エピソード
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Scoprire poco alla volta che tuo figlio sì, parla ma solo quando gli riesce e non quando lo desidera ti apre uno scenario che non ti saresti mai aspettata.
Io ho dovuto fare i conti presto con questa realtà ed accettare prima ,e studiare dopo, il modo in cui funzionava o non funzionava la sua comunicazione verbale.
Quando credevo di dovermi arrendere al fatto che per Noah parlare, comunicare verbalmente, esprimersi erano non libere scelte, bensì azioni limitate e limitanti accadde un qualcosa di strabiliante.
In questo episodio racconto come scoprii che il mio agire doveva farsi da parte e il suo scegliere doveva potenziarsi. Sì, perché alla fine si tratta di lavorare su ciò che si desidera potenziare e non su ciò che preferirebbe nascondere o cancellare.
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Lo sviluppo ed il potenziamento delle autonomie va di pari passo con una terapia adeguata e proporzionale.
Se, però, la diagnosi di partenza è errata tutto si complica.
In questo episodio parlo di come in effetti le cose si siano complicate per Noah e per me ma anche di come, oggi, con i supporti corretti tutto stia migliorando.
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La comunicazione con e per una persona autistica è quasi sempre complessa. Una diagnosi corretta e precoce è lo strumento ideale per affinarla e renderla più agevole. Nel nostro caso, il fatto di non avere avuto una diagnosi per 20 anni, ha determinato dinamiche comunicative alternative che, se da un lato ci hanno permesso di restare in contatto, dall'altro, però, sono poi state difficili da rimodulare a diagnosi ottenuta.
La diagnosi serve sempre, non esiste un tempo limite, esiste un tempo necessario che si spera sia il più breve possibile.
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Uno psicologo incontrato tanti anni fa mi disse "ricorda che ciò che SENTI non sempre capisci e che ciò che CAPISCI difficilmente senti". Ebbene, per me la neurodivergenza di mio figlio è stata anche questo. Per 20 anni ho "sentito" senza "capire" fino a che la diagnosi mi ha permesso di "capire" con la fortuna, però, di non aver smesso di sentire. Avere paura è legittimo e, in un certo senso, anche sano quando non si conosce. Successivamente, però, subentra l'accoglimento di una diversità che esprime modi nuovi di essere e di stare.
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Noah, ancora molto piccolo, era capace di riconoscere le proprie emozioni e raccontarmele con parole sue. Questa capacità, però, non durò a lungo e nel tempo andò via via scemando. Oggi, a 20 anni, fatica a descrivere come si sente, cosa prova, nonostante un tempo lo riuscisse a fare. Mi domando da anni cosa sia accaduto, perché si sia interrotta questa forma di comunicazione, ma non trovo risposte. Parlarne in questo episodio, forse, potrà offrirmene qualcuna.
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Per molti anni ho inventato strategie di comunicazione con Noah. Gesti, rituali, stratagemmi, tutto è confluito nella costruzione di una forma di interazione tutta nostra. Al tempo, non sapendo che mio figlio fosse autistico, potei impiegare solo la mia fantasia e la mia capacità di osservazione e questo complicò non poco il mio compito perché non disponevo di linee guida o indicazioni adeguate al caso. Alla fine, però, strategia dopo strategia, trovammo il nostro modo di parlarci e spiegarci, anche se poco ortodosso agli occhi di molti.
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Il tipo di relazione empatica tra mio figlio e i nostri animali domestici è stata, ed è, straordinaria.
Il reciproco supporto che si offrono non ha bisogno di parole, bastano i suoni e, probabilmente, per questo funziona ala perfezione.
Quando ancora vivevamo in Italia, mi accorsi dell'amore viscerale di Noah per i cavalli così lo iscrissi a un corso di equitazione accorgendomi ben presto, però, che serviva altro.
Ebbene, quell'altro lo trovammo in un luogo magico, il bosco yoga, un maneggio speciale dove i cavalli non vengono montati per gareggiare ma per condividere un'esperienza emotiva e sensoriale unica... Grazie Katia!
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Posto che la prima diagnosi di mio figlio fu mutismo selettivo e che si è protratta per diciotto anni, avere scoperto questo articolo sulla possibile comorbilità tra mutismo selettivo e autismo mi ha portata a lunghe riflessioni. L'articolo è riportato sul sito di A.I.MU.SE. Associazione Italiana Mutismo Selettivo e vale la pena leggerlo per tutta una serie di implicazioni che comporta, sia per i genitori che per gli specialisti.
Ne parlo in questo episodio che raccoglie le numerose sensazioni che ho provato approfondendo questo specifico aspetto della neurodivergenza e ripensando al nostro vissuto.
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Da sempre interpreto il silenzio di mio figlio. Negli anni ho affinato le tecniche e posso dire che saprei scrivere il dizionario delle parole mute.
Farsi interpreti della comunicazione di un figlio autistico comporta un lungo esercizio di ascolto, elaborazione e astrazione.
Per noi che ragioniamo seguendo il significato delle parole, entrare nel loro mondo che funziona per immagini, significa imparare un idioma nuovo con pochissimi riferimenti al nostro abituale. Apprendere il linguaggio del corpo dei nostri figli risulta essere di grande aiuto e, per questa ragione, ne parlo in questo episodio.
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Quando cerchi risposte che non trovi, quando scegli di attuare strategie talvolta anche contrarie rispetto a quanto ti viene suggerito di fare, il senso di colpa è facile si affacci alla tua mente. Nel mio caso è stato mio compagno di vita per anni, fino al momento in cui ho incontrato una terapeuta, la Dottoressa Maria Teresa Siri, che è stata capace di prendermi per mano e accompagnarmi dentro quelle parti di me che si erano infettate.
Da genitore disorientato, e un po' anche allo sbaraglio, quando si tratta della salute del proprio figlio assumersi la responsabilità di decidere per lui è complesso, tanto più quando per via dell'autismo non è semplice farsi spiegare dal bambino cosa preferisca e cosa proprio non senta adatto a sé.
Il senso di colpa inquina tutto e chiedere aiuto per tempo, accettare di farci i conti e individuare strategie che lo attutiscano e lo vincano è, direi, un dovere verso sé e verso i figli.
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I disturbi del sonno rappresentano un tratto comune per molti bambini autistici.
Noi ne sappiamo qualcosa, in quanto per anni il momento di andare a letto è stato, per mio figlio e anche per me, il peggiore di ogni giornata.
Nel tempo le difficoltà con l'addormentamento e la qualità del sonno si sono modificate, fino a risolversi (anche se non del tutto) oggi.
La mancanza di sonno genera affaticamento, stress, ansia non solo nei bambini ma anche nelle persone che se ne prendono cura.
In questi casi, intervenire quanto prima possibile significa restituire serenità a famiglie intere, consentendo loro il recupero di una qualità di vita decisamente superiore e soprattutto necessaria.
In questo episodio faccio riferimento ad una intervista rilasciata dal Dott. Gonzalo Pin Arboledas, direttore del dipartimento del sonno e coordinatore del servizio pediatrico dell'ospedale Quironsalud di Valencia, il quale ha, tra l'altro, curato la pubblicazione di un libro dedicato ai sanitari sul tema del sonno in bambini con disturbi dello spettro autistico.
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A tre anni ti aspetti che tuo figlio ami circondarsi di coetanei, giocare con loro, interagire e divertirsi.
Se ciò non accade e se, addirittura, in lui si manifesta forte ed evidente uno stato di turbamento ogni volta che si creano occasioni di incontro, è tempo di andare a fondo, di cercare qualcosa di più di una generica spiegazione.
L'episodio che racconto in questa puntata fu per me uno dei più emotivamente destabilizzanti.
Lo condivido per sottolineare che anche nei momenti più bui, una luce, da qualche parte e a ben guardare, si può sempre accendere.
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In questo episodio parlo di alcune conquiste che, all'epoca, mi parvero importanti, ed in effetti lo erano.
Inizia però quello che, in un primo momento, definisco "silenzio intermittente" ovvero l'impossibilità di parlare di fronte ad estranei.
Siamo oramai alle porte del disagio vero e profondo che non troverà, purtroppo, le risposte adeguate che sarebbero servite ad individuarne la causa.
Nonostante tutto, non ci si perde d'animo e il viaggio continua...§ Instagram mamma_sono_autistico
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Trovare il giusto equilibrio tra le esigenze famigliari e quelle di mio figlio è il mio compito durante tutto il nostro primo anno di vita insieme.
Le sue reazioni corporee si fanno sempre più evidenti; una, in particolare, induce la pediatra a richiedere una visita neurologica.
Mio figlio, nel mentre, attua la sua prima forma di autoprotezione.
Le risorse interiori di bambini, anche molto piccoli, sono talmente grandi e strabilianti da lasciarmi ancora oggi senza parole.
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Tra allattamento, alimentazione complementare e un'incredibile opposizione al sonno, arriviamo ai primi sei mesi di vita del mio bambino.
Mentre la pediatra non mi offre grandi risposte , io invento il quaderno delle stranezze, versione aggiornata del famoso cahier des doléances francese, nel quale inizio ad annotare, episodio dopo episodio, ciò che accade.
Fortuna lo feci!
A distanza di moltissimi anni sarebbe servito a ricostruire il percorso di vita di mio figlio consentendogli di comprendere molto di sé e delle proprie reazioni.
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Il mio bambino è nato e, come ogni neomamma, vivo momenti indimenticabili . Già a tre mesi, però, osservo qualche segnale che mi incuriosisce. Inizialmente non ci faccio granché caso poi, però, ne parlo con la pediatra che mi rassicura.
Io stessa mi dico che probabilmente è la mia inesperienza genitoriale ad allertarmi, eppure...
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Parole Aut è un podcast in pillole sull'autismo che ripercorre la storia mia e di mio figlio dalla sua nascita (2002) alla diagnosi ottenuta nel 2022.
Tra primi segnali, interpretazioni errate, paure, sensi di colpa e forza di volontà, questa vicenda è durata due lustri.
In questo arco temporale le indagini sull'autismo e una nuova consapevolezza collettiva, hanno, poco alla volta, permesso alle persone neurodivergenti di esprimersi e farsi conoscere.
Dedico questo mio impegno a Noah, all'immensa capacità di rinascita che mi ha insegnato e trasmesso, e a tutti coloro che con l'autismo si confrontano quotidianamente con l'attitudine di chi ascolta per comprendere e agisce per migliorare le cose.
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