Episoder

  • È interminabile l’applauso che segue alla sentenza di assoluzione pronunciata da Flavio Monteleone, presidente della IV sezione della Corte d’appello di Roma. Lacrime, abbracci, incoraggiamenti. Ma che giustizia è un'assoluzione per non aver commesso il fatto dopo quasi 33 anni di carcere da innocente? Dopo una vita rubata, gli affetti negati, il lavoro perduto. Un’esistenza da Robinson Crusoe, come spiega lo psichiatra Antonio Piro. Isolato, distaccato da tutto, conservando la sua gentilezza, come ricorda don Ettore Cannavera.
    Ma ora si tirano le somme, ci sono spese da affrontare, debiti da onorare. A Beniamino, protagonista del più clamoroso e lungo errore giudiziario della giustizia italiana, adesso spetta un congruo risarcimento.
    L’ex procuratrice generale della Corte d’appello di Cagliari Francesca Nanni è felice della sentenza. E sottolinea che la Corte d'appello di Roma ha disposto la trasmissione degli atti alla procura per tre testimonianze rese in aula. L’avvocato Mauro Trogu è già pronto a chiedere l’indennizzo per il suo assistito. Irene Testa, garante dei detenuti della Sardegna, sa che senza il risarcimento la sua missione non è definitivamente compiuta.
    La sua battaglia continua. Perché quella di Beniamino sarà veramente libertà solo quando la giustizia lo risarcirà per intero.
    Intanto Walter Marcialis, il superfonico che si è occupato del caso Zuncheddu, brinda a Beniamino con tutta la comunità di Burcei stappando bottiglie di Cagnulari e di Vermentino. L’etichetta è Benjamin 2023.

  • Una vita nel silenzio. Come in un deserto. Il carcere di Uta è lontano da Cagliari. Non ci sono rumori e si percepisce il distacco da tutti: don Gabriele Iiriti, cappellano dell’istituto penitenziario di Uta dal 2015, ha raccolto nella cella di Beniamino le sue confidenze e ascoltato il suo sconforto. Anche il direttore del carcere ne conserva il ricordo di un uomo che andava d'accordo con tutti. Mite, buono, pacato. Lo racconta Irene Testa, garante dei detenuti della Sardegna, che si sofferma sulle gravi criticità in cui versano le carceri della Sardegna. Il 28 febbraio 1991 Beniamino Zuncheddu viene prelevato da casa per accertamenti in questura. Pensava a uno sbaglio, a una rapida formalità. E invece l’hanno sbattuto in carcere. E da innocente c’è rimasto per quasi 33 anni, vittima di una montagna di menzogne. Per sopravvivere si è adattato alla situazione, senza mai cedere alla richiesta dei magistrati di sorveglianza di dichiararsi colpevole. Neanche per avere sconti di pena o agevolazioni. Ma gli errori giudiziari segnano in modo indelebile la storia della giustizia italiana. Ricordate il calvario di Enzo Tortora? Lo ripercorre con immutato dolore sua figlia Gaia. Valentino Maimone, fondatore con Giuseppe Lattanzi di errorigiudiziari.com, fotografa la situazione con dati aggiornati. Interviene anche Giuseppe Gullotta, che ha scontato ventidue anni di carcere per un duplice omicidio che non aveva commesso. Ha ottenuto sei milioni e mezzo di euro di risarcimento.

  • Manglende episoder?

    Klik her for at forny feed.

  • Una santa donna, la procuratrice generale della Corte d’appello di Cagliari Francesca Nanni, oggi a Milano. Così ne parla Beniamino Zuncheddu, perché è lei che ha capito che la sua condanna all’ergastolo era un mastodontico errore giudiziario. A convincerla è stato il fascicolo portato in procura dal legale di Zuncheddu, il giovane avvocato Mauro Trogu, che ha cominciato a vederci chiaro prima di tutti, già sette anni fa, quando ha accettato l’incarico della famiglia di Beniamino. Non è stato facile arrivare alla revisione del processo, individuando nessi e legami fra la strage di Sinnai, di cui era appunto accusato Zuncheddu, e altri delitti consumati in quel periodo nella stessa zona, come il sequestro dell’imprenditore di Dolianova Giovanni Murgia.
    Determinanti per l’assoluzione di Benamino, le intercettazioni. Walter Marcialis è il superfonico che ha ascoltato, tradotto e trascritto, insieme agli investigatori del Ris, tutte le telefonate e i dialoghi in auto captati dai tecnici su disposizione della procuratrice Nanni. Marcialis racconta come è riuscito a estrapolare, dai suoni distorti e apparentemente indecifrabili, elementi determinanti per scagionare in via definitiva l’ex pastore sardo.











  • Cos’è accaduto il pomeriggio dell’8 gennaio 1991 sul monte Serpeddì? Chi ha sparato contro i pastori presenti nell’ovile di Cuile is Coccus? L’allevatore Gesuino Fadda, suo figlio Giuseppe e il pastore Ignazio Pusceddu vengono freddati a fucilate. Il genero di Fadda, Luigi Pinna, si nasconde nella casupola dell’ovile. Si salva fingendosi morto, ma è gravemente ferito. Sarà lui a diventare il principale accusatore di Beniamino Zuncheddu, forse istigato da un inquirente. Sulla scena del crimine ci riporta il tenente colonnello dei Carabinieri Mario Matteucci che ha ricostruito dinamiche e ambientazione. Al centro delle investigazioni anche la pista parallela del rapimento di Giovanni Murgia e un identikit che, a sorpresa, spunta fuori dalle carte di un inquirente. Il criminologo Simone Montaldo si sofferma sull’errore del testimone chiave: l’assassino aveva una calza sul volto. Luigi Pinna non può aver visto ciò che ha affermato per 32 anni di aver visto. E alla fine ha ritrattato.

  • Appena le porte del carcere di Uta si sono aperte, Beniamino Zuncheddu si è avviato a piedi verso casa. Voleva tornare a Burcei, senza aspettare nessuno. E lasciarsi l’ergastolo alle spalle. L’ordinanza di scarcerazione del 25 novembre 2023, che gli ha concesso la libertà condizionale, è stata il preludio alla sentenza dei giudici della Corte d’appello di Roma, che gli ha restituito una vita da uomo libero. Beniamino, accusato di una strage che non ha compiuto, torna a Burcei e l’intera comunità è in festa, il parroco, il sindaco, gli amici e i familiari. C’è anche la garante dei detenuti della Sardegna Irene Testa, che ha acceso un faro a livello nazionale sul caso. Il suo avvocato Mauro Trogu ha ottenuto la revisione del processo: i cancelli del carcere di Uta si sono aperti. E l’accusa di triplice omicidio e tentato omicidio si è frantumata. Quel cumulo di macerie, dentro, resta, ma Beniamino Zuncheddu oggi è un uomo libero.

  • L’odissea giudiziaria di Beniamino Zuncheddu, in carcere per 32 anni senza colpe: Innocente è un podcast di Nicoletta Cottone, prodotto dal Sole24ore e Radio24, che racconta la storia di un allevatore sardo, accusato di triplice omicidio e tentato omicidio. Una strage che risale all’8 gennaio 1991, consumata sulle montagne di Sinnai, tra boschi, pascoli e nuraghi. Ma bugie, depistaggi, false testimonianze e ritrattazioni hanno inquinato le prove. E l’unico sopravvissuto all’eccidio ha puntato il dito contro Beniamino.Trentadue anni in una cella, 11.958 giorni di prigione. Ergastolano per errore. Una vita bruciata: un uomo senza lavoro, senza affetti, senza famiglia. Senza libertà. Invisibile al mondo. Beniamino, dietro le sbarre, si è sempre dichiarato innocente, rinunciando anche all’opportunità di uno sconto di pena. Un avvocato - Mario Trogu - e l’allora procuratrice della Corte d’appello di Cagliari - Francesca Nanni - hanno riaperto il caso e chiesto la revisione del processo, smontando un castello di menzogne. La garante dei detenuti della Sardegna, ha dato una spinta mediatica alla vicenda. Oggi Beniamino Zuncheddu è un uomo libero.