Episodios
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Immaginate di trovarvi davanti ad un intricato labirinto: un luogo di mistero, scoperta, che a tratti vi confonde. Questo labirinto è la mente umana, un complesso amalgama di pensieri, emozioni, ricordi e sogni. È qui, in questo spazio interiore, che in certi momenti accade di "mentire" a noi stessi. Ma perché accade?
La mente, con le sue narrazioni e convinzioni, spesso opera sotto il radar della nostra consapevolezza cosciente per proteggerci, guidarci, e a volte, per mantenere intatte le nostre percezioni del mondo e di noi stessi. È un meccanismo di difesa, un modo per gestire il dolore, il disagio o l'incertezza. Carl Gustav Jung ci ha insegnato l'importanza dell'ombra, quella parte di noi che contiene tutti gli aspetti della nostra personalità che abbiamo scelto di negare o reprimere. Secondo Jung, ascoltare ed integrare la nostra ombra è fondamentale per il processo di individuazione, ovvero, un viaggio verso l'accettazione di tutto ciò che siamo.
Questo processo di ascolto e integrazione richiede coraggio. Richiede la volontà di esplorare le parti più oscure e nascoste di noi stessi, quelle parti che la mente cerca di occultare con le sue menzogne protettive. Eppure, è proprio attraverso questo viaggio interiore che possiamo scoprire il nostro pieno potenziale, le nostre vere passioni e i nostri desideri più profondi.
In questo viaggio, scopriamo che ascoltare la mente quando "mente" non è un atto di accusa, piuttosto un invito a dialogare con noi stessi, a riconoscere le nostre paure, le nostre speranze e i nostri sogni. È un processo di scoperta che ci richiama alla nostra interezza, al riconoscimento che siamo molto più di ciò che pensiamo d’essere.La crescita personale è un'arte e come tutte le arti richiede pratica, pazienza e soprattutto, amore per il processo stesso. Steve Jobs diceva: “Il viaggio è la ricompensa”.
#sviluppopersonale #programmazioneneurolinguistica #crescitapersonale #pnl
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Lara è una ragazza appassionata d’arte e fotografia, con un seguito modesto ma affezionato sui social media. Tuttavia, ultimamente si è sentita sotto pressione a postare contenuti che ritiene "virali" o popolari, piuttosto che quelli che riflettono veramente la sua passione. Ogni volta che pubblica, si preoccupa più delle reazioni e dei commenti che del valore o del significato del suo lavoro. Questo desiderio di approvazione e popolarità la porta a modificare i suoi interessi autentici a favore di ciò che crede piacerà di più, sacrificando la sua vera identità creativa.
La storia di Lara evidenzia come il bias di desiderabilità sociale possa influenzare profondamente l'autenticità personale.Il bias si manifesta quando le persone modificano il proprio comportamento o le proprie risposte in base a ciò che credono sia socialmente accettabile o desiderabile, tutto per ricevere approvazione. A cambiare, però, rischiano di non essere solo le azioni e le parole, ma anche le convinzioni, fino a toccare l’auto stima. Conformarsi a ciò che si ritiene sia approvato socialmente è un atto violento nei riguardi della propria identità.
Per affrontare questo bias, è essenziale sviluppare una maggiore consapevolezza di sé e valutare sinceramente le proprie motivazioni dietro a determinate azioni o risposte, insomma, essere se stessi. Lara dovrebbe riconnettersi con ciò che ama veramente fare, concentrarsi sulla propria passione per l'arte e la fotografia e pubblicare quello che sente esprimere la propria visione del mondo.
Esplorare modi per rendere i contenuti interessanti è un’altra cosa, si chiama marketing.
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¿Faltan episodios?
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La procrastinazione è un fenomeno complesso, radicato profondamente nella nostra psicologia e neurologia. È quel sottile piacere che proviamo quando scegliamo di fare qualcosa di piacevole nel momento presente, pur sapendo che stiamo rimandando compiti più importanti. Scientificamente, questo comportamento si spiega attraverso la "preferenza per il rinforzo immediato", un principio che illustra come il nostro cervello privilegi le gratificazioni immediate a discapito di benefici futuri più significativi.
Quando cediamo alla tentazione di un piacere immediato, il nostro sistema di ricompensa cerebrale si attiva, rilasciando dopamina. Questa sensazione di piacere, tuttavia, è effimera e spesso seguita da sensazioni di colpa o stress per non aver fatto ciò che realmente avrebbe portato a un beneficio a lungo termine. È qui che entra in gioco il conflitto interiore: tra il desiderio di gratificazione immediata e la capacità della corteccia prefrontale di proiettarci verso obiettivi futuri, promuovendo un comportamento più razionale e orientato al lungo termine.
La chiave per superare la procrastinazione risiede nell'esplorare e applicare strategie che coinvolgono la riscoperta e l'utilizzo delle nostre esperienze positive passate, come avviene attraverso il Generatore di Nuovo Comportamento, una tecnica della PNL che invita a creare un ponte emotivo tra il presente e il futuro desiderato, utilizzando le emozioni positive legate ai nostri successi passati come catalizzatori per il cambiamento.
Immagina di poter attingere a quel senso di trionfo vissuto in passato e di poterlo riaccendere ogni volta che ti trovi di fronte a un compito che tendi a rimandare. Visualizza il successo, crea un legame emotivo attraverso un'ancora che ricordi il tuo impegno e il piacere derivante dal raggiungimento degli obiettivi, e metti in pratica il nuovo comportamento. Questo metodo non solo promette di ridurre la procrastinazione, ma offre anche un viaggio di autoscoperta e di potenziamento personale.
La strada per superare la procrastinazione inizia con la comprensione dei meccanismi che la alimentano e prosegue con l'applicazione di strategie basate sulle nostre capacità di cambiamento. È un invito a riconoscere il potere delle nostre azioni presenti nel modellare il futuro che desideriamo. Non lasciare che la procrastinazione definisca il tuo percorso; esplora la tua mente, abbraccia il cambiamento e scopri quanto più produttivo e realizzato puoi essere. Questo è un viaggio che cambia la vita, e tutto inizia con il primo passo verso la riscoperta e l'utilizzo delle tue risorse interne. Sei pronto a intraprendere questo viaggio?
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Nel mondo complesso delle relazioni umane, Gregory Bateson, antropologo, psicologo e sociologo britannico, ha introdotto concetti rivoluzionari che aiutano a comprendere meglio come interagiamo gli uni con gli altri. Tra questi, le idee delle relazioni simmetriche e complementari, nonché il concetto di scismogenesi, offrono spunti interessanti, soprattutto quando applicati alle dinamiche amorose.
Relazioni Simmetriche e Complementari: Cosa Sono?
Le relazioni simmetriche sono quelle in cui le parti coinvolte si comportano in modo speculare, riflettendo l’azione o il comportamento dell’altro. Questo può manifestarsi in una competizione sana o in un sostegno reciproco, dove entrambi gli individui cercano di mantenere un equilibrio di forze.
D’altro canto, le relazioni complementari si basano su differenze che si completano. In queste dinamiche, una persona può assumere un ruolo più dominante, mentre l’altra più sottomesso, con entrambi che trovano soddisfazione nel loro ruolo perché si sentono completati dall’altro.
La Scismogenesi: L’inizio della separazione
La scismogenesi descrive un processo attraverso il quale le relazioni degenerano a causa delle dinamiche simmetriche o complementari che nel tempo tendono a diventare estreme o disfunzionali. Bateson ha identificato due tipi: scismogenesi complementare e scismogenesi simmetrica, ognuna porta a possibili conflitti o allontanamenti se non bilanciata adeguatamente.
L’Importanza dell’Alternanza
Una relazione sana necessita di un’alternanza tra momenti simmetrici e complementari. Questa dinamica permette alla coppia di esplorare diverse modalità di interazione, mantenendo la relazione fresca e resiliente. La mancanza di alternanza può portare a monotonia, insoddisfazione o, nel peggiore dei casi, all’inizio del processo di scismogenesi che può culminare nella separazione.
Tutti Ne Abbiamo Bisogno
Ogni individuo, consciamente o meno, anela a questa alternanza nelle relazioni. Quest’ultima fornisce un equilibrio tra l’essere indipendenti e l’essere interdipendenti, tra dare e ricevere, tra guidare e seguire. La comprensione e l’accettazione di questa necessità possono rafforzare la connessione tra i partner.
Le teorie di Bateson sulle relazioni simmetriche e complementari e il concetto di scismogenesi offrono una lente attraverso cui possiamo esaminare le nostre relazioni amorose. L’alternanza tra questi due tipi di dinamiche è vitale per la salute e la longevità di una relazione. Riconoscere questa necessità e lavorare attivamente per mantenere un equilibrio tra momenti simmetrici e complementari può aiutare le coppie a navigare le complessità delle relazioni moderne, evitando la trappola della scismogenesi e costruendo una connessione più profonda e significativa.
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Questa è la storia di Luca, un giovane manager che ha preso la decisione di investire in un’idea che, purtroppo, non ha ottenuto i risultati sperati. Il lato interessante della storia è tuttavia un altro: egli ha ripetuto l’errore, facendo altri investimenti improduttivi fino a portare la sua impresa sull’orlo del tracollo.
Invece di analizzare obiettivamente i risultati e apprendere dagli errori, Luca ha iniziato a ricordare le sue decisioni in modo distorto. Ha enfatizzato i pochi aspetti positivi, come l’innovazione del prodotto e il coraggio di provare qualcosa di nuovo, mentre ha minimizzato l’importanza dei risultati negativi, attribuendoli a fattori esterni, come il mercato o la concorrenza, piuttosto che alle carenze nella strategia di marketing.
Questo atteggiamento ha impedito a Luca di apprendere dall’esperienza. Invece di adattare la sua strategia in base al feedback ricevuto e agli errori commessi, ha continuato a seguire lo stesso approccio, sperando in risultati diversi. La mancanza di auto-riflessione e la riluttanza ad accettare critiche costruttive hanno limitato la sua crescita professionale e hanno messo a serio rischio il fallimento della sua azienda.
La storia di Luca è un esempio di come agisce il bias di Conferma della Scelta, una distorsione cognitiva che impedisce di riconoscere e imparare dai propri errori, adottando al contrario un comportamento tende a ripeterli. Il bias è insidioso e si presenta spesso nella nostra quotidianità; tendiamo a ripetere gli stessi errori perché ricordiamo le nostre decisioni in modo distorto, enfatizzando gli aspetti positivi e minimizzando, o talvolta ignorando completamente, quelli negativi. Questo processo di auto-giustificazione porta a credere che le proprie decisioni siano state le migliori possibili, indipendentemente dai loro reali esiti. Sebbene questo possa temporaneamente aumentare l’autostima, crea una barriera all’apprendimento, poiché impedisce di riconoscere e riflettere criticamente sui propri errori.
Il bias può avere un effetto nefasto anche nelle relazioni personali. Quante volte hai rifiutato di ammettere che una scelta fatta in passato, come intraprendere un certo tipo di relazione, fosse sbagliata? Quante volte ti sei impedito di apprendere e crescere da quelle esperienze? Ma soprattutto, quante volte ancora dovrai sbagliare prima di imparare?
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Marco (nome di fantasia) è un ragazzo che ha fatto uso di cocaina. Mi ha contattato perché non riusciva a comprendere la ragione di questa sua scelta. Era consapevole sia degli effetti della sostanza, sia del fatto che non lo avrebbe portato da nessuna parte; eppure ogni sera si sentiva obbligato a mantenere quell'“appuntamento”.
La verità è emersa quando ha iniziato a lavorare sull'intenzione positiva della sua scelta, ovvero, il desiderio di esprimere il ragazzo brillante e sempre pronto che sente d’essere. Il timore era che in qualsiasi momento avesse potuto perdere l’energia che lo animava. La sostanza agiva come una garanzia, un'assicurazione che gli permetteva di continuare a sentirsi energico e capace, come lui desiderava, per tutto il tempo che voleva.
Marco ha risolto il problema prendendo consapevolezza dell'Effetto delle Aspettative dell'Osservatore, un bias cognitivo che funziona come uno specchio. Il timore per Marco era verso le persone intorno a lui, come amici o membri della famiglia; era convinto che queste si attendevano un certo comportamento da lui e la paura di deluderle era insostenibile. Grazie alla nuova consapevolezza, ha compreso l’importanza di mostrarsi com’era e con tutti i suoi limiti. Ha capito che le persone che amano davvero sono quelle che ci accettano per come noi siamo.
Marco non fa più uso di droghe da tempo, ma ciò che conta davvero è che ora si apprezza per quello che è. La sua esperienza è diventata uno degli insegnamenti più importanti della sua vita.
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In un’epoca dove la gratificazione sembra essere a portata di mano, è tempo di sfidare uno dei nostri bias più radicati: lo “Sconto Iperbolico”, ovvero la tendenza a preferire le ricompense immediate a quelle future, anche se queste ultime sono significativamente maggiori. Il curioso fenomeno psicologico, utilizzato da alcune aziende per spingere i potenziali clienti all’acquisto, è anche una sfida reale che impatta ogni aspetto della nostra vita, compresi gli obiettivi personali.
Ma perché optiamo per il piacere immediato invece di benefici più grandi e duraturi? Nonostante viviamo nell’era della tecnologia, il nostro cervello è ancora legato a meccanismi antichi, progettati per un mondo dove la sopravvivenza dipendeva dall’approfittare delle opportunità immediate. Il nostro antenato preferiva cibarsi dell’uovo subito, piuttosto che allevare le galline nel pollaio, per ragioni legate alla sopravvivenza. Oggi, in un contesto moderno, la sopravvivenza non è più in discussione; anzi, i mezzi per garantirla sono più che sufficienti. Ciò che diventa fondamentale è la propria evoluzione, senza la quale non si è in grado di affrontare i cambiamenti repentini della società. Puntare alla gratificazione immediata può diventare un freno che limita la capacità di perseguire obiettivi a lungo termine che richiedono pazienza e perseveranza.
Quando prendiamo una decisione, chiediamoci se stiamo cedendo alla tentazione dell’immediatezza. Riflettiamo sui benefici a lungo termine delle nostre azioni. Stabiliamo piccoli obiettivi che ci portino verso quelli più grandi. Mettiamoci alla prova ritardando deliberatamente le gratificazioni. Infine, confrontiamoci con un punto di vista esterno; può fare la differenza nel farci vedere le conseguenze a lungo termine delle nostre scelte.
Superare lo “Sconto Iperbolico” significa riprogrammare una parte fondamentale del nostro pensiero, imparando a valorizzare il futuro tanto quanto il presente. Non è un percorso facile, ma sicuramente può portare ad una vita più ricca e soddisfacente.
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Le emozioni rappresentano un elemento fondamentale per la sopravvivenza, ma anche per la comprensione della vita. Ad esempio, la paura ci tiene lontani dai pericoli, ma allo stesso tempo è un complesso processo cognitivo che merita di essere approfondito, specialmente quando il pericolo non è reale. La paura, quindi, è più di una risposta automatica; si tratta di un'esperienza intricata che integra la nostra percezione della realtà, le nostre credenze e le nostre valutazioni sul possibile pericolo.
Se percepiamo qualcosa come pericoloso basandoci solo sulle credenze, l’emozione che ne risulta è più una reazione a quella credenza che alla situazione stessa. La consapevolezza inizia con un'analisi introspettiva: stiamo reagendo a una naturale reazione dovuta all'istinto di sopravvivenza, oppure è una credenza limitante che sta prendendo il sopravvento? Attraverso questo esame, possiamo iniziare a modificare le convinzioni che sono irrazionali o infondate e reagire in modo appropriato alle paure reali.
Un altro aspetto chiave è il rapporto tra la paura e il nostro sé. La filosofia della mente considera le emozioni come parte integrante della nostra identità e della nostra auto-comprensione. Affrontare le nostre paure, quindi, diventa un modo di conoscere e sviluppare il nostro sé, portandoci verso una maggiore maturità emotiva e cognitiva.
A volte il rischio più grande si genera dal non far nulla.
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L’amore, non è soltanto un sentimento o un’azione, ma un’arte, una forma di espressione che permea ogni aspetto della nostra vita. Nel libro “Fare l’amore”, Eric Berne esplora questo concetto non solo come un atto fisico, ma come una pratica che coinvolge l’intero essere – corpo, mente e spirito.
La visione di Berne ci invita a considerare l’amore in termini di edificazione spirituale.In quest’ottica, ogni atto d’amore, sia esso fisico, emotivo o intellettuale, diventa un mezzo per arricchire la nostra vita e quella degli altri. Lo possiamo eseguire in ogni tipo di relazione, non solo quella di coppia. Possiamo “fare l’amore” col nostro lavoro, con le nostre passioni, con tutti coloro con cui abbiamo relazioni profonde, perché “fare” va inteso nel senso di costruire, di realizzare, non di consumare.
È così che ogni interazione diventa un’opportunità per esprimere sé stessi e per crescere. Nel fare l’amore siamo chiamati ad esplorare ed accettare noi stessi, il nostro interlocutore, nonché la complessità delle emozioni e delle esperienze condivise. Questo processo diventa un viaggio di scoperta reciproca e di arricchimento spirituale.
È così possibile trasformare ogni momento della nostra vita in un’opportunità per creare connessioni significative. Che si tratti di un dialogo profondo, di un gesto di cura, o di un momento di intimità fisica, ogni azione può essere espressione di attenzione consapevole.
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Le parole “andrà tutto bene” sono diventate un mantra, spesso le si augura a qualcuno oppure a sé stessi, ma riflettere sul significato profondo dietro questo augurio può fare la differenza.
La filosofia, da Aristotele a Kant, ha sempre enfatizzato l’importanza dell’agire. Per Aristotele, l’azione è l’espressione della virtù e del carattere. Nella sua “Etica Nicomachea”, sottolinea che la virtù non sta solo nel sapere, ma nell’agire secondo questo sapere. Immanuel Kant, d’altro canto, parla di “imperativo categorico”, che ci spinge ad agire non solo per desiderio, ma per dovere morale.
Anche la psicologia moderna, ha esplorato l’importanza dell’ottimismo attivo, come sottolinea Martin Seligman, che dice esserci una differenza cruciale tra un ottimismo passivo e uno attivo. Quest’ultimo non porta le persone a limitarsi di sperare che le cose vadano bene, ma include il riconoscimento dei problemi e l’impegno attivo per superarli.
Le parole di sostegno e i buoni auspici sono importanti, ma senza l’azione, rimangono vuoti. La vera responsabilità sta nell’agire per realizzare quelle speranze. È un invito a muoversi oltre la confortante passività dell’augurio, abbracciando un approccio più proattivo e determinato.
Questo atteggiamento richiede coraggio, determinazione e una costante volontà di agire, qualità che possiamo tutti sviluppare e coltivare per il bene di noi stessi e della società, per essere fautori del nostro destino.
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Nella vita si presentano momenti che offrono l’occasione di riflettere e puntare ad un qualche cambiamento. Un esempio classico è l’avvicinarsi del nuovo anno, un periodo in cui è comune pensare a nuovi obiettivi. Tuttavia, spesso si commette l’errore di non considerare quelli già stabiliti, propositi che, nonostante abbiano magari prodotto qualche risultato, potrebbero non appagare pienamente.
La mancanza di soddisfazione può derivare da diverse cause, come per esempio, dalla necessità di un continuo e notevole sforzo per il loro mantenimento. Pensiamo ad un obiettivo come un avanzamento di carriera: intento forse raggiunto, ma a costo di uno stress eccessivo e di un bilancio vita-lavoro squilibrato. In casi come questo, possiamo davvero considerarci soddisfatti?
Oltre a questi, ci sono poi obiettivi che, pur raggiungendo un loro equilibrio non toccano ancora il livello di eccellenza desiderato. Per esempio, una posizione lavorativa in cui non abbiamo ancora avuto la possibilità di esprimere il nostro vero potenziale.
La vera sfida, quindi, non risiede solo nell’impostare nuovi obiettivi, ma anche nel riconoscere e valorizzare quelli già in corso. Lavorando su di essi fino al raggiungimento della loro massima espressione, potremmo realizzare i nostri desideri in modo sostenibile e gratificante a lungo termine.
Una piena realizzazione si ottiene quando ciò che abbiamo fatto produce un effetto positivo su di noi e sul mondo che ci circonda. Come diceva Steve Jobs, qualcosa che lasci una tacca nell’universo.
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Nonostante il nome possa suggerire altrimenti, l’Effetto Ikea è un bias cognitivo, in cui le persone attribuiscono un valore elevato a ciò che hanno contribuito a creare (come nel caso del montaggio dei mobili del rinomato negozio). Questo fenomeno può essere interpretato in diversi modi sotto l'aspetto psicologico e comportamentale; non riguarda solo i mobili o gli oggetti materiali, ma anche gli obiettivi personali e professionali.
Il bias si collega alla teoria della dissonanza cognitiva, in particolare alla giustificazione dello sforzo. Quando una persona si impegna in un'attività, soprattutto se difficile o faticosa, tende a pensare che ci debba essere stata una buona ragione per mettere tutto quel lavoro, valorizzando di più l'obiettivo per il quale ha lavorato.
Le persone tendono a provare ottimismo verso se stesse e ciò che a loro è associato; di conseguenza, i risultati ai quali hanno contribuito, assumono un valore particolare. Ecco alcuni modi per sfruttare l’Effetto Ikea a proprio vantaggio:
1. Fai da te: Impegnarsi nella creazione o ristrutturazione di oggetti per la casa, come dipingere una stanza o assemblare mobili, ma anche semplicemente mettere in ordine un armadio.2. Cucinare: Preparare un piatto gustoso e che sia anche bello da vedere.3. Arte e Creatività: Impegnarsi in attività artistiche, come la pittura e la scultura.4. Esercizio Fisico: Stabilire e raggiungere obiettivi di fitness personali.5. Progetti Professionali: Portare a termine un progetto impegnativo sul lavoro o lanciare una nuova iniziativa.6. Nuove Abilità: Apprendere una nuova lingua, imparare a suonare uno strumento musicale o acquisire una nuova competenza.
Albert Einstein ha detto: “Non è che io sia così intelligente, è solo che rimango con i problemi più a lungo”. Impegnarsi e lavorare per cambiare qualcosa in meglio, restituisce valore a sé stessi, contribuendo a generare autostima. Lo sanno tutti coloro che, dedicandosi con determinazione ad un sogno, sono riusciti a raggiungere risultati ammirevoli: sono quelle persone che molti definiscono “fortunate”.
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Quando pensiamo alla persona amata, ai nostri figli, alle nostre passioni, al lavoro che ci fa sentire realizzati, in tutti quei momenti si tende a pensare che sia il mondo esterno a generare l’amore che sentiamo, ma non è così.
L'amore è un sentimento che risiede e si origina all'interno dell'individuo. Le persone e le cose che amiamo servono da catalizzatori o stimolatori per rivelare o amplificare l'amore che già esiste nel nostro intimo. L’amore è un'esperienza complessa, che coinvolge una combinazione di pensieri, sentimenti, e comportamenti ed è modulata dalla nostra storia personale, dalle nostre credenze e dalla nostra personalità.
Questo concetto è vicino a molte tradizioni filosofiche che vedono l'amore come una qualità o una forza che è intrinseca alla natura umana. Per esempio, nell'antica filosofia greca, l'amore (o Eros) è spesso visto come una forza fondamentale che guida il comportamento umano. In questa visione, ciò che amiamo è sentito come mezzo attraverso il quale l'amore che è in noi viene esplorato, sperimentato ed espresso, piuttosto che come la fonte dell'amore stesso.
Rumi, il poeta mistico sufi, diceva: “Il tuo compito non è cercare l’amore, ma semplicemente cercare e trovare tutte le barriere che hai costruito attorno ad esso.”Pertanto, non piangere di aver perso l’amore, perché quel sentimento è dentro di te e non può abbandonarti, semplicemente ti appartiene. Se qualcuno se n’è andato dalla tua vita, cerca in te quello che si è rivelato e ricorda che ne sei la fonte.
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L’amore, inesauribile fonte di mistero e di ispirazione, è oggetto di analisi, non solo in campo letterario e filosofico, ma anche in ambito psicologico. Erich Fromm, nel suo libro "L'Arte di Amare", esplora l'amore non solo come un sentimento, ma anche come una capacità profondamente radicata nell'essere umano, che può e deve essere appresa e coltivata.
Secondo Fromm, l'amore è un'arte che richiede conoscenza e impegno. Questa visione trova un profondo riscontro nell'idea che amare ed essere amati possano rivelare aspetti del nostro sé interiore. È un viaggio nella nostra anima, un processo attraverso il quale scopriamo lati nascosti di noi stessi, dove forze e debolezze precedentemente inesplorate si rivelano.
Fromm sottolinea che l'amore non è uno stato di grazia, ma un atto di volontà e di decisione. La conoscenza e la consapevolezza ottenute attraverso l'esperienza amorosa diventano punti di partenza per un viaggio di crescita e di comprensione che non ha fine. Infatti, anche quando una relazione termina, l'amore cambia forma ma non si dissolve; l'esperienza di aver amato lascia un segno indelebile, una conoscenza che arricchisce e trasforma.
Amare significa toccare la spiritualità di se stessi e dell'altro, una scoperta che rimane con noi per sempre, influenzando la nostra percezione di noi stessi e del mondo.
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Secondo la teoria dell'attaccamento di John Bowlby, la sicurezza emotiva deriva dalle relazioni di attaccamento stabili formatesi durante l'infanzia. Questi primi legami influenzano le nostre interazioni future e la capacità di comunicare efficacemente. La storia che segue evidenzia come l’attaccamento possa essere determinante nella formazione della personalità.
Chiara e Silvia lavorano nella stessa azienda. Sebbene i loro percorsi di vita siano molto diversi, il destino le ha portate a diventare non solo colleghe, ma anche amiche. Questa amicizia si rivela cruciale per Chiara, in particolare quando scopre che Silvia sta seguendo un corso per diventare Counselor.
All'inizio Chiara è un po' diffidente; le sue esperienze di attaccamento insicuro nell'infanzia hanno lasciato delle cicatrici rendendola cauta nelle relazioni. Tuttavia Silvia, con la sua calma naturale e l'approccio equilibrato frutto del suo attaccamento sicuro, si avvicina a Chiara con gentilezza e pazienza. La curiosità la spinge a chiedere a Silvia di più su questo percorso. Silvia condivide con entusiasmo le sue esperienze e le conoscenze acquisite, parlando di come un buon attaccamento possa influenzare positivamente la vita delle persone.
Col tempo Chiara inizia a confidarsi con Silvia sui suoi problemi di relazione e sulla sua difficoltà nel gestire lo stress e le emozioni. Silvia, utilizzando le competenze acquisite nel suo percorso formativo, offre a Chiara un ascolto empatico e, attraverso le sue domande, aiuta l’amica a scoprire in se stessa risorse che non pensava d’avere. Le parla dell'importanza dell'auto-compassione, della comunicazione efficace e di come riconoscere in se stessa la possibilità di rinascere a vita nuova.
Ispirata da Silvia Chiara inizia a vedere le sue sfide sotto una nuova luce. Impara a riconoscere i segni del suo attaccamento insicuro e inizia a lavorare su di essi. Le conversazioni con Silvia l’aiutano a comprendere meglio le dinamiche delle sue relazioni e ad acquisire strumenti per costruire legami più sani e soddisfacenti.
La storia di Chiara e Silvia sottolinea il potere della crescita personale nel superare le sfide dell'attaccamento insicuro e nel costruire un futuro più luminoso e sereno.
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Nel contesto delle relazioni interpersonali, la saggezza popolare ci consiglia spesso di “prepararci al peggio, sperando nel meglio”. Tuttavia, questo equilibrio tra prudenza e ottimismo può essere compromesso da una particolare distorsione cognitiva: il bias di conferma, ovvero, la tendenza a cercare, interpretare, favorire e ricordare le informazioni in modo tale da confermare le proprie credenze o ipotesi preesistenti. Questo bias può portare a trascurare segnali di avvertimento o a sopravvalutare le prove che supportano le nostre convinzioni, spesso a scapito di una valutazione obiettiva della realtà.In altre parole, la tendenza di molti è di sperare in un futuro che, nel migliore dei casi, sarà disatteso e nel peggiore sarà generatore di problemi che mai si sarebbero pensati potersi realizzare.
Esempio in una Relazione Amorosa
Consideriamo il caso di Anna e Marco. Anna, innamorata, tende a interpretare ogni gesto di Marco come prova del suo affetto. Quando Marco si mostra distante o irritabile, Anna lo attribuisce a stress sul lavoro, ignorando i segnali di un possibile disinteresse amoroso. Nel tempo, questa mancata percezione porta ad una relazione unilateralmente impegnativa, con Anna che investe emotivamente molto di più di Marco. Alla fine, quando Marco termina la relazione, Anna si trova sconvolta e incredula, avendo ignorato tutti i segnali premonitori a causa del suo bias di conferma. Ma cosa sarebbe accaduto se, ad esempio, i due nel frattempo avessero messo al mondo un figlio? Come si sarebbe potuta gestire una separazione? Certamente non sarebbe stato sufficiente lasciarsi, come accade tra coppie di fidanzati. Un figlio comporta responsabilità reciproche, insomma, i due avrebbero vissuto pesantemente l’effetto del bias di conferma.
Esempio in una Relazione Lavorativa
Similmente, nel contesto lavorativo, il bias di conferma può avere effetti deleteri. Prendiamo l’esempio di Luca, un manager che è convinto della lealtà e dell’integrità del suo collaboratore diretto, Paolo. Questa convinzione lo porta a ignorare i feedback negativi da parte di altri colleghi su Paolo, interpretandoli come invidie o malintesi. Luca continua a delegare a Paolo responsabilità cruciali, fino a quando non scopre che Paolo ha abusato della sua posizione per propri vantaggi personali. Luca, vittima del suo bias di conferma, ha subito danni professionali e si ritrova con un problema da gestire che, nel migliore dei casi consiste nel cercare e formare un sostituto per Paolo, ma nel peggiore dei casi, a dover gestire una lite legale in quanto Paolo decide di far valere i propri diritti tramite una causa legale per chissà quali pretese.Anche in questo caso i due dovrebbero fare i conti con gli effetti del bias di conferma!Per mitigare gli effetti del bias di conferma, si possono adottare diverse strategie:
1. Cercare Attivamente Prospettive Contrarie: Quando si forma un’opinione, è utile cercare attivamente informazioni che possano contraddirla. Questo aiuta a bilanciare la propria prospettiva.2. Valutazione Obiettiva: Prendersi il tempo per valutare in modo critico sia le informazioni positive che quelle negative. Questo può significare ascoltare i feedback di altri senza pregiudizi.3. Auto-Riflessione Regolare: Fermarsi periodicamente per riflettere sulle proprie convinzioni e sul perché si detengono, può aiutare a riconoscere e modificare eventuali bias cognitivi.4. Farsi aiutare nell’interpretare i propri pensieri da un professionista della relazione d’aiuto, che in modo strutturato riesca a portare in superficie i bias di cui non si sa d’essere vittime.
Il bias di conferma può offuscare il giudizio e portare a conseguenze spiacevoli, come negli esempi descritti o in altri contesti della vita. Esserne consapevoli e adottare misure proattive per contrastare questo schema mentale, può aiutare a costruire relazioni più sane e soddisfacenti, preparandosi meglio al peggio pur mantenendo una visione ottimista del futuro.
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La comunicazione è l'ossigeno delle relazioni umane: senza di essa, le connessioni si atrofizzano e muoiono, lasciando spazio all'ascesa di conflitti e incomprensioni. Nella sfera personale, così come in quella globale, l'assenza di comunicazione è terreno fertile per la tossicità relazionale, poiché le persone iniziano a riempire i vuoti con supposizioni e pregiudizi, che spesso sono sbagliati e negativi.
Le guerre, nel contesto internazionale, possono essere viste come il risultato più tragico e distruttivo della cessazione della comunicazione. L'incapacità, ma ancor di più, la mancanza di volontà di dialogare, porta al deterioramento delle relazioni diplomatiche e all'escalation verso il conflitto. Quando i canali comunicativi si chiudono, le parti in conflitto si affidano a percezioni distorte e retorica infiammatoria, realizzando la fallacia della comunicazione, argomento di studio che coinvolge linguisti, filosofi, sociologi e psicologi.
La fallacia della comunicazione si riferisce all'idea errata secondo cui la sola trasmissione di informazioni costituisca una comunicazione efficace. Questa fallacia trascura gli aspetti importanti come il contesto, la percezione del ricevente, i processi interpretativi, e il feedback. In altre parole, si presume ingenuamente che il messaggio inviato sarà compreso esattamente come inteso, senza considerare come sarà ricevuto e interpretato. È l’esatto opposto dell’atto comunicativo.
La comunicazione è, invece, uno strumento di connessione, di chiarimento, e di risoluzione dei conflitti, la chiave attraverso cui possiamo sviluppare comprensione e compassione. Tuttavia comunicare richiede coraggio: il coraggio di parlare, ma soprattutto di ascoltare e di rimanere aperti anche di fronte a verità scomode.
La comunicazione è il ponte che collega gli individui e le culture, permettendo la crescita e l’evoluzione, non per altro la sua radice etimologica è: “unire insieme”. La sfida, sia a livello personale che globale, è comunicare, anche e soprattutto quando è difficile.
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In una società in cui ci viene costantemente detto come dovremmo apparire, comportarci e sentirci, è facile cadere nella trappola di basare il proprio valore su condizioni esterne. Questo è un approccio che porta ad una vita di ricerca incessante dell’approvazione altrui e ad un sentimento di insoddisfazione cronica.
Carl Rogers, uno dei più influenti psicoterapeuti del XX secolo, ha profondamente esplorato questo dilemma, introducendo il concetto di “condizioni di valore” per descrivere gli standard interni che una persona sviluppa attraverso interazioni con il mondo esterno. Questi standard, spesso derivati da aspettative e giudizi esterni, diventano i criteri attraverso i quali una persona valuta il proprio valore. Ad esempio, un individuo potrebbe sentirsi degno solo se raggiunge una certa posizione sociale, oppure se appare in un certo modo, come vestirsi alla moda o possedere determinati simboli di status.
L’aderenza rigida a queste condizioni porta a diversi problemi:
1. Dipendenza dall’approvazione esterna: Coloro che basano il loro valore su condizioni esterne sono spesso alla ricerca di approvazione e riconoscimento, rendendo la loro autostima vulnerabile alle opinioni altrui.2. Distorsione dell’autoimmagine: La propria percezione può diventare distorta, poiché si valuta se stessi attraverso un filtro di aspettative esterne piuttosto che attraverso la propria verità interiore.3. Insoddisfazione cronica: Inseguire standard esterni può portare a un sentimento di insoddisfazione, poiché è difficile, se non impossibile, soddisfare costantemente aspettative mutevoli.
Rogers suggeriva che la chiave per evitare la trappola delle aspettative esterne fosse vivere in modo autentico e congruente con la propria esperienza interiore. Ecco come:
1. Considerazione Positiva Incondizionata: L’idea di accettare e apprezzare se stessi senza condizioni. Questo comporta vivere esperienze personali e accogliere le proprie emozioni senza giudizio.2. Ascolto attivo: Prestare attenzione ai propri sentimenti e bisogni interni, piuttosto che concentrarsi esclusivamente su aspettative e giudizi esterni.3. Auto attualizzazione: Seguire la propria tendenza innata verso la crescita e il raggiungimento del proprio potenziale, piuttosto che perseguire obiettivi basati su standard esterni.
La vera realizzazione di sé non dovrebbe dipendere dal mondo esterno. Ciò che è esterno a noi fornisce il contesto in cui ci realizziamo, soddisfarne le aspettative non dovrebbe essere il nostro principale obiettivo.
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Un giorno di tanti anni fa, quando ero un bambino, mio zio mi fece salire sul suo camion. Era la prima volta per me a bordo di un mezzo di trasporto diverso da un’automobile, e vedere la strada dall’alto fu un’esperienza indimenticabile.
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Basta guardarsi indietro di pochi anni per accorgersi che quanto si era immaginato ha poco, se non nulla, a che vedere con la realtà attuale.Osservando il gap tra le previsioni del futuro e la realtà di ciò che invece accade, emergono i bias cognitivi, ovvero, distorsioni della nostra mente. Oggi ne esploriamo due.
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