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  • Ciao, io sono Leonardo Mazzeo e questa è la centotrentaquattresima puntata di Bestiale, dove vi parlo della fauna pazzesca di Nosy Be e di altre isole del Madagascar.



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  • Ciao, io sono Leonardo Mazzeo e questa è la centotrentatreesima puntata di Bestiale, che parla di un’amicizia speciale.

    Foto: Kevin Smith and Aaron Facka, Wildlands Network

    Sui social mi capita di trovare di tutto e il mio algoritmo è indirizzato in maniera inequivocabile verso gli animali, per questo spesso vengono a galla anche curiosità bestiali o video pucciosi. Alcune notizie, immagini e focus mi colpiscono più di altri: questo, di base, è il making of di Bestiale.

    Tempo fa, a questo proposito, mi sono imbattuto in qualcosa di totalmente inusuale: si tratta di una piccola GIF dove si vede un coyote che invita un tasso a seguirlo in un tunnel sotterraneo.

    Il modo in cui saltella è davvero buffo, il coyote sembra in attesa di un lancio di una pallina e invece nell’inquadratura spunta un tasso che, placido ma comunque abbastanza convinto, segue l’altro animale all’interno del tunnel. La GIF mi ha incuriosito parecchio, la natura per un momento mi è sembrata un film Disney. Per questo sono andato a cercare un po’ di informazioni, dopo essermi posto la domanda: ma che diamine ci fanno un coyote e un tasso insieme? Perché sembrano… amici?

    L’amicizia tra coyote e tasso: l’origine della GIF e i motivi di un rapporto speciale

    Il video da cui è tratta la GIF risale a qualche anno fa ed è stato catturato da una telecamera notturna sistemata in uno dei sottopassaggi per animali presenti in California. Come riporta il blog 24zampe, in tutto, l’organizzazione POST (Peninsula Open Space Trust) ha piazzato una cinquantina di videotrappole per monitorare il funzionamento dei passaggi per animali. Questi tunnel (ma ci sono anche dei sovrappassaggi) permettono agli animali di attraversare le autostrade senza rischi e sono stati realizzati sia per tutelare gli animali stessi, sia per impedire che causino incidenti.

    Il rapporto tra coyote e tassi era già noto agli scienziati. In questo articolo di Lifegate del 2016 viene riportata la storia dei coyote e dei tassi del Colorado, fotografati mentre vanno a caccia insieme: come si legge nel pezzo, il fenomeno è conosciuto ma poco documentato, e si tratta semplicemente di “mutualismo”. Entrambi gli animali traggono vantaggio dalla presenza dell’altro, in una cooperazione funzionale allo scopo ultimo di ogni essere vivente: procurarsi del cibo.

    Coyote e tasso, quindi, sono amici non per la pelle, ma per la caccia. Vanno in cerca di prede insieme perché le loro abilità si integrano alla perfezione: il coyote, veloce e agile, può rincorrere senza problemi uno scoiattolo, ad esempio; il tasso, più lento e più goffo, non può stare dietro alla preda, ma può stanarla scavando in profondità, cosa che invece il coyote non sa fare così bene. Nota: non è detto che sia il coyote che il tasso alla fine si ritroveranno con la pancia piena, ma cacciando insieme aumenta per entrambi la possibilità che almeno uno dei due alla fine catturi la preda.

    Questo articolo molto approfondito su Treehugger riporta un altro dato interessante: secondo uno studio apparso sul Journal of Mammology, nel 90% dei casi si tratta di “squadre” formate solo da un coyote e un tasso, nel 9% dei casi da due coyote e un tasso e solo nell’1% dei casi sono stati registrati tre coyote con un tasso. Sempre nello stesso articolo viene ricordato comunque come non vadano sempre d’accordo, in natura: in alcuni casi si trovano a lottare l’uno contro l’altro.

    Secondo l’FWS (USA Fish and Wildlife Service), i due animali hanno “una relazione aperta”, tipo quella che si può impostare su Facebook. Di sicuro, comunque, delle volte entrambi abbandonano il lavoro presso “Me stesso” per unirsi in tandem e partire insieme alla ricerca di cibo.

    Per oggi è tutto, la puntata è stata più breve e snella del solito per via di un viaggio di cui vi parlerò la prossima settimana… con un episodio speciale! Stay tuned, stay bestiale.

    Ah: se volete leggere ancora qualcosa di mio, c’è sempre L’estate della pantera! Lo trovate in tutte le librerie, anche su Amazon, Feltrinelli, eccetera. Potete portarlo sotto l’ombrellone, per una giornata in spiaggia rilassante e allo stesso tempo bestiale. Poi non dite che non vi ho avvertito! 🙃

    Alla prossima, ciao!

    Se avete domande o se volete fare segnalazioni, potete scrivermi all’indirizzo [email protected], oppure sui social: @leon_mazz su Twitter e @leonardomazzeo su Instagram, dove trovate anche @bestiaaale.

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  • Ciao, io sono Leonardo Mazzeo e questa è la centotrentaduesima puntata di Bestiale, che inizia con la lumaca dai piedi squamosi.

    Conosciuta anche come lumaca vulcanica o pangolino di mare, il nome scientifico è Chrysomallon squamiferum ed è stata scoperta solamente nel 2001, negli abissi dell’Oceano Indiano. Questa specie vive tra i 2.400 e i 2.900 metri di profondità: la sua esistenza ci ricorda come nel mondo sottomarino (e non solo) ci siano ancora tante creature misteriose capaci di resistere a condizioni impossibili.

    La lumaca vulcanica abita nelle bocche delle sorgenti idrotermali che sgorgano in profondità, ad altissime temperature, in ambienti con pressioni e acidità pazzesche. E laggiù cosa mangia? Sostanzialmente… nulla. Questa specie vive in una relazione simbiotica con i batteri che abitano la sua ghiandola esofagea. Non dovendo smaltire il cibo, il tratto digestivo è semplice e poco sviluppato.

    Arriviamo al ferro: è presente sia sulle scaglie “ai piedi” della lumaca, sia nel guscio, che è diviso in tre strati, il più esterno dei quali è composto proprio di ferro. Il pangolino di mare è l’unico animale conosciuto ad avere questa sostanza all’interno del suo scheletro, come fosse un’armatura. Si ipotizza che serva da difesa contro i predatori, ma la verità è che sappiamo ancora troppo poco di questo animale, di cui esistono pochissimi studi e una manciata di immagini (quelle che vedete, a proposito, sono del biologo Chong Chen).

    Tornando sulla terra, invece, se volete vedere una lumaca “classica” che nasce, ecco un video in cui mi sono imbattuto di recente. Per saperne di più sulle lumache di ferro, invece, bisognerà aspettare ancora altre ricerche. Manco a dirlo, comunque: i Pokémon avevano previsto tutto con Magcargo.

    Il caso della ragazza uccisa da un orso in Romania

    Lo scorso 10 luglio è stata diffusa la notizia di un’aggressione mortale da parte di un orso in Romania: l’animale ha ucciso una ragazza di 19 anni, che era in gita insieme al fidanzato sul massiccio di Bucegi, nei Carpazi. Quando i soccorsi hanno raggiunto il corpo senza vita della ragazza, l’animale era ancora nei paraggi, ha provato ad attaccarli ed è stato abbattuto.

    La terribile notizia ha fatto scalpore e ha riacceso il dibattito sui plantigradi. Sui Carpazi rumeni vivono circa 8.000 esemplari di orso bruno, è il numero più elevato in Europa dopo la Russia. Adesso il governo sta capendo come intervenire. Dal 2016 sono stati 14 gli attacchi mortali di orsi sui Carpazi.

    Secondo Marcel Ciolacu, il primo ministro romeno, “c'è un sovraffollamento in certe aree: non hanno abbastanza cibo ed è per questo che scendono". Il presidente romeno Klaus Iohannis ha dichiarato che “Non possiamo proteggere gli animali a spese delle persone”.

    Nel frattempo, due notizie dall’Italia: c’è stata un’altra aggressione in Trentino, con un uomo attaccato da un plantigrado e finito in ospedale a causa delle ferite riportate; inoltre, è stato chiarito che i due orsi MJ5 e F36, presenti nella lista degli orsi problematici, non sono morti per cause naturali, ma sono stati uccisi. E intanto dall’altra parte del mondo, in Canada, è stata riaperta la caccia al grizzly.

    Insomma: gli orsi, e soprattutto le loro interazioni con gli esseri umani, continuano a far discutere in tutto il mondo.

    Piccoli, grandi accorgimenti per salvare gli uccelli

    Avrete notato sicuramente, durante un viaggio in autostrada, degli uccelli disegnati sui pannelli e sulle barriere trasparenti. Il loro scopo non è decorativo: questi adesivi servono ad evitare che gli uccelli si schiantino contro i vetri. Le sagome di volatili sono grandi, nere e minacciose: pensando di trovarsi di fronte ad un predatore, gli uccelli più piccoli girano alla larga e non rischiano nulla.

    I vetri trasparenti sono uno dei pericoli maggiori per l’avifauna: qui un articolo sul tema.

    Momento quiz 💡

    La risposta nella puntata #63 di Bestiale.

    La relazione tra rane e piante carnivore

    Lo strano rapporto è stato immortalato dal giardiniere Damon Collingsworth, il quale ha osservato alcuni esemplari di rana arboricola del pacifico (Pseudacris regilla) soggiornare amabilmente all’interno del “tubo” delle Nephentes, un tipo di pianta carnivora che si nutre di insetti, ma anche di rettili, di piccoli mammiferi e occasionalmente… di rane.

    Nonostante questo, la rana in questione sembra non essere troppo preoccupata: è agile e può sempre “scalare” le pareti interne della pianta grazie alle sue dita appiccicose; la Nephentes offre un riparo tranquillo e in più attira insetti, dunque potenziali pasti. E la pianta alla quale vengono “rubati” gli insetti, cosa ci guadagna? Alcune volte cattura le rane più sconsiderate, altrimenti… riceve escrementi di rana, utili come fertilizzante.

    La “guerra” della Toscana contro il parrocchetto dal collare

    Per via dei potenziali danni all’agricoltura, la Toscana è la prima Regione italiana ad aver approvato un piano di controllo per i parrocchetti dal collare, specie aliena ormai insediatasi in pianta stabile nel nostro Paese. Cito Il Fatto Quotidiano:

    La specie del Parrocchetto dal collare è partita da poche decine di esemplari di alcuni anni fa, fino a diffondersi in tutta la nazione ed è particolarmente numerosa nella piana fiorentina. “L’invasione dei parrocchetti rischia di scappare di mano così come è scappata di mano quella dei cinghiali, dei cani inselvatichiti, dei colombacci, dei piccioni e di altre specie”, aveva avvertito Cesare Buonamici, presidente di Coldiretti Firenze. Questi piccoli uccelli, grazie al loro forte becco, sono in grado di rompere gusci di frutta secca, cibandosi di mandorle e anche di ogni altro genere di raccolto: dal mais, al grano, ai semi di girasole.

    Le associazione animaliste hanno già protestato contro questo piano di controllo, parlando di “sterminio”.

    Momento qualche link e poi commozione dagli abissi:

    * Interazioni bestiali: una telecamera ha ripreso un opossum che rimuove e mangia le zecche presenti sulla testa di un cervo nel Vermont🦌

    * Scoperti due nuovi insetti, che nomi gli diamo? Ma certo: Nadal e Federer! Ecco Troporhogas rogerfedereri e Troporhogas rafaelnadali 🐝

    * Io mi chiedo come si faccia anche solo a pensare di poter prendere un aereo con 100 serpenti vivi nelle tasche, manco fosse il remake di Snake on a plane 🐍

    * Sì, in alcuni casi gli uccelli spingono i piccoli giù dal nido prima che siano pronti: questione di sopravvivenza 🪺

    * Forse abbiamo scoperto perché i gatti miagolano quando “parlano” con gli esseri umani: è una storia che parte da molto lontano 🐈

    Eccoci qui col piantino:

    A giovedì prossimo, ciao!

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  • Ciao, io sono Leonardo Mazzeo e questa è la centotrentunesima puntata di Bestiale, che comincia con la lucertola cornuta del Texas.



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  • Ciao, io sono Leonardo Mazzeo e questa è la centotrentesima puntata di Bestiale, che comincia con un bruco che sembra un drago.



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  • Ciao, io sono Leonardo Mazzeo e questa è la centoventinovesima puntata di Bestiale, che parla di avvistamenti di pantere nere e del mio nuovo romanzo.

    È uscito il mio secondo romanzo, si intitola “L’estate della pantera”, ma ci arriviamo alla fine. Prima, un po’ di contesto bestiale, come è giusto che sia.

    Partiamo da un fatto: la pantera nera, tecnicamente, non esiste. Non è proprio un animale, o meglio: è un altro tipo di animale, ma la specie “pantera nera” non c’è. Anzi: col termine “Panthera” si indica un genere di felidi particolare, di cui fanno parte il leone, la tigre, il leopardo, il leopardo delle nevi e il giaguaro.

    Proprio tra questi animali “si nasconde” anche la pantera nera, che alcune volte sembra celarsi pure altrove, ad esempio in città, oppure in campagna, o nei boschi. Nella maggior parte dei casi, però, si tratta solo di storie inventate o mal interpretate, nate da una nostra fascinazione per il felino in questione. E allora in questa puntata, che contiene una sezione speciale e molto importante per me, parliamo proprio di questo tema.

    Cos’è una pantera nera

    La pantera nera esiste, sì, ma è un animale che conosciamo già: si tratta di giaguari oppure di leopardi melanici, che hanno quindi una mutazione genetica che cambia il loro colore naturale, rendendoli parzialmente o totalmente neri. Il colore scuro non è un problema per creature che vivono nel fitto della vegetazione e cacciano di notte. Il gene, a seconda della specie, è dominante (giaguaro) o recessivo (leopardo): da questo dipende la probabilità che un esemplare nero metta al mondo un cucciolo dello stesso colore.

    Insomma, le pantere nere esistono e si trovano in natura: è possibile (ma sconsigliabile) imbattersi in leopardi di questo colore in Africa o nel Sud-Est Asiatico, i giaguari invece sono tipici delle foreste tropicali del Sud America.

    Non ci sono invece riscontri sul puma nero, nonostante se ne parli nel Nord America. Esiste invece un caso documentato di lince nera, recentemente individuata in Canada: per lei che si muove sulla neve, questa pigmentazione può rappresentare un problema.

    Gli avvistamenti delle pantere nere in Italia

    La pantera nera è un animale che, a livello simbolico, fa parte della nostra cultura e che, per via delle sue caratteristiche, viene percepito come misterioso e affascinante, ma anche pericoloso. Chi non avrebbe paura di una pantera nera? Di notte sparisce completamente alla vista, a parte quel paio di occhi brillanti, ed è capace di saltare addosso alla preda in un batter d’occhio…

    Il fatto che sia così sfuggente e temuta ha portato le persone a vederla anche dove non c’è: gli avvistamenti di pantere in giro per l’Italia, ad esempio, sono stati molti, nel corso degli anni. Lo dico subito: mai nessuno si è rivelato concreto, a parte un caso particolare di cui vi parlerò a breve. Autorità allertate, video e foto sgranate, una buona dose di suggestione collettiva. Ingredienti perfetti per casi di cronaca locale che tengono banco per giorni e giorni sui quotidiani.

    La “caccia alla pantera” più famosa è stata sicuramente quella scattata in Puglia: più persone hanno sostenuto di essersi imbattute nel grosso felino nero, negli ultimi anni. Nel 2020, ad esempio, ci sono state diverse segnalazioni e i sospetti alla fine sono ricaduti su un cane corso di grandi dimensioni; nel 2021, invece, gli avvistamenti sono stati più numerosi e concreti. E infatti qualcosa di vero c’era: grazie ad un drone è stato possibile capire che non si trattava di una pantera nera ma di un serval africano, un felino probabilmente importato in maniera illegale in Italia e poi scappato o liberato. Animale stupendo, tra l’altro:

    Altri avvistamenti random in giro per l’Italia: a Palermo nel 2010, in Sardegna con la pantera di Bultei, una sulle colline di Rimini, un’altra vicino Orte, un’altra ancora in Molise, con tanto di immancabile foto col cerchietto rosso attorno ad una figura nera non ben definita. L’elenco potrebbe essere ancora lungo, lascio qui un articolo che cita e commenta diversi casi famosi. Per me, appassionato di storie misteriose e di animali, ogni volta il clic è assicurato.

    Nessuna evidenza sicura, comunque, solo dubbi e stranezze. Non è detto che non ci sia mai stato un fondo di verità in nessun racconto, semplicemente non possiamo escluderlo. Quel che è certo è che ogni volta si parla dello stesso animale, anzi, dello stesso felino. Non di un leone (tra l’altro unico grosso gattone davvero scappato, qualche tempo fa, per le strade di Ladispoli), non di un ghepardo, non di un leopardo o di un giaguaro. Quasi sempre è una misteriosa, sfuggente, terrificante pantera nera.

    La pantera nell’immaginario comune

    La pantera, come accennato, è ormai a pieno titolo parte integrante del nostro immaginario comune, tanto da aver dato vita ad alcuni personaggi iconici: tra i più famosi c’è sicuramente Bagheera del libro della giungla, amico di Mowgli che accompagna e protegge il bambino sia nel libro che nell’adattamento cinematografico della Dinsey.

    E va citato sicuramente anche Black Panther, supereroe della Marvel che è letteralmente una pantera nera anche nel nome. La pantera è presente anche in tante altre pellicole, mentre fuori dal cinema le Pantere Nere sono state un’organizzazione politica afroamericana che ha lottato per i diritti delle persone di colore e non solo. E poi c’è lo sport: la pantera è ad esempio il simbolo della squadra di Football americano Carolina Panthers.

    Tornando in Italia, la pantera ha dato il nome alle prime auto della squadra mobile della polizia, proprio perché il nome evoca la potenza e la velocità. Infine, qualcuno di voi, sicuramente, di recente avrà intravisto la pantera nera sullo sfondo di una famosa trasmissione… “Lei che belva si sente?”

    La pantera piace, c’è poco da fare: evocativa, simbolica, iconica, la cerchiamo dappertutto, in Italia e in tutto il resto del mondo; la chiamiamo in causa quando ci serve per trasmettere un messaggio, per dipingere un personaggio, per dare una caratteristica immediata a qualcuno o a qualcosa. Piace talmente tanto che c’è chi la vorrebbe in casa, stando a quanto mi suggerirsce la compilazione automatica…

    E poi va a finire che viene abbandonata, oppure che trova da sola il modo di uscire di casa. Come è successo oltralpe.

    L’unico vera pantera in libertà: è successo in Francia

    Spesso si è trattato di gatti, di cani, addirittura di serval, ma non c’è mai stato caso vero di pantera nera in libertà, in Italia. In Francia, invece, sì. Cito:

    «Chiamati per un animale pericoloso, i vigili del fuoco si sono dovuti confrontare con un grande felino che vagava sulle grondaie in una zona residenziale», identificato rapidamente come "una pantera", scrivono i vigili del fuoco in una dichiarazione pubblicata su Facebook e Twitter. Nelle foto si vede l'imponente animale vagare tranquillamente sul bordo di un tetto, al terzo e ultimo piano di un edificio in mattoni ad Armentieres.

    La pantera è stata poi catturata e messa in salvo, l’articolo (all’interno del quale trovate altre info e foto pazzesche, scattate ad esempio da dentro casa) si chiude così: “La presenza della pantera nera nel centro di Armentières rimane, per il momento, inspiegabile”.

    “L’estate della pantera”: il romanzo parla anche di strani avvistamenti

    Qualcuno di voi lo sa già, oltre alla newsletter scrivo anche altro. Il 21 giugno è uscito il mio secondo romanzo giallo, intitolato “L’estate della pantera”, edito da Infinito Edizioni. Di seguito lascio la trama:

    L’estate di Montebasso, piccolo paese di montagna, viene sconvolta da un grave incidente e da un mistero: l’unico che può risolvere l’intricata matassa degli avvenimenti è Federico, detto Chicco, un bambino che, suo malgrado, si è ritrovato al centro delle vicende. Interrogato, ripercorre in maniera dettagliata gli ultimi giorni, dal suo arrivo a Montebasso fino alla notte che ha cambiato tutto. L’ispettore Caldara, chiamato a indagare sul caso, ascolta i racconti del bambino e, col supporto del fidato Cerulli, prova a capire che cosa sia successo. Sullo sfondo, il bosco e i suoi segreti: si susseguono, infatti, gli avvistamenti di una pantera, ma nessuno ha le prove per dimostrare che esista davvero…

    Il prezzo di copertina è di 15 euro, acquistarlo è un buon modo per supportare il mio lavoro e per dimostrarmi la tua fiducia: se apprezzi Bestiale e se ti piace quello che scrivo ogni settimana, puoi farmi felice e regalarti (o regalare) “L’estate della pantera”. Lascio di seguito il bottone col link al sito dell’editore:

    Trovi il libro anche su Amazon, oppure su Feltrinelli o in altri shop online. Se invece vuoi una copia autografata + una sorpresa speciale, scrivimi qui su Substack oppure via mail all’indirizzo [email protected].

    Per oggi è tutto, chiudo la puntata con un meme a tema felini e romanzi:

    Bestiale torna tra una settimana con l’edizione classica. A presto, ciao!

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  • Ciao, io sono Leonardo Mazzeo e questa è la centoventottesima puntata di Bestiale, che comincia con il casuario.

    Forse ci troviamo di fronte ad uno degli animali più Jurassic Park esistenti: il Casuarius casuarius e i suoi fratelli (ne esistono altre due specie) è infatti una sorta di velociraptor con le piume, solo che per fortuna si nutre principalmente di frutta e altri vegetali. Vive in Australia, Indonesia e Nuova Guinea ed è gigantesco: fondamentalmente è alto come una persona di statura media, visto che può arrivare a toccare i 180 cm di altezza.

    La sua velociraptosità è confermata da un artiglio che Alan Grant apprezzerebbe parecchio. Le zampe del casuario sono composte infatti da tre dita: una di queste è di fatto un arma letale (qui si vede bene), una sorta di pugnale di 12 centimetri che può rivelarsi mortale. Anche qui, poco da preoccuparsi: il casuario è un animale solitario che preferisce evitare le lotte ed è difficile che attacchi, a meno che non sia messo alle strette. Ecco: se aveste la malsana idea di mettere alle corde un pennuto di 180 cm con un pugnale, potreste passare un brutto quarto d’ora. Subireste infatti un attacco spettacolare, che consiste in un calcio in avanti unico nel suo genere.

    Come spesso accade, però, siamo più noi a minacciare loro che il contrario. La vita del casuario è messa in pericolo dalla riduzione di habitat, dagli animali randagi (che se la prendono uova e pulcini), dalla caccia e dagli incidenti automobilistici. Proprio per risolvere questi ultimi, il Queensland ha speso molti milioni su un ponte sulla Bruce Highway per far attraversare al sicuro i casuari. Si stima che ogni esemplare, per via del turismo, faccia guadagnare 1 milione al Queensland. Da inizio anno sono stati investiti 10 casuari. Il ponte è un progetto funzionale e ambizioso, ma il risultato, proprio a livello concreto, per il momento non è dei migliori.

    Di attraversamenti sicuri per animali parleremo anche più avanti, in questa puntata. Nel frattempo, se volete approfondire la conoscenza del casuario, vi consiglio questo articolo ben scritto, dove si parla anche della particolare cresta del nostro velociraptor odierno.

    Vaquita vicinissima all’estinzione

    Dall’altra parte del mondo, la vaquita (Phocoena sinus) è purtroppo prossima all’estinzione. Si tratta del più piccolo cetaceo al mondo, avevamo parlato di lei più di un anno fa, vi raccontavo come la specie fosse a rischio soprattutto a causa della pesca illegale (“indiretta”, tra l’altro, perché i pescatori catturano la vaquita solo incidentalmente).

    Di recente un nuovo censimento ha dato una stima del numero di esemplari rimasti: sono tra i 6 e gli 8. L’anno scorso erano tra gli 8 e i 13. Numeri già drammatici, che adesso sono ulteriormente in calo e lasciano poco scampo a questa specie. Qui un approfondimento sul tema.

    Uno studio sugli animali domestici

    Cambiamo argomento: di recente Ipsos ha pubblicato una ricerca sugli animali domestici in Italia piena di dati interessanti, ne lascio qui qualcuno.

    * La spesa per mantenere un animale domestico si aggira sui 1000 euro all’anno;

    * Il 56% degli italiani possiede un animale domestico, un altro 20% vorrebbe averne uno;

    * Il 36% degli italiani ha un cane, il 33% un gatto;

    * L’85% dei Millennial considera l’animale come membro della famiglia; tra i Boomer la percentuale scende al 67%.

    Vale la pena soffermarsi sul capitolo viaggi, ora che è arrivata la bella stagione:

    Meno della metà dei proprietari (il 38%) viaggia di frequente con il proprio animale, ma nelle aree metropolitane questa abitudine è più diffusa, con una percentuale che sale al 46%. A spostarsi maggiormente con il proprio animale sono i Millennial (nel 46% dei casi), mentre soltanto il 34% dei Boomer lo fa. Tra i principali problemi che si riscontrano troviamo il trasporto dell’animale (nel 31% dei casi), la possibilità di trovare alloggi che accettano animali (28%) e la gestione delle esigenze dell’animale durante lo spostamento (28%).

    Fauna selvatica e incidenti stradali

    A proposito di viaggi e di strade: qualche giorno fa ero in macchina, stavo guidando e nel giro di neanche un km mi sono imbattuto in tre animali morti sulla strada: una volpe, un riccio e un altro piccolo mammifero non identificato, credo un topo di campagna. Spesso, quando mi metto alla guida, mi capita di vedere esemplari senza vita sul ciglio della strada. Animali di tutti i tipi, dai lagomorfi agli uccelli, passando per rettili e anfibi. E ogni volta mi intristisco.

    Spesso basterebbe andare più piano e rallentare, per accorgersi in tempo dell’animale ed evitarlo. Alcune volte, però, mi rendo conto che gli impatti sono quasi inevitabili: purtroppo gli animali non capiscono i pericoli che corrono e non sempre si riesce a schivarli (ma andare più piano resta un comportamento sempre valido e utile).

    Nel frattempo, in alcune zone d’Italia si testano nuove tecniche per evitare collisioni: in Alta Val di Susa, ad esempio, sono stati sperimentati diversi sistemi, tra cui dei catarifrangenti anti-attraversamento per dissuadere gli animali. Se ne parla qui:

    La luce dei fari dei veicoli riflessa dai catarifrangenti crea una barriera ottica di protezione, che scoraggia gli animali dal tentare l'attraversamento, riducendo così il rischio di incidenti. Dopo un’applicazione per smartphone che avvisa quando si attraversa una zona a rischio, quella dei catarifrangenti blu è un’altra azione utile a prevenire gli incidenti stradali con la fauna selvatica in Alta Valle di Susa.

    Oltre a questi sistemi, sono utilizzate anche reti che impediscono l’attraversamento degli animali in punti critici e che li indirizzano verso dei sottopassaggi sicuri, liberati da vegetazione e rifiuti. E poi ci sono le campagne di sensibilizzazione, incentrate sempre sul medesimo messaggio: “rallenta”.

    Momento quiz 💡

    Le zecche sono in aumento (e c’entra il cambiamento climatico)

    Nella puntata precedente avevamo citato le zecche che corrono veloci (zecca marginata, Hyalomma marginatum), ma è il caso di parlare anche di quelle “classiche” che si trovano in Italia e in Europa. Il loro numero è aumentato, di conseguenza aumenta anche il rischio di essere morsi. Ne parla il Post:

    In Europa i casi di contagio registrati sono in aumento da anni e si ritiene che c’entri il cambiamento climatico. Le temperature più alte allungano il periodo di attività annuale delle zecche e favoriscono la loro proliferazione e la loro diffusione territoriale: in alta montagna fa troppo freddo, ma si trovano anche tra i 1.200-1.400 metri di altitudine. Sono quindi cresciute le popolazioni di questi animali e con esse le probabilità di essere morsi da individui vettori dei batteri che causano la malattia di Lyme o del virus dell’encefalite. Ci sono comunque varie precauzioni per evitare di essere morsi, e nel caso dell’encefalite esiste anche un vaccino, che è consigliato a chi è più esposto al rischio di incontrare zecche ed è gratuito per i residenti in aree particolarmente interessate dalla loro presenza.

    All’interno dell’articolo del Post trovate approfondimenti sulle malattie e sulle precauzioni.

    Momento qualche link e poi meme che mi ha steso:

    * La foto di una vita? Scatto incredibile: un volatile che si fa dare un passaggio da un altro… su un ramoscello 📸

    * A Caldes, il comune dove viveva Andrea Papi, un orso ha fatto visita al seggio elettorale dopo le elezioni: lassù le interazioni continuano a far discutere 🗞️

    * Occhio al vermocane, sì, ma anche pesce prete: lo conosciamo da tempo, ecco quello che c’è da sapere, senza allarmismi 🐟

    * E poi ci sono gli abissi, dove ci si può imbattere in “cetrioli di mare trasparenti, spugne di vetro a forma di tazza e Amperine che assomigliano a Demogorgoni” 🤿

    * Nel frattempo, a Novara, una pecora ha bloccato la tangenziale e seminato il panico: tutto è andato a finire bene 🐑

    E allora chiudiamo così:

    A giovedì prossimo, ciao!

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  • Ciao, io sono Leonardo Mazzeo e questa è la centoventisettesima puntata di Bestiale, che comincia con la testa di serpente settentrionale.



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  • Ciao, io sono Leonardo Mazzeo e questa è la centoventicinquesima puntata di Bestiale, che comincia con un pesce che mangia un uccello.

    Siamo abituati a vedere uccelli pescatori, come il famoso martin, o come l’airone che scorgiamo lungo le coste dei fiumi, quando passiamo veloci con la macchina su un’autostrada che costeggia un corso d’acqua, oppure dal vetro di un treno in corsa. La natura, indifferente, fa quello che deve fare, mentre noi le sfrecciamo accanto. I pesci nuotano, gli uccelli provano ad acchiapparli. Ma non sempre è così.

    Alcune volte i ruoli si invertono, e quella che di solito è preda diventa predatore. Specialmente quando le dimensioni sono notevolmente diverse. A chi batte le ali non resta che provare a fuggire via. Lo abbiamo già visto con il pescegatto “cittadino” che ha imparato a predare i piccioni, lo possiamo capire anche guardando la superficie del mare che si infrange e dalla quale spunta un carango gigante indopacifico (Caranx ignobilis, nomenclatura da vero badass) che inghiotte in un sol boccone una rondine di mare.

    I caranghi giganti, bestioni di più di un metro e mezzo per 80 kg, hanno sviluppato la capacità di calcolare vento, distanza, attrito e tutto il resto con un solo obiettivo: volare fuori dall’acqua per un istante, acchiappando chi vola di mestiere.

    Il modo in cui il pesce “incombe” sotto l’acqua è terrificante, risveglia in noi paure ancestrali e ci fa quasi tifare per il volatile (io in genere tifo sempre per chi scappa, tipo zebra vs coccodrilli o gazzella vs leoni), sperando che la faccia franca. Ma empatizzare per un animale piuttosto che per un altro, seppur comprensibile, è errato proprio perché in natura non c’è niente di giusto o sbagliato. Sono solo etichette che diamo noi. Quello che accade nel video, così come in tutto il resto del mondo dove non c’è lo zampino dell’uomo, è semplicemente… naturale.

    Giochino tanto per divertirsi:

    Le pupille del mondo animale 👁️

    Prendo in prestito da qui questa grafica super interessante che dimostra le varie pupille di specie di animali diversi: le differenze sono incredibili e affascinanti.

    Perché Gandalf non è andato a Mordor con le aquile? 🦅

    Nella scorsa puntata vi ho già detto che di recente ho fatto il rewatch del Signore degli Anelli, e tra le altre cose è riemersa la domanda delle domande: ma non sarebbe stato più semplice farsi aiutare da bestioni praticamente imbattibili e capaci di volare? Spesso Deus ex machina della saga fantasy, ne Il ritorno del Re le aquile arrivano solo a giochi fatti. Perché? Ho trovato una risposta top su Quora. In breve:

    * Erano troppo gruosse e visibili dall’Occhio;

    * Sauron avrebbe subito mandato i Nazgul sulle loro bestie alate: ok che le aquile sono più forti, ma comunque una battaglia continua per tutto il volo non sarebbe stata sostenibile;

    * Non potevano volare troppo in alto;

    * Non potevano volare a lungo;

    * La distanza era parecchia.

    Condividi questa puntata con chi cerca continuamente buchi di trama nel Signore degli Anelli!

    Forse abbiamo capito perché mamma polpo si autodistrugge prima della schiusa delle uova

    Non è una novità: dopo essersi riprodotti, alcuni animali muoiono. L’esempio più famoso è quello del maschio di mantide religiosa, che viene divorato dalla femmina sia durante che dopo l’accoppiamento.

    Nei polpi, invece, quando le uova sono pronte a schiudersi, la mamma smette di mangiare e si lascia morire, in alcuni casi addirittura ferendosi da sola. I ricercatori, forse, hanno capito il perché di questo comportamento. Sembra dipenda da una modifica delle sostanze chimiche prodotte dal corpo: cambiano la produzione e l’utilizzo del colesterolo, e di conseguenza cambiano gli ormoni steroidei.

    Ok, ma le motivazioni? Perché l’evoluzione l’ha portata a comportarsi così? Ci sono varie teorie. Si pensa che la mamma si lasci morire per far trovare ai predatori qualcosa di cui cibarsi, tenendoli lontani dalle uova; morendo, inoltre, la mamma rilascia in acqua nutrienti di cui possono cibarsi i piccoli appena nati. Infine, il polpo femmina potrebbe scomparire anche per evitare di attirare polpi maschi (cannibali), i quali potrebbero mangiare i piccoli.

    Momento quiz 💡

    Restiamo in tema polpi. La scorsa estate vi ho parlato di uno di loro particolarmente puccioso: ha due protuberanze che spuntano dalla testa e per questo è chiamato…

    La risposta nella puntata #84 di Bestiale.

    Il latte di cammello salverà il mondo? 🐫

    E mentre siamo qui a discutere di aquile a Mordor, c’è chi sta pensando al latte di cammello come svolta sostenibile per il futuro. In Kenya, per necessità, i cammelli hanno già rimpiazzato le mucche come animali da latte. Ci sono varie ragioni alla base di questa scelta, lascio qui un reel del sempre puntuale Mattia Iannantuoni che spiega bene il tutto:

    Momento qualche link e poi lacrimuccia da gamer:

    * Cosa spinge una persona a tuffarsi volontariamente sul dorso di un’orca? Boh, commentate voi, io non ho parole 🤦‍♂️

    * Notizia triste: è venuta a mancare Kabosu, la cagnolina diventata famosa con i meme, tanto da ispirare la criptovaluta Dogecoin 😢

    * Stagione degli amori in corso per gli orsi: il PNALM mette al bando gli “spioni” per evitare che disturbino i plantigradi 🐻

    * Niente mi mette pace come un cinghiale che nuota placido nel mezzo del fiume Velino, a Rieti, mentre tramonta il sole e intorno è tutto un aperitivo 🍹

    * Le cornacchie attaccano i passanti a Torino: per non fare la fine di quello che se l’è vista brutta col corvo gigante a Bitritto, meglio seguire alcune regole di comportamento 🐦‍⬛

    Dunque:

    Non sto piangendo, mi è solo entrato un Nintendo DS nell’occhio 🥲

    A giovedì prossimo, ciao!

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  • Ciao, io sono Leonardo Mazzeo e questa è la centoventiquattresima puntata di Bestiale, che comincia con il presunto avvistamento di un tilacino.



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  • Ciao, io sono Leonardo Mazzeo e questa è la centoventitreesima puntata di Bestiale, che comincia col leopardo nebuloso.

    Domenica scorsa sono stato al parco faunistico La Torbiera (la foto qui sopra è presa infatti dal loro sito): ne avevo sentito parlare un gran bene, mi piacciono gli animali (si era capito?), ho controllato la mappa ed era abbastanza vicino (si trova in provincia di Novara), così ho deciso di andare. E non sono rimasto deluso. Il parco è immerso nel verde, ogni animale presente è calato nel suo habitat naturale e ha il modo per condurre un’esistenza serena. La Torbiera porta avanti progetti di conservazione ambientale e di sensibilizzazione. Visitarlo è stata una bella occasione per vedere da vicino specie altrimenti lontanissime e spesso “invisibili” e per supportare il parco nelle sue sfide quotidiane.

    Con mia grande gioia, durante il percorso mi sono imbattuto in diverse puntate di Bestiale: c’era il nostro amico yaguarondi (nella sua versione rossastra), ma anche il crisocione (che emozione, scovarlo tra gli arbusti), il muntjak, il binturong. E ancora: panda rosso, ghepardo, emù, leopardo delle nevi… ecco l’elenco completo.

    Tra gli animali che più mi hanno impressionato, c’è il leopardo nebuloso che citavo all’inizio: saranno stati i grandi occhi lucidi e “parlanti”, sarà stato il modo spettacolare in cui si è palesato a noi, spuntando da dietro i cespugli per… fare cacca; fatto sta che mi è rimasto impresso il suo passo discreto, il modo in cui il suo manto spariva tra gli arbusti, perfettamente confuso nella vegetazione, rendendolo l’animale elusivo che è.

    Anche per questo, conosciamo molto poco dei suoi comportamenti in natura. È una cosa che mi ha fatto pensare: in un mondo iperconnesso, con informazioni accessibili in maniera immediata e totale, ci sono ancora un’infinità di cose che non sappiamo e che forse non sapremo mai. In fondo è bello e giusto così: è proprio il non sapere che ci spinge a curiosare, a studiare, ad approfondire. È la spinta fondamentale di ogni scienza e conoscenza. Gli animali, in questo, giocano un ruolo importantissimo.

    Tornando al felino in esame, di lui sappiamo che vive soprattutto nel Sud-Est Asiatico, si stima ne siano rimasti in natura circa 10.000 esemplari (numero in diminuzione, ovviamente a causa della riduzione di habitat). Il nome “nebuloso” deriva proprio dal suo manto, cosparso di motivi che ricordano le nuvole. Un paio di curiosità: è un abile arrampicatore (pare si nutra per lo più di animali arboricoli) e riesce addirittura a camminare sugli alberi a testa in giù; inoltre i suoi canini superiori sono, in proporzione, i più lunghi tra tutti i felini (come si vede dall’immagine che segue, presa da Wiki).

    L’esemplare presente a La Torbiera, dopo aver fatto i suoi bisogni, ha deciso di mostrarsi a noi comuni mortali con una sfilata meravigliosa, passandoci davanti e mostrando il suo manto maculato (che gli è costato storicamente molto, visto che ha attirato i bracconieri) in tutto il suo splendore. Emozione e pura bellezza.

    Assistere a piccole scene come questa mi ricorda cosa vuol dire guardare la vita con gli occhi di chi è ancora in grado di meravigliarsi.

    Quando vedo un animale, che sia un leopardo nebuloso o una volpe che attraversa la strada, mi sento un bambino in un corpo da adulto. Gli occhi si allargano, il sorriso si spalanca come le persiane la domenica mattina. Vorrei dire tante di quelle cose che provo, invece spesso resto solo a bocca aperta.

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    Perché il pavone “fa la ruota” con la coda? 🦚

    E mentre noi cercavamo di vedere altri animali, qualcuno non era d’accordo e preferiva che guardassimo lui, in tutto il suo splendore: abbiamo trovato un pavone piazzato davanti alla zona dei gibboni, con la sua ruota variopinta spalancata di fronte a due ragazzi fermi, intenti ad osservarlo. Che il pavone fosse innamorato?

    Proprio questo è il motivo principale per cui il pavone maschio fa la ruota: in primavera comincia la stagione degli amori e le femmine scelgono chi ha la ruota più grande e bella (ma non solo: qui un articolo approfondito sul tema), e che quindi ha i geni migliori. I maschi emettono anche delle impercettibili vibrazioni, sempre per attirare l’altro sesso. E per non farci vedere i gibboni.

    Occhio, però: si pensa che la ruota, grande e piena di “occhi”, serva anche per spaventare altri maschi corteggiatori o eventuali predatori che possano metterlo in pericolo, o pensare di invadere il suo territorio. Meglio stargli alla larga, dunque. E infatti abbiamo proseguito il percorso senza disturbarlo…

    Condividi Bestiale con chi si pavoneggia!

    Momento quiz 💡

    La risposta nella puntata #86 di Bestiale.

    Una semplice infografica che apre gli occhi

    Siamo abituati a pensare il mondo come umanocentrico, mettendoci sempre sopra a tutto il resto. E invece il mondo non è neanche mammiferocentrico: al massimo è insettocentrico. Lo spiega bene questo pannello che ho trovato lungo il percorso: tra gli Animalia, la nostra classe (Mammalia) non è poi così numerosa.

    Spiccano invece gli insetti: ne conosciamo circa un milione di specie, ma il loro numero potrebbe essere cinque volte maggiore. Di nuovo: quante cose che non sappiamo. E quanto è bello non sapere.

    🧘🧘🧘

    Questo, invece, è stato il momento più rilassante, riconciliante, riappacificante, calmo, quieto, serafico, tranquillo, sereno, placido, pacato. Un modo come un altro per riconnettersi col mondo, per fermarsi e dire: ok, forse una pausa è necessaria. Perché alla fine la vita è pure questa cosa qua: crogiolarsi al sole in un pomeriggio di domenica.

    Me lo hanno ricordato due capibara.

    La grande guerra degli emù

    Prima di chiudere il nostro giro, abbiamo anche avuto modo di fare un piccolo salto in Australia. Oltre ai piccoli e pucciosi wallaby (che altro non è che un “macropode di dimensioni moderate”) nello stesso spazio erano presenti anche gli emù. Si tratta del secondo uccello più grande del mondo (dietro solo al suo gigante cugino struzzo). Gli emù sono conosciuti anche perché, nella prima metà del secolo scorso, sono riusciti a “vincere” una guerra contro gli esseri umani. Tutto vero: esiste pure una pagina di Wikipedia a riguardo. Lascio qui un video che spiega bene quanto accaduto.

    Momento qualche link e poi chiudiamo a volo di gabbiano:

    * Ehi, zoo di Taizhou: era veramente necessario dipingere un cane in modo tale da farlo assomigliare ad un panda? 🤦

    * Ci risiamo: le orche hanno affondato un’altra imbarcazione a Gibilterra 🚤

    * L’orsa JJ4, che l’anno scorso aveva aggredito mortalmente Andrea Papi (ne avevo parlato anche qui su Bestiale), sarà trasferita in Germania: il prossimo autunno verrà portata in un’oasi della Foresta Nera 📰

    * Domanda: sarebbe forse meglio che i gatti indossassero dei campanelli per proteggere gli uccelli selvatici? 🔔

    * Il cane-attore Messi ancora protagonista: questa volta gli è toccato il red carpet del Festival di Cannes - che a questo punto potremmo chiamare Festival di Cane (era brutta, lo so) 🐶

    Eccoci:

    Per oggi è tutto, ci sentiamo giovedì, ciao!

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  • Ciao, io sono Leonardo Mazzeo e questa è la centoventiduesima puntata di Bestiale, che comincia con il desman russo.



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  • Ciao, io sono Leonardo Mazzeo e questa è la centoventunesima puntata di Bestiale, che comincia col crisocione.



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  • Ciao, io sono Leonardo Mazzeo e questa è la centoventesima puntata di Bestiale, che comincia col pesce blob.



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  • Ciao, io sono Leonardo Mazzeo e questa è la centodiciannovesima puntata di Bestiale, che comincia con la sula piediazzurri.



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  • Ciao, io sono Leonardo Mazzeo e questa è la centodiciottesima puntata di Bestiale, che comincia con l’antilope giraffa.

    Conosciuto dai più come gerenuk, il Litocranius walleri è l’unica specie appartenente al suo genere e in effetti sembra proprio il prodotto di un’antilope che si è accoppiata con una giraffa, tipo la famosa scena dell’arca di Noé dei Griffin. Vive in Africa Orientale e, oltre ad avere il collo lungo, il maschio ha pure delle corna ad esse che lo rendono unico.

    Brucatore irriducibile, il muso appiattito gli serve per arrivare alle foglie senza ferirsi tra la vegetazione spinosa (che spettacolo, l’evoluzione) e pare che l’antilope giraffa ami stare sotto la pioggia, come la prima volta, con tutta probabilità per rinfrescarsi dal calore della savana africana (è un animale diurno e il sole picchia forte, laggiù).

    Altre curiosità che mi ha fatto volare: al gerenuk non piace molto combattere né spostarsi, preferisce risparmiare energie per ricercare cibo. Inoltre, con il passare degli anni, queste tendenze sedentarie sembrano aumentare. I branchi sono piccoli, massimo sei esemplari; alcuni maschi, però, preferiscono passare la vita completamente da soli.

    Se guardando la foto avete pensato “ma io questo l’ho già visto da qualche parte”, beh, forse è perché nella vostra vita vi è capitato di cercare “popcorn” tra le GIF trovando questa qui (come è successo a me, irriducibile amante delle GIF).

    Condividi questo post con chi ama risparmiare energie per cercare cibo!

    Il possibile ritorno della tigre di Giava 🐅

    Tra le tigri, c’era un esemplare endemico dell’isola di Giava (Indonesia), tanto unico da meritare di essere classificato come una sottospecie a parte (Panthera tigris sondaica). Le sue dimensioni erano più piccole rispetto a sua cugina che vive nell’Asia continentale, questo perché anche le prede presenti sull’isola sono più piccole (la cosiddetta regola di Bergmann).

    L’estinzione della tigre (causata ovviamente dall’uomo, tra bracconaggio, avvelenamenti e riduzione di habitat) è stata resa ufficiale a metà degli Anni Novanta, dopo che nonostante l’istallazione di diverse fototrappole non è stato più individuato alcun esemplare. Questa è una delle rare foto dell’animale: risale al1 938 e la scattò Andries Hoogerwerf nel Parco nazionale di Ujung Kulon.

    Di recente, però, è arrivata una notizia inaspettata a sensazionale: dopo numerose presunte segnalazione mai confermate, nel 2019, a seguito dell’avvistamento da parte di una persona del luogo, è stato recuperato un pelo che, dopo un’attenta analisi, sembrerebbe contenere delle tracce genetiche compatibili con la tigre di Giava. Lo studio è stato pubblicato dalla dalla Cambridge University Press di recente, se ne parla su Kodami:

    [Il pelo], infatti, è stato prelevato proprio dalla recinzione dove si presume che il grosso felino sia saltato e vicino alla quale sono state trovate anche impronte e segni di artigli. Nell'abstract dello studio si legge: «Sulla base della nostra intervista approfondita con Ripi Yanur Fajar, [il locale, ndr] che ha visto la tigre, crediamo che il pelo provenga da una tigre di Giava. Se questa sia ancora presente allo stato selvatico deve essere confermato con ulteriori studi genetici e sul campo».

    Muhammad Ali Imron, capo del programma Forest and Wildlife del WWF Indonesia, ha dichiarato all'AFP di apprezzare gli sforzi dei ricercatori, ma anche che i campioni di peli sono estremamente limitati ed è necessario trovarne altri per confermare i risultati dello studio tramite altri test genetici. Inoltre, ha espresso preoccupazione per il fatto che i risultati siano già stati resi pubblici, cosa che potrebbe allertare i cacciatori.

    Balene che sfruttando la sequenza di Fibonacci per cacciare

    Contesto: ho visto su Netflix Il problema dei tre corpi (consigliata), parlando con Alessandra di altre cose pazze della natura è uscita fuori la celeberrima sequenza di Fibonacci con il suo rapporto aureo. Dovrei dedicare una puntata della newsletter a parte per parlarne e spiegarne le sue applicazioni, ma qui siamo su Bestiale e non su Matematicale (che nome tremendo, tra l’altro) quindi ecco una dimostrazione di quella successione di numeri, messa in pratica… dalle balene che, per cacciare, producono cerchi di bolle per imprigionare le proprie prede.

    Qui un articolo che parla delle applicazioni della sequenza di Fibonacci in natura.

    Momento genitori orribili nel mondo animale

    Dopo il quokka, ecco un altro genitore orribile: è l’upupa, che secondo un recente studio farebbe figli in più solo per darli in pasto ai cuccioli più grandi. Cito Geopop:

    Prima di questo studio sulle upupe, negli uccelli, era ben conosciuto soltanto il fenomeno del cainismo tra fratelli: quel fenomeno – molto comune nelle sule e nei rapaci, in particolare nelle aquile – secondo il quale gli uccelli eliminano i loro fratelli nel nido, senza mangiarli, per assicurarsi più cibo e cure parentali.

    Con lo studio sul campo della Dott.ssa María Dolores Barón e dalla precedente intuizione teorica del suo supervisore, il Dott. Juan José Soler, è stato dimostrato che per l'upupa è vera "l'ipotesi della dispensa", fino ad ora mai rinvenuta nei vertebrati, ma soltanto in squaletti e coleotteri. Secondo questa ipotesi questi animali producono uova extra e individui in più per darli da mangiare ai figli più "anziani", come una sorta di dispensa pronta all'uso per aumentare le chance di sopravvivenza.

    La cincia giapponese comunica a gesti, proprio come noi

    Ma passiamo a un volatile simpaticone: la cincia giapponese. Una recente ricerca pubblicata su Current Biology ha dimostrato che questa specie muove le ali e gesticola come facciamo noi primati. Nello specifico, la cincia usa i gesti per invitare al partner ad entrare nel nido: questo comportamento è stato registrato solo nelle coppie, quindi è segno di grande intimità. Ne parla Focus:

    Secondo lo studio, c'è un parallelo tra questo comportamento della cincia del Giappone e la nostra gestualità: noi umani abbiamo evoluto questo tipo di linguaggio perché il bipedalismo ci ha lasciato le braccia libere, e le cince, quando sono appollaiate su un ramo, si trovano nella stessa condizione con le ali.

    Momento qualche link e poi gatti al bancone del bar:

    * Eclissi solare e animali: come l’hanno vissuta le bestiole dello zoo di Dallas e che effetti ha su di loro in generale 🌔

    * Chi lavora all’Università Bicocca di Milano potrà portare il proprio animale domestico a lavoro: lo ha stabilito l’ateneo 🐈

    * Leoni marini vs cani randagi sulle spiagge del Cile: scene da film pubblicate su Instagram dalla BBC 🦭🆚🐕

    * Per L’Ultimo Uomo ho scritto un Bestiario dei soprannomi calcistici: contiene tigri, papere, ragni e tanti altri animaletti ⚽

    * Una storia pubblicata più di cento anni fa sul New York Times: il cane che continuava a spingere i bambini nel fiume Senna per poi salvarli e ricevere una ricompensa 🗞️

    I gatti, invece, come noto amano spingere bicchieri, quindi:

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  • Ciao, io sono Leonardo Mazzeo e questa è la centodiciassettesima puntata di Bestiale, che comincia con l’idrosauro crestato.



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  • Ciao, questo è il settimo episodio di Dolittle, il podcast della newsletter Bestiale, alla quale puoi iscriverti qui:

    In questa puntata si parla di rane che corrono sulle carriole, che piacciono alle Pro loco ma non alle associazioni animaliste.

    Il jingle che sentite all’inizio e alla fine del podcast è sempre il solito: viene da Coma-Media, Pixabay. L’articolo che cito, invece, è questo qui.

    Buon ascolto!

    PS: ecco la corsa di cui si parla.

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  • Un giorno non ci saremo più, ok, lo sappiamo. Ma chi prenderà il nostro posto?

    Ne ho parlato con Marco Granata, autore del Bestiario invisibile.

    Buon ascolto!

    Il jingle che sentite all’inizio e alla fine del podcast è sempre il solito: viene da Coma-Media, Pixabay.

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  • La strana storia di un maiale utilizzato in un processo per capire se il corpo di un imprenditore scomparso sia stato gettato in una fonderia.

    Qui trovate il migliore articolo che ho trovato sulla vicenda.

    Buon ascolto!

    Il jingle che sentite all’inizio e alla fine del podcast è sempre il solito: viene da Coma-Media, Pixabay.

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