Episodios
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«Il passato diventa storia e solo se viene dimenticato può tornare a ripetersi». Potrà sembrare impossibile, ma per quanta morte e dolore contengano eventi come quello di Sant’Anna di Stazzema, generano anche semi fertili di vita e speranza. Quelli che hanno guidato Enrico Pieri, impegnato fino alla sua morte nel 2021 per conservare la memoria e istituire, nella casa dove fu sterminata la sua famiglia, un Ostello della Pace. Quelli che prova a coltivare Petra Quintini con l’esperienza del Campo della Pace. Quelli che da 80 anni disperde con ogni sua parola Enio Mancini, nella tenace speranza di ritrovare un giorno chi quel 12 agosto 1944 gli risparmiò la vita.
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Finora abbiamo guardato al passato, ai fatti, alle cause che li hanno generati. Ma un evento è dato anche dalle conseguenze che genera. E qual è quindi il lascito di Sant’Anna di Stazzema? Che cosa, oltre a tanto silenzio e dolore, traumi come questo lasciano nelle esistenze di chi sopravvive? In mezzo a queste tante domande e poche certezze ci ha guidato Ivo Lizzola, filosofo e professore di pedagogia sociale delle marginalità, del conflitto e della mediazione, provando a “soffiar via la cenere perché della memoria si conservi la brace di una nuova possibilità di rinascita”.
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¿Faltan episodios?
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Subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale si mossero in tanti per indagare e processare i crimini perpetrati dai nazifascisti in Italia. Poi dopo il 1950, sotto il cappello della Ragione di Stato, nessuno disse più nulla e su molte stragi come Sant’Anna cadde un silenzio cinereo. Toccò attendere la metà degli anni ‘90 e gli inizi del 2000 per veder smuovere qualcosa, grazie a un’inchiesta giornalistica – che portò alla scoperta del cosiddetto “Armadio della vergogna” – e a un procuratore militare ligio e tenace: Marco De Paolis, il “cacciatore di nazisti”.
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Prima gli spari, i corpi dilaniati dai proiettili. E poi le fiamme. Chi arrivò nel borgo di Sant’Anna di Stazzema al termine di quella mattina del 12 agosto 1944, e tra di loro c’è il partigiano ebreo livornese Elio Toaff, ne ricorda il fumo, l’odore nauseante, la cenere ancora ardente. Eppure qualcuno a questo orrore sopravvisse, pure alcuni bambini. Ascoltate le voci di Mario Marsili, Adele Pardini, Enio Mancini. Voci – come molte altre – rimaste silenti per tanti, troppi decenni.
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«I partigiani devono essere attaccati e distrutti». Il comandante in capo dell’esercito tedesco in Italia Kesselring non usa mezzi termini ed è pronto anche a proteggere chi, per eseguire l’ordine, si macchierà dei peggiori crimini contro i “banditi”. In questa puntata ripercorriamo, attraverso la voce del figlio Livio, le vicissitudini del partigiano Luciano Giannotti, presente a una delle prime stragi compiute dai nazisti in Toscana durante quella tremenda estate del ‘44. Non è la trama di un film, ma una storia tristemente simile alle tante altre accadute nella disastrata Italia di quel periodo.
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La vita a Sant’Anna di Stazzema prima del massacro era fatta di cose semplici: lavori in campagna o nelle cave, una chiesa, poche strade ma tanti bambini. Spensierati fino a quella tragica mattina del 12 agosto. Perché colpire con un’azione così vile e premeditata proprio questo luogo di pace? Ci ha dato una mano a capirlo Paolo Pezzino, professore ordinario di Storia Contemporanea all’Università di Pisa e presidente dell’Istituto Nazionale Ferruccio Parri, nonché consulente tecnico della Procura Militare di La Spezia negli anni dei processi sull’eccidio.
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Era una mattina d’estate, in tempo di guerra. Era poco dopo l’alba e gli uomini se ne erano già andati nei campi a lavorare. In quelle case arroccate sui monti della Versilia c’erano soltanto anziani, donne, bambini. Centinaia di sfollati. I soldati nazisti bussano di porta in porta, fanno uscire tutti e mitragliano senza pietà. Poi il fuoco, per incenerire corpi e abitazioni. Tutto si consuma in poche ore, ma resterà per sempre impresso nelle menti di sopravvissuti come Enrico, Enio, Mario, Adele. Nulla sarà più come prima a Sant’Anna di Stazzema.
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Questa è la storia di una pagina terribile della Seconda guerra mondiale. Una pagina scritta una mattina d’estate dai proiettili e dal fuoco dei soldati tedeschi. Firmata dal sangue innocente di un piccolo paesino toscano, il sangue di vecchi, donne e bambini spazzati via senza alcuna remora dalla furia nazifascista. Una pagina che qualcuno ha deciso di riporre negli archivi della memoria d’Italia, nascondendola per tanto tempo.
Questo è Cenere, le voci dell’eccidio dimenticato di Sant’Anna di Stazzema.