Episoder
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Viviamo un’Europa al contrario: il motore franco-tedesco sempre più affannato, l’Italia per la prima volta in 50 anni modello di stabilità politica e istituzionale rispetto a Francia e Germania.
In Germania è crollato il governo Scholz, e si andrà al voto nel pieno di una crisi non solo politica ma anche sistemica il prossimo 23 febbraio.
In Francia Emmanuel Macron ha affidato a Francois Bayrou l’incarico di formare il nuovo governo, sperando che resista almeno 6 mesi. Nel frattempo, Macron affida la sua immagine alla nuova vicinanza con Trump.
Ma il nuovo fronte per la democrazia europea è Bucarest, in Romania: dopo il clamoroso annullamento delle ultime elezioni presidenziali, si profila un vero e proprio referendum tra est e ovest, in un paese dell’UE e della NATO.
Un’Europa al contrario, con l’Italia che potrebbe cogliere nella confusione un’insperata opportunità. -
È caduto Bashar Al-Assad, ponendo fine alla brutale dinastia degli Assad in Siria dopo oltre mezzo secolo dalla presa del potere del padre Hafiz Al-Assad, nel 1971.
È l'alba di un mondo nuovo in Medio Oriente, di cui non riusciamo però a distinguere bene gli orizzonti e a tratteggiare il futuro: troppi interessi in gioco, tutte le potenze interessate.
Donald Trump ha intanto rilasciato la sua prima intervista a tutto campo alla NBC, in cui ha dovuto rispondere anche di un primo potenziale grave imbarazzo nella sua squadra di governo legato proprio alla Siria e ad Assad: Tulsi Gabbard, nuova direttrice della National Intelligence.
Credit: NBC - Meet The Press -
Manglende episoder?
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È caduto il governo Barnier in Francia, facendo precipitare Parigi in una crisi strutturale e finanziaria senza precedenti che sta trascinando con sé l'Europa. Il motore franco-tedesco si è inceppato, proprio nel momento in cui l'Europa dovrebbe essere più forte.
Una crisi che si unisce all'aggravarsi della guerra ucraina, alle tensioni in medio-oriente e all'incredibile situazione che sta vivendo Seoul con il presidente che ha primo imposto alla Corea del Sud la legge marziale per poi rimangiarsela poche ore dopo.
L'ordine mondiale a cui eravamo abituati dopo il crollo del muro di Berlino si sta sgretolando, e l'elezione di Donald Trump alla Casa Bianca è insieme causa ed effetto di questo sgretolamento, almeno quanto l'accelerazione di tutte queste dinamiche geopolitiche. Henry Kissinger, a cui abbiamo dedicato questo podcast, aveva previsto tutto questo e in questa puntata ci affidiamo a lui per orientarci in questo nuovo disordine mondiale. -
Donald Trump non si è ancora seduto alla sua scrivania nello studio ovale, ma due mesi prima del suo insediamento alla Casa Bianca già orienta gli eventi del mondo.
È arrivata finalmente una tregua tra Israele ed Hezbollah in Libano: ognuno la racconta come una propria vittoria, in realtà è una piccola sconfitta per tutti.
Gli occhi del mondo tornano su Gaza: la seconda crisi, dopo la guerra in Ucraina, che l’amministrazione Biden lascia in eredità al mondo e al prossimo presidente Trump. Mancano meno di 60 giorni, e ognuno vuole arrivare al prossimo 20 gennaio nella miglior posizione di forza possibile. -
La tensione tra Stati Uniti d'America e Russia è alle stelle.
Joe Biden ha autorizzato Kiev, per la prima volta dall'inizio del conflitto tra Russia e Ucraina, all'utilizzo di missili a lunga gittata a scopo offensivo sul territorio russo.
La risposta di Vladimir Putin non si è fatta attendere, annunciando di aver già modificato la dottrina militare russa sull'uso delle armi nucleari e aprendo di fatto a un'inquietante svolta della guerra ucraina.
Se da una parte Washington accusa Mosca dell'escalation, complice l'uso di truppe dalla Corea del Nord sul territorio ucraino, la realtà è che un acceleratore di queste drammatiche evoluzioni è stata proprio la vittoria di Trump: ognuno fa le sue mosse, prima che cambi l'inquilino della Casa Bianca.
Credit - SKy News Australia: "Tensions escalate as Biden makes bombshell Ukraine announcement and Putin approves nuclear weapons" on YouTube. -
A una settimana dal voto che ha eletto Donald Trump 47° Presidente degli Stati Uniti d'America, a prendersi lo spazio nei media è Elon Musk.
E se in Italia non c'è media o politico che non è intervenuto sulla sua presa di posizione sui giudici italiani, che ha mosso anche il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella a difesa della sovranità nazionale, all'estero e soprattutto negli Stati Uniti sono ben altri i temi che lo portano costantemente al centro del dibattito.
Elon Musk non è infatti soltanto l'uomo più ricco del mondo, o fondatore di società che stanno influendo moltissimo sulla direzione della società globale di oggi e di domani. Elon Musk, negli Stati Uniti, è il simbolo di una rivoluzione libertaria e conservatrice che ha scosso il sistema politico americano, votando Donald Trump con numeri che ben pochi prevedevano fino ad oggi.
Il Presidente eletto Donald Trump, proprio per questo, ha appena annunciato la sua nomina alla guida del nuovo "Department Of Government Efficiency". Il primo passo di una rivoluzione, di cui non conosciamo ancora gli esiti. -
In diretta da New York, a caldo, il racconto della notte elettorale che ha visto trionfare Donald Trump come 47esimo presidente degli Stati Uniti d’America.
Abbiamo scoperto nel corso di questa notte la conferma di tutto ciò che abbiamo raccontato per oltre 40 puntate di Henry: dalla sensazioni, alla lettura dei sondaggi che vedevano gli americani voler cambiare e trovare in Donald Trump la miglior garanzia di questo cambiamento.
Donald J. Trump ha vinto, anzi ha stravinto con la vittoria nel voto popolare, la maggioranza al Senato, alla Camera dei rappresentanti e una crescita indistinta dal 2020 in tutte le classi economiche e sociali degli Stati Uniti d’America e in tutti gli Stati, con picchi in quelli democratici a mostrare che nessun elettorato è ormai blindato.
Toccherà a lui governare, non più solo come nel 2016 ma con a fianco personalità di rilievo come Elon Musk. Racconteremo tutti i prossimi passi di questa grande storia, sempre insieme, con Henry. -
A poche ore dalla notte elettorale più importante di sempre, i sondaggi ci restituiscono l’immagine di un equilibrio quasi perfetto.
Bastano pochi punti di errori nei sondaggi, sempre all’interno dell’inevitabile margine di incertezza, per cambiare radicalmente la storia di queste elezioni. In questi giorni i candidati hanno sparato i loro ultimi colpi, Kamala Harris cercando di parlare in particolare alle donne e Donald Trump al proprio elettorato.
Ne abbiamo parlato con Lorenzo Pregliasco, tra i più noti commentatori e analisti di comunicazione politica e opinione pubblica in Italia, firma dell’Espresso e Sole24Ore, volto di SkyTG24 e la7, founding partner di Youtrend strategies.
Tutto, ma proprio tutto sulla notte elettorale, sugli stati in bilico e per scoprire insieme chi sarà il prossimo presidente degli Stati Uniti d’America. -
È cambiata l’aria in America. A pochi giorni dal voto si respirano ottimismo e coraggio nell’ambiente repubblicano, tensione e preoccupazione tra i democratici.
Siamo andati a vivere questi ultimi giorni della corsa alla Casa Bianca direttamente negli Stati Uniti, cominciando il nostro viaggio in California e proseguendolo poi a New York e in Pennsylvania.
Parliamo con le persone, osserviamo ciò che accade, andiamo a vivere gli ultimi comizi insieme ai sostenitori di Kamala Harris e Donald Trump.
Mancano ormai cinque giorni e scopriremo, sempre insieme, chi sarà il prossimo Presidente degli Stati Uniti d’America. -
Mancano meno di due settimane alle elezioni americane più in bilico, combattute e probabilmente più decisive di sempre, per scoprire quale sarà il mondo dei prossimi decenni.
Ne abbiamo parlato oggi con Daniele Capezzone, direttore editoriale di Libero, saggista e tra gli opinionisti più noti del panorama editoriale italiana. Abbiamo parlato di Occidente, della sfida tra due Americhe all'opposto tra loro, della destra e della sinistra americane che tanto somigliano a quelle italiane e, naturalmente, di geopolitica, Donald Trump e Kamala Harris.
Daniele Capezzone ha scritto e pubblicato recentemente con Piemme "Occidente - Noi e Loro" che tocca molti dei temi che ci hanno accompagnato nel corso delle ultime 38 puntate di Henry. Continueremo a seguire le ultime settimane della campagna elettorale più pazza di sempre direttamente dagli Stati Uniti, sempre insieme! -
È partito il conto alla rovescia verso le elezioni presidenziali del 5 novembre.
È un testa a testa serrato come mai, con pochi stati in bilico che decideranno il prossimo Presidente degli Stati Uniti, a loro volta decisi da piccoli gruppi di voti di qualche migliaio di elettori.
I sondaggi restano fluttuanti, basta un piccolo margine di errore su scala nazionale per ribaltare ogni pronostico. Ogni evento o notizia da qui al 5 novembre può provocare un impatto enorme. Entriamo in una terra inesplorata.
Una sola certezza: quale che sia il risultato, la metà degli americani circa vuole ancora come proprio Presidente Donald Trump. La metà più sfortunata degli americani, quella più in difficoltà. E alla base di tutto questo ci sono motivazioni ben precise.
Dalla prossima puntata Henry vola negli Stato Uniti, per registrare le ultime puntate sul campo. Stay Tuned! -
Nella prima puntata di Henry, abbiamo spiegato che sarebbe servito un cigno nero per impedire a Donald Trump di tornare alla Casa Bianca.Oggi, 8 mesi e 35 puntate dopo, possiamo dire di averlo già vissuto con il ritiro di Joe Biden e la candidatura della sua vice Kamala Harris, una nuova narrazione democratica con oltre 1 miliardo di dollari investiti da allora nella campagna elettorale.
Abbiamo rischiato di viverne un altro, con gli attentati a Donald Trump falliti e il candidato repubblicano salvo per miracolo.Oggi rischiamo di viverne un altro ancora, con gli uragani Helene e Milton che stanno devastando interi stati, milioni di persone evacuate, decine di migliaia senza casa e intere aree irraggiungibili, forse per mesi.
Calcolare gli effetti di questo disastro sulle elezioni è quasi impossibile, ma come sempre lo faremo insieme. -
Con il contributo di Matteo Muzio, americanista, firma degli esteri di "Domani" e già per il Corriere della Sera e il Foglio, fondatore di "Jefferson - Lettere sull'America".Si è svolto a New York il dibattito tra i due candidati vicepresidenti, J.D. Vance per Donald Trump e Tim Walz per Kamala Harris.Un dibattito civile, con poche risse e tanta sostanza. Un clima a cui non eravamo più abituati, dopo che il ciclone Trump si era abbattuto sulla politica americana 8 anni fa rottamandone abitudini e stile.Il dibattito tra i vice non sposterà gli equilibri di una corsa alla Casa Bianca sempre più imprevedibile, specie con il gran rumore di fondo di questi giorni tra crisi in Medio oriente, uragano Helene e molto altro. Un confronto, che per molti ha visto prevalere J.D. Vance, che orienterà comunque l'agenda politica dei prossimi giorni, e non è poco a un mese dalle elezioni più incredibili della recente storia americana.
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È ormai guerra aperta tra Israele e Hezbollah, sul suolo libanese. Negli istanti in cui registriamo la nuova puntata di Henry sono in corso attacchi aerei da parte dello stato ebraico sul Libano, sono decine i morti e oltre 90mila gli sfollati.
Il mondo ha il terrore di una nuova escalation, dopo quella di Gaza. Kamala Harris, che è la candidata democratica alla Casa Bianca ma tuttora la vicepresidente di Joe Biden, ha molto da perdere.
Joe Biden, che ha pronunciato poche ore fa il suo ultimo discorso da presidente all'assemblea generale dell'ONU, non sarà ricordato come un grande presidente sulla politica estera. Su quanto e come Kamala saprà garantire la sua discontinuità dal suo presidente, garantendo agli americani di poter cambiare, si gioca molto delle sue possibilità di battere Donald Trump. -
Negli Stati Uniti tira una brutta aria, la tensione è alle stelle e la corsa alla Casa Bianca è vissuta in un clima mai inquinato come oggi.Donald Trump ha subito un nuovo attentato, a due mesi di distanza dall’ultimo da cui si è salvato per miracolo a Butler,
in Pennsylvania.Questa volta, a poca distanza da casa sua a Mar-a-Lago in Florida, l’attentatore è stato messo in fuga dagli agenti del Secret Service, pochi istanti prima che il suo fucile eplodesse un colpo fatale all’ex Presidente e candidato repubblicano alla Presidenza. Non sappiamo quali saranno le conseguenze sull’esito della campagna presidenziale, i sondaggi restano fluttuanti e bastano 2 punti percentuali a favore di uno o dell’altro candidato per cambiare le sorti degli Stati Uniti e del resto del mondo.
Quel che è certo è che il clima resta avvelenato, nuovi colpi di scena possono nascondersi all’orizzonte e la corsa alla Casa Bianca più drammatica di sempre è aperta come mai. -
Il primo e forse ultimo, storico dibattito tra Donald Trump e Kamala Harris ha mostrato come entrambi abbiano la netta sensazione di poter vincere. Sarà una sfida all’ultimo voto, all’ultimo stato.Nell’ultimo sondaggio del New York Times si mostra un sostanziale pareggio tra i due, con gli americani che chiedono a gran forza un cambiamento.
Donald Trump lo offre nei fatti, Kamala si sta impegnando a definire la sua figura e a spiegare come possa realizzare la sua nuova agenda programmatica.Nel dibattito Kamala si è mostrata più preparata, attaccando e provocando il suo avversario, che però è stato ben capace di parlare al proprio elettorato consolidandolo e spaventandolo all’idea di una vittoria democratica.
La sfida non è mai stata così aperta. -
Le relazioni bilaterali tra Israele e Stati Uniti non sono mai state così fredde dagli anni ’70 ad oggi. Il presidente Joe Biden non nasconde neppure più la propria frustrazione nei confronti di Benjamin Netanyahu, colpevole di non cercare davvero la pace a Gaza e non aderire alle diverse proposte di pace americane, ormai diventate un vero e proprio ultimatum.
Ma non è soltanto la crisi a Gaza a irrigidire i rapporti tra Washington e Gerusalemme, con la campagna per le presidenziali americane ormai nel vivo e la candidata democratica Kamala Harris impegnata in un difficile equilibrio tra elettorati contrapposti ma necessari per vincere la corsa alla Casa Bianca.
Sullo sfondo l’analisi storica e geopolitica dei rapporti tra Israele e Stati Uniti e, soprattutto, Donald Trump e la sua narrazione, che dipinge Kamala come una guerrafondaia al pari di Biden e Obama, con lo spettro di una tera guerra mondiale all’orizzonte. -
La convention democratica che ha ufficialmente indicato Kamala Harris come candidata nella corsa alla Casa Bianca del partito, ha rivoluzionato la sua comunicazione.
Kamala non è più l’incarnazione di una sinistra radicale arrabbiata, rancorosa e nascosta dall’unica bandiera dell’antirazzismo, ma anzi simbolo del sogno americano, in un messaggio positivo e di speranza ripreso dall’Obama del 2016. “Yes we can” è diventato “Yes she can!”
Nel frattempo i Repubblicani non restano a guardare, e incassano l’endorsement a Donald Trump da parte di Bob Kennedy Jr. Un cognome importante per un figura divisiva e controversa, ma che potrebbe rivelarsi uno degli arbitri della prossima elezione a Presidente degli Stati Uniti d’America. -
Per capire chi potrà vincere la corsa alla Casa Bianca del prossimo 5 novembre, bisogna conoscere bene le regole del gioco.
Negli Stati Uniti il presidente non viene eletto da chi riceve più voti su scala nazionale, ma da chi raccoglie la maggioranza dei grandi elettori indicati dai singoli stati.
Oggi Kamala Harris appare in vantaggio nel voto popolare, ma le elezioni sono lo stesso totalmente in bilico e non è mai stata importante come oggi la strategia di ogni candidato per ottenere i 270 grandi elettori necessari a raggiungere la presidenza.
Ricordate le regole del gioco, vi sveliamo quali sono le strategie necessarie a Kamala Harris e a Donald Trump per vincere la prossima corsa alla Casa Bianca… augurandovi buon Ferragosto! -
Viviamo due campagne elettorali diverse all’interno della stessa storia, quella della corsa alla Casa Bianca più pazza di sempre. Dopo il ritiro di Joe Biden, la candidatura di Kamala Harris ha cambiato tutto, segnando un cambio netto di strategia, comunicazione, stile, linguaggio.
Donald Trump, per i democratici, non è più un pericolo per la democrazia ma semplicemente e banalmente un tipo un po’ “weird”, un po’ strano, forse addirittura un po’ scemo. Il primo a coniare questa definizione per Trump è stato Tim Walz, anche per questo indicato da Kamala come suo vice nel ticket della corsa alla Casa Bianca.
Se il paragone tra la corsa di Kamala e quella di Obama è certamente azzardato, lei ha certamente avuto il merito di riaccendere l’entusiasmo nelle file democratiche, restituendo nuova speranza in una campagna che sembrava già segnata.
Siamo in una nuova fase e in una nuova campagna elettorale, per la stampa progressista il brutto anatroccolo è scomparso ed è nato un cigno. Kamala adesso è un cigno. Vedremo nelle prossime settimane se basterà, per evitare che Donald Trump possa rientrare alla Casa Bianca. - Vis mere