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La normativa EPR sulla responsabilità estesa del produttore è uno dei temi più caldi in questo momento: l’Italia ha presentato agli stakeholder una prima bozza di decreto, alcuni Paesi europei stanno facendo le proprie scelte, l’Europa vorrebbe fare sintesi, ma per adesso non ci sono ancora i presupposti per una proposta comune. Quello che è certo è che l’Italia sta continuando a lavorare sulla bozza di decreto e presto potrebbe essere pubblicata una nuova versione. Ne ho parlato con l’avvocato Filippo Bernocchi, esperto in diritto dell’ambiente e docente di Circular Economy alla Luiss Business School.
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La circolarità è diventata un obiettivo fondamentale per le imprese della moda, non solo per ridurre il loro impatto ambientale, ma anche per andare incontro alle normative che sono in fase di elaborazione e di cui già si intravedono gli orientamenti. Ma come si misura la circolarità?
E’ una vera e propria sfida e non solo tecnologica. Ne ho parlato con Dario Minutella, Principal, Fashion, Luxury & Sustainability di Kerney, la società di consulenza che ha recentemente pubblicato il Circular Fashion Index. Si tratta di una classifica che misura le performance di circolarità dei maggiori brand della moda, che riserva qualche sorpresa.
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L’Italia non ha una produzione di lana significativa, ma ha le sue pecore e potremmo avere una produzione di lana autoctona interessante e anche preziosa. Il valore sta nel legame con il territorio, perché per anni i velli delle pecore sono stati filati e utilizzati e hanno dato vita a prodotti e pratiche che sono connessi con la nostra cultura. Sono andata un po’ in esplorazione e oggi vi presento le esperienze di Vuscihè, Bollait e Pecore Attive. Ma ho scoperto che c’è una grande attività intorno a questo tema, che spesso vede come protagoniste le donne.
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Usare gli scarti tessili della lavorazione per produrre una polvere colorata in grado di tingere i capi nuovi: sembra fantascienza invece questo prodotto si chiama Recycorm ed è nato a Biella. Un progetto innovativo, in continua evoluzione, che ha già attirato l’attenzione dei brand. Ne ho parlato con Michela Masiero, project manager di Officina+39, l’azienda che produce questo prodotto.
Proprio la fase di tintura è una delle più impattanti nel processo di produzione tessile, per il massiccio uso di acqua e di agenti chimici. Ma ci sono soluzioni che permettono di attuare un cambiamento concreto.
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L’attivismo nella moda riveste un ruolo sempre più importante, che sta cambiando anche le tendenze di mercato. Quello che indossiamo sta diventando lo specchio dei valori in cui crediamo e i consumatori sono pronti a prendere posizione. Una delle questioni più spinose riguarda il rapporto della moda con le fibre e i materiali di origine animale. Ne ho parlato con Simona Segre-Reinach, docente di Fashion Studies all’Università di Bologna e autrice del libro “Per un vestire gentile”.
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Riciclare tutto si può? Ci si può provare, con una buona organizzazione e soprattutto con la voglia di sperimentare e fare ricerca, creando sinergie anche con settori diversi dal tessile. L’azienda pratese Beste ha lanciato il progetto Beredo, che permette di fare nuova vita a tutti i materiali pre-consumo dei brand e delle aziende manifatturiere. Alcuni materiali sono sono impiegati nel tessile, altri diventano carta o addirittura maniglie. In ogni caso, niente viene sprecato. Me ne ha parlato Giovanni Santi, presidente del Gruppo Beste, nell’intervista di questo episodio del podcast.
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Si dice “seta” e subito si pensa a qualcosa di prezioso ed esclusivo, una fibra che ha una storia antichissima e molto affascinante. Ma è una fibra che conosciamo meno di quello che crediamo: ad esempio, sapete che della seta non si butta via niente? Ne ho parlato con Silvio Mandelli, CEO di Cosetex, che mi ha guidato in un territorio sconosciuto.
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Scarti, che passione! In pochi anni tessuti, filati, pellami, avanzati o mai utilizzati, sono diventati l’oggetto del desiderio per tanti brand e designer ed è un mercato in continua crescita. Ma come si può essere certi della loro provenienza e soprattutto che si tratti davvero di scarti? Ne ho parlato con Savina Saporiti, CEO di Maeba International, un’azienda che da oltre 100 anni opera in questo settore e che è l'ospite di questo episodio del podcast.
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Cos’è la trasparenza e perché è così importante per un brand oggi? E davvero credete che possano esistere prodotti a “impatto zero”? Ne ho parlato con Andrea Baldo, CEO di Ganni, il brand danese che negli ultimi anni ha riscritto le regole della comunicazione della moda sostenibile.
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Le persone sono tornate al centro della comunicazione in tutti i settori e in particolare nella moda. La sostenibilità sociale è protagonista di campagne e iniziative, per raccontare come il benessere dei dipendenti e della catena di fornitura siano al centro dei progetti dei brand. Ma quando questo impegno è autentico e quando si può parlare di social washing? Ne ho parlato con Caterina Micolano, presidente della Cooperativa Alice e di Feat Impresa Sociale, che da anni lavora per l’inserimento di soggetti svantaggiati nel mondo del fashion.
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E’ un settore in enorme espansione, che sta faticosamente cercando di iniziare un percorso di sostenibilità, per ridurre l’impatto ambientale della produzione. Sto parlando degli spalmati, che sono sempre più protagonisti della moda: la Gommatex è però riuscita a ridurre al minimo l’impatto con Akkadueo® Bio, un coagulato in poliuretano privo di solventi chimici dannosi, con una componente Bio Based nella materia prima poliuretanica. Il tema è abbastanza tecnico, ma Alessandro Artusi, direttore di produzione di Gommatex e protagonista dell’intervista, è riuscito a farmi comprendere anche processi complicati.
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Si può coltivare il cotone in Italia? Si faceva e si può fare ancora oggi, con risultati interessanti. L’idea è venuta tre anni fa a due imprenditori pugliesi, Pietro Gentile e Michele Steduto, fondatori del marchio di camiceria Gest: due pionieri che adesso in tanti vorrebbero imitare. Se qualcuno pensava che la loro iniziativa fosse una meteora, si sbagliava di grosso: adesso sono pronti a mettere anche sul mercato la fibra made in Puglia. Ne ho parlato con loro nell’intervista.
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2500 azienda, 235 mila lavoratori, quasi 1,2 milioni di euro di export: sono questi i numeri dell’industria del tessile, moda e calzature ucraina del 2019 secondo Ucraina Invest. Un bacino di competenze prezioso, una catena produttiva legata a doppio filo con tanti brand, che la guerra potrebbe distruggere in maniera irreparabile. In questo episodio le voci di 4 imprenditori mi hanno aiutato a raccontarvi cosa sta accadendo.
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Quanto è importante la condivisione nella moda sostenibile? Moltissimo, perché la sfida è talmente ambiziosa che solo con la collaborazione tra realtà diverse è possibile definire nuovi paradigmi. Questo è quello che fa Global Fashion Agenda, una organizzazione internazionale con sede a Copenaghen dove i brand sono chiamati a collaborare su temi specifici per trovare nuove soluzioni. Un luogo strategico per il mondo della moda, con al vertice una donna italiana dalla carriera strepitosa: Federica Marchionni, la protagonista dell’intervista di questo episodio.
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Vestirsi in maniera responsabile ma senza rinunciare allo stile. Fino a qualche anno fa sembrava impensabile. Invece si può e può essere più semplice di quello che si pensa. Basta trovare il proprio stile: ne ho parlato nell’intervista di questo episodio con Antonio Mancinelli, giornalista, scrittore, critico di moda, è stato per oltre 15 anni capo redattore di Marie Claire Italia. E’ appena uscito il libro “L’arte dello styling” che ha scritto con Susanna Ausoni.
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La Commissione Europea ha pubblicato uno studio approfondito sul riciclo tessile, per capire meglio quali sono le opzioni disponibili, quanto sono applicabili, quali sono gli ostacoli tecnici e normativi per arrivare a risolvere il problema dei rifiuti tessili e mettere in campo soluzioni di riciclo da tessuto a tessuto applicabili su larga scala. Ho letto il rapporto per voi e ve ne parlo in questo episodio.
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La nuova Strategia per il Tessile sostenibile, che sarà approvata a fine marzo, avrà un impatto importante sull’industria della moda e sulla catena di produzione: rappresenterà un’occasione di cambiamento oppure imporrà un nuovo quadro legislativo che richiederà solo uno sforzo di adeguamento? Ne ho parlato in questa lunga intervista con Paola Migliorini, Deputy Head od Unit Sustainable Production, Products and Consumption della DG Environment della Commissione Europea
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Sono passati gli anni in cui le gambe nude erano un must anche in inverno: adesso i trend della moda hanno riportato i collant nei cassetti delle donne. Bellissimi da indossare, difficili da mantenere intatti, ma soprattutto indistruttibili a fine vita. A meno che…Ne parlo nell’intervista di questo episodio con Rosanna Pegoraro, direttore commerciale di Gizeta Calze, proprietaria del brand Sarah Borghi.
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La corsa ai nuovi materiali non si arresta: è questa la strategia di ogni brand per cercare di comunicare la propria attenzione all’ambiente. Se poi di quei materiali se ne producono scarse quantità e rappresentano più uno spot che una soluzione conta ben poco. Però rendere un materiale alternativo disponibile sul mercato e non solo per una capsule, servono non pochi sforzi. Ne ho parlato in questo episodio con Enrico Cozzoni, direttore Ricerca & Sviluppo di Pangaia Grado Zero: la sua aziende di ricerca ha brevettato il FlowerDown ed è entrata a fare parte della galassia Pangaia. Il brand inglese sta adottando una strategia tutta nuova nel mercato della moda: vende (con successo) i propri prodotti ai consumatori, ma il vero obiettivo aziendale è quello di affermarsi sul mercato del BtoB per la sperimentazione e la vendita di nuovi materiali. Allora investire nel tessile può essere attraente?
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L’impresa sociale può rappresentare un modello di impresa responsabile che persegue una strategia di sostenibilità sociale senza lasciare da parte la sostenibilità economica, fondamentale per qualsiasi progetto destinato ad avere un impatto positivo. A Marzabotto c’è un esempio straordinario di impresa sociale che opera nel mondo della moda: Coop Cartiera.
Si fa formazione e si produce anche per nomi importanti, grazie all’impegno di lavoratori che partono da una condizione di fragilità, ma che qui trovano un’opportunità interessante per poter tornare sul mercato. Ne ho parlato nell’intervista di questo episodio con il fondatore Andrea Marchesini Reggiani. - Show more