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Ogni convegno o conferenza che si rispetti si chiude solitamente con un rinfresco, e così abbiamo voluto fare idealmente anche noi per concludere il ciclo di puntate di Così nel mio parlar: l’ultima opera di cui tratteremo basa infatti tutta la sua struttura su una metafora culinaria: il Convivio.
In tutti questi episodi abbiamo imparato a capire quanto l’estro di Dante Alighieri fosse fervido e la sua mente sempre in movimento, proprio come il corpo dal momento dell’esilio: come si spostava continuamente di corte in corte, Dante saltava da un progetto artistico all’altro, mischiando prosa e poesia, volgare e latino, trattatistica e narrativa. Uno di questi progetti che lo impegnano nei primi anni del suo vagabondare è appunto il Convivio, che come il suo coevo De vulgari eloquentia rimarrà poi incompiuto.
A guidarci nella sua scoperta è la voce di Alessio Cotugno, docente di storia della lingua italiana all’Università Ca’ Foscari Venezia. -
Il fiore e Il detto d'amore sono opere tradizionalmente attribuite al giovane Dante Alighieri, ma la questione è apertissima e dibattuta sin dalla scoperta del manoscritto che li tramanda.
Tanto che l'interesse verso questi due testi va al di là della loro qualità letteraria e coinvolge una vicenda editoriale e bibliografica che potrebbe essere essa stessa un libro: un libro giallo, pieno di intrighi e di misteri.
Ce ne parla Cristiano Lorenzi, docente di letteratura italiana a Ca' Foscari, che ci dimostra inoltre come Il fiore sia comunque un'opera che non passa inosservata - chiunque sia il suo autore. -
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Negli anni dell’esilio di Dante Alighieri, la situazione politica europea è particolarmente complessa. Nel vecchio continente è un proliferare di stati e staterelli di dimensioni diverse e variabili, con una densità particolarmente alta proprio nella penisola italica.
Da questo contesto difficilmente riassumibile nasce un corposo saggio diviso in tre parti, intitolato molto semplicemente De monarchia, in cui il divin poeta illustra nei dettagli il suo pensiero politico - e giustifica la presenza di un impero apportando argomenti filosofici e teologici.
Ce ne parla in questa puntata Gianluca Briguglia, docente di storia della filosofia e di storia del pensiero politico medievale qui a Ca’ Foscari. -
Durante gli ultimissimi anni della sua vita, Dante Alighieri intrattiene un breve e originale scambio epistolare con un giovane grammatico di Bologna, tale Giovanni del Virgilio.
Questo scambio non viene tradizionalmente inserito nella raccolta delle Epistole - che abbiamo trattato nella scorsa puntata - ma è trattato come opera a sé sotto il generico nome di Egloghe, o Ecloghe.
Il perché di questa indipendenza lo scopriamo grazie a Domenico Losappio, ricercatore all’Università Ca’ Foscari Venezia, che delle Egloghe ci spiega caratteristiche e peculiarità -
Passata la Commedia - se così si può dire - tutte le altre opere di Dante Alighieri sono in qualche modo opere minori: alcune riconosciute come più importanti e più studiate, e altre decisamente meno. Eppure la complessità del pensiero dantesco si sviluppa anche e alle volte soprattutto nel dedalo dei testi collaterali: testi singoli, talvolta non completi e la cui attribuzione è stata - o è ancora - molto dibattuta.
Tra questi troviamo le Epistole, che trattiamo tradizionalmente come un insieme unico anche se la realtà non potrebbe essere più lontana da questa convenzione editoriale, come ci spiega nel dettaglio Antonio Montefusco, docente di filologia medievale e umanistica all’Università Ca’ Foscari Venezia. -
Dopo essersi più volte messo in cima alla classifica dei poeti del suo tempo, Dante mette prudentemente le mani avanti: è impossibile descrivere il regno dei cieli. Già fatto all’inizio della Commedia fa qualcosa di simile, quando dice che è “cosa dura” descrivere la selva in cui si era smarrito; ma qui l’impresa è ben più alta! Chi può tornare in terra dopo essere stato in Paradiso non sa e non può raccontare le cose che ha visto, perché il nostro umano intelletto non può arrivare a tanto.
Ma è falsa modestia: Dante ci racconterà eccome quello che dice di aver visto nella sua ascesa verso Dio, e lo farà coi versi più puri della sua poesia. Ancora una volta quindi, Alighieri ci sta dicendo semplicemente una cosa: io sono il migliore.
Il Paradiso è quindi, se vogliamo, il suo vero testamento poetico, quello in cui ha usato lo stile più alto possibile e a cui ha lavorato fino all’anno della sua morte, come ci racconta oggi Piermario Vescovo, professore di storia del teatro a Ca’ Foscari e direttore artistico del teatro stabile di Verona. -
Alcuni hanno definito il Purgatorio come la più sottovalutata delle cantiche della Commedia. E non possiamo dare loro torto, anche perché il purgatorio come luogo intermedio dell’aldilà – sebbene concettualmente noto già da tempo – è de facto un’invenzione dantesca. O meglio, Dante nella Commedia aiuta a definirne quei contorni che rimarranno poi nell’immaginario comune. Cosa che paradossalmente gli è riuscita meno nell’Inferno, la cui zona gelida e ghiacciata difficilmente ormai si ricorda.
Per la riscoperta della cantica di mezzo ci affidiamo oggi alle parole di Luca Lombardo, assegnista di ricerca all’Università Ca’ Foscari. -
È tempo di affrontare un lungo percorso: un percorso all'interno di un viaggio, come in un gioco di specchi o in una myse en abyme. È il percorso che faremo in tre puntate per (ri)scoprire la Commedia di Dante Alighieri, nei suoi diversi aspetti: le questioni formali, i personaggi, la sua storia editoriale e molto altro ancora.
Iniziamo con ordine: la prima puntata è dedicata naturalmente all'Inferno, la più amata delle tre cantiche dantesche. A guidarci per mano, come un novello Virgilio, è Tiziano Zanato - docente di letteratura italiana a Ca' Foscari. -
Varchiamo una soglia fondamentale nella vita e nella carriera di Dante: quella dell'esilio.
Dopo la condanna, il poeta inizia a lavorare ad alcuni progetti molto ambiziosi, alcuni dei quali rimasti purtroppo incompiuti: tra questi c'è il De vulgari eloquentia, primo trattato analitico sulla lingua volgare.
Un'opera affascinante ed è estremamente importante nella storia linguistica italiana. Ne scopriamo tutti gli aspetti grazie a Daniele Baglioni, linguista e professore di storia della lingua all'Università Ca' Foscari Venezia. -
In questa puntata di "Così nel mio parlar" riscopriamo la Vita nova di Dante Alighieri in tutti i suoi principali aspetti, affrontando questioni testuali e contestuali, filologiche, storiche ed esegetiche.
A guidarci in questa scoperta è Gaia Tomazzoli, che si è dottorata in italianistica a Ca’ Foscari ed è attualmente ricercatrice all’Università La Sapienza di Roma.
[Musiche: Shaolin Dub - Hermes; Shaolin Dub - Chamaleon] -
Il nostro percorso di approfondimento sulle opere dantesche inizia con l'unica opera non pensata dal suo autore: le Rime. O meglio, le cosiddette rime extravaganti, ovvero quelle poesie che non furono raccolte da Dante in un corpus unitario, ma che circolavano singolarmente o a piccoli gruppi.
Oggi le leggiamo tutte assieme grazie al lavoro dei filologi, e sono un perfetto punto di partenza per un'indagine sul percorso autoriale dell'Alighieri. Ci aiuta nell'analisi, in questa puntata, il professor Aldo Maria Costantini.
[Musiche: Bio Unit, Heaven; Bio Unit, Zone; Crowander, Walking in the Rain.]