Episodit
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Clara Dragoni ha solo 21 anni quando, il 24 agosto 1944, viene arrestata insieme a suo padre Giovanni, a causa della loro partecipazione alla Resistenza. Nemmeno due mesi dopo, Clara non ha più un nome. 77344 è il numero che deve cucire lei stessa sulla sua casacca, sotto il triangolo rosso che la identifica come prigioniera politica nel campo di concentramento di Ravensbruck, in Germania. Qui Clara si trova a fronteggiare un orrore che non poteva immaginare e deve imparare un nuovo tipo di resistenza: la sopravvivenza. “Perché se noi non andiamo a casa, - le dice una compagna di prigionia russa - nessuno saprà mai cos’hanno fatto”.
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Il mondo sembra crollare in pezzi e le ferite aperte dalla guerra si allungano fino ad Argenta. Anche qui arrivano i rastrellamenti nazisti che puntano a stanare gli ebrei per deportarli nei campi di sterminio. Di fronte a questa tragedia, resiste un baluardo di umanità. È don Antonio Rasi, parroco di San Biagio, che nell’inverno del ‘43 nasconde in casa sua la famiglia Moscati, proteggendola in prima persona fino alla fine della guerra. Un uomo che per questa e per tante altre opere di bene verrà ricordato con affetto dalla comunità e verrà iscritto nel Libro dei Giusti.
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Puuttuva jakso?
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La caccia ai partigiani è instancabile. A eseguire i rastrellamenti sono gli uomini della Milizia Volontaria di Sicurezza Nazionale, meglio conosciuti come Tupìn. La notte tra il 28 e il 29 febbraio 1944 hanno ordini precisi: arrestare Guerriero Vandini, detto Ghèo, un noto attivista comunista. Ma quando fanno irruzione in casa Vandini, trovano la resistenza della madre, Agida Cavalli. La donna tenta di trattenere i miliziani mentre il figlio fugge verso la campagna, quando una raffica di mitra la atterra. Agida muore pochi giorni dopo, in ospedale, ma grazie al suo sacrificio riuscirà a salvare la vita a suo figlio Ghèo.
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Qualcosa è andato storto a Filo. Un soldato tedesco è rimasto ucciso in uno scontro con i partigiani. Le ricostruzioni dell’accaduto sono incerte. Alcune fonti dicono che lo scontro sia avvenuto in direzione Bando, altre che sia avvenuto nella villa di proprietà della famiglia Tamba, ma un fatto è chiaro: i tedeschi vogliono vendetta. Il rastrellamento che ne segue lascerà segnata per sempre la comunità: dieci italiani vengono arrestati e poi giustiziati tra il Ponte della Bastia e Filo.
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All’interno della Brigata Bruno Rizzieri, guidata da Ruggero Mazzini, c’è un soldato disertore della Wehrmacht. Tutti lo chiamano Giorgio lo Slavo, ma il suo nome è Juraj Bašnár. Mite e di poche parole, Juraj si unisce ai partigiani che si rifugiarono nelle valli dopo l’occupazione tedesca di Sant’Alberto e che trovarono la morte nel tentativo di superare le linee nemiche. Alcuni anni dopo la sua morte, alcuni argentani hanno cercato di ridare il giusto posto a Juraj nella Lotta di Liberazione, anche in patria, nella sua Cecoslovacchia.
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L’inverno ormai è passato e il fronte si muove rapidamente. Mentre Cervia e Ravenna vengono liberate dagli Alleati, lo scontro si sposta nelle Valli di Comacchio. È quella che gli storici chiamano Operation Royal Impact, che si compone, nella sue fasi, anche dell’Argenta Gap, la stretta di Argenta. I tedeschi si erano preparati allo scontro allagando dodicimila ettari di terreno e minandone oltre duemila. Il territorio viene trasformato in una grande palude deserta che fa da teatro ad uno degli scontri decisivi per l’offensiva alleata. Nel solo tentativo di superare la canaletta di Bando, all’altezza dell’Idrovora, persero la vita tra i 160 e i 200 militari alleati. Oggi l’Argenta Gap War Cemetery raccoglie i resti dei molti soldati che persero la vita al fronte.
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Il 12 aprile 1945 gli alleati sferrano l’attacco finale per fare breccia ad Argenta. Sono circa le nove di sera quando il cielo viene illuminato a giorno dai bengala. Pochi minuti dopo inizia il bombardamento. Dopo quella notte, di Argenta non rimane che un cumulo di macerie e la speranza che tutto sia finito. Pochi giorni dopo, spinto da questa speranza, Alfonso Alberoni, un partigiano di appena diciannove anni, lascia il suo rifugio per tornare dalla famiglia, ma cade sotto le raffiche di una irriducibile mitragliatrice tedesca. L’ultima vittima di una lotta estenuante, ad appena due giorni dalla definitiva liberazione di Argenta.
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La guerra è finita, ma il clima è teso. Nei giorni immediatamente dopo la Liberazione, l’Italia tutta è un cumulo di macerie che non sa ancora quale sarà il suo destino. Nel territorio di Argenta è il caos. Il cibo scarseggia, i terreni sono resi inutilizzabili a causa delle mine e delle devastazioni, malattie ormai debellate da decenni tornano a colpire la popolazione, mentre bande di criminali e razziatori si aggirano tra le macerie predando tutto quello che possono. Tra questi non mancano i casi di vendette e regolamenti di conti. Primo Ghini viene incaricato di occuparsi della sicurezza e assicurare alla giustizia criminali comuni e politici. Tra questi, c’è anche il responsabile della deportazione di Clara Dragoni e della morte di suo padre: Carlo De Santis.
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Il nostro viaggio termina qui, proprio dove è iniziato. In questo ultimo episodio seguiamo le vicende che accompagnarono la ricostruzione nell’immediato dopoguerra, grazie ai lavori compiuti dal Sindaco Bolognesi e agli sforzi di tutta la popolazione, interrogandoci sull’eredità di questa cicatrice e su che cosa significhi, oggi, conservarne la memoria.
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L’8 settembre 1943 viene firmato l’armistizio tra il Regno d’Italia e gli Alleati: la guerra è finita. Almeno questa è l’aria che si respira. La verità è che la pace è ancora lontana. I soldati tornati ad Argenta vengono considerati disertori, chi ha salutato con favore la caduta del fascismo viene arrestato e quella tedesca diventa una vera e propria occupazione. Grazie alla testimonianza del partigiano Primo Ghini, raccontiamo i mesi di caos che seguirono l’armistizio, e la nascita dei Comitati di Liberazione Nazionale, protagonisti della Resistenza.
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Ogni tragedia inizia con un evento premonitore. È il 16 aprile 1921, quasi ventiquattro anni prima che il fronte si sposti lungo l’argine del Reno, con il suo carico di morte e distruzione. Nella piazza di Argenta alcuni uomini stanno trascinando un uomo ben vestito al centro della piazza. È il Sindaco Zardi e a trascinarlo sono gli uomini delle Camicie Nere. L’uomo viene costretto a rinunciare alla sua carica e allo stesso modo rinunciano altri 25 membri del Consiglio Comunale. Qualcuno però resiste. È Natale Gaiba, consigliere comunale socialista, che si dà alla clandestinità mentre i fascisti occupano il Comune. Ma la fuga non durerà molto: la notte del 7 maggio 1921, Gaiba viene prelevato da una squadraccia per poi essere torturato e ucciso con due colpi di rivoltella. Al funerale di Gaiba, Don Giovanni Minzoni, ex-capellano militare e amico di Gaiba, pronuncia parole di fuoco contro i suoi aguzzini. Non può sapere che lo aspetta lo stesso destino. La notte del 23 agosto del 1923 Don Minzoni resta ucciso in un agguato squadrista. È il preludio della tragedia: il seme della violenza ha messo le radici.
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Un nuovo viaggio sonoro lungo il corso del Po di Primaro, per raccontare gli anni in cui questo fiume è stato uno degli ultimi terreni di scontro durante la Seconda Guerra Mondiale. Dal 1944 al 1945 il fronte si è fermato qui, alla stretta di Argenta, dove la pianura allagata e minata dai tedeschi arginò l’avanzata degli Alleati. Ripercorreremo gli argini lungo cui correvano le staffette partigiane, ascoltando le storie personali di chi lungo questo fiume si è perso e ha perso la vita per la libertà. Racconteremo soprattutto di una spaccatura, nel territorio, nella storia e negli animi umani. Una ferita di cui ancora oggi rimane la cicatrice.
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Un tempo qui era tutta palude. Non c’era traccia dei vasti campi che ora ricoprono la zona, ma un
fitto susseguirsi di boschi e aree paludose. Tra la nebbia e le zanzare, scorreva il Po di Primaro, che
deve il suo nome, fin dall'VIII secolo, al suo essere la via principale per il commercio, prediletta anche dagli Este. In questo primo racconto, conosceremo la storia dei popoli che hanno vissuto lungo queste rive, dai celti, agli etruschi, fino al dominio degli Este, alla creazione della Delizia di Benvignate e all’interrimento del Po di Primaro stesso.
Credits:
Voce: Johnny Faina https://www.instagram.com/johnnyfaina/
Testi: Johnny Faina e Gianluca Dario Rota https://www.instagram.com/quello_che_resta_/
Musiche: Leonardo Passanti https://www.instagram.com/hollyspleef/
Artwork: Federica Carioli https://www.instagram.com/_feduzzi/
Master: Gipo Gurrado https://www.instagram.com/gipogurrado/
Video Promozionale: Alessandro Carnevali https://www.instagram.com/walkingnose/ -
Se cercate su Google Maps Po di Primaro , il motore di ricerca vi indicherà un altro fiume: il fiume Reno. Questo perché tutta la zona è stata interessata da un’incessante opera di bonifica, iniziata sin dal medioevo e che ha conosciuto il suo culmine durante la Bonifica Renana, agli inizi del ‘900. In questo racconto, ascolteremo le storie dei pionieri e degli scariolanti, degli uomini e delle donne che hanno strappato questa terra alle paludi, e scopriremo perché sul letto del Primaro scorre oggi il fiume Reno.
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Le paludi, si sa, attirano personaggi loschi, a tratti suggestivi, come fuggiaschi, eretici e rivoluzionari. Nei secoli, molti briganti hanno trovato rifugio nel Delta. Tra questi, anche il più celebre bandito della Romagna: Stefano Pelloni, detto il Passatore. In questo racconto, conosceremo le storie dei masnadieri che hanno terrorizzato e suggestionato la popolazione, dall'assedio di Consandolo da parte del Passatore alla più recente caccia a Igor il Russo.
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Non molti lo sanno, ma in Italia la Seconda Guerra Mondiale è terminata proprio qui, sull’antico corso del Primaro, durante l’ultima offensiva sulla Linea Gotica. Qui l’Esercito Alleato e la Resistenza hanno combattuto le ultime battaglie contro l’esercito del Reich, in quella che gli storici chiamano Argenta GAP , la Stretta di Argenta. In questo racconto, seguiamo la storia di Robert Bell, detto Bob, originario di Pretoria, Sud Africa, che venne abbattuto sul suo Spitfire e condotto oltre le linee nemiche con l’aiuto dei Partigiani.
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In questo secondo racconto dedicato all’Argenta GAP sentiremo le storie dei Partigiani che hanno contribuito alla Liberazione, attraverso la testimonianza di Antonio delle Vacche, detto Dino, che ha ricostruito la tragica fine della squadra partigiana comandata da Ruggero Mazzini.
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La Seconda Guerra Mondiale non è stata la prima guerra sul Po di Primaro. Questo fiume ha già visto scontrarsi le flotte degli Este contro quelle papali e veneziane all’altezza della Bastia dello Zaniolo, l’attuale Ponte Bastia. Una sanguinosa battaglia fluviale, cantata anche dall’Ariosto, in cui perse la vita il capitano di ventura Federico da Montefeltro, al fianco degli Este. La storia di questa battaglia si ripete nel corso della Seconda Guerra Mondiale, intrecciandosi alla strana vicenda di un carro armato nella melassa, durante l’ultima offensiva su un ponte che non voleva crollare.
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Lungo l’argine del Reno, all’altezza di Filo, c’è una casa. Una grande casa colonica, conosciuta da tutti come Chiavica di Legno o Villa S. Anna dal nome della piccola chiesa che sorge al suo fianco. Un’ enorme cattedrale nel deserto agricolo, che porta in sé i segni di un mondo scomparso: quello dei pionieri delle valli. In questo racconto seguiremo le storie che si sono intrecciate attorno a questa casa, dalla prima bonifica fino alla sua rovina attuale.
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Tra la Valle Humana e la Valla Menata c’era un porto che si affacciava su una palude che non c’è più. Il Porto di Menate, con la sua osteria, la farmacia, la scuola e la sua bottega. Una piccola comunità fluviale che nel corso dei secoli si è convertita all’attività contadina senza perdere la sua natura valliva. In questo racconto viaggiamo tra i pantani del tempo e le storie dei fiocinini, i pescatori di anguille , fino al giorno in cui, per un momento, l’acqua non tornò a riprendersi ciò che era suo.
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