Episodit
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Ogni anno il presepe si fa storia viva. Inventato da San Francesco, è cresciuto nei secoli soprattutto grazie alla tradizione napoletana. Oggi è un rito, tra sacro e profano, che rappresenta l’intera umanità, chiamata a testimoniare, anno dopo anno, il Natale. Così, a pastori, mercanti, re magi si aggiungono politici, rockstar, calciatori… in un teatro immobile e sempre diverso. Dalla voce degli autori Marino Niola, noto divulgatore e professore di Antropologia dei Simboli e Antropologia della contemporaneità all’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa di Napoli, ed Elisabetta Moro, professoressa di Antropologia Culturale nello stesso ateneo, ascoltiamo la storia infinita e sorprendente del presepe, e in particolare di quello napoletano, cui si sovrappone il racconto di testimonial eccellenti: come Papa Francesco, che in una lettera ai fedeli ha rinnovato il significato religioso e comunitario del “gioco” del presepe.[ vai all'intervento completo]
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Il mare unisce, il mare divide. Il mare è via per i commerci, gli scambi culturali, la politica, ma è anche confine e muro. Il Mediterraneo, come abbiamo raccontato nell’episodio precedente insieme a Egidio Ivetic, autore di Il grande racconto del Mediterraneo, ha unito e diviso i popoli e le nazioni in tutte le epoche della sua storia. In questo episodio raccontiamo il ruolo dell’Italia, geograficamente immersa nel Mare Nostrum ma che sembra aver abdicato alla sua centralità politica. Con il professor Ivetic ci interrogheremo su quale può essere il futuro del nostro Paese in questo contesto e quale il futuro del nostro mare.[ vai all'intervento completo]
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Puuttuva jakso?
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La spider azzurra di Caccia al ladro che sfreccia per i tornanti della Costa Azzurra con Grace Kelly e Cary Grant ci rimanda a un’iconografia del Mare Nostrum venata di nostalgia. Il Mediterraneo è ed è stato anche quello. Ma il mare che collega tre continenti, centro del mondo occidentale per lunghi secoli, è soprattutto altro. Lo spiega Egidio Ivetic, autore di Il grande racconto del Mediterraneo, affondando il racconto nelle vicende storiche e antropologiche del nostro passato, tra i popoli che lo hanno abitato e i tipi umani che ne hanno fatto la storia: Ettore, l’uomo della patria e della famiglia che guarda il mare ma è ancorato alla terra; Ulisse, il “marittimo scaltro” che sfida il mare eppure lo teme; Enea, che è la sintesi dei due. In un mare color porpora, poiché è questo in realtà il pigmento che colora la storia del Mediterraneo, navighiamo con Ivetic fra storia, geografia e antropologia.[ vai all'intervento completo]
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Un libro riemerso dal passato racconta con sapienza - tra filosofia, teologia, archeologia e antropologia - la città cosmopolita e caotica in cui si riconoscono le tre religioni monoteiste. Nel secondo episodio dedicato a Le pietre di Gerusalemme di Fosco Maraini ricostruiamo la genesi del libro e ne raccontiamo alcune delle pagine più belle. Viaggeremo con l’autore, uno dei più affascinanti narratori di luoghi, fra le “pietre” della città e approfondiremo, con l’aiuto dello storico (e amico dell’autore) Franco Cardini e la curatrice del libro Maria Gloria Roselli, i temi che attraversano l’intera produzione del Maraini antropologo e viaggiatore: la spiritualità universale, la ricerca dell’armonia, l’importanza della storia per capire il presente. Un viaggio nell’anima di Gerusalemme, che è anche un viaggio nell’anima dell’Uomo.[ vai all'intervento completo]
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«Cos'è l'uomo rispetto alla pietra? Una favola che passa come una nube all'alba; ride bambino, poi... "è subito sera"». Parole meravigliose, un libro dimenticato (e recuperato dalla casa editrice il Mulino) e un autore indimenticabile. Le pietre di Gerusalemme riporta in libreria il racconto di viaggio del grande Fosco Maraini nella Gerusalemme degli anni Sessanta, poco dopo la fine della guerra dei Sei Giorni. Le pietre sono quelle sacre delle “tre religioni”, lo sguardo quello acuminato e appassionato di un antropologo, fotografo, viaggiatore e straordinario esperto di luoghi e religioni orientali. Ne parliamo nel primo di due episodi dedicati a questo libro con lo storico Franco Cardini, autore della prefazione, e con Maria Gloria Roselli, curatrice del volume. E ascoltando le parole dell’autore.[ vai all'intervento completo]
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Di cosa parlavano quando parlavano, scrivevano e dipingevano d’amore nel Rinascimento? Di una riscoperta della libertà di rappresentare e raccontare l’arte di amare che si era perduta in epoca medioevale. Dei confini via via più evanescenti fra amor sacro e amor profano. Di uomini e donne lontani secoli da noi eppure così uguali quando si tratta di desiderio e passione. Con gli autori Giulio Busi e Silvana Greco, in questo episodio parliamo del libro "Amarsi. Seduzione e desiderio nel Rinascimento". E amarsi vuol dire guardarsi, parlarsi, toccarsi, baciarsi, fare l’amore: un viaggio in cinque tappe fra arte e letteratura per raccontare il più universale dei sentimenti. Come scrivono gli autori, “l’Amor profano attende solo di essere svelato. È ora di alzare lo sguardo, cercare, desiderare, lasciarci tentare.”[ vai all'intervento completo]
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Dieci lezioni di italiano proposte da un grande linguista - abituale frequentatore di accademie, aule universitarie e schermi TV - per tutti coloro che aspirano a conoscere e a usare meglio la nostra lingua per un uso sicuro e consapevole dell’italiano.
La usiamo tutti i giorni, ogni tanto la maltrattiamo. La detestiamo quando, a scuola, dobbiamo districarci fra i pericoli dell’analisi logica, la amiamo attraverso le opere dei grandi maestri del passato. È l’italiano, la nostra lingua, protagonista del libro Lezioni di italiano, del linguista e accademico Giuseppe Patota.
Dialogando con l’autore, conosceremo le insospettabili somiglianze fra l’italiano di oggi e quello di Dante. Scopriremo che la lingua della pandemia – da paziente zero a negazionismo, dal mercato dei falsi green pass al complottismo – è stata usata molto prima del Covid da un certo Alessandro Manzoni. Impareremo a “diffidare” di qualche regola grammaticale e ad apprezzare ancora di più la bellezza, antica e nuova, della nostra lingua. Soprattutto quando riusciamo a non rinchiuderla in un museo fatto di regole.
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A bordo di una formidabile macchina del tempo. Un viaggio straordinario nella memoria del nostro pianeta e del suo clima.
Destinazione Antartide, a più di 3.000 metri di altitudine, a una distanza di oltre 1.200 chilometri dalla costa, dove le condizioni di sopravvivenza sono al limite della sopportazione e le temperature possono toccare i -60 °C.
Nel bagaglio di Carlo Barbante, direttore dell’Istituto di Scienze Polari del CNR , oltre a molto materiale logistico ci sono strumenti per estrarre dal suolo carote di ghiaccio e contenitori per i campioni. Ma tutto questo per fare che cosa? Per ritrovare la memoria del clima del passato attraverso le informazioni intrappolate negli strati di ghiaccio accumulati nel tempo, ma anche per trovare una guida preziosa per interpretare i fenomeni in atto e prepararci a quelli del futuro.[ vai all'intervento completo] -
C'è una parola che ci porteremo dietro anche quando l’emergenza della pandemia sarà finita, ed è lockdown. Ora se ne profila un’altra, che fa parte però di un vocabolario provvisorio: unlocked, cioè sbloccati, liberi. Saremo veramente liberi dopo lo tsunami del Covid19? È quello che si chiede Tiziana Iaquinta nel libro – Unlocked, appunto – e in questo episodio del podcast.
Il suo sguardo acuto e lucido, frutto dell’esperienza come docente di Pedagogia, si posa sugli effetti del virus sull’educazione e sul rapporto fra adulti e adolescenti. Da una parte, adulti che vogliono fare gli adolescenti, dall’altra adolescenti che dimostrano più equilibrio e capacità di adattamento dei propri genitori. In altre parole, adultescenti contro Covidennials: diversi, lontani, ma a volte accomunati da qualcosa di profondo, come la difficoltà a nominare, conoscere, affrontare le emozioni.[ vai all'intervento completo] -
Pensiamo in termini numerici più spesso di quanto ci rendiamo conto. Così come ci dimentichiamo di respirare, diamo per scontata la pervasiva presenza dei numeri. Ma se siamo abituati a usarli, meno spesso ci capita di raccontarli. È quanto si propone di fare Giulio Busi (tra i massimi esperti di mistica ebraica e storia rinascimentale), nel primo libro della nuova collana “Numeri” interamente dedicato al più inafferrabile dei numeri: il numero Uno.
L’uno, come punto di partenza e meta di un percorso complesso, che tocca mistica, filosofia, scienza e poesia. Fra l'Esperienza duinese di Rainer Maria Rilke e il Cantico dei Cantici, Platone e il mito di Orfeo ed Euridice, un viaggio di scoperta e riscoperta, nel segno dell’Uno.[ vai all'intervento completo] -
Come entrava, una donna, in una nuova famiglia che facesse parte della società patriarcale dell’antica Roma? Con un atto di acquisto. Si chiamava “coemptio” ed era una vera e propria compravendita che avveniva davanti a una bilancia sulla quale l’acquirente gettava il prezzo del… “bene” che avrebbe voluto comprare. È uno dei numerosi usi che Giulio Guidorizzi, grecista e antropologo del mondo antico, ricostruisce in questo ultimo episodio dedicato a Il grande racconto di Roma antica e dei suoi sette re. Che non si tratti del tutto, purtroppo, di un costume antico lo dimostra un altro avvenimento fondamentale ai fini della storia. La Roma Repubblicana nacque, infatti, nel 509 avanti Cristo a seguito del sacrificio di una donna, Lucrezia, stuprata dal figlio di Tarquinio il Superbo e poi morta suicida. Per vendicarla, si arrivò alla cacciata del settimo re, l’ultimo.[ vai all'intervento completo]
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“Nella Roma antica convivevano grandi Dèi di origine greca e piccoli Dèi, non meno importanti. Insieme componevano la religione dei romani, “piena di forze, invisibili e impersonali, espressione del mistero senza nome che anima la natura”. Così la racconta Giulio Guidorizzi nel secondo di tre episodi dedicati a Il grande racconto di Roma antica e dei suoi sette re. Ma la religione romana è fatta anche di incantesimi ai limiti della superstizione, come dimostra una delle scoperte più recenti, avvenuta nel 1999, di una fontana dedicata ad Anna Perenna. Fa tutto parte di quella nozione di “sacro” che nella Roma Repubblicana conteneva due aspetti in apparenza opposti - il puro e l’impuro – e che Guidorizzi racconta in modo del tutto diverso da quello usato finora nei libri di scuola.[ vai all'intervento completo]
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“Un giorno del 505 avanti Cristo, un pater familias sabino decise che la patria in cui voleva vivere insieme alla sua comunità doveva essere Roma. Il suo nome era Atta Clauso, e venne poi chiamato Appio Claudio”. Comincia così la ricostruzione che Giulio Guidorizzi, grecista e antropologo del mondo antico, fa in Il grande racconto di Roma antica e dei suoi sette re. Appio Claudio è il simbolo della Gens emergente, la rete di famiglie da cui sarebbero discesi consoli, magistrati e imperatori, e che, dopo la cacciata di Tarquinio il Superbo, composero quella specie di democrazia tribale che fu la società repubblicana. Guidorizzi ne racconta la vita quotidiana, il sistema dei nomi e tutta una serie di abitudini e convenzioni arrivate fino a noi, dalle pompe funebri al rapporto molto stretto con lo Stato.[ vai all'intervento completo]
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«Dovette avviarsi molto presto, la tendenza a “situare” analiticamente i singoli luoghi che vengono ricordati nelle Scritture, e più precisamente nel Vangelo» dice il professor Franco Cardini. Gerusalemme e la Terra santa – i luoghi della permanenza terrena di Gesù Cristo – diventano la mappa della cristianità, mete da visitare e tappe del più importante pellegrinaggio cristiano. Dio trova la sua “dimora” negli spazi di culto costruiti proprio sui luoghi più importanti del Vangelo. Dal primo imponente santuario che unisce la cisterna dove fu trovata la croce, il Golgota e il Santo Sepolcro, parte la traiettoria architettonica e simbolica delle nuove Dimore di Dio, quelle della cristianità. Il libro di Franco Cardini, che porta proprio quel titolo, ci racconta questo affascinante percorso.[ vai all'intervento completo]
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Un’imperatrice cristiana, Elena, madre di Costantino. Il vescovo di Aelia Capitolina, come si chiamava Gerusalemme, o quel che ne restava, in epoca romana. Sono i protagonisti di una delle più grandi scoperte, o invenzioni, della storia dell’umanità. E sono i protagonisti di questo secondo episodio dedicato al libro Le dimore di Dio di Franco Cardini. Seguiamo idealmente l’imperatrice, alla scoperta della Gerusalemme di Gesù. Il suo viaggio coincide con il momento della rinascita della Città Santa, in nome della cristianità. Ma corrisponde anche con l’invenzione di un nuovo e imperituro simbolo, la Croce. Cardini racconta appunto le avventure della Vera Croce di Gesù, ritrovata in una cisterna e divisa in parti, per tornare nel mondo e segnarlo per sempre.[ vai all'intervento completo]
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“Gerusalemme è l’ombelico della terra. La porta del cielo è aperta sul suo Tempio. In Gerusalemme stanno la luce e il fuoco divino. Visitare Gerusalemme equivale a entrare nel cielo”, si legge in un trattato geografico del X-XI secolo. La città santa era il punto di arrivo di un viaggio: quello del popolo di Israele, in cerca della terra promessa, e dal Medioevo in avanti anche quello del pellegrinaggio cristiano. Ma è soprattutto un punto di partenza, il luogo da cui tutto è iniziato. Salomone costruisce il tempio sul monte del sacrificio di Abramo, che non è lontano dal Giardino dell’Eden, ovvero dall’inizio della storia del mondo. Lì, secondo la tradizione biblica, il dio impronunciabile degli Ebrei trova casa. È questa la prima delle Dimore di Dio descritte da Franco Cardini, professore emerito di storia medievale, nel libro pubblicato dalla casa editrice Il Mulino. «Il Tempio di Salomone è il modello archetipico delle cattedrali cristiane d’Oriente e d’Occidente», racconta Cardini in questo episodio. «Un modello senza il quale restano incomprensibili una quantità di “luoghi alti” della nostra civiltà».[ vai all'intervento completo]
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L’uomo di Neanderthal è un personaggio assai presente nell’immaginario collettivo. È il prototipo dell’uomo delle caverne, che tanto spazio ha avuto al cinema e nella letteratura, diventando una vera icona pop, dalle T-shirt ai libri di divulgazione storica e scientifica, fino ad alcuni trend contemporanei. «Oggi va di moda parlare di paleodiete o freeganesimo, perché c’è una voglia di tornare al buon selvaggio, all’uomo della preistoria che viveva libero nella natura», dice Giorgio Manzi, autore di L’ultimo Neanderthal racconta. «In realtà, il nostro stile di vita per quasi 200.000 anni è stato quello dei Neanderthal: cacciatori-raccoglitori, fin dal Paleolitico. E questo ci fa capire meglio chi siamo nel profondo, prima di essere uomini del Terzo Millennio».[ vai all'intervento completo]
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Una volta si diceva che un Neanderthal, confuso tra la gente nel vagone di una metropolitana, non sarebbe stato riconosciuto. Giorgio Manzi, professore di Antropologia alla Sapienza-Università di Roma, smentisce categoricamente questa idea in L’ultimo Neanderthal racconta. «I Neanderthal erano essere umani, nostri parenti stretti dal punto di vista anche dell’evoluzione, ma al tempo stesso erano diversi da noi». Lo dimostrano le innumerevoli prove scientifiche, molte delle quali ritrovate in Italia, che compongono la paleoantropologia, di cui Manzi è uno dei maggiori esperti al mondo e uno dei più grandi appassionati. «Sono un po’ Sherlock Holmes e un po’ viaggiatore del tempo», dice il professore. «E dopo avere analizzato dati ed elaborato immagini, provo a raccontare storie antichissime: storie che potrebbero assomigliare a un racconto delle nostre origini».[ vai all'intervento completo]
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«Il secondo principio della termodinamica è uno degli argomenti preferiti della scienza da bar», scrive Marco Malvaldi in un piccolo libro che, con tono leggero ma estremo rigore scientifico, racconta uno dei capisaldi della scienza moderna. Si intitola Il secondo principio ed è il primo di quattro titoli di cui si parlerà in questo podcast. Sono decine, in effetti, le analogie scientifiche che sono entrate nel nostro linguaggio comune, pur non avendo niente a che fare con il loro significato originario. Una di queste riguarda il concetto di “entropia”, che è alla base del secondo principio della termodinamica e che per 150 anni è stato al centro di un percorso di ricerca lungo e tortuoso, reso spesso più difficile dall’incapacità di alcuni scienziati di divulgare le proprie scoperte. Ciò che non si può certo dire dell’autore dei gialli del BarLume in questo libro del Mulino.[ vai all'intervento completo]