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Dall'infanzia in una famiglia povera di Leningrado all'assurda decisione di dichiarare guerra all'Ucraina: in questa puntata integrale Enrico Franceschini racconta la storia di Vladimir Putin.
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In molti nelle ultime settimane pensano che Putin sia pazzo: non è impazzito in senso clinico, ma la sua mente dà segni di squilibrio, vede una realtà alterata. Nei suoi discorsi, Putin disegna un nemico sempre più eterogeneo, una specie di congiura mondiale contro la Russia. Si tuffa anche in un mistico fervore religioso sorprendente per un ex-spia del Kgb, baciando croci e abbracciando pope ortodossi: si sente l’unto del Signore, colui che ristabilirà l’onore e il primato di Santa Madre Russia. Per farlo, è disposto a tutto. A meno che il resto del mondo non lo fermi.
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La diffusione del coronavirus innesca in Putin un paranoia che lo spinge a isolarsi nella sua faraonica dacia fuori città, dove ha vissuto negli ultimi due anni senza incontrare praticamente nessuno. Alla paura del virus si aggiunge il terrore che tutti tramino contro di lui. Nel periodo di isolamento Putin medita, legge e scrive: nel luglio 2021, pubblica un lungo articolo sul ruolo storico della Russia, sui torti che ha subito e sul fatto che l’Ucraina non esiste.
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Nel 2012 i russi scendono massicciamente in piazza contro Putin e gli osservatori internazionali denunciano brogli su larga scala nell’elezione che gli riconsegna la presidenza. Ma nel frattempo Putin tira fuori dal suo sacco di prestigiatore un trucco differente: una riforma della costituzione, che azzera tutti i suoi precedenti mandati presidenziali e allunga ogni mandato da quattro a sei anni.
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Nel 2008, dopo due mandati da presidente, Putin non può più ricandidarsi. Ma escogita un piano per restare al potere: appoggia la candidatura di un suo fedelissimo, Dmitrij Medvedev, che vince le elezioni e nomina a sua volta Putin come primo ministro. Medvedev è un presidente fantoccio, e le redini le continua a tenere Putin. Nel 2012, Medvedev non si ricandida. Si ricandida invece Putin, che vince di nuovo.
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È quasi uno scambio di favori: nel 1999 Eltsin si dimette nominando presidente a interim Putin, e Putin come primo decreto presidenziale firma un atto che assicura che accuse di corruzione contro l’ex-presidente e i suoi familiari non verranno perseguite. Ma la corruzione non riguarda solo Eltsin: un po’ dei soldi con cui gli oligarchi hanno oliato le leve del potere è finito anche in mano anche Putin.
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Putin era arrivato a Mosca nel 1996 da semplice funzionario, ma tre anni dopo si ritrova presidente della Russia grazie a una vertiginosa serie di incarichi sempre più prestigiosi, che lo portano a diventare prima vice capo dello staff di Eltsin, poi direttore dell’Fsb, il nuovo servizio segreto russo, poi primo ministro e infine presidente ad interim dopo le dimissioni di Eltsin.
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Nel 1996 il sindaco di San Pietroburgo Anatolij Sobciak perde le elezioni e non viene rieletto, e con lui anche Putin perde il posto di lavoro. Ma un funzionario del governo centrale lo assume come suo vice nel dipartimento che amministra le proprietà dello Stato, a Mosca: a Putin viene assegnata la responsabilità dei beni dello stato all’estero. L’amico che lo chiama a Mosca e lo assume si chiama Pavel Borodin: anni dopo verrà arrestato a New York per riciclaggio di denaro.
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Dopo la caduta del muro di Berlino, i paesi satelliti di Mosca in Europa orientale sono diventati indipendenti e democratici. L’Urss è in preda al caos e a Leningrado Putin si ritrova a fare il tassista notturno per mantenere la famiglia. La sua fortuna è rincontrare alla facoltà di legge uno dei docenti con cui si è laureato, Anatolij Sobciak, che nel frattempo è stato eletto al Congresso dei Deputati del Popolo, il primo parlamento democraticamente eletto nell’era sovietica.
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Il giovane Vladimir è un biondino dall’aria slavata, piccoletto in un paese di uomini alti, bruttino e proveniente da una famiglia povera. Tutti questi motivi lo rendono una vittima perfetta per i bulli della sua età. Il bullismo a cui è stato sottoposto e l’ansia di riscatto dalla sua condizione sociale lasciano nel giovane Putin un risentimento destinato a non scomparire tanto presto.
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La notte in cui cade il muro di Berlino, un 37enne tenente-colonnello del Kgb è in servizio a Dresda, terza più grande città della Germania Orientale comunista. Mentre a Berlino viene tirato giù il muro, a Dresda un gruppo di manifestanti prova ad assaltare il consolato dell’Urss. Il tenente-colonnello chiede rinforzi, ma i rinforzi non arrivano. Anni dopo dirà, a proposito di quella notte: “Ebbi l’impressione che il mio Paese non ci fosse più”. Quel tenente-colonnello era Vladimir Putin.
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La storia dell'ex agente del KGB che ha portato il mondo sull'orlo della terza guerra mondiale.
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