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Non è mai facile mettere la parola “fine” ad un qualcosa che si è cominciato e che si è vissuto con passione ed entusiasmo. È per questo che oggi termino questa prima peregrinazione tra le parole proprio con la parola “conclusione”. Conclusione viene da "cum claudere", "chiudere con", ed ho pensato istintivamente, a questo "chiudere con" come ad una fine, una spaccatura, una rottura, dolorosa, bruciante, rabbiosa. Eppure la preposizione "con" ci fa capire che una conclusione può essere vissuta anche in modo inclusivo, dove per girare veramente una pagina c'è bisogno dell'altro, degli altri.
Il verbo latino “claudo”, concludo, fa pensare anche ad un’altra parola: zoppicare. In fondo, spesso quando ci troviamo a scrivere la parola “fine” di un qualcosa, ebbene sì, zoppichiamo, anche vistosamente! È come se perdessimo per un attimo o per il periodo di cui abbiamo bisogno, la nostra stabilità, il nostro pieno contatto con la terra. Di fronte ad una fine, ci sentiamo più fragili, più vulnerabili. I nostri passi perdono fiducia. Il nostro procedere si fa incerto. Perché non è mai scontato, semplice, indolore, voltare una pagina e cominciarne una nuova. Forse è anche per questo che spesso tante storie, tante situazioni si incastrano sulla soglia di una possibile conclusione che però non avviene mai.
La conclusione ha qualcosa da dirci. Dice qualcosa di noi, dell’altro, degli altri, del nostro modo di vivere i rapporti, di quanto siamo consapevoli di ciò che ci si muove dentro e dei colori che diamo alla vita. La dice lunga sul nostro modo di maneggiare le emozioni, sulla nostra capacità di ascolto. Forse la nostra difficoltà deriva dalla cultura che respiriamo nella nostra società odierna. Viviamo molto di immediatezza, scuciti dalla memoria e dalla progettualità del domani, svuotati però dalla potenza dell’abitare il momento presente. Sembra che la nostra generazione, ed i giovani ancor più, siano incapaci di convivere con la fragilità, con l’ineluttabile fine delle cose.
Dobbiamo riconoscere poi che la nostra società occidentale ha un grosso problema con la fine ultima: la morte! Viene ancora negata, rimossa, perché ci confronta con un’intensità pazzesca ad un mare di cose di fronte alle quali ci sentiamo persi ed incapaci di assumere, di fare nostre, di elaborare, metabolizzare. Passaggi necessari per vivere pienamente ed in verità! Ma una società che nega la morte, amputa in qualche modo la vita stessa. Le toglie il suo compimento. Le disconosce un pezzo importante di senso e ciò non aiuta a vivere forse nel modo migliore! La rimozione della fine spoglia anche il fine.
Spesso la parola fine ci sta solo chiedendo di fare come una constatazione amichevole di alcuni aspetti della nostra vita che non calzano più con ciò che siamo diventati col tempo. La vita inesorabilmente, e aggiungo io, silenziosamente, ci cambia. Ci sono cose che col tempo non ci appartengono più, che ci stanno strette, che sono diventate scorie del passato, che non sentiamo più nostre. DI fronte ad un capolinea a volte l’unica cosa che possiamo fare è semplicemente accettare, accogliere, desistere, riconoscere, lasciare. Ogni conclusione racchiude quindi delle opportunità, delle sfide. Porta dentro di sé i semi di nuovi inizi che fatichiamo spesso a vedere mentre siamo avvolti dalla nebbia fitta delle emozioni che ci travolgono.
Quest’ultimo podcast non è quindi una fine, ma ancora una volta, il proseguimento del viaggio che puoi vivere verso di te, in apertura all’altro, agli altri, andando incontro alla Vita!
Continua felice il tuo percorso, abbi cura di te e vivi il momento presente! Il resto, conta relativamente!
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Ah dio mio, come passa il tempo…! Quante volte ci sorprendiamo ad ammettere l’inesorabilità delle ore che scorrono! Ti dico questo perché sì, è già un anno che ho cominciato un po’ per gioco, un po’ per diletto questa rubrica, e mi sorprendo a vedere quanta strada abbiamo fatto insieme! Il tempo, quest’entità astratta, sfuggente, che però ci avvolge e determina la nostra vita. Il tempo…che non ci basta mai, che ci passa veloce tra le mani, che ci sospinge in avanti senza pietà in questo viaggio che è la vita, dove ogni tanto vorremmo frenare, fermare le cose, come per assaporarle meglio. Quante volte ci sentiamo nella morsa del tempo.
Il tempo è una dimensione alla quale l’uomo è confrontato da sempre. Il concetto di tempo è infatti molto antico e non a caso ha affascinato i padri della filosofia. Diciamo che l’uomo nel corso dei secoli ha cercato di prendere le misure con la realtà del tempo. Ma il tempo sfugge ad ogni controllo.
Il tempo è passato poi da una dimensione fisica e filosofica, ad una dimensione soggettiva, esistenziale. Il tempo esiste perché lo si percepisce nella vita. È diventato quindi memoria legato al passato, impegno riguardo al presente ed attesa rispetto al futuro.
Sì, perché il tempo è vita: vita vissuta dentro ad una storia. Vita che ci plasma, ci invita, ci offre delle proposte nel attimo presente. Vita promessa per il nostro domani. Ne parlo in questo nuovo podcast. Con l'umiltà di sempre.
Buon ascolto!
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Lascio sempre che sia la vita a suggerirmi una nuova tappa da vivere insieme a te. Le cose che viviamo, i fatti e le immagini che ci toccano, i racconti che ci entrano nel cuore. Tutto mi parla. Ed oggi, ho sentito l’invito a soffermarmi su una parola molto impegnativa e per la quale mi sento profondamente inadeguato. È la parola preghiera. Non credere che sia qui a balbettare qualcosa della preghiera, con la presunzione di chi ha capito tutto. No, assolutamente. Provo a riflettere su questa parola a partire dalle mie domande. Il tema è vasto. Da dove possiamo partire? Mah, direi da una constatazione. E cioè quella che sembra dirci che l’uomo ha sentito probabilmente sin dagli albori della sua storia, il bisogno di andare oltre se stesso e rivolgersi ad un’entità più grande. Ha rudimentalmente sentito che era solo una piccola parte di un tutto molto più grande di lui.
C’è sempre stato però un grosso problema: la sofferenza delle vittime e le conseguenti domande generate nel dolore. “Perché dio ha permesso questo? Perché ha lasciato che morissero degli innocenti? Perché non è intervenuto in nostra difesa contro i violenti?". C’è stato un evento terribile della nostra storia che ha suscitato profondi interrogativi in ogni uomo e donna, credenti o non credenti. La Shoah. Di fronte all’assurdità e all’orrore di questa immane tragedia, è nata spontaneamente nei cuori la dolorosa questione: e Dio dov’era? Dopo Auschwitz, secondo Hans Jonas, parlare di onnipotenza di Dio è del tutto impossibile. Qualcuno disse che dio era proprio in quei campi concentramento dove morivano gli innocenti. E allora mi chiedo: può questa idea di dio riconciliarci con lui e aiutarci ad andare oltre quella rabbia e quel senso di impotenza che a volte sentiamo dentro di noi?
Di questo e di molto altro provo a parlane in questo podcast. Con le mani vuote. In punta di piedi. Con l'umiltà di chi si sente in continua ricerca e spoglio di verità assolute.
Buon ascolto!
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La brutalità della guerra ci ammutolisce, ci fa sentire smarriti dentro a questa terribile tragedia, ma le parole, quelle buone, possono essere lo scudo per difenderci dalla barbarie e resistere. Quale parola è importante allora estrarre dalle macerie che si sta lasciando dietro questa terribile guerra? Cosa è necessario preservare, proteggere da questa spietata violenza? Nel deserto dell’anima e nel suo silenzio ho sentito sussurrare la parola “umanità”. Questo podcast è un tentativo umile, probabilmente vano, di raccontare altro oltre alle cronache devastanti della guerra. Raccontare l’umanità che emerge e ci fa tenere insieme pezzetti fragili di quella speranza di cui abbiamo disperatamente bisogno per guardare al presente e al domani che ci aspetta. Nelle peggiori tragedie, dentro le più grandi violenze, anche dentro i più terribili stermini, ci sono stati sussulti coraggiosi di donne ed uomini che hanno difeso l’umanità! Come se nei peggiori momenti, nelle più terribili vicende, sbocciasse nei cuori di molte persone l’istinto a non annientare anche la nostra natura umana. Anzi, a proteggerla, a custodire la vita, a salvare altri essere umani che in quei momenti riusciamo a vedere con altri occhi. Perché sono gli occhi, il volto dell'altro, il segreto per un mondo più umano! “Non possiamo disperare nell’umanità, dal momento che noi stessi siamo esseri umani”, diceva Albert Einstein. Nutriamoci dell’umanità di cui è piena la storia, di cui siamo circondati. Il mondo ci apparirà meno brutto e desolante. Nonostante tutto. Al di là di ogni cosa terribile che ci avvolge.
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Oggi sento la dolorosa necessità di tentare di parlare di ciò che più ci sta a cuore in questi giorni difficili, in cui stiamo tutti vivendo intensamente il dramma che si sta consumando in Ucraina. Voglio soffermarmi sulla parola “pace”. Senza retorica né sentimentalismi. Lasciando da parte ogni ipocrisia. Ogni guerra, vicina o lontana, entra violentemente nelle nostre case, nelle nostre vite, con immagini e parole che ci turbano, ci scuotono, lasciandoci addosso un frustrante senso di impotenza con il quale è difficile convivere. Le ragioni di una guerra sfuggono infatti alla nostra razionalità. Le violenze dei conflitti che affliggono l’umanità, soffocano dentro di noi la potenza della parola “pace”, che di fronte a queste cose più grandi di noi, appare così fragile, così indifesa. La guerra, con i suoi cannoni e le sue armi fa un rumore assordante, si prende tutto lo spazio mediatico (e questo ahimè, solo quando lo si vuole), mentre la pace è fatta di passi silenziosi, di mani che si uniscono, di cuori che si abbracciano, di gesti che spesso non fanno clamore.
La pace non è assenza di conflitti. Non è solo l’accordo che si trova per mettere fine ad azioni militari. La pace o è l’impegno di una vita, o non è. Non è solo la risposta ad una crisi bellica. La pace dovrebbe essere una costante opera di prevenzione di ogni guerra. Dovrebbe essere la condizione alla quale lavoriamo tutti per il bene della nostra Terra. Perché la pace si coniuga con libertà, giustizia, disarmo, riconoscimento dei diritti, democrazia, solidarietà. È opera di tutti i giorni. È rompere il manto freddo dell’indifferenza che rischia di lasciarci spettatori solo perché stiamo parlando di guerre lontane, che non ci riguardano, dove il nostro paese non è coinvolto. Per chi desidera la pace, non c’è vicenda umana che non sia anche sua, che non tocchi la sua vita, che non intacchi il suo destino, che non calpesti il suo essere uomo, donna.
Ne provo a parlare in questo podcast, con l'umile e sofferto desiderio di chi tenta di fare della pace il programma della sua stessa per una vita. Per dare al mondo un volto più umano e pacifico.
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Parlare del tradimento non è cosa facile, perché significa fare un viaggio coinvolgente dentro ad uno dei dolori più diffusi. Perché questa rottura, questa lacerazione avviene dentro alle relazioni più preziose e sostanziali della nostra vita. Il tradimento ahimè, nasce proprio dentro alla fiducia concessa, donata. Dentro rapporti che sono stati intimi. Non sono gli sconosciuti, i “nemici” a tradire. Sono invece proprio le persone che fanno parte della nostra vita a pieno titolo e che occupano un posto speciale nel nostro cuore! Dice Umberto Galimberti che “il tradimento appartiene all’amore come il giorno alla notte”. Ci troviamo di fronte, quindi, a qualcosa di estremamente travolgente, intenso, e che tocca il cuore del nostro vivere. E che è allo stesso tempo delicato, immensamente fragile, da maneggiare con cura, complesso, perché parliamo di cuori, anime, vite, percorsi umani. Un argomento così delicato di cui non si può parlare in modo “tranchant”, perentorio, assoluto. Ci vogliono tutte le accortezze del caso ed un’immensa delicatezza.
Provo a parlarne lasciando da parte ogni giudizio e cercando parole che non feriscano. Provo a lasciar parlare la comprensione. Con la tenace, ostinata convinzione che anche quando tutto attorno a noi crolla, possiamo trovare la forza di rimanere in piedi e riprendere il nostro cammino. Quella forza che si ritrova dentro al cuore solo chi ha vissuto una battaglia, chi ha compiuto la grande impresa di non soccombere al dolore, chi si è trovato di fronte al niente ed ha trovato il coraggio di credere che quel vuoto è una nuova pagina bianca messa nelle sue mani dalla Vita. Per tornarci a scrivere il nostro presente colorato del domani che sogniamo. Perché c'è sempre un cammino per ricominciare.
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Eccoci qui a continuare questo nostro viaggio insieme, e nella tappa di oggi parleremo del coraggio. Perché se nello zaino della vita non ci mettiamo il coraggio, come facciamo ad affrontare le tante traversie che ci troviamo a vivere lungo il cammino? Il coraggio non è una qualità innata, ma piuttosto un’attitudine, un modo di vivere la vita e che come tale si può quindi coltivare, accrescere, rafforzare, riattivare. Non è negazione delle paure, ma semplicemente quella forza che dopo averle guardate in faccia, ci consente di fare un passo avanti, andare oltre, liberi dal loro condizionamento. Il coraggio non è incoscienza, spavalderia, sfrontatezza. Non è credersi invincibili, né negare o rimuovere oltremisura i limiti inevitabili della vita. Nasce dentro ad una profonda, anche dolorosa consapevolezza. Non perde mai il contatto con la realtà, ed è capace di smuovere ogni risorsa per arrivare al raggiungimento degli obiettivi più importanti per la nostra vita. Ed il coraggio più bello è quello di tante donne ed uomini ordinari, che hanno saputo rendere straordinaria la loro vita di tutti i giorni. Nell'etimologia di coraggio, ci troviamo la parola "cuore". Ecco dove risiede la possibilità di vivere il coraggio necessario alla vita! Ne provo a parlare in questo podcast, con l'umiltà di sempre.
"L'importante non è stabilire se uno ha paura o meno; è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa. Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza”. (Giovanni Falcone)
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È giunto il momento di parlare di una parola che da molto tempo porto coscientemente qui con me e di cui non avevo fino ad oggi trovato ancora il coraggio di parlare. Una parola la cui complessità mi ha più volte scoraggiato e della cui portata mi sentivo troppo piccolo. Ma d’altronde io qui sono solo un microfono, un tramite, una cassa di risonanza, con parecchi difetti ed incapacità, ma che in qualche modo tenta di permettere alle parole di venirvi a trovare. Ho provato a parlare del perdono allora, mettendo da parte ogni frase fatta, ogni idea preconfezionata, ogni bella riflessione già pronunciata al riguardo, per riscoprirne la sua incredibile portata. Sì, il perdono è una delle cose più belle che possano accadere nella vita! Perché come ha detto il professor Massimo Recalcati “Il perdono è forse la sola esperienza che permetta ad un essere umano di toccare qualcosa della resurrezione. Perché nel perdono facciamo esperienza di qualcosa che è morto - per esempio, un amore tradito -, e che grazie al perdono ritorna in vita”. Ne parlo in questo podcast, con la commozione di chi sente che nel perdono intravede e sfiora uno dei tesori più preziosi che ci possa regalare la vita. Buon ascolto!
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Oggi ho voglia di parlarvi della leggerezza, una di quelle parole che possono aiutarci a vivere meglio i nostri giorni. Non trovate anche voi che siamo un po' tutti impantanati nel fango delle nostre emozioni, appesantiti dalle vicende che ci attraversano nel quotidiano, bloccati da macigni che ci portiamo sulle spalle e di cui spesso non siamo nemmeno consapevoli? Abbiamo un disperato bisogno di leggerezza! Ma leggerezza non è superficialità, non significa mettere tra parentesi la realtà delle cose che ci fanno soffrire. La leggerezza di cui abbiamo veramente bisogno è quella che sboccia dentro di noi dopo un percorso, un serrato faccia a faccia con noi stessi, dopo magari aver fatto a pugni con la vita. Nasce dentro alla consapevolezza delle zavorre invisibili che ci impediscono di volare. Sì, perché come diceva Italo Calvino, "la leggerezza non è superficialità, ma planare sulle cose dall'alto, e non avere macigni sul cuore". Se riusciamo ad elevarci da un quotidiano che ci trascina giù verso terra, avremo buone possibilità di favorire un nuovo sguardo sulle cose, sul mondo, e lasceremo una volta per tutte quei fardelli portati per troppo tempo. Sì, la leggerezza è indispensabile per liberare la vita e ridarci ogni giorno la possibilità di prendere il volo. Niente di facile, di illusorio, di banale. Semplicemente un viaggio che vale la gioia fare!
"Durante il giorno, cammina con leggerezza, siedi con leggerezza. Sorridi più spesso guardando in alto, come se sorridessi al cielo." - Swami Kriyananda.
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Se c'è una parola che non poteva mancare in questa serie e che forse attraversa e unisce tutte le altre, questa parola è umiltà. Senza umiltà non andremmo molto lontano nella vita, non ci daremmo opportunità di crescere, non lasceremmo entrare le persone nel giardino del nostro cuore. Una parola che oggi non va di moda e che è stata troppo maltrattata, mettendole addosso significati ed interpretazioni incongrue. Umiltà deriva da "humus", che significa terra, ed è proprio nel legame alla terra il segreto della sua forza. In una società che considera gli umili degli "sfigati", mi sento di dire anch'io "beati gli umili", perché vivono una vita vera, libera da un mare di finzioni, in armonia con la terra di cui non dimenticano di essere plasmati. Beati perché ridanno la giusta dimensione al mondo, alle cose che veramente contano, al valore inestimabile delle persone. Disse Kierkegaard: "la felicità è una porta che si apre dall'interno; per aprirla bisogna umilmente fare un passo indietro". Come a dire che l'umiltà ci spalanca questa soglia e ci fa compiere passi silenziosi verso una vita veramente felice.
Ne parliamo in questo podcast, con la semplicità e la modestia di sempre.
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"Serendipità" è una parola venuta alla ribalta grazie ad un famoso film americano, ma ha una storia antica. È stata coniata dallo scrittore inglese Horace Walpole nel 1754, dopo aver letto una fiaba persiana arrivata in Europa ben due secoli prima, ed è ormai entrata a far parte del nostro dizionario comune. Cosa indica? La capacità e la fortuna di fare casualmente delle felici scoperte mentre si cerca tutt'altro. È proprio questo il fattore discriminante per poter parlare di serendipità: la sua imprevedibilità e la sua non consequenzialità con quanto si stava cercando. Una parola che ci invita a guardare al futuro con una fiducia incondizionata, perché la Vita non aspetta altro che sorprenderci con eventi e possibilità che possono cambiarci l'esistenza!
Ma occorre essere predisposti alla serendipità, altrimenti non sapremo riconoscere e percepire queste grandi scoperte ed opportunità che ci vengono regalate in modo del tutto inaspettato. Ne parliamo in questo podcast, con la semplicità e l'umiltà di sempre.
"A volte le strade più panoramiche della vita, sono le deviazioni che non si aveva intenzione di prendere". (Angela Blount).
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Siamo cresciuti con la paura innata del buio, come se questo spazio oscuro fosse doverosamente ostile, nemico, pericoloso. Crescendo la vita può insegnarci invece che il buio può essere un momento favorevole per imparare a vedere le cose con occhi diversi. Nella corrispondenza greca della sua etimologia latina, troviamo un'interessante riferimento al fuoco, alla purificazione, come se il buio indicasse la possibilità di vivere un momento favorevole di trasformazione, di spoliazione, di verità cruciale per la nostra esistenza. Forse abbiamo semplicemente bisogno di imparare ad addomesticare il buio, a farcelo amico, a credere nei suoi inviti, e trovare il coraggio di abitarlo. Dopo questo percorso a passi incerti e titubanti, torneremo alla luce con uno spirito nuovo, una nuova conoscenza di noi stessi, una rafforzata consapevolezza. "Il sole mostra. Il buio rivela", ha scritto qualcuno. E il buio può svelarci, rivelarci qualcosa di decisamente importante per ciascuno di noi. Facciamogli credito!
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“La vita ci scappa via, minuto dopo minuto, e non possiamo andare a comprarla al supermercato. Quindi lotta per viverla, per dare contenuto alla tua vita”. Queste parole di Pepe Mujica risuonano spesso dentro di me e mi ricordano che la vita è un dono troppo prezioso per essere sprecato. Perché con troppa facilità ci dimentichiamo di vivere veramente e ci accontentiamo inconsapevolmente di stare a galla. In questo podcast parliamo dell’importanza di rinascere. Perché come disse Pablo Neruda, siamo al mondo per questo: per rinascere, ogni giorno! Il Natale, la fine di un anno e l’inizio di un nuovo pezzo di vita che si affaccia all’orizzonte, sono un’occasione per tornare ad abbracciare la nostra vita e darle quelle opportunità di cambiamento nascoste nel profondo del cuore. Perché è una questione di vita o di sopravvivenza, di rinascita o di un’esistenza che rimane impigliata nella crisalide in cui abbiamo preso forma. Perché c’è sempre modo di ricominciare. Oggi, domani, sempre. E insieme troviamo la forza ed il coraggio di farlo.
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Nella "giungla" nella quale ci muoviamo quotidianamente, sembra spesso non esserci spazio per la bontà. Forse predomina questa sensazione opprimente solo perché la bontà non fa rumore. Eppure è la bontà a salvaguardare il mondo, a custodire il meglio dell'umanità! Non parlo della bontà fatta di buone azioni, di volontarismi, di fioretti e che sboccia naturalmente quando si avvicina il Natale. La bontà più vera è quella nata dalle ceneri di chi ha fatto un percorso per spogliare e purificare anche le intenzioni più nobili ed imparare così a guardare solo al bene più grande. Incondizionatamente, gratuitamente, senza doppi fini né rivendicazioni.
La bontà non è solo uno spazio limitato alla nostra casa, ai rapporti con le persone che amiamo. Se diventa LO stile di vita, si rivela essere il miglior investimento che si possa fare per vivere al meglio la propria esistenza. Ci si sente così travolti da un'abbondanza di vita che solo la bontà può regalare. Ne parlo in questo podcast, con la semplicità e l'umiltà di sempre. Buon ascolto!
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Sono convinto che se sapessimo veramente ascoltare, vivremmo in un mondo diverso. L'ascolto del cuore, empatico, attivo è la chiave per sciogliere quei nodi che legano le nostre relazioni e che può aiutarci a viverle in modo liberante, sereno, maturo, reciproco. L'ascolto vero si sofferma su ciò che non si dice, non si ha il coraggio di esprimere e magari rimane incagliato nei silenzi o si trattiene dentro ad uno sguardo. La nostra capacità di ascolto influisce sulla qualità della nostra comunicazione, come dice Carl Rogers. Più impariamo ad ascoltare e più sapremo creare degli spazi di incontro vero dove passa la Vita. Perché ciò che conta sono le relazioni con gli altri, e l'ascolto attivo è la condizione indispensabile per non perdersi questo "tesoro".
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La vita è un meraviglioso viaggio racchiuso tra due grandi respiri. Il primo, quando veniamo al mondo. Il secondo, quando esaliamo lo spirito e ritorniamo alla terra. Tra questi due attimi che racchiudono la vita, ci sono milioni e milioni di respiri che custodiscono e alimentano la vita dentro di noi! Noi presi come siamo nella corsa frenetica di tutti i giorni, non ce ne rendiamo nemmeno conto. Magari sentiamo che siamo in affanno, che ci manca l'aria, che abbiamo il fiato corto, che facciamo fatica a respirare, ma non abbiamo ancora imparato ad ascoltarci e sentire il nostro respiro, la vita che circola dentro di noi. In questo podcast provo ad approfondire questa tematica, in un profondo desiderio che riusciamo tutti a tornare a quella qualità di respiro, e quindi di vita, che vorremmo tutti vivere giorno dopo giorno. "Ricordati di respirare. Dopo tutto, è il segreto della vita" (Gregory Maguire).
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Ci sono un mare di cose nella nostra vita che si ripetono. Ciclicamente ritornano, si ripresentano. Mi riferisco a quelle con le quali immancabilmente ci troviamo disarmati a dover fare i conti e nel cui confronto spesso ne usciamo male. Quelle situazioni, emozioni, dinamiche, conflitti, reazioni che ci troviamo a dover vivere (non a caso) con regolarità, come delle costanti della nostra vita, e che rifuggiamo perché ci piacciono poco e ci fanno sentire fragili, inadeguati, incapaci. Eppure questi aspetti che si ripetono sono interessanti perché ci dicono qualcosa di noi. O meglio, ci stanno chiedendo qualcosa. Ci sbattono in faccia una petizione, una domanda che può essere cruciale, vitale per la nostra vita. Come sempre propongo un cambio di prospettiva e di tattica. L'invito è a non perdere l'incontra con se stessi che si cela nelle cose che ci appartengono e che si ripetono, e mettersi in ascolto, per trovare quel messaggio capace di farci fare salti vitali di crescita, maturazione, consapevolezza che ci portano verso una vita più felice, riconciliata, serena. Ne tento di parlare in questo podcast. Buon ascolto!
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Tutti sappiamo di aver paura, ma forse troppo spesso dimentichiamo di quanto le paure controllino, condizionino la nostra vita! Le paure non ci piacciono e ne faremmo volentieri a meno. Sappiamo bene infatti quanto siano capaci di paralizzarci. Sono però una parte importante del nostro essere, un'emozione che non deve essere combattuta ma abbracciata. Ascoltando le paure e familiarizzando con loro, disinneschiamo il loro potere bloccante e le ridimensioniamo, attribuendo loro il giusto posto che devono avere nella vita. Possiamo imparare a danzare con le nostre paure ed evitare così che ci impediscano di vivere troppo cose togliendo sapore ai nostri giorni. Il grande trucco è dimorare nel momento presente. Come dice Milan Kundera infatti, "l'origine della paura è nel futuro, e chi si è affrancato dal futuro, non ha più nulla da temere".
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La rassegnazione è una condizione molto diffusa, che si mantiene viva nel silenzio e soffoca i nostri sogni e le nostre ambizioni. È uno di quei virus invisibili che minacciano le nostre vite e ci portano alla resa frustrata e amara per le troppe cose che non si possono cambiare. La rassegnazione aleggia attorno a noi e la sentiamo nelle parole e nelle scelte degli altri - e magari anche nelle nostre - quando percepiamo atteggiamenti di rinuncia nutriti dalla sfiducia. La rassegnazione ci ha spesso detronizzato e decide per noi, dirige i nostri passi, comanda i nostri giorni. In questo podcast parleremo di come smantellare il suo potere e del desiderio di non smettere mai di credere nella magia della vita generata dalla fiducia. Buon ascolto!
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Desideriamo tutti la gioia, ma forse la cerchiamo nel luogo sbagliato. Gioia deriva dal sanscrito Yuj, che significa unire, legare, e se abbiamo difficoltà a trovarla è probabilmente perché siamo disgregati, frammentati, e viviamo troppo in superficie. Sembra che la gioia sia infatti il risultato di una pace che nasce nel profondo! Siamo parte di un percorso, raccogliamo ciò che seminiamo, ed anche la gioia è il frutto di un cammino verso di noi. La gioìa è semplice, naturale, scaturisce dalle cose più piccole e semplici della vita. È alla portata di tutti, e forse soprattutto di chi ha più sofferto ed ha scavato dentro di sé col suo dolore, lo spazio necessario perché germogli e viva la gioia più vera. Buon ascolto!
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