Episodes
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Il traffico di droga che si muove attraverso il porto di Gioia Tauro e gli altri porti europei, grandi e piccoli, interessa tutti noi. In questa puntata scopriremo che i gradi di separazione tra le nostre vite e un carico di cocaina che aggira i controlli sono meno di quanti possiamo immaginare. E rifletteremo su come l'ndrangheta sia riuscita a cavalcare un sistema economico capitalista e globalizzato senza disperdersi grazie a un forte attaccamento al territorio, alla dimensione famigliare e a riti fortemente locali. Primo tra tutti il consumo di una pietanza di cui sentiremo parlare un giovane pentito, il ghiro arrosto.
Le fonti audio sono tratte da: video “Ndrangheta, arrestati 6 latitanti tra Argentina, Costa Rica e Albania” pubblicato sul canale YouTube CityNow il 24 luglio 2020; video “Ganze Sendung” pubblicato sul sito Tagesschau il 15 agosto 2007. -
Nel sud della Spagna, di fronte alla costa del Marocco, c’è Barbate, una delle principali porte d'ingresso dell'hashish in Europa. Il porto è molto diverso da quello di Gioia Tauro, non ci sono gru, container e sirene, ma piccoli pescherecci, reti aggrovigliate e gabbiani. Accompagnati dai giornalisti spagnoli con cui abbiamo concepito questa serie, nel quinto episodio ci addentriamo nel "ghetto" di Barbate, El Pinar, per scoprire le diverse facce del narcotraffico internazionale e indagare le numerose coincidenze che avvicinano Barbate e Gioia Tauro. Soprattutto la rabbia, che anima gli abitanti di entrambi i luoghi.
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Episodes manquant?
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Per quale ragione un giovane nato e cresciuto nella piana di Gioia Tauro dovrebbe decidere di restare? A fare che? Se lo chiedono in molti, e alcuni hanno trovato delle risposte. Sono persone come Roberto e Nancy, che animate da quella che chiamano "una rabbia buona", si impegnano a portare semi di cambiamento nel loro territorio. Roberto - la cui famiglia è originaria di Eranova - è volontario al Dambe So, un ostello che ospita i braccianti sfruttati di Rosarno, con i quali si allena a boxe tutte le settimane. Nancy porta nelle scuole laboratori sulla legalità, una parola difficile da apprezzare perché associata alle istituzioni assenti. E così, che in un paesaggio segnato da incuria e architetture incompiute, chi rimane può limitarsi ad "ammobiliare l'inferno", oppure decidere di cercare la bellezza, e di usarla come arma di resistenza.
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Nel 1991 a Polistena, nel cuore della piana di Gioia Tauro, un commando armato cerca di uccidere i vertici di una famiglia criminale della zona, i fratelli Versace. La strage avviene proprio davanti al simbolo del loro potere, il palazzo Versace. Dei tre fratelli, solo uno sopravvive. Il palazzo viene così confiscato e dato in gestione alla parrocchia presidiata da don Pino Demasi, referente di Libera per la piana. Diviene un centro aperto alla comunità e un simbolo di resistenza all'ndrangheta, ma questo non fa desistere l'unico Versace rimasto dal vivere proprio lì davanti. Nel terzo episodio, tra le strade di Polistena, cerchiamo di comprendere l'organizzazione criminale che fa del controllo del territorio il suo più grande punto di forza.
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Nell’estate nel 1979 una donna incinta di sei mesi si corica nella pala di una ruspa per ostacolare la distruzione del paese in cui è nata e cresciuta. Quel paese - un insieme di case costruite tra uliveti, agrumeti e il mare - si chiamava Eranova e rappresentava una visione, un luogo fondato sul principio della libertà. Oggi al suo posto sorge il terminal dei container del porto di Gioia Tauro, e la gente che ci viveva è stata rilocata in villaggi satellite costruiti ad hoc, senza anima. "Solo Dio ci può vendicare" dicono oggi. In questo episodio ricostruiamo la storia del porto di Gioia Tauro, dai Moti di Reggio a Giulio Andreotti che pone la prima pietra, dando spazio ai ricordi di chi ha perso una casa e un ideale di vita in nome di un progresso che non arriverà mai.
Le fonti audio sono tratte da: ETS, Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico. -
Al porto di Gioia Tauro, uno dei principali hub del Mediterraneo dedicati al transhipment, negli ultimi anni è arrivato circa il 90% della cocaina sequestrata in tutta Italia. Questo perché ne passa molta, ma anche perché i controlli sono sempre più severi. La serie si apre seguendo un'operazione degli agenti della Guardia di Finanza per la distruzione di mezza tonnellata di cocaina purissima. Da qui partiamo per capire come funziona il porto di Gioia Tauro, i suoi traffici leciti, resi possibili grazie all'Autorità portuale e ai lavoratori del terminal, ma anche quelli illeciti, gestiti dalla forza criminale che in questa zona della Calabria affonda le sue radici, la ’ndrangheta.
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Il porto di Gioia Tauro è uno dei maggiori snodi per il transhipment nel Mediterraneo, ma anche una delle principali porte del narcotraffico in Europa. Partendo dalla distruzione di mezza tonnellata di cocaina, questa serie ci porta nella piana di Gioia Tauro, tra le gru del suo porto, ma anche tra le strade dei suoi paesi, dentro le case. Ascoltando le storie di chi vive nella piana, capiremo come la costruzione del porto ha cambiato la natura di quel territorio e della forza criminale che lì affonda le sue radici, l'ndrangheta. Scopriremo che vivere nella piana può significare due cose: imparare ad "ammobiliare l'inferno" o animarsi di rabbia, la rabbia buona e necessaria per cambiare le cose. Ed è proprio questo sentimento che ci condurrà, in una delle puntate, a molti chilometri di distanza. Finiremo a Barbate, in Spagna, un'altra porta del narcotraffico, per comprendere come tutto quello che avviene in queste piccole città di porto del Sud Europa riguarda tutti noi. A condurci in questo viaggio sono Francesca Berardi e Anna Sergi, con la collaborazione di Manu Tomillo e Javi Caminero di Podium Podcast (Spagna).