C'è un giornalismo che chiama le cose col proprio nome, e a volte dà fastidio. Succede che la giovane cronista che filma una discarica abusiva venga malmenata, la telecamera strappata e gettata per terra. Succede che chi scrive di un processo per mafia finisca querelato proprio dal mafioso con richieste di risarcimento pretestuose e milionarie. Ci sono tanti modi per tentare di tappare la bocca a un giornalista. E accade frequentemente in provincia, lontano dai riflettori. Pressioni, avvertimenti, lettere minatorie, attentati, automobili date alle fiamme, pestaggi, bastonate. Ci sono giornalisti che, nonostante le gravi minacce ricevute, continuano a fare il proprio mestiere perché credono nel diritto di cronaca. Sono grata a Nello Scavo, Marilena Natale, Marco Omizzolo, Rosaria Capacchione, Michele Albanese e Mimmo Rubio per avermi raccontato le loro storie, ma soprattutto per quello che fanno. Le loro voci sono importanti per la nostra democrazia. In Italia sono 22 le giornaliste e i giornalisti sotto scorta, oltre un centinaio quelli sottoposti a misure di protezione, come la videosorveglianza. "Sotto tiro. Storie di giornalismo coraggioso" parla di loro. Autrice Carla Manzocchi, regia Luca Bernardini, ricerche d'archivio Andrea Pistorio, letture Valentina Antonelli e Simona Petracca. Si ringraziano la Polizia di Stato e le associazioni Libera Informazione e Ossigeno per l'informazione.