Episodes
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Maria Anastasi, chiamata da tutti Mariella, era nata il 5 luglio 1972 a Trapani. Aveva due sorelle minori, Loredana e Manuela, di cui si è occupata come una seconda mamma. È stata prima una bambina poi una donna creativa. Aveva scelto di lavorare come parrucchiera, riscuotendo subito un discreto successo soprattutto per la fantasia che metteva nelle acconciature. Amava tantissimo disegnare. A vent'anni ha conosciuto Salvatore Savalli e a ventiquattro hanno avuto la loro prima figlia, poi un'altra ancora, poi un maschio. Salvatore era possessivo e geloso, ha preteso che smettesse di lavorare e, piano piano, l'ha isolata dal resto del mondo, compresa la sua famiglia di origine. Era violento verbalmente, economicamente e fisicamente. Lo era anche coi figli. Inoltre, tradiva Mariella di frequente. Nel giugno 2012 hanno accolto in casa la ex del fratello di Salvatore, insieme ai suoi figli. Era l'amante dell'uomo.
Quando Mariella se ne rende conto, per lei e la piccola Paola, di cui è incinta di nove mesi, è già troppo tardi.
Attenzione: il podcast contiene dettagli di una vicenda criminale che potrebbero turbare le persone più sensibili. TW: femminicidio, violenza domestica, violenza su minori.
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Si ringrazia la professoressa Silvia Grasso per la chiacchierata sulle streghe siciliane.
FONTI
Féminicides, une histoire mondiale - Christelle Taraud
Le “donne di fora” siciliane, chi erano in realtà le streghe perseguitate per secoli dagli inquisitori
Di troppo amore, fuori dal labirinto della dipendenza affettiva - Ameya Gabriella Canovi
BRANI
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Mariella Cimò era nata a Palermo il 4 febbraio 1939. Coi suoi genitori si era trasferita a Catania e lì, molto giovane, aveva avuto una relazione con un uomo sposato. Per evitarle una gravidanza la madre le aveva fatto subire un intervento di “legatura delle tube”, mentre il padre, ormai certo che nessun uomo volesse impegnarsi con una ragazza compromessa, le regalò diversi beni immobili affinché potesse vivere senza dipendere da nessuno. A trent'anni, però, Mariella si era innamorata di Salvatore Di Grazia, un uomo colto e amante della bella vita. Si erano sposati subito, ma non avevano mai avuto figli a causa dell’intervento subito da Mariella tanti anni prima. La sua eredità le fruttava molto: aveva la capacità di moltiplicare i suoi beni e di fare sempre gli investimenti giusti.
La disponibilità economica di cui godeva le permetteva di essere libera, e di poter fare ciò che voleva. È così che a partire dagli anni Novanta ha iniziato ad accogliere cani e gatti e a dar loro una casa e una famiglia. Dalla villa sulle colline catanesi in cui lei e Salvatore vivevano sono passate decine di animali, a cui donava amore, rispetto e cure.
Poi, una notte di fine estate del 2011, i cani hanno abbaiato a lungo. Da quel momento, nessuno ha mai più visto Mariella Cimò, e le cucce, piano piano, sono state smantellate tutte.
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Si ringrazia il dottor Andrea Grillone per la consulenza medica.
BRANI
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Ricorda il mio nome è un podcast di Anna Bardazzi con la consulenza dell'avvocata Roberta Sandri. Ogni 15 del mese raccontiamo la storia di una donna uccisa per motivi di genere, e proviamo ad analizzare il fenomeno dei femminicidi spiegando chi sono gli autori, come vengono giudicati e come i media si occupano dei casi.
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Non una di meno è un movimento che nasce nel 2015 a seguito del femminicidio di Chiara Paez, quattordicenne incinta uccisa dal fidanzato in Argentina. Lo slogan si ispira ai versi della poeta messicana Susana Chávez, che lottava contro le sparizioni e le uccisioni di donne nella sua città, Ciudad Juárez. Susana Chávez è stata uccisa nel 2011.
Questo episodio speciale di Ricorda il mio nome racconta il fenomeno dei femminicidi impuniti di Ciudad Juárez. Femminicidi che sono iniziati oltre trent'anni fa e che hanno dato vita a un movimento globale. È per descrivere i fatti di Ciudad Juárez che Marcela Lagarde ha coniato il termine spagnolo feminicidio. Ed è da qui che si è iniziato a studiare i femminicidio come culmine della violenza di genere.
Attenzione: il podcast contiene dettagli di una vicenda criminale che potrebbero turbare le persone più sensibili. TW: femminicidio.
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FONTI
The age of sex crime - Jane Caputi
Femicide, the politics of woman killing - Diana Russel & Jill Radford
Del femicidio al feminicidio - Marcela Lagarde
Ossa nel deserto - Sergio González Rodríguez
Ciudad Juarez. La violenza sulle donne in America Latina, l'impunità, la resistenza delle madri - Silvia Giletti Benso e Laura Silvestri
Cultura femicida: El riesgo de ser mujer en América Latina - Esther Pineda
La intocable impunidad - Maria Moreno
Féminicides et impunité, le cas de Ciudad Juárez - Marie France Labreque
La escritura en el cuerpo de las mujeres asesinadas en Ciudad Juárez - Rita Laura Segato
Féminicides, une histoire mondiale - Christelle Taraud
Primera tormenta - Susana Chávez
Ni una más, ni una menos, manifestaciones de mujeres como fuente del derecho - Gabriela Mendizabal Bermúdez
Ciudad Juárez, con la mayor cifra de feminicidios en México
Articoli di Julia Estela Monárrez Fragoso
Blog di Susana Chávez
Blog Nuestras Hijas de Regreso a Casa
La poesia finale è di Cristina Torres Cáceres, Se domani non torno.
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Si stima che in Italia circa il 30% dei femminicidi sia seguito da un suicidio. Chi uccide una donna decide, in un terzo dei casi, di togliersi la vita. Le storie di queste donne non sono mediatizzate: di loro si parla in qualche articolo, raccontando la “tragedia”, il “dramma”, ma poi vengono ben presto dimenticate. Non c’è bisogno di indagare, non c’è un colpevole da ricercare o da condannare, non ci sono processi televisivi e gogne web o complottisimi. Tutto finisce, anche quando “si cerca il movente”.
Fino a poco tempo fa, non era insolito trovare titoli come “uniti nella morte”, “insieme fino alla fine”. Ma non c’è niente di romantico nell’uccisione di una donna per motivi di genere. Lo dimostrano le storie di Michela Noli, Ester Pasqualoni e Antonietta Gargiulo. Chi ha ucciso l’ha fatto perché non tollerava la loro scelta di autodeterminarsi.
In questo episodio speciale raccontiamo le storie di queste donne, e proviamo a capire perché un uomo decide di uccidere e poi uccidersi. E perché i media continuano a raccontare i femminicidi-suicidi come una tragedia romantica.
Michela Noli, Ester Pasqualoni e Martina e Alessia, le figlie di Antonietta Gargiulo, sono morte due volte: noi siamo qui per ricordarle.
Attenzione: il podcast contiene dettagli di una vicenda criminale che potrebbero turbare le persone più sensibili. TW: femminicidio, suicidio.
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Trovi â su YouTubeâ il video del nostro primo evento live, con un caso inedito e le commoventi parole delle famiglie di Elisa Amato, Jennifer Miccio e Claudia Corrieri, vittime di femminicidio.
FONTI
Otello & Desdemona o del femminicidio: l'attualità della tragedia shakespeariana
Maschile patologico. La vocazione suicida del Patriarcato, Paola Zaretti
Femicide - The politics of woman killing, Jill Radford e Diana Russell
Child outcomes and risk factors in U.S. homicide-suicide cases 1999–2004
Intimate partner homicide–suicide: Perpetrator primary intent across young, middle, and elder adult age categories
Epidemiologia dell’omicio-suicidio passionale in Italia
Approche psychopathologique du passage à l'acte homicide-suicide
Unveiling the Dark Nexus: A systematic review on the interplay of mental health, substance abuse, and socio-cultural factors in femicide
Risk Factors for Intimate Partner Femicide–Suicide in Italy: An Ecological Approach
L'alienazione parentale in Italia
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Lucia Bellucci era nata il 2 ottobre 1981, aveva un fratello gemello, Carlo, e una sorella di due anni più grande, Elisa. Era cresciuta a Pergola, in provincia di Pesaro Urbino, ma da tempo il suo lavoro da estetista la portava in giro. Adorava viaggiare. Aveva aperto un salone nella sua città e negli ultimi anni faceva la stagione estiva e quella sciistica a Madonna di Campiglio, dove gestiva la SPA dello Chalet del Brenta. Lucia era stata sposata ma il suo matrimonio era finito perché si era innamorata di un altro uomo, un avvocato veronese che aveva tredici anni più di lei, Vittorio Ciccolini.
Il loro era sempre stato un rapporto costellato di alti e bassi tanto che alla fine, nel 2012, Bellucci aveva deciso di mettere fine alla relazione. Ma l’uomo aveva iniziato a tormentarla, incapace di accettare la fine della loro storia ma soprattutto il fatto che Lucia avesse trovato un altro compagno. Minacciava anche di uccidersi, per questo lei continuava a rispondere alle sue chiamate e ad accettare di vederlo. È stato così anche il 9 agosto 2013, quando Vittorio le ha proposto di vedersi in Trentino, dove lei era appena arrivata per iniziare la stagione, per un ultimo appuntamento. Un’ultima cena insieme per riappacificarsi e andare avanti, ognuno per la sua strada.
Peccato che Lucia Bellucci, da quell’appuntamento, non farà mai ritorno.
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FONTI
Metamorfosi – Ovidio
Medusa e il corallo – Analisi dell’opera di Giorgio Vasari
No visible bruises – Rachel Louise Snyder
Femminicidio e stalking – Dott. Marino D’Amore
Le rire de la Méduse – Hélène Cixous
Il mito di Medusa, la vittima di stupro trasformata in un mostro
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Dina Dore era nata il 22 settembre 1971 a Gavoi, in Sardegna in una famiglia molto unita. Aveva una sorella, Graziella, e due fratelli, Bruno e Giuseppe. Era una ragazza meticolosa, motivata, con le idee chiare. Dopo le scuole superiori si era iscritta a Scienze Politiche a Sassari, dove aveva iniziato a convivere col ragazzo con cui stava da un po’, Francesco Rocca, che studiava come dentista. Nel giro di poco, però, Dore aveva deciso di lasciare l’università per fare ritorno a Gavoi e occuparsi del padre che si era ammalato di tumore. Poi aveva iniziato a lavorare come assistente per il suocero, anche lui dentista, e infine per il fidanzato, una volta laureato. Dopo quindici anni insieme, i due avevano deciso di sposarsi con un matrimonio in grande. Dina aveva pensato a ogni minimo dettaglio e voleva che tutto fosse perfetto. Poco tempo dopo, nel 2007, la coppia ha una bambina.
Il 26 marzo 2008 Rocca rientra a casa dal lavoro e trova l’auto della moglie parcheggiata in garage. Di lei nessuna traccia: la borsa gettata a terra, l’ovetto con la piccola di 8 mesi lasciato sul pavimento, tracce di sangue. Soltanto dopo molte ore la scientifica farà la macabra scoperta: il corpo senza vita di Dina Dore era nel bagagliaio della sua auto. Le indagini andranno avanti a vuoto per anni seguendo la pista del tentativo di sequestro finito male, facendo ripiombare la Barbagia sarda nel terrore degli anni dei rapimenti.
Ma la realtà, come spesso succede, è molto più semplice di quel che si pensa: il 26 febbraio 2013, dopo quasi cinque anni dalla morte di Dina, viene infine arrestato il mandante del suo femminicidio. Da allora, una bambina che non ha mai conosciuto sua madre cresce con la zia.
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Vi aspettiamo il 25 maggio a Prato, alle 17, alla Biblioteca Lazzerini, per il primo incontro live di Ricorda il mio nome. Racconteremo una storia inedita e dialogheremo con il Centro Antiviolenza La Nara.
FONTI
Accabadora, Michela Murgia, Einaudi
L’ho uccisa perché l’amavo. Falso!, Michela Murgia e Loredana Lipperini, Emons
Orfani speciali, Anna Costanza Baldry, FrancoAngeli
Sa Crabarissa, leggenda
Indagine Istat sulle condizioni di vita delle persone separate in Italia (2011)
Si ringrazia l’avvocato Massimo Delogu per la collaborazione.
BRANI
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Gilberta Palleschi era nata il 14 novembre 1957 e viveva a Sora (Frosinone) nella stessa palazzina in cui vivevano anche la madre e il fratello con la sua famiglia. Era una donna autonoma e soddisfatta della propria vita. Lavorava da molti anni come professoressa di inglese alle scuole medie di Sora. Dal 1991 era volontaria per l'UNICEF e dal 2007 ne era diventata Segretaria del Comitato regionale del Lazio. Nel tempo libero amava leggere, viaggiare e andare a camminare. Camminava molto, nelle campagne di Sora, spesso con le amiche ma a volte anche da sola. Proprio come quella mattina del primo novembre 2014, quella della sua scomparsa. Dopo essere uscita vestita come al solito per fare i suoi chilometri a piedi, Gilberta era scomparsa nel nulla. Per settimane le forze dell'ordine e tutta la comunità di Sora l'avevano cercata ovunque, ma solo un dettaglio fortuito e casuale, uno di quelli a cui non dai importanza, aveva permesso di rintracciare un sospettato.
Dopo quaranta giorni, il corpo di Gilberta viene ritrovato in fondo a un dirupo. Il colpevole del suo femminicidio ammetterà fatti atroci.
Attenzione: il podcast contiene dettagli di una vicenda criminale che potrebbero turbare le persone più sensibili. TW: femminicidio, violenza sessuale, necrofilia.
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FONTI
No Visible Bruises: What We Don’t Know About Domestic Violence Can Kill Us - Rachel Louise Snyder
Violenza di genere in Italia, 2014 - ISTAT
La ciociara - Alberto Moravia - Bompiani
Neurodevelopmental and psychosocial risk factors in serial killers and mass murderers
Traumatic brain injury: a potential cause of violent crime?
Si ringrazia lo Studio Legale Avv. Massimiliano Contucci per la collaborazione.
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Jennifer Zacconi era nata il 23 maggio 1985 e viveva con la madre, la nonna e la sorella a Olmo di Martellago, in provincia di Venezia. Era una ragazza solare e amava cantare, per questo aveva iniziato a frequentare con gli amici un locale di karaoke. Era così che aveva conosciuto il proprietario, Lucio Niero, un uomo più grande di lei, già sposato e con due figli piccoli. Jennifer era rimasta incinta nell'estate del 2005 e avrebbe dovuto partorire nel maggio 2006. Era intenzionata a crescere Hevan, così si sarebbe chiamato suo figlio, da sola, con l'aiuto della sua famiglia.
Jennifer Zacconi sparisce il 29 aprile 2006. Il 2 maggio sparisce anche Lucio Niero, che verrà poi ritrovato tre giorni dopo. Il corpo di Jennifer verrà invece ritrovato in una buca dietro a un benzinaio, dove soltanto pochi giorni prima riposava una magnolia.
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FONTI
Le Società Matriarcali e il loro significato Politico - Irene Leonelli
La civiltà delle donne
Studi sullo stato crepuscolare
Le società matriarcali del passato e la nascita del patriarcato - Heide Goettner-Abendroth - Mimesis Edizioni
Si ringrazia lo Studio Legale Avv. Francesco Schioppa per la collaborazione.
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Andreea Cristina Zamfir, chiamata da tutti semplicemente Cristina, era nata nel 1988 a Hunedoara, una cittadina della Transilvania, in Romania. Era arrivata in Italia nel 2007, dopo aver convissuto qualche tempo con un fidanzato violento in un condominio malmesso a Drobeta Turnu Severin, al confine con la Serbia. Ad aspettarla a Montesarchio, in provincia di Benevento, c'erano già il padre Nicolae, la madre Dorina e la sorella Alina, di due anni più grande. Ma la famiglia non ha fortuna, e soltanto poco dopo Nicolae muore, lasciando un vuoto enorme nel cuore di Cristina, che decide così di andare a vivere a Prato, dove già si trovava uno zio. Da quel momento la madre e la sorella perderanno le sue tracce, tranne un fugace contatto pochi mesi dopo la sua partenza.
Cristina verrà trovata morta il 5 maggio 2014 alle porte di Firenze, appesa per i polsi a una sbarra, lasciata a morire da un suo cliente. Le indagini ricostruiranno altre cinque violenze ai danni di sex worker, tutte con le stesse modalità. Grazie al coraggio di queste donne, il colpevole degli abusi e della morte di Cristina è stato arrestato e condannato col rito abbreviato a vent'anni di carcere.
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FONTI
Un lavoro d'amore, Giovanna Franca Dalla Costa, Edizioni delle donne
I femminicidi delle prostitute in Italia (1988-2018)
Salario medio in Romania nel 1989
A.D.R.I - Associazione Donne Romene in Italia
La politicizzazione delle prostitute
Sindrome Italia, Tiziana Francesca Vaccaro e Elena Mistrello, Becco Giallo
Gli orfani bianchi in Romania
Si ringrazia lo Studio Legale Associato Benucci - Lazzeretti per la collaborazione.
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Carmela Morlino era nata nel 1979 in provincia di Foggia ed era cresciuta a San Giovanni Rotondo col padre Matteo, la madre Teresa e la sorella Giulia. Durante gli anni dell'università si era trasferita in Germania per il progetto Erasmus. Amante della cultura tedesca e del nord Europa, aveva deciso di terminare gli studi a Trento, dove si era poi laureata nei tempi in Economia. Subito dopo la laurea Carmela era andata a lavorare all'Italscania, dove ben presto aveva fatto carriera arrivando a gestire un'équipe. Era molto amata e stimata, sia per la sua professionalità che per la sua umanità. A Trento Carmela aveva conosciuto anche il suo futuro marito, Marco Quarta, e insieme avevano preso casa in un maso ristrutturato a Zivignago, una frazione di Pergine Valsugana.
Insieme avevano avuto due figli, Claudio nel 2008 ed Eleonora nel 2011. Carmela era riuscita nel sogno di tante donne: coniugare le soddisfazioni professionali e quelle personali.
Ma Carmela era anche, insieme a suo figlio Claudio, vittima di violenza psicologica da parte di Marco Quarta. Così, nell'estate del 2014 aveva denunciato il marito per maltrattamenti.
Carmela Morlino è stata uccisa il 12 marzo 2015 dal suo ex marito, davanti ai suoi figli, mentre rientravano a casa dopo una lunga giornata.
Il padre di Carmela, Matteo, si batte ancora per diffondere la storia di sua figlia e per creare consapevolezza. Claudio ed Eleonora crescono coi nonni.
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Se sei vittima di violenza psicologica, se il tuo compagno ha comportamenti abusanti con te o i tuoi figli, se denigra, umilia, minaccia, deride, rivolgiti a un Centro Anti Violenza. La violenza psicologica è violenza ed è un reato.
A Carmela Morlino è intitolato il Centro Anti Violenza di Foggia.
FONTI
Legge n. 4 del 2018, a tutela degli orfani di crimini domestici
Intervista a Matteo Morlino
L'ho uccisa io, Luciano Di Gregorio - primamedia editore
Si ringrazia l'avvocato Andrea de Bertolini per la collaborazione.
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Laura Zizzo era nata il 26 settembre 2002 in provincia di Catania. La chiamavano Peperina per il suo carattere vivace, sempre allegro, con la parola sempre pronta. Aveva occhi grandi e brillanti e capelli lunghi e castani. Era legatissima alla sorella Marika e al loro cagnolino Teddy, amava il mare e avrebbe voluto imparare a cavalcare. Aveva un sogno: salvare tutti gli animali del mondo, perché nessuno soffrisse più. Questo sogno le è stato strappato via dal padre, che ha deciso di vendicarsi della moglie che gli aveva chiesto una pausa dopo aver scoperto di essere stata tradita.
Oggi il nome di Lauretta vive grazie alla forza di sua madre Giovanna Zizzo, che fa divulgazione nelle scuole e ha fondato l'associazione Laura vive in me.
Attenzione: il podcast contiene dettagli di una vicenda criminale che potrebbero turbare le persone più sensibili. TW: violenza su minori, figlicidio, femminicidio.
FONTI
Alcune ricerche italiane sul fenomeno del figlicidio
Dati EURES sui figlicidi
Le conseguenze. I femminicidi e lo sguardo di chi resta, Stefania Prandi, Settenove
Per sostenere i sogni di Lauretta: Associazione Laura vive in me - Progetto la fabbrica dei sogni
Si ringrazia per la consulenza la psicologa Marianna Porqueddu.
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Anastasia Shakurova era nata nell'Estremo Oriente russo nel 1987. Aveva trent'anni quando è stata uccisa, a Mestre, insieme al compagno Biagio e al bambino che stavano aspettando.
Le piacevano le lingue, i gatti, la natura, la cucina italiana e le sue amiche di sempre. Aveva un sogno: guidare i suoi connazionali tra le bellezze d'Italia.
Quel sogno è stato brutalmente interrotto il 17 giugno 2017.
La prima puntata di Ricorda il mio nome - Storie di femminicidi si apre con il racconto di Anastasia Shakurova, una ragazza solare e piena di vita che un uomo che si diceva suo amico ha deciso di uccidere perché lei non voleva una relazione sentimentale con lui.
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FONTI
Femicid.net
Femminicidi in America Latina
Definizione di femminicidio
Femminicidio, Rossana Gabrieli, Elemento 115
L'ho uccisa io, Luciano Di Gregorio, Primamedia Editore
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