エピソード
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La presa della Bastiglia aveva obbligato il Re a prendere atto della nuova realtà, un’Assemblea, in rappresentanza del popolo, aveva preso la guida della nazione. La Costituente così poté iniziare i suoi lavori, che non si limitarono alla stesura di un testo di costituzione, ma che riformarono in profondità la struttura sociale, economica e politica della Francia. Alla conclusione dei lavori della Costituente, dopo la firma del sovrano della Costituzione, sembrò a tutti che la Rivoluzione fosse terminata, che una nuova era di pace e prosperità si aprisse per la Francia. Così non sarà.
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La crisi dell’Ancien Regime, i cui motivi antichi e profondi abbiamo esaminato nella precedente conversazione subì, agli inizi del regno di Luigi XVI, una improvvisa accelerazione, a causa del baratro in cui stava sprofondando la finanza pubblica; per sanare una situazione divenuta ormai drammatica era stato chiamato a Parigi un finanziere svizzero, Jacques Necker, la cui opera, però, si era dimostrata insufficiente a risolvere i problemi di fondo della Francia, che erano di natura fiscale e, quindi, politica. Giunto allo stremo, l’esecutivo si era risolto a rivolgersi al Paese, con la convocazione degli Stati Generali, che nei periodi precedenti costituivano un organo consultivo per la monarchia; in questo caso, al contrario, i delegati, una volta riuniti, pretesero di disporre di un potere reale, in qualità di delegati della nazione e si costituirono in Assemblea Nazionale, con l’impegno di dare alla Francia una Costituzione. La rivolta di Parigi, con la presa della Bastiglia, sancì e rese irrevocabile l’investitura dell’Assemblea.
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Le vere rivoluzioni non si limitano a sommosse o rivolte dovute a miseria o carestie, ma danno luogo a grandi cambiamenti politici, sociali ed economici; si preparano a lungo, sotto superficie, ed esplodono in forma inattesa, con impeto irresistibile, che travolge spesso gli stessi fautori dei cambiamenti. Le crisi dell’Ancien Regime, causa prima della Rivoluzione Francese, fu dovuta allo scollamento profondo tra realtà economica ed ordinamento politico della nazione, che era in corso di maturazione da più di un secolo, ebbe il collante ideologico del pensiero illuminista, esplose infine per uno specifico fatto contingente, una grave crisi finanziaria.
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Nell’Aprile del ’45 si consuma l’agonia di Berlino; asserragliato nel bunker sotto la cancelleria, Hitler, abbandonato ormai anche dai suoi ministri, farnetica di assurdi contrattacchi con divisioni che non esistono più, ha solo ben chiara un’idea, che morrà con il suo regime. Hitler si suicida con Eva Braun il 30 aprile; la resa viene firmata otto giorni più tardi.
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Dopo la caduta del ponte di Remagen, le porte della Germania si aprirono davanti agli alleati; iniziava la corsa a Berlino, alla quale però gli americani rinunziarono ben presto per decisione di Eisenhower, che, con un suo messaggio personale, informò Stalin che il suo esercito non intendeva entrare a Berlino. Questa decisione getterà tutta l’Europa orientale nelle braccia di Stalin.
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Nella primavera del’45 l’offensiva degli alleati sul fronte occidentale rischiava di arrestarsi davanti ad un ostacolo praticamente insuperabile, se non a costo di gravi perdite, il fiume Reno, di cui i tedeschi in ritirata avevano fatto saltare tutti i ponti. In forma inattesa, e sorprendente anche per loro, gli americani si trovarono di fronte, a Remagen, ad un ponte ancora intatto, il ponte Ludendorff; per la conquista e la difesa di questo ponte gli americani scrissero pagine di autentico eroismo, ma ne valse la pena; il passaggio a Remagen aprì agli americani le porte della Germania.
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La distruzione di Dresda, ad opera di bombardieri inglesi ed americani nel Febbraio ’45, fu uno dei più inutili e tragici misfatti compiuti dagli Alleati nel corso dell’ultima guerra mondiale. Dresda era città d’arte, nota come la ”Firenze sull’Elba”, non rivestiva alcun interesse strategico o militare, niente giustificava il massiccio bombardamento cui fu sottoposta e, quindi, la sua totale distruzione. Tremende anche le conseguenze in termini di perdite umane; la città era divenuta nei mesi tra fine ’44 e inizio ‘45 un centro di raccolta dei disperati in fuga dalla Prussia Orientale per sottrarsi alle violenze sovietiche; nella tempesta di fuoco generata dalle bombe incendiarie inglesi e americane, per quei disgraziati, non ci fu scampo; si è parlato di oltre 250.000 morti, nessuno conosce il numero esatto di quelle povere vittime.
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L’offensiva sulle Ardenne, voluta da Hitler nella speranza di respingere gli Alleati o addirittura di ributtarli in mare, era stata condotta con un ampio impiego di divisioni distolte dal fronte russo; l’offensiva era fallita, come visto, ma le conseguenze peggiori si verificarono a nord, dove i russi travolsero senza eccessive difficoltà le difese tedesche sguarnite, costringendo i nemici ad attestarsi sul fiume Oder.
La precipitosa ritirata della Wehrmacht lasciò scoperto il fianco orientale di regioni tedesche da secoli, la Prussia Orientale e la Pomerania; qui si consumò una tragedia di dimensioni bibliche, tra stupri, massacri, vani tentativi di fuga: milioni di tedeschi furono costretti ad abbandonare le loro case, la loro terra in una operazione di pulizia etnica condotta dai russi con ferocia e sadismo senza precedenti. -
Dopo lo sbarco in Normandia è come se gli Alleati fossero stati sorpresi dalla portata stessa del loro successo; non avevano piani operativi per la prosecuzione del conflitto alle frontiere tedesche, soprattutto non avevano comandanti capaci di sfruttare in modo adeguato le opportunità, che in quel fatidico settembre si presentavano loro, per la disparità delle forze in campo. Così, sia pure con forze esigue, i tedeschi riuscirono ad arginare l’avanzata, prima degli inglesi ad Arnhem, poi degli americani sul Reno. Ma una sorpresa ancora più amara attendeva gli americani nel dicembre di quell’anno; sfruttando il vantaggio della posizione centrale, Hitler trasferì nel massimo segreto venti divisioni dal fronte russo sul fronte occidentale, scatenando un attacco devastante contro gli avamposti americani: l’obiettivo dichiarato di Hitler era un’altra Dunkerque, voleva ributtare gli alleati in mare. Se il progetto fallì, fu dovuto anche all’eroica resistenza di un piccolo caposaldo, Bastogne.
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La prossima ricorrenza dell’ottantesimo anniversario dello sbarco in Normandia (6 Giugno 1944) ha suggerito questa ricostruzione degli eventi che portarono alla caduta del nazismo. Dopo lo sbarco, malgrado la trionfale e, in forma inattesa, rapidissima, liberazione del suolo francese, la guerra non era affatto conclusa; la tenacia dei difensori tedeschi e gli errori dell’Alto Comando Alleato furono la causa di mesi e mesi di durissimi scontri che coprirono di sofferenze e di sangue ogni palmo di terra, ogni kilometro di avanzata, fino alla caduta di Berlino ed alla fine del nazismo. A quei tragici eventi, anche in parte poco conosciuti, è dedicato questo ricordo, cominciando dalla battaglia per il ponte di Arnhem.
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La battaglia di Gettysburg segnò la svolta decisiva della guerra, malgrado un’ostinata resistenza i Confederati non potevano più nutrire alcuna speranza, la resa fu siglata il 9 Aprile 1865; contemporaneamente Lincoln otteneva un altro successo, forse anche più significativo, l’abolizione della schiavitù, con il XIII Emendamento della Costituzione. Lincoln non poté godersi il trionfo, né avviare i piani di ripresa che aveva in mente; il 14 Aprile 1865 Lincoln fu assassinato da un fanatico sudista.
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Gli Stati Uniti d’America erano nati portando in seno alcune gravi criticità, innanzitutto lo schiavismo, una contraddizione palese con gli ideali proclamati nella Dichiarazione d’Indipendenza e ribaditi nella costituzione, ma anche il crescente divario tra le economie del Nord e del Sud del paese. Questi elementi portarono al deflagrare, nel 1861, del conflitto più sanguinoso di tutta la storia americana, la Guerra Civile, altrimenti detta Guerra di secessione.
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Nei primi anni della nuova Repubblica americana, nel periodo che va dal 1776 ai primi decenni del 1800, viene forgiato uno dei simboli, uno degli elementi identitari della nazione, per il quale gli Stati Uniti sono noti ovunque, il dollaro americano. Il dollaro è un “oggetto” che noi tutti abbiamo avuto tra le mani, ma pochi ne conoscono le origini ed il significato dei caratteri che compaiono sulle banconote.
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Per quanto essenziale ai fini del raggiungimento dell’indipendenza, il successo militare nella guerra con la Gran Bretagna non generò, ipso facto, una nazione e, soprattutto, non esaurì la carica rivoluzionaria accesa dal confronto e dalla controversia con il governo inglese. Questa carica rivoluzionaria trovò espressione, innanzitutto, nelle strutture politiche che le 13 colonie decisero di darsi; occorre sottolineare, ancora una volta, l’originalità della Rivoluzione Americana e della nazione che ne nacque rispetto all’Europa. Tutte le altre democrazie occidentali, ovvero i regimi parlamentari che le hanno precedute, hanno avuto origine da un processo di contestazione dell’ordine preesistente, al termine del quale si manteneva comunque in vita l’istituto politico che già esisteva, cioè la monarchia, con le regole ed i limiti imposti da una Costituzione. Niente di simile è quanto accadde negli Stati Uniti, dove la democrazia era nata spontaneamente ancora prima che esistesse una carta costituzionale, dove il diritto di voto era considerato una prerogativa naturale del cittadino, dove l’uguaglianza era un concetto fondamentale nella società; tutto ciò era incompatibile con un istituto monarchico, gli Stati Uniti quindi furono la prima Repubblica democratica dei tempi moderni.
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L’applicazione di nuove imposte da parte del governo inglese aveva esacerbato i rapporti tra la madre patria e le colonie; ormai non si trattava più di una pura questione di merito, l’entità delle nuove tasse, ma di principio, cioè l’autorità del Parlamento inglese, in cui le colonie non erano rappresentate, a legiferare sulle stesse, soprattutto in materia fiscale. Questione di principio e, quindi, questione politica, su cui non era più possibile mediare; l’idea d’indipendenza prende gradualmente piede tra i coloni, fino a concretizzarsi nella “Dichiarazione d’Indipendenza” del 4 Luglio 1776. La dichiarazione apre le porte alla guerra, nella quale gli inglesi apparivano largamente favoriti per l’entità e la qualità delle truppe che potevano dispiegare; la natura del territorio ed, in seguito, anche l’aiuto francese produssero invece un risultato che forse nessuno aspettava, la vittoria delle colonie (1783).
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Nei primi 150 anni, la colonizzazione del Nord America si era svolta nella pressoché totale indifferenza da parte della madre patria, che si preoccupava solo di riscuotere dazi e dogane, senza curarsi dell’amministrazione delle colonie, che si erano quindi organizzate per proprio conto, in assoluta autonomia. Questo atteggiamento detto di “benign neglect”, bonaria indifferenza, era destinato a tramontare, soprattutto quando la vittoria nella guerra dei sette anni aveva gettato tra le braccia dell’Inghilterra i territori francesi, un’estensione immensa, che andava governata, anche militarmente. Il costo dell’esercito non poteva essere coperto dal tesoro inglese, già dissanguato dalle precedenti campagne di guerra; si pensò allora di addossarlo ai coloni con una serie di imposte dirette ed indirette, che destarono violente reazioni da parte della popolazione americana, che non era stata consultata su queste misure. Furono sollevate da parte americana obiezioni non solo di merito, ma anche di principio, cioè contestazioni politiche; si andava verso un esito imprevisto, l’aperto scontro con la madrepatria.
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Le migrazioni religiose ed in generale il grande afflusso di coloni che portò alla costituzione delle prime colonie americane furono fenomeni giganteschi, invasivi, che non poterono non condurre a conseguenze anche dolorose per l’habitat del Nord America; questa regione non era affatto disabitata, in essa si trovavano al tempo dei primi arrivi, forse fino a 10 milioni di indios nativi. I primi rapporti con i coloni non furono conflittuali, almeno inizialmente, si stabilirono relazioni commerciali, gli indiani insegnarono anche ai coloni come sopravvivere in quegli ambienti; le relazioni si guastarono quando la fame di terre portò i coloni ad occupare territori che gli indiani consideravano parte della loro nazione; cominciò allora la lunga sequenza di guerre indiane che condussero allo sterminio dei nativi.
Se questa è certamente una macchia nelle origini degli Stati Uniti, non si possono però ignorare i tanti aspetti peculiari, innovativi della democrazia americana, che ne fecero un esempio per tutto il mondo. -
Al primo tentativo di colonizzazione delle coste del Nord America, visto nella Virginia, ne seguirono altri di ben diverso spessore ed importanza, sotto la spinta delle migrazioni religiose, cioè dell’emigrazione nelle nuove terre dei dissenzienti religiosi perseguitati in patria. La peculiarità di queste colonizzazioni consisteva nel fatto che erano promosse sempre dall’iniziativa privata, che le finanziava con capitali propri e quindi intendeva gestirle in totale autonomia. Questa inedita commistione di iniziativa privata e motivazioni religiose fecero dell’America del Nord l’archetipo di una nuova società.
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La Rivoluzione Americana è stata un evento assolutamente originale, unico, differente da tutte le altre rivoluzioni a noi note; non esistevano in America, come in Europa, classi privilegiate, feudalità e clero, contro cui ribellarsi per ottenere giustizia ed equità sociale, queste esistevano già, erano il prodotto dei due secoli di storia che avevano preceduto la Rivoluzione e delle peculiari forme con cui si era realizzata la colonizzazione del Nord America; la Rivoluzione difese e consolidò quanto già esistente, ma creò anche uno stato che non c’era, fondò una repubblica in un mondo che conosceva solo monarchie, generò una società di uguali, fu la prima democrazia funzionante nell’ordine e nel progresso civile; tanti motivi per la narrazione che segue.
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Le premesse per la Rivoluzione Industriale Inglese erano maturate nell’Inghilterra del XVIII secolo, attraverso una serie di “rivoluzioni” settoriali, che avevano modificato radicalmente i lineamenti di economia, agricoltura, finanza, in sostanza di tutta la società inglese; a questo punto, per avviare la Rivoluzione Industriale, mancavano alcuni passi concreti, come l’introduzione di nuove tecniche, la creazione di nuovi macchinari, l’applicazione di nuove fonti energetiche, che furono il vero motore della rivoluzione industriale.
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