エピソード
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Oggi partiremo per un viaggio attraverso i luoghi che, più di tutti, hanno influenzato le scelte artistiche di Emil Nolde, ma anche quelle che riguardano la sua vita e le sue preferenze più strettamente lavorative. Il legame di Nolde con il paesaggio della sua infanzia lo contraddistingue particolarmente tra i suoi colleghi contemporanei, rivelando un aspetto profondamente intimo della sua personalità, che si riflette nelle opere paesaggistiche fin dai primissimi anni del secolo scorso. Prima della guerra, prima degli orrori del nazismo, Nolde ci racconta le sue terre e i suoi panorami, attraverso gli occhi di chi, almeno con il cuore, quei luoghi non li ha mai abbandonati.
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Essere un artista significa vivere alla costante ricerca di scoperta, conoscenza, sperimentazione, emozioni, trovare una chiave di lettura della realtà nuova e dimostrarsi in grado di guardare dove altri si limitano a vedere. Le Miniature di Herbert Beck nascono proprio da questo, dalla sua capacità di scoprire e creare arte laddove molti altri vedrebbero solo…macchie di colore.
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“Gli anni passavano. Talvolta lavoravo rintanato in una stanzetta nascosta. Non potevo smettere di
dipingere. Ero stato privato del diritto di procurarmi i materiali ed erano quasi solo le mie piccole,
speciali idee che ho potuto dipingere e catturare su minuscoli fogli, i miei “quadri non dipinti”, che
sarebbero diventati grandi, veri quadri quando loro e io ne avessimo avuto il permesso”.
Così Emil Nolde racconta la genesi dei suoi “Ungemalte Bilder” nel dattiloscritto del terzo volume delle
sue memorie: più di 1300 opere su carta, piccoli acquerelli coloratissimi e parte fondamentale della
storia artistica di Nolde, nonché fulcro di una sorta di leggenda grazie alla quale lui e i suoi piccoli lavori
sono stati per lungo tempo considerati quali simbolo della resistenza artistica alla politica repressiva di
Hitler. La realtà, però, come sempre sarebbe un’altra e decisamente più complessa. -
Herbert Beck ha solo tredici anni quando il Partito nazionalsocialista sale al potere nel 1933. La prima esperienza di Beck con la realtà bellica avviene nel 1940, quando viene arruolato tra le fila dell’esercito tedesco; grazie però alle conoscenze del padre e al suo talento, riesce ad entrare in un corpo musicale come clarinettista. Pur non combattendo in prima linea, Beck è però testimone diretto di quanto lo circonda in quel periodo, dell’orrore e dei crimini della guerra da parte di entrambe le fazioni in conflitto. L’esperienza della guerra e del dopoguerra segnano profondamente l’uomo e l’artista e Beck, come molti altri, trasforma il trauma e il dolore in opere d’arte potenti, sincere, a volte devastanti che rientrano nel ciclo da lui intitolato “La crudeltà dell’uomo”.
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Tante volte abbiamo parlato del ruolo capillare ricoperto dal colore, ormai protagonista e attore principale delle opere realizzate dagli artisti dell’Espressionismo tedesco, tra i quali, naturalmente, ritroviamo Emil Nolde e Herbert Beck. Questo tema è stato al centro di un interessante intervento da parte di Simona Zampa, insegnante del Corso di Teoria del Colore all'Istituto Internazionale di Architettura di Lugano, che ha guidato i visitatori della Fondazione Braglia attraverso la lettura dei colori di Emil Nolde ed Herbert Beck partendo dalla teoria del colore sviluppata dall'artista tedesco Josef Albers durante gli anni di insegnamento al Bauhaus, al Black Mountain College del North Carolina e alla Yale University.
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La parte di repertorio dedicata a vichinghi, guerrieri e figure fantastiche costituisce un pezzo fondamentale del complesso puzzle umano e artistico che risponde al nome di Emil Nolde. Dai primi anni ’30, come sappiamo, Nolde trova comunanza di idee con la propaganda nazionalsocialista, concentrando la propria spinta patriottica nel linguaggio che egli maggiormente padroneggia, ovvero quello artistico. Il seme dell’avvicinamento di Nolde al mondo fantastico e mitologico viene gettato fin dai primi anni del Novecento, in particolare è nell’estate del 1901 che il pittore, come egli stesso racconta nei suoi diari, si reca a Lildstrand, un piccolo villaggio di pescatori nel nord-est dello Jutland, dove Nolde può immergersi appieno in un’atmosfera che riporterà poi nelle sue opere.
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A partire dal 2000, Beck aggiunge le Faces of the world al suo già vasto repertorio figurativo, approfondendo e intensificando gli aspetti più cupi dei suoi soggetti, volti inquietanti e sfigurati, crudeli e sofferenti, talvolta con tratti estremi, che rappresentano l’insanabile frattura dell’animo umano, causata dagli avvenimenti del XX secolo, una frattura che Herbert Beck percepisce, prima di tutto, in sé stesso e che lo porterà a dedicarsi ai volti del mondo fino alla morte.
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Oggi ci concentriamo brevemente sulla genesi e lo sviluppo di uno dei grandi movimenti avanguardistici del Novecento, l’Espressionismo. Partendo dalle parole della professoressa Elena Pontiggia, storica, critica dell’arte e docente all’Accademia di Brera e al Politecnico di Milano, che di recente è stata ospite della Fondazione Braglia e ci offre uno spunto di riflessione sull’ importanza di questa corrente artistica e su come al suo interno si inserisca la figura di Emil Nolde.
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Qual è la prima cosa che viene in mente quando si pensa alle maschere e ai travestimenti? Probabilmente verrà da sorridere, perché, in fondo, una delle ragioni principali per le quali ci si traveste è legata al divertimento, nostro e di chi ci sta attorno. L’impiego delle maschere, però, è antico quanto la storia delle arti, da quella teatrale a quella figurativa, ed è in questo scenario che si muove Herbert Beck, interpretando a modo proprio il tema del mascheramento quale manifestazione simultanea di molteplici piani di realtà.
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Fino ad ora non abbiamo ancora incontrato un soggetto, quello dell’infanzia, che ricorre solitamente nella produzione di molti artisti ma che, invece, si ritrova raramente nel repertorio di Emil Nolde e Herbert Beck. Ed è per questo che le opere di cui parleremo oggi spiccano specialmente tra quelle già raccontate, così particolari e diverse tra loro: la narrazione dell’infanzia da parte di Beck sembra essere legata alle proprie vicende personali, mentre quella di Nolde rimanda a luoghi esotici e lontani, un approccio forse più insolito ma non per questo meno intimo.
The Children's Room di Audionautix è un brano concesso in uso tramite licenza Creative Commons Attribution 4.0. https://creativecommons.org/licenses/by/4.0/ Artista: http://audionautix.com/ -
Contraria sunt complementa, ed è proprio vero che, spesso, aspetti della vita tra loro contrastanti convivono, in realtà, in quella che si rivela essere una condizione armoniosa.
Il tema di oggi è proprio questo, la dualità di soggetti, colori e sensazioni che, grazie ai nostri artisti, si trovano a fronteggiarsi nelle loro opere, trasformate in palcoscenici di una performance quantomai vera e concreta, perché la vita stessa è fatta di grandi assonanze ma anche di grandi contraddizioni. -
Un ritratto può raccontare di noi molto più di quanto siamo capaci di fare a parole perché è un’immagine chiara, spesso rivelatrice di qualcosa che vorremmo nascondere ma che non si riesce a celare all’occhio e alla mano di un artista. E, naturalmente, anche Emil Nolde ed Herbert Beck ci hanno regalato moltissimo materiale per approfondire il nostro dialogo intorno alla loro arte anche a questo vastissimo e interessante ambito. Prenderemo oggi in esame due opere che sorprendono per quello che può apparire, quasi uno “scambio di persona” fra Nolde e Beck.
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Nel secondo episodio vi abbiamo raccontato quanto e come i nostri due artisti, Emil Nolde ed Herbert Beck siano legati, in molti casi, da un sentire comune, una maniera molto simile di affrontare alcuni soggetti, come quello del paesaggio. Questa volta, però, anziché riconoscere ed evidenziare i punti di contatto tra le loro opere, ci soffermeremo sulla distanza che, nel corso degli anni, si crea tra i rispettivi approcci al tema del paesaggio. Se infatti Nolde rimane molto più ancorato alla sua matrice espressionista, Beck, come abbiamo visto, si rivolge sempre più al mondo dell’astrazione e della semplificazione, fino a quando, dei suoi paesaggi rimangono solamente i ricordi.
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Il poeta tedesco Friedrich Hölderlin diceva: “Chi sente soltanto il profumo di un fiore, non lo conosce, e nemmeno lo conosce chi lo coglie solo per farne materia di studio”. I fiori si amano oppure si detestano e nel lungo viaggio della Storia dell’Arte moltissimi artisti li hanno resi protagonisti imperituri delle proprie opere, inebriati dalle suggestioni e dai ricordi che essi sono in grado di rievocare. Il giardino non è eterno, è bellezza effimera, coglierne l’attimo di più feconda vitalità richiede una certa sensibilità e dipingerne le forme, i colori e i profumi richiede una mano decisa e appassionata.
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Il dialogo artistico tra Emil Nolde ed Herbert Beck non è fatto di parole ma di splendidi paesaggi, fiori e ritratti di persone. È un cammino lastricato di colori e sfumature, morbidezza ed intensità cromatiche che spesso si affiancano fino a fondersi.
Oggi scopriremo due opere dei nostri artisti, in un accostamento che ha come tema centrale quello del paesaggio, forse il soggetto nel quale Nolde e Beck si incontrano più degli altri, dove può capitare con maggiore frequenza e facilità di riconoscere tratti comuni, addirittura di confondere, le mani dei due pittori.
Ma ciascuno di questi artisti, di questi uomini, ha la propria sensibilità e la propria intensa emotività, che si riflettono con forza nelle loro opere, che finiscono per costituire l’espressione più sincera di due anime uniche. -
“Il colore è forza e la forza è vita”. E la vita è fatta di nuovi inizi, quindi, senza indugi, alla Fondazione Gabriele e Anna Braglia siamo felici di presentare un progetto di ampio respiro eppure, allo stesso tempo, dal carattere estremamente intimo e personale. L’esposizione Emil Nolde - Herbert Beck. La forza del colore, racchiude la genesi di una relazione artistica più spirituale che fattuale, un’affinità elettiva tra due anime che, pur sfiorandosi appena, provocano una reazione esplosiva, un big bang minuto per dimensioni ma non per potenza generatrice.
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Chagall si dimostra un artista generoso nella sua abitudine di donare agli amici non tanto semplici opere d’arte, oggetti se vogliamo, quanto piuttosto frammenti della propria anima che egli è solito riversare in questi lavori. È del 1950 la piccola gouache “Hommage à Verdet” che ritrae un simpatico gallo rosso e nero, cui Chagall accompagna la dedica “Pour André Verdet, souvenir”. All’apparenza, l’animaletto può strappare un sorriso, senza suscitare eccessive riflessioni in merito al suo significato, mentre è invece interessante riflettere su quest’ultimo, che può aiutarci nel comprendere quanto spesso e perché la bestiolina si ritrovi nei lavori di Marc Chagall.
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Per Marc Chagall è il 1915, quando, dopo anni di fidanzamento e in attesa del compimento della maggiore età di Bella Rosenfeld, i due innamorati finalmente celebrano il matrimonio tanto desiderato. Per noi è il 1966 è tutto è cambiato da quel lontano giorno di festa: Bella non c’è più e dalla sua morte nel 1944 Marc si è lentamente ricostruito una vita ed è tornato a dipingere. Chagall ha ritrovato l’amore e nel 1952 si è unito in matrimonio a Valentina Brodsky (soprannominata Vava). Eppure, qualcosa di Bella, forse ciò che di più profondo il pittore amava di lei, la sua anima immortale, è rimasta nelle sue opere e, in quanto immortale, non le lascerà mai.
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Dafni sta vivendo il più bel giorno della sua vita: ha ritrovato una famiglia perduta che non sapeva di avere, genitori amorevoli e un fratello che non vede l’ora di conoscerlo e, per di più, questa famiglia gli permetterà di condurre una vita agiata che il giovane non si è mai neppure permesso di sognare. E, come se non bastasse, sta per sposare l’amore della sua vita…o forse no? Che fine ha fatto Cloe, in tutto questo tumulto di emozioni e rivelazioni?
Divertissement di Kevin MacLeod è un brano concesso in uso tramite licenza Creative Commons Attribution 4.0. https://creativecommons.org/licenses/by/4.0/ Fonte: http://incompetech.com/music/royalty-free/index.html?isrc=USUAN1100256 Artista: http://incompetech.com/ -
Non tutti sembrano essere felici alla notizia delle nozze tra Dafni e Cloe: Lampide, bovaro e pretendente rifiutato per la mano della ragazza, decide di vendicarsi del rivale Dafni in maniera vile, danneggiando irreparabilmente lo splendido giardino di Lamone, pensando, così, che il padrone prenderà severi provvedimenti nei confronti del capraio e del giovane figlio. Quante difficoltà dovranno ancora affrontare i nostri innamorati prima di poter vivere davvero felici e contenti?
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