Episoder
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Il decluttering ambientale è un esercizio di pulizia psicologica. Siamo inondati di un ciarpame pubblicitario e ideologico che disturba la percezione della realtà, perché la mistifica e la nasconde.
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Siamo angosciati dal rischio sanitario, ma dovremmo esserlo molto di più dalla banalità dilagante. La banalità è una forza sociale e politica, che impedisce di osservare la pandemia per quello che è, le sua cause e il suo contesto ecologico.
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Il 29 ottobre è stato reso pubblico il Rapporto dell'IPBES sulla pandemie. Il costo dell’emergere di una zoonosi come il Covid19 supera 1 trilione di dollari all’anno e le cause del rischio epidemiologico (in aumento) sono le stesse alla base della distruzione degli habitat, delle estinzioni in corso e dei cambiamenti climatici. Preservare ciò che rimane della biodiversità è l'unica strategia realistica contro l'emergere di malattie sconosciute e letali.
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Come sarebbe la Terra senza di noi? Per quanti milioni di anni porterebbe le ferite del nostro incredibile talento evolutivo? E per quali ragioni evolutive non riusciamo a reagire alle evidenze scientifiche della catastrofe ecologica? A queste domande risponde, con il consueto umanesimo scientifico, Telmo Pievani nel suo ultimo libro.
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Sembra incredibile, ma ci sono tantissime persone che non sanno in che epoca vivono. Sono loro le 'anime estinte' del XXI secolo, abitatori di un tempo-non tempo per cui l'estinzione non esiste.
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Siamo malati di mediocrità. Così come siamo malati di diabete cronico, di sovrappeso, di depressione. Ma la mediocrità è una lenta decomposizione psicologica, che mette in scacco l'intelligenza, la soglia di attenzione, l'indignazione. La biosfera è condannata a morte perché siamo diventati una civiltà fondata sulla mediocrità.
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Molti di noi sono rassegnati. Svaniti i sogni di cambiamento del lockdown, ci troviamo immersi nello stesso identico copione che dicevamo di voler riscrivere. Perché? E' forse la passione per il reale ad essere scomparsa dal nostro orizzonte psicologico e sociale?
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Robert Koch, Premio Nobel nel 1905 per i suoi studi sui batteri, disse: "verrà il giorno in cui gli uomini dovranno combattere il rumore con la stessa convinzione con cui hanno combattuto il colera e la peste". Il silenzio è in estinzione, anche nelle aree selvagge. Ma perché l'esperienza del silenzio dovrebbe interessarci? Perché ascoltare il silenzio amplifica la percezione della realtà.
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Nell'opinione comune gli eccentrici sono degni di ammirazione, ma nessuno vorrebbe averne uno in casa, così come nessuno vorrebbe vivere a stretto contatto con leoni, orsi, squali bianchi e tigri, pur auspicandone la conservazione into the wild. Cosa si nasconde dietro queste figure del pensiero pop, e del carattere umano?
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Perché dovremmo ancora studiare storia, visto che ormai è considerata una materia inutile per trovare un lavoro decente? Perché conoscere la storia europea è indispensabile per comprendere le origini della crisi di estinzione? Ne parlo commentando la lezione di Alessandro Barbero al Salone del Libro di Torino 2020.
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Abbiamo immesso in ogni ecosistema della terra una quantità incalcolabile di microplastiche. Perché? Esattamente come è accaduto con l'energia atomica, la storia delle microplastiche dimostra che l'essere umano non è in grado di farsi una idea delle proprie azioni, di calcolare il rischio e di immaginarne le conseguenze.
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A chi non è capitato di sedere in uno studio medico in attesa di una diagnosi? Il terrore, la paura, l'apprensione di un verdetto che riteniamo impossibile. Non può succedere davvero a me. Questo pensa chiunque sospetti di avere una malattia seria. Homo sapiens non è programmato per vivere nella costante paura di una catastrofe. Eppure, questa tecnica di sopravvivenza può anche impedirgli di vedere la realtà per quello che è.
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La crisi di estinzione non ci interessa, ci annoia, ci irrita. Pretendiamo una verità conforme alle nostre aspettative. Oggi a prevalere è infatti la verità strumentale (è vero solo che ciò che serve per ottenere uno scopo immediato), che ha preso il posto della verità indagata e spiegata dalla scienza grazie al metodo sperimentale. Da qui il paradosso del nostro tempo: non ci accorgiamo di essere testimoni del fatto più importante della nostra epoca, il collasso del Pianeta.
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Molte persone provano indignazione per la discriminazione razziale, le ingiustizie sociali e le diseguaglianze endemiche. Chiedono un mondo più giusto. Ma nel XXI secolo avere fame di giustizia sociale significa soprattutto essere consapevoli del nesso storico tra miseria, catastrofe ecologica e civiltà.
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L'adagio comune, ormai, è che la vecchiaia sia la prosecuzione della giovinezza. Nelle società occidentali è all'opera un vero e proprio "neo-liberismo della giovinezza", altrettanto spietato del liberismo economico. Non c'è prezzo che non debba essere pagato per far finta di avere ancora vent'anni. Questa spuntata analizza il tipo di nichilismo che si nasconde dietro questo atteggiamento culturale, tipico di una età di estinzione.