Episodios
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Peter Collins possedeva una dote rara e preziosa, perché avvertiva a pelle la prima incertezza del motore intuendo il rischio di un improvviso cedimento. Maneggiava un’arte magica, perché ogni volta riconosceva i limiti dei bolidi che pilotava. Ciò nonostante, non si tratteneva mai dal tentare di superarli.
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La breve esistenza di Didier Pironi è stata segnata da un Gran Premio e da una data, quella di domenica 25 aprile 1982. Giorno in cui la sua Ferrari sfidò sull’asfalto della pista quella del compagno di squadra Villeneuve, innescando un vortice di dolorose conseguenze. Da lì in avanti le cose infatti avrebbero obbedito alla tragica meccanica del caso.
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¿Faltan episodios?
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Ai grandi raggi, lui preferiva sempre le compressioni, ai lunghi rettilinei le chicane più strette e velenose. Perché Rolf Stommelen era un renano d’acciaio abituato a domare la vertigine della velocità da pendenze ripide e pericolose, dai saliscendi della Nordschleife, dalle gobbe di Le Mans o dai tornanti delle Madonie.
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Con Brise e Pryce, Williamson fu protagonista di una delle migliori nidiate di sempre dell’automobilismo britannico. In pista Roger sembrava possedere un tocco magico e speciale, una sorta di istinto naturale, quello che fa sfiorare i pedali solo una frazione di secondo prima di tutti gli altri regalando così vantaggi incolmabili. Sarebbe certamente entrato nel gotha dei migliori, se una sorte atroce e vigliacca non avesse deciso altrimenti.
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Quello di Achille Varzi fu l'automobilismo leggendario dei primi decenni del Novecento, quello delle infinite sfide con Nuvolari e Campari, delle estenuanti Mille Miglia, della Targa Florio e della Susa-Moncenisio. Al pari di Tazio, Achille era letteralmente ossessionato dal primato. Tutta la sua vita sarebbe corsa via come se stesse pilotando un’auto o una moto: Achille avrebbe sempre messo in mostra nervi d'acciaio, si sarebbe rivelato più macchina degli stessi bolidi che portava.
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Arturo Merzario è stato pilota estroverso, veloce e coriaceo, un autentico outsider, dentro e fuori la pista. Grazie alla sua passione, a una guida sanguigna e alla prontezza di riflessi con cui non esitò a gettarsi nelle fiamme per salvare le vite dei colleghi, che Arturo ha lasciato per sempre il segno.
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Il talento di Bernd Rosemeyer ha frequentato un'epoca ancora pionieristica, un’era leggendaria dove a contare più del podio e dei trofei erano la velocità, l'accelerazione, il record, il plus ultra. Di questo violento turbine Bernd è rimasto per decenni un protagonista assoluto, alla pari di altri fuoriclasse del volante come Nuvolari e Caracciola.
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Ignazio Giunti apparteneva a una straordinaria nidiata di talenti. Rappresentava la nuova stagione dell’Italia da corsa, la "migliore gioventù" del volante, quella destinata a percorrere di podio in podio tutta la prima metà degli anni Settanta. Ma l’assurdo e tragico dramma della “1000 Km di Buenos Aires” spense prematuramente tutti i suoi sogni.
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Per Alfieri Maserati e i suoi fratelli il richiamo dell'arte meccanica fu irresistibile. Quella nuova frontiera monopolizzò tutti i sogni giovanili, quei brividi tennero a battesimo uno dei marchi più importanti e memorabili della storia del motorismo, la “Società Anonima Officine Alfieri Maserati”, destinata a rimanere, per più di un secolo, sinonimo di velocità, qualità, innovazione, eccellenza e, più ancora, di potenza.
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Quella maledetta Mille Miglia del 1957 Alfonso de Portago non l'avrebbe nemmeno dovuta correre. Enzo Ferrari aveva altri piani per lui, ma l'improvviso forfait di Musso aveva lasciato libero un volante. Così il Drake lo aveva convocato in fretta e furia affidandogli una macchina potente, ma a lui del tutto sconosciuta. Quell'offerta, però, non si poteva rifiutare.
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Jochen Rindt aveva uno stile di guida spettacolare, aggressivo ed esuberante. Affrontava le curve come se volesse correggerne il raggio, intraversando la vettura e lavorando con il volante nel tentativo di recuperare trazione. Incredibilmente, fu però un’improvvisa e inattesa sbandata alla fine di un lungo rettilineo a decidere prematuramente della sua sorte.
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François Cevert era uno straordinario talento, un pilota veloce, aggressivo e intuitivo. Ma era anche un’icona, il manifesto della stagione più intensa e spettacolare del motor racing, la più tragica, la più pericolosa. E poi François era anche quei suoi occhi accesi d'azzurro che bucavano la visiera del casco.
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Fangio ha pilotato per tutti i marchi più prestigiosi, dalla Ferrari alla Mercedes, dall'Alfa Romeo alla Maserati. Ha tagliato per primo il traguardo per ben 24 volte in 52 Gran Premi, come dire quasi una volta su due. Ha conquistato cinque titoli iridati, un record che ha resistito a lungo nella storia della Formula Uno. Per questo e per il suo magistrale stile di guida "El Maestro" rimarrà per sempre tra i più grandi protagonisti della velocità.
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In quei lontani primi decenni del secolo, Giuseppe Campari sfidava strade strette e impossibili, alberi e polvere, scivolando via leggero sugli sterrati, scodando e fendendo il muro di gente che, trattenuta a stento, si rassegnava a inseguirne il profilo sino a scivolare nel suo cono d'ombra. Perché Campari era la velocità e tutto quello che le si poteva chiedere.
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Vittorio Brambilla era un acrobata della velocità. Danzava sempre sul filo dei secondi al volante di auto spesso scarsamente competitive. Ma il suo straordinario talento, la sua padronanza assoluta di mezzo e velocità emergevano ogni qual volta le piste venivano sopraffatte dal maltempo. Era in quelle condizioni impossibili che la stella di Vittorio, soprannominato the Monza Gorilla, splendeva in tutta la sua grandezza.
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Tom Pryce era un ragazzo gallese mite e responsabile. Imparò a guidare sui trattori di famiglia e presto la sue mani strinsero un volante da corsa. Ma la sua carriera di pilota venne interrotta improvvisamente da una serie di fatalità che portarono a un terrificante incidente.
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Diego Alverà racconta i miti della velocità: Jo Siffert
Tenacia e amore incondizionato per le corse. Questo era Jo Siffert, pilota svizzero che aveva tutte le carte in regola per laurearsi campione del mondo di Formula Uno, ma che il destino ha costretto troppe volte a ricominciare da capo. Fino al tragico epilogo del 1971 sul tracciato di Brands Hatch. -
Diego Alverà racconta i miti della velocità: Giovanni Salvati
La velocità e la lealtà erano tratti distintivi di Giovanni Salvati. In pista il giovane pilota italiano aveva messo in mostra un talento straordinario, che lo avrebbe certamente portato molto lontano. Ma un tracciato infido e una giornata sfortunata fermarono tragicamente la sua ascesa. -
Diego Alverà racconta i miti della velocità: Eugenio Castellotti
“Quella di Eugenio Castellotti è una storia dolorosa consumatasi in un vortice di rimpianti, sviste e inciampi, una parabola interrotta improvvisamente al suo apice, quando le circostanze dell’esistenza sembravano infine volgere al meglio. Sino a lì, sino a quel fatale momento la velocità lo aveva sempre aiutato. Grazie a quei brividi Eugenio si era infatti lasciato alle spalle un complicato passato ed era riuscito a fare i conti con gli spigoli della sua vita precedente.” -
Diego Alverà racconta i miti della velocità: Clay Regazzoni
“E’ il Gran Premio più atteso, quello di casa. Quella del 6 settembre 1970 è la domenica del Gran Premio d’Italia. Per Clay sarebbe diventata la domenica perfetta.” - Mostrar más