Episodios

  • Il governatore del Lombardo-Veneto, il feldmaresciallo Radetzky, su richiesta della cittadinanza fece demolire parte delle mura della fortezza, realizzando nel 1863 la Spianata, un elegante luogo di ritrovo che dall’inizio del Novecento vide sorgere magnifici locali alla moda e caffè. Il centro storico ha ancora la forma più o meno pentagonale data dalle mura veneziane; ampie strade che si incrociano ad angolo retto, realizzate per agevolare le manovre militari, formano un tessuto edilizio regolare, ripartito in compatti isolati. Una delle attrazioni più note della città sono i bellissimi parchi dove nel passato sorgevano i bastioni della fortezza, tra cui la già citata Spianata: ancora oggi cuore della vita sociale della cittadina, il parco attrasse da subito i forestieri con i concerti della Società Filarmonica e le parate militari degli Austriaci a cavallo. La Pineta è un’area triangolare dove furono piantati abeti, pini e cedri. La Rotonda, che ha forma circolare ad otto raggi, è invece il parco più settentrionale.
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  • Si trova sulla sponda destra dell’Isonzo, nella pianura friulana, non lontano dalle Alpi Giulie, dal Mare Adriatico e dal confine sloveno. La città fortificata venne fondata nel 1479 dai Veneziani come baluardo per fronteggiare le frequenti e violente invasioni degli Ottomani. Su incarico del Senato veneto, per progettare sistemi di difesa e nuove armi, fu qui inviato addirittura Leonardo da Vinci. Il borgo fu cinto da una robusta cinta muraria dotata di sette torri fortificate, all’esterno della quale, in un largo fossato difensivo, furono convogliate le acque del fiume. Il periodo d’oro della cittadina, sotto i principi di Eggenberg (1647-1717), vide un importante sviluppo demografico civile, economico ed urbanistico. Il borgo fortificato tardo-quattrocentesco assunse quindi l’aspetto signorile di cittadella residenziale: furono eretti i palazzetti nobiliari che ancora oggi qualificano il centro. Anche la Loggia dei mercanti risale a questo periodo: ha una graziosa loggia a tre archi bugnati al piano terra. In via Dante si trova il seicentesco imponente palazzo del Monte di Pietà, con elegante portale sovrastato dalla scultura barocca della Pietà entro baldacchino. Sul lato destro del palazzo, calle Maccari porta nella zona un tempo ghetto ebraico.
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  • Il borgo sorge in un’ampia zona calcarea ricoperta da una fitta foresta ai piedi dell’altipiano del Cansiglio. Le abbondanti acque che penetrano nel terreno poroso riaffiorano in due sorgenti spettacolari, la Santissima e il Gorgazzo, da cui ha origine il fiume Livenza. Il pittoresco paese, senz’altro adatto allo slow tourism, fa parte dei Borghi più belli d’Italia. La sorgente del Gorgazzo è un piccolo e suggestivo specchio d’acqua dall’intenso colore azzurro e dalle sorprendenti sfumature, da sempre ispirazione per i pittori. Chiamata in dialetto Al bus, è una cavità carsica subacquea formata da una profondissima risorgiva, alimentata dalle acque che, inabissatesi nelle fenditure dell’altopiano del Cansiglio o del Monte Cavallo, riaffiorano in superficie. Nei giorni più soleggiati, dalla riva si riesce a vedere la statua di Cristo collocata a 9 metri di profondità all’imboccatura della grotta. In località San Giovanni c’è il Parco rurale di San Floriano, fattoria didattica con grandi prati dove trascorrere una rilassante giornata in famiglia tra animali, attività didattiche e sensoriali e buon cibo. Vicino al santuario della Santissima Trinità si trovano le sorgenti del Livenza che danno immediatamente inizio a un corso d’acqua di notevole portata. A valle del fiume, nella zona umida tra Caneva e Polcenigo, si trova il sito palafitticolo del Palù di Livenza risalente al Paleolitico.
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  • Lungo le vie si affacciano alcuni edifici di considerevole valore architettonico e storico, come il cinquecentesco Palazzo Scolari-Salice. È una dimora gentilizia con giardino all’italiana ottocentesco con siepi e alberi centenari, cui si accede tramite un ponte che oltrepassa il torrente. Il palazzo che ospita il teatro è del Cinquecento: ornamenti in marmo e stucco, bifore, trifore abbelliscono l’edificio. A partire dalla seconda metà dell’Ottocento vi si tennero rappresentazioni teatrali e concerti. Dopo un importante intervento di restauro, lo stabile ospita al piano terra il nuovo cinema-teatro e al primo piano il Museo dell’Arte Cucinaria, dove sono esposti strumenti, oggetti, documenti e fotografie che ripercorrono la storia gastronomica dell’alto Livenza. Già esistente nel 1262, originariamente chiesa di uno dei primi conventi francescani del Friuli, San Giacomo si trova tra il castello e il borgo. Convivono al suo interno elementi di epoche diverse oltre a preziosi arredi lignei e altari marmorei. Il santuario della Santissima Trinità è un magnifico scrigno di pregevoli opere di varie epoche.
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  • Con un comprensorio sciistico di 22 chilometri di piste, Monte Zoncolan (1750 m) è una delle aree sciistiche più attrezzate della regione. La funivia da Ravascletto è attiva anche in estate.
    Sulla strada che porta al Monte Zoncolan si possono fare passeggiate panoramiche ed escursioni semplici. In meno un’ora di cammino si arriva ai 2000 metri del Monte Tamai, con le casere da cui partono numerosi sentieri. Tra i prodotti più tipici: ricotta, burro, formaggi di malga, grappe aromatizzate, funghi. Piatto tipico è il frico, formaggio fuso che può essere cucinato insieme a cipolle, patate, erbe e verdure. Dalla domenica prima di Natale all’Epifania il paese ospita la rassegna Borghi e presepi, allestiti nei loggiati, nei cortili e nelle cantine. A settembre, durante la rassegna Magia del legno, si possono acquistare statue, bassorilievi, mobili intagliati che riproducono antichi decori e oggetti per la casa oltre a vedere scultori e intagliatori al lavoro nei propri laboratori. Arta Terme, per gli amanti del turismo termale, è una moderna stazione che sfrutta le benefiche acque della fonte Pudia, conosciuta fin dall’epoca romana.
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  • A pochi chilometri dal confine con l’Austria, in Carnia, Sutrio sorge nella Valle del Bût, della quale fu tra i primi insediamenti. Si affaccia su un’antica strada tracciata dai Romani per collegare l’odierna Carinzia con Aquileia e il Mar Adriatico. La popolazione del territorio è sempre stata molto attiva in campo artigianale, commerciale e agricolo-pastorale. Il centro storico, con il suo sorprendente patrimonio architettonico ed artistico, è ben conservato. Strette vie lastricate e antiche case in pietra con caratteristici loggiati, balconate e portoni in pietra o legno raccontano l’evoluzione della casa carnica dal Quattrocento all’Ottocento, da quelle porticate e con loggiati aperti a quelle ispirate all’architettura veneziana. Il borgo è famoso per le botteghe artigiane di scultura e intaglio e per essere il Centro regionale del mobile grazie ai suoi esperti marangones, cioè falegnami e artisti del legno. Lungo le strade si trovano varie sculture, opera degli artigiani locali, con soggetti religiosi, naturalistici o fantastici. Visitabile tutto l’anno, in centro si trova il Presepe di Teno: frutto dell’opera trentennale di Gaudenzio Straulino, è una Natività ambientata in un paesaggio carnico.
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  • L’attuale pittoresca chiesetta gotica di San Lorenzo a Sauris di Sopra (Ouberzahre) risale all’inizio del XVI secolo, ma esisteva fin dal 1328. Un piccolo rosone si apre nella facciata in pietra; l’interno,
    con soffitto a capriate lignee, è un’aula rettangolare impreziosita dall’abside poligonale gotica. Vi si conserva un pregevole altare ligneo a portelle dell’Ultima Cena di Michele Parth da Brunico (1551). All’interno di un antico rustico con fienile ristrutturato, si trova il Centro Etnografico che, oltre a dedicarsi alla valorizzazione della cultura locale, raccoglie gli elementi più rilevanti delle tradizioni e del lavoro di questa comunità. Tra i prodotti più noti di Sauris: la birra artigianale non fermentata (la Zahre Beer), la ricotta affumicata, i formaggi di Malga a base di latte crudo ma soprattutto il prosciutto (crudo dolce, crudo affumicato e speck). Da secoli gli abitanti della valle lavorano il legno (da acquistare gli zoccoli o le maschere di Carnevale). Oltre alle attività acquatiche sul bel lago, molti sono i sentieri da percorrere in mountain bike, a cavallo e naturalmente a piedi (in inverno sono da provare le ciaspole).
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  • Ricco di antiche tradizioni, è uno tra i più affascinanti borghi della Carnia, non solo per il suo paesaggio circondato da prati, pascoli e boschi, ma anche per la sua unicità e ricchezza culturale. Oltre al friulano e all’italiano, ancora oggi vi si parla una particolarissima lingua antica di influenza tedesca, appartenente al gruppo linguistico del bavarese meridionale. Grande il fascino dell’architettura del borgo, contraddistinta da abitazioni in pietra e legno con una tecnica unica rispetto ad altre località montane del Friuli Venezia Giulia; gli edifici sono infatti in legno e pietra, risorse disponibili sul territorio. Case e rustici più antichi presentano seminterrato, piano terra in pietra e piani superiori in legno, realizzati con l’antica tecnica del Blockbau, cioè tronchi interi sovrapposti che creano una solida struttura grazie al loro incastro agli angoli dei fabbricati. Il tetto è rivestito in scandole lignee. Un documento del 1328 riporta l’esistenza a Sauris di Sotto di una chiesa intitolata a Sant’Osvaldo, re e martire inglese del VII secolo, il culto del quale fu probabilmente portato dai fondatori della comunità, giunti dall’Austria. La chiesa trecentesca, rifatta varie volte nel tempo, custodisce un interessante altare ligneo a sportelli (Flügelaltar) del 1524.
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  • Durante la Sagra dei Canederli, che si svolge a settembre, viene allestita una tavolata lunga 400 metri dove vengono messe in mostra 70 varietà di canederli (al pane nero, allo speck, magri e anche dolci). Nella zona meridionale della città, accanto alla chiesa parrocchiale, nella duecentesca Commenda dell’Ordine Teutonico (Deutschhaus) si trova il Museo Multscher, dove sono custodite le pregiate tavole dell’altare per la parrocchiale della città, realizzato nel 1456 dal celebre scultore Hans Multscher di Ulm. Parte dell’edificio ospita il Museo civico, che racconta la storia di Vipiteno con cartine storiche, vedute della città e documenti di varie corporazioni artigianali. Sulla rocca a sud-ovest di Vipiteno, con le mura tuttora integre, si trova Castel Tasso / Burg Reifenstein, uno dei castelli altoatesini più antichi, ricchi e meglio conservati. Mai conquistato o distrutto, sorveglia dal XII secolo la Val d’Isarco ed è dotato di un complesso sistema difensivo (cammini di ronda, saracinesche, finestre e feritoie). Vicino all’imponente castello sorge la trecentesca chiesetta di San Zeno. Da visitare anche il Museo Provinciale delle Miniere a Ridanna e, presso Castel Wolfsthurn a Mareta, il Museo Provinciale della Caccia e della Pesca.
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  • Il toponimo Sterzing resta oscuro: secondo alcuni, al tempo dei Romani Vipitenum avrebbe ospitato una zecca che coniava sesterzi, mentre per altri deriverebbe da Sterzl, leggendaria figura del pellegrino storpio e vagabondo che compare infatti nello stemma cittadino e che rimanderebbe agli ospizi che qui sorgevano nel Medioevo. Nella splendida Valle dell’Isarco, all’ingresso di un’ampia conca circondata da montagne, boschi e prati, l’abitato si è sviluppato lungo il Brennero. Per accedere al centro quattro sono le porte: Porta Ungerhauser o Pfitscher, Porta Inferiore o Porta Bressanone, Porta Margherita o Telves e Porta Giovo. La Reichstrasse o via della Città Nuova con negozi e alberghi, dove in passato si trovavano botteghe artigiane e locande, è un’area pedonale con palazzi colorati (eretti tra il Quattro e Seicento) dove spiccano le insegne in ferro battuto, gli eleganti bovindi, gli Erker e, sui portali, gli stemmi delle imprese minerarie o delle famiglie. La Torre delle Dodici, Zwölferturm (così detta perché i rintocchi della sua campana richiamavano i cittadini alla pausa del mezzogiorno) è alta 46 metri. Venne edificata tra il 1468 e il 1472 sopra la porta della città, in conci di granito grigio. Oggi divide il centro in Città Vecchia e Città Nuova ed è simbolo della cittadina. Oltre all’orologio e alla meridiana, sulla facciata è dipinto lo stemma di Vipiteno: un’aquila rossa ad ali spiegate e il pellegrino.
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  • Un percorso nella natura conduce alla frazione collinare di Mazzon, da cui contemplare la valle fino al Lago di Caldaro. Attraverso il Sentiero di Dürer (Dürerweg) si ripercorre parte del tragitto che il grande artista tedesco fece per recarsi a Venezia nel 1494, durante il suo primo viaggio in Italia quando fu costretto a deviare a causa di una piena dell’Adige. Dopo aver probabilmente soggiornato al Klösterle, dalla piazza di Laghetti imboccò il sentiero che giunge alle piramidi di terra di Segonzano in Val di Cembra.
    Lungo la riva orientale del fiume Adige, in una zona molto soleggiata, Castelfeder (Castel Vetere) è una collina tra Montagna, Egna e Ora dove passarono Reti e Romani. Vi si trovano i resti di vari insediamenti fortificati di diverse epoche, sicuramente per la posizione strategica dell’altura, vicina a importanti arterie di comunicazione presenti fin dalla antichità. Poco lontano il Castello Haderburg, arroccato su uno spuntone roccioso sopra Salorno, e il Parco Naturale Monte Corno: 6500 ettari di verde dal clima sub-mediterraneo, adatto ad una grande varietà di flora e fauna.
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  • Attorniata da alberi di mele e vigneti, la bella cittadina si trova tra i boschi del Monte Corno e le rive dell’Adige, in un fondovalle assolato ai piedi della collina di Castelfeder. Il borgo sorse vicino al corso del fiume, ma a partire dal 1222 gli edifici furono costruiti più a monte a causa delle frequenti alluvioni. Grazie alla sua posizione geografica, divenne un grosso centro commerciale tra nord e sud, acquisendo grande importanza sia economica sia culturale. La stretta via Andreas Hofer deve il nome al patriota altoatesino che guidò la sollevazione tirolese contro i Francesi nel 1809 e che prima di essere giustiziato a Mantova fu imprigionato ad Egna. L’Unterer Markt, i portici inferiori, forse duecenteschi ma oggetto di interventi tra Quattro e Cinquecento, formano l’odierna via Hofer. Altra importante strada è la cosiddetta via Portici, caratterizzata dagli Oberer Markt, cioè i portici superiori. Al numero 17 si trova il Centro parrocchiale di Egna, risalente alla fine del Quattrocento, che presenta affreschi seicenteschi sulla facciata e all’interno un interessante soffitto a travi dipinto con fregi, in cui si inseriscono tavolette lignee dipinte con stemmi di famiglie borghesi e aristocratiche, busti maschili e femminili e motivi allegorici (prima metà del XVI secolo).
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  • Parte fondamentale delle case rurali del passato è il tabià, ovvero il fienile di legno dove si faceva essiccare il foraggio. Luogo di stoccaggio per l’inverno, fungeva anche da zona di gioco per i bambini. Il Tabià della Gema, contadina e prima donna sindaco del paese, custodisce presepi intagliati mentre al primo piano si svolgono serate teatrali o musicali. Il Tabià del Checo è un piccolo centro culturale con esposizione di artigianato e uno spazio per iniziative culturali. Il Tabià del Rico, trasformato in piccolo museo etnografico privato, espone oggetti di vita quotidiana di un tempo. Da qualche anno il borgo si sta popolando di imponenti cataste di legna artistiche: nelle piazze, nei vicoli e nei cortili, sui ballatoi, la tradizionale scorta di ceppi per l’inverno è diventata una mostra permanente en plein air. “Cataste e Canzei” (canzei in dialetto locale vuol dire catasta) è una particolare iniziativa che richiama ogni anno artisti noti perché realizzino delle grandi installazioni: alcune simili a bassorilievi, altre tridimensionali, riproducono mestieri, antichi riti, tradizioni, leggende e canti. La produzione casearia di Mezzano è assai ricca. Il formaggio più tipico è la tosèla di Primiero, formaggio fresco fatto con latte appena munto, da degustare cotto nel burro o a crudo insieme alla polenta.
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  • Posto nel comprensorio di Primiero, al confine tra la provincia autonoma di Trento e quella veneta di Belluno, è un suggestivo borgo che è riuscito a conciliare passato e presente, architettura tradizionale e reinterpretazione contemporanea. Fortunatamente rimasto ai margini del turismo di massa, Mezzano è un piccolo gioiello plasmato dal grande amore degli abitanti per il proprio passato rurale. Il paese infatti mantiene integra una sua identità storica, inserendo nel tessuto originale ogni nuovo elemento, tenendone sempre rispettosamente in considerazione le caratteristiche anche nei riutilizzi o nei restauri. Le nuove costruzioni risultano perciò in continuità con la tradizione. Con le sue antiche fontane di pietra nelle piazzette, le stradine anguste e i lussureggianti orti fioriti, è l’unico paese del Primiero ad avere ancora, tra le case, qualche stalla in attività. Gli autoctoni hanno avuto un’idea geniale: vicino ai punti più interessanti del borgo hanno posto delle sedie rosse su cui sono appoggiate delle campanelline. Suonandole si vedrà arrivare qualcuno del posto disponibile a raccontare la storia del paese e dare indicazioni su sentieri, rifugi, cibo, artigianato, leggende e tradizioni.
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  • L'edificio domina l’ampia pianura levandosi maestoso sul Monte Tenda. Munito di ponte levatoio, l’ingresso principale a nord è difeso dalla robusta Torre di San Giorgio. Si accede quindi al primo cortile, la cui cinta muraria fu costruita all’inizio del Quattrocento dai Veneziani e dove si trovano le rovine di un piccolo edificio sacro del X secolo. Il nucleo centrale della struttura è composto dall’ultimo baluardo in caso di assedio, il mastio, intorno al quale tre cortili si sviluppano sempre più ampi e divisi da alte cortine. Oltrepassando la porta a saracinesca si passa al secondo cortile, detto della Madonna per l’affresco trecentesco che la raffigura. Per mezzo di una scaletta metallica si arriva al terzo cortile: la porta ha sia battenti che saracinesca; nell’archivolto compaiono a caratteri gotici i nomi di soldati e condottieri incaricati della sua difesa. Nel 1696 castello e terreni passarono a Francesco Gritti. Fu acquistato nel 1830 da Antonio Cristani, che dal 1889 impiegò ingenti capitali per restaurarlo. L’attuale proprietaria, bisnipote di Cristani, prosegue tuttora l’opera dei propri avi occupandosi con amore e passione del castello per custodirne la superba bellezza.
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  • Soave è un luogo di rara suggestione con una delle più belle e interessanti fortificazioni venete. Sovrastata dal castello, è completamente circondata da mura merlate e si trova nella pianura veronese, ai piedi dei Monti Lessini. Il borgo venne fondato nel VI secolo da una tribù di Svevi (da cui il nome della cittadina), che qui s’insediò guidata da re Alboino. Il possente complesso difensivo fu gradualmente ingrandito e impreziosito fino ad assumere l’attuale aspetto nella seconda metà del XIV secolo: un’imponente rocca al culmine di un’articolata cinta muraria. Le mura coronate di merli sono rinforzate da 24 torri e abbracciano il borgo partendo dai due lati della rocca, con uno scenografico effetto. Il lato meridionale e quello occidentale della cinta sono associati al fossato naturale formato dal torrente Tramigna. È stato ripristinato il lastricato di pietra del camminamento di ronda costruendo protezioni di legno e acciaio. Originariamente soltanto tre porte davano accesso diretto al paese: Porta Aquila a nord (1374), Porta Verona a sud, Porta Vicentina ad est. La Casa del Capitano, addossata alla cinta meridionale, accoglieva la guarnigione di presidio. Nelle sale interne gli arredi, le armi e armature appese alle pareti e persino gli anelli a cui venivano legati i prigionieri rievocano l’atmosfera del tempo.
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  • Chiamato anche pontelungo dagli abitanti, è una sorprendente diga-ponte fortificata, voluta dal duca Gian Galeazzo Visconti nel 1393 per realizzare una barriera difensiva intorno alle sue nuove conquiste nel veronese. Il progetto del grande ponte fu affidato a due eminenti ingegneri: il veronese Melchiorre Gambaretti e il fiorentino Domenico dei Benintendi. Inizialmente avrebbe dovuto essere un ponte-diga, ma per problemi di ingegneria idraulica diventò ponte-fortezza. Fu concluso in soli due anni. Nella massiccia rocca centrale stava la guarnigione di sorveglianza; due alte cortine merlate la collegavano al superiore castello Scaligero, integrandola in questo modo al complesso fortificato del Serraglio scaligero. Il terzo martedì di giugno si svolge la Festa del Nodo d’Amore, tortellino di carne condito con burro e salvia: sul ponte-fortezza viene allestita una tavolata per migliaia di persone cui vengono serviti i famosi tortellini di Valeggio. A solo un chilometro, sul retro di Villa Maffei, si trova il meraviglioso Parco Giardino Sigurtà, luogo di pace e tranquillità, ricco di prati, boschi e laghetti e visitabile a piedi o in bicicletta. La Fattoria Didattica del parco è tappa imperdibile per i bambini.
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  • Il caratteristico paese si trova a circa 30 chilometri da Verona, a sud-est del Lago di Garda ed è una frazione di Valeggio. È decisamente un luogo suggestivo, fiabesco, dove il tempo sembra essersi fermato. Fin dall’antichità, ma specialmente nel Medioevo, fu un ottimo guado per attraversare il Mincio in un punto di passaggio molto strategico. Naturale confine tra Lombardia e Veneto, questa depressione tra colline moreniche rappresentò sempre un luogo di transito, paese-ponte tra due regioni dove gli abitanti assorbirono entrambe le culture, veneta e lombarda. Durante il lungo dominio veneziano (1405-1796) Borghetto perse a poco a poco la funzione di presidio militare. Si sviluppò l’attività di macinazione di riso. La forza idraulica del Mincio fu sempre molto contesa dall’aristocrazia veronese e nel villaggio di Borghetto furono costruite decine di mulini a ruota. Con le tipiche ruote in metallo e i muri in pietra, questi mulini servivano per la pilatura del riso e la molatura del frumento. Funzionanti fino alla metà del Novecento, sono stati restaurati e adibiti ad attività commerciali come piccoli negozi caratteristici, ristorantini tipici o deliziose locande dove soggiornare. Borghetto sviluppò fin dal Settecento una fitta rete di locande con stallo. In proporzione alle dimensioni del paese sono moltissime, oggi perlopiù trasformate in graziosi ristoranti.
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  • Il Castello Superiore, edificato su un precedente fortilizio, comprendeva anche una struttura abitativa. Allorché fu terminato, perse però un po’ alla volta l’originaria funzione di centro di difesa del borgo, poiché nel frattempo le attività militari e civili si erano trasferite in pianura intorno al Castello Inferiore e alla chiesa di Santa Maria. Dal Castello Superiore parte un suggestivo percorso lungo il camminamento di una parte della cinta muraria (accessibile solo se forniti di adeguata imbragatura e accompagnati da guide).
    Il Castello Inferiore, eretto nel Trecento e detto anche Castello da Basso, domina la piazza. È un tipico castello-recinto a pianta rettangolare, tutto merlato; vi è appoggiato un alto e possente mastio (il Torrione). Dal Cinquecento in poi la struttura subì interventi di manutenzione e migliorie, tanto da guadagnare il titolo di Palazzo Pretorio. Nel 1663 fu realizzata una cappella, ora Sala del Consiglio Comunale.
    Il ponte levatoio sovrasta il fossato difensivo in cui scorreva il canale, dove, secondo la leggenda viveva il coccodrillo oggi conservato imbalsamato nella farmacia della città.
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  • Nota in tutto il mondo per la partita a scacchi con personaggi viventi, Marostica si trova lungo la pedemontana che dal Brenta segue le pendici meridionali dell’altopiano dei Sette Comuni. Per proteggersi dagli assalti degli Ungari, tra X e XI secolo la cittadella cominciò a prendere forma. Sul Monte Pauso sorgeva già un fortilizio che nei due secoli successivi crebbe fino a diventare un vero e proprio castrum con torre, recinto in muratura e mastio. Incorniciata dalla veduta delle mura, la piazza rettangolare porticata è molto ampia: due dei lati sono occupati da portici, gli altri dal Castello Inferiore, oggi sede del municipio. La piazza si definì come spazio propriamente civile nel corso del XV secolo. Vi si trova la colonna con il Leone di San Marco fatta realizzare nel 1527 in segno di fedeltà a Venezia. Oltre che per l’aspetto singolare dovuto al pavimento a scacchi, la piazza è assai nota per la storica Partita a scacchi a personaggi viventi che si svolge il secondo weekend di settembre degli anni pari.
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