTML, they may think they're referring in some sense to Tim's original clean design, but more and more has been crammed into the ever-gnarlier and large definition of HTML a tangled, mangled, reprehensible mess.
HTML is now piled high with hierarchy, the document object model, cascading style sheets from [inaudible] for which we can thank Tim Bray, tabs, and probably more hierarchies I don't know about.
Why?
Are documents hierarchical?
Let me paraphrase Einstein, who may or may not have said, everything should be as simple as possible but no sin.
I propose this paraphrase, every document should be as hierarchical as necessary but no more so.
We must not impose false templates in the pretence of orderliness.
Great writing and reporting as in the New York or other key magazines is not hierarchical as it's trying to represent all the connections of the story.
For web formats to impose false hierarchical templates is highly questionable, if not a cultural atrocity.
I have to say something about JavaScript.
Okay, JavaScript is the atrocious language of the web browser.
It got its name for strange political reasons.
It has nothing to do with Java.
I'll just say one thing about JavaScript.
I was afraid that telling this would be violating my non-disclosure agreement with Google, but I cleared this with Peter Norvig.
In men's rooms at the Googleplex, Google headquarters, they post the day's special JavaScript advice over each urinal, Thus reaching the programmer through sensory motor channels that conventional documentation cannot pursue.
Don't expect HTML to get any better.
Just an ever-growing salad of special case effects.
They will add garbage to HTML forever, especially when Tim retires, and don't expect it ever to be as smooth as Flash because the JavaScript will always have to pause at garbage.
Anyway, some negative thoughts about the web from the user's point of view.
To begin with, the web is about appearance rather than structure.
Any structure you wish to represent must be matched into the one-way jumps established in 1967.
The very concept of a website is grotesque and should have nothing to do with darkness.
What I think of as today's typical web page is a flapping, screaming, unprincipled mess with text lines a mile wide that you can't get on the screen all at once because they're locked against rearrangement and they're in pale tiny sans serif type you can't read anyway.
The WYSIWYG model of paper simulation imputes false value to the parts of the rectangle, desperately valued real estate that must be allocated carefully.
Articles are broken into individual paragraphs, embedded one by one in bedsheet-sized pages.
And these isolated individual paragraphs, surrounded by flapping, screaming, jumping animations, are divided into smaller and smaller thoughts, perhaps for the smaller and smaller minds of the Twitter generation.
But hey, make it sit.
And of course, we have the social web with its new cattle pens.
And finally, of course, we have the two new super monopolies, both based on cunning uses of the PUI.
The Facebook Tsunami versus the Google Octopus.
Hey, the word Google was originally a number, so we can call it the Google-pus.
Do you wilking?
First, a brief look at something you can come back to.
[ Silence ]
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Nei mesi scorsi il senatore Claudio Borghi e' spesso tornato sulla necessità che l’Italia dica un deciso – e definitivo – no all’adesione al MES. Lo ha fatto tramite X (“il social precedentemente conosciuto come Twitter”, per dirla in stile Prince) e in altre occasioni pubbliche.
La questione è cruciale per l’Italia in quanto l’autonomia nelle scelte economiche implica la libertà e l’indipendenza della nostra nazione da scelte fatte da enti europei non necessariamente frutto di un voto popolare.
Abbiamo pertanto deciso di contattare il senatore per chiarire alcuni punti a nostro avviso nodali.
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Among the many radio stations present in the FM-World aggregator, one stands out for its name, which speaks of a great history: ACI Radio, the radio of the Automobile Club of Italy. Let's say great but we should say long history: what today is a "non-economic public body" was in fact founded in Turin in 1898.
On Friday, September 1, we had the opportunity to talk about it with Piermattia Fioravanti, Business Development Manager at ACI Informobility. Of course, Aci Radio was discussed: Piermattia clarified many doubts concerning the positioning of the broadcaster, and we also discussed developments and future scenarios for radio.
The original audio of the full interview is available at this link
The interview
Marco Hugo Barsotti: First of all, tell us about yourself and how the ACI Radio project was born.
Piermattia Fioravanti: I have been working in the ACI context for about 4 years, I come from a background in strategic consulting. Then I spent a period in a startup that dealt with mobility. Now I am in ACI Infomobility (an in-house company of ACI that works on mobility issues), where I deal with innovation, business development: essentially the product/service innovation.
From Instore Radio to Web Radio...
MHB: How was the ACI Radio project born?
PF: The goal was to give greater prominence to ACI group services: the insurance part (Sara), sustainable mobility and obviously the associative aspect typical of ACI.
One of the initiatives was to create an "Instore Radio", that is a web radio inside the delegations and insurance agencies - which are often in the same premises - to promote the different branches of activity. I was forgetting: also to promote sporting events in the automotive world, Formula 1, Rally, Targa Florio etc.
...to DAB
Initially conceived as a simple internal web radio, the initiative then took on a more substantial twist, evolving first into an external web radio and then, in the span of a year and a half, into a DAB channel with national coverage
Today the radio, called ACI Radio, has a much more articulated programming and includes content related to all ACI group activities, from insurance to motorsports to travel and tourism, thanks also to the collaboration with entities such as ACI Blue Team. The project, also welcomed internally by the group, has now come into operation after almost two years since the start of broadcasting.
Luceverde
MHB: The programming of ACI Radio therefore has 360 degree content, which goes far beyond road traffic, what I personally, but I imagine others who read us, expected from the name. In any case, how much weight do you give to day-to-day information, to traffic?
PF: As for traffic information, ACI Radio provides periodic updates on the situation in the main Italian cities, but it is limited content.
Our dedicated traffic service is Luceverde,_ provided through a dedicated radio, Luceverde Radio. So we leave this local and instant information to Luceverde, focusing instead on a national programming that ranges over many other topics related to mobility and ACI services. We believe it is right to use the most suitable tools for different needs: to get immediate updates on the local traffic situation, the Luceverde app is certainly the most suitable._
France: a stereo and split "isoradio"
MHB: Of course, but I believe classic radio can still have its say. Let's take the example of Vinci Autoroute: isofrequency (107.7 stereo) throughout France, but split by area. In Nice we can hear at most from Marseille, but certainly not from Lyon or Paris. And in this way radio can be much more on the spot, to the point of advising on which lanes of the various toll booths to position yourself on critical days...
PF: The French example is interesting and in Italy the first steps are being taken in this direction, with some experiments of regional channels on DAB to spread targeted civil protection information. DAB in our country is still in its infancy, but there is the intention to exploit this technology to provide localized news.
Of course, it requires investments in infrastructure and organization. For example, planning is needed to insert regional updates within the national programming, and clocks to synchronize times. You then have to carefully calibrate the amount of information so as not to excessively distract while driving.
In short, regionally focused radio on the French model is a goal being worked on in Italy as well, as much as the development of DAB technology in our country allows. A project to be carried out with radio system players to provide motorists with increasingly targeted information.
Smart Speakers
MHB: You also broadcast on smart speakers. This listening mode is growing a lot. Can you estimate how many listens and what share of the audience it generates for you on this channel?
PF: Unfortunately the listening mode via smart speakers, on which we had invested, is encountering some difficulties due to changes in the policies of the major players in the sector._
In particular, Google and Amazon have progressively limited the possibilities for developing skills and actions by third parties, focusing on their own proprietary voice assistants.
This has created quite a few complications, with continuous changes in the rules and ways of working that have made it very complex to continue supporting this listening mode.
Unfortunately, it does not depend on us but on the choices of the giants in the sector, so at the moment listening via smart speakers is not performing as we expected initially.
Think that we worked with a startup whose founder was one of the top five Amazon skills experts in Europe, and this year he communicated to us that the activity would close down.
DAB & More
MHB: Paradoxical, considering that those we once called GAFA know everything about everything...
PF: Some companies like DTS are working through a company they own, on connected car digital radio systems that, leveraging GPS data, could allow tracking of listening location and provide targeted content.
..and FM
At the current state, the radio market is still very oriented towards DAB, while IP streaming is not as widespread as one would expect, because the major broadcasters have invested heavily in FM over the past 20 years and are reluctant to switch to DAB not for technological limitations***, but for purely economic reasons***._
They have spent hundreds of millions on FM and if they had to convert from FM to digital overnight, they would suddenly find themselves with infrastructure that has a much lower book value on the balance sheet.
Infotainment
So potentially in the future the geo-localization of radio listeners could become a reality, thanks to connected infotainment systems in cars, but we are still far from a scenario where this could become a standard. The challenge remains to find the right balance between technological potential and privacy protection.
Prominence
MHB: In a trade publication in our sector it is hypothesized an intervention by the authorities aimed at imposing on large platforms the pre-installation of radio aggregators with equal dignity (prominence) compared to Spotify. What is your opinion?
PF: Not having direct commercial interests linked to advertising revenue, we can afford to think more freely about new technologies, without the fear of cannibalizing previous investments like other broadcasters.
Of course, we too have to attract listeners and therefore use the positioning mechanisms on the various platforms. But if there was greater fairness in the distribution of the radio offer, for example with random order of appearance, it would not be a drama
For us then starting with an "a"...no need for asterisks or hashtags to appear at the top of the list of stations on board vehicles!
Autonomous Driving
MHB: With the advent of autonomous driving, in the future people in the car will no longer have to drive but will be simple passengers. This will mean more time available for activities such as watching screens or listening to content while traveling. How do you think in-car radio entertainment will evolve to intercept this new need for content, once driving is fully automated?
PF: As far as we are concerned, we do not see big problems in the evolution towards video content to entertain those traveling in self-driving cars. On the contrary, we believe that information can benefit from it, since images have a greater communicative impact than audio and require less attention effort from those who use them.
We are already moving in this direction_ with some radio vision experiments. The transition to video is a frontier that we welcome positively, strong from the experience as a general radio but with the ability to evolve towards a multimedia offer, to make the most of the potential of automated driving. (M.H.B. for FM-World)
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Articolo disponibile su www.fm-world.it - Come evidente, l’intervista ha avuto luogo in due sessioni separate, con diverse configurazioni microfoniche. Questo spiega la differente qualità’del suono nei vari segmenti, problema del quale ci scusiamo
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Renato Mannheimer risponde alle domande di NL
Il fatto è noto a tutti. Mesi di autopromozione da parte di primari network radiofonici italiani, che – tramite speaker falsamente spontanei– invitavano a rispondere alle chiamate TER affermando di ascoltare la loro radio.Una pratica inammissibile in Francia, come aveva riportato Newslinet parlando del caso di Fun Radio in una notizia che poi ha dato il via ad una polemica infinita (nel senso di non ancora terminata) tra RAI e TER.RAI, infatti, contestava (e contesta tuttora) “l’attendibilità della metodologia” di TER, oggetto di “pesanti distorsioni nell’indagine, a causa di continue e aggressive campagne autopromozionali da parte di tutte le emittenti commerciali” .Contestazione respinta al mittente, sempre sulle nostre pagine, dal presidente del TER Federico Silvestri, che ha liquidato la questione affermando che “non ci sono (ancora) elementi sufficienti per giungere a questa conclusione”.
Reality Check (statistico)
È giunto dunque il momento di andare oltre le opinioni personali e cercare di fare un reality check con qualcuno che di statistica si occupa da sempre ai massimi livelli. Abbiamo dunque contattato Renato Mannheimer chiedendo una rapida intervista in merito.
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l festival del libro di Nizza (Francia) ha avuto come tema una parola cara ai francesi, “Liberte’(s)” e la prestigiosa presenza di Giuliano da Empoli in qualità di Presidente. Abbiamo avuto l’occasione di intervistarlo a margine della presentazione del libro “Il Mago del Cremlino” e di conversare non tanto sul libro (peraltro molto interessante in quanto correlato alla attuale situazione in Ucraina) ma della sua visione sulla similitudine dell’approccio al controllo degli individui tra Cina e...Silicon Valley.
Giuliano da Empoli
Giuliano da Empoli è scrittore, presidente del think tank Volta, presidente del comitato scientifico dell’associazione Civita. In passato è stato consigliere del ministro dei beni culturali durante il governo Renzi. Scrive regolarmente per Corriere della Sera, La Repubblica, Il Sole 24 ore e Il Riformista.
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Venerdì 2 giugno abbiamo avuto l'opportunità di intervistare Francesco Simoncelli su argomenti quali l’inarrestabile debito pubblico americano, le criptomonete, l’euro digitale, il controllo sociale e le aspettative per l’inflazione in Italia. La conversazione è durata quasi 60 minuti, impossibile da riassumere nell’articolo pubblicato su Atlantico. Pubblichiamo qui pertanto l’intero podcast.
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