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  • Entro ottobre la Puglia firmerà con il Governo l’Accordo per la Coesione che porterà nelle casse della Regione circa 6 miliardi.

    La Puglia ha già un elenco di oltre 450 progetti pronti per essere finanziati. Il piano Fsc della Puglia si basa su tre assi: crescita, talenti e fasce deboli.

    La parte del leone nelle proposte spetta agli incentivi alle imprese che assorbirà 1,5 miliardi di euro per sostenere il tessuto economico, la digitalizzazione, l’internalizzazione, per favorire l’introduzione dell’intelligenza artificiale.

    Lo scenario auspicato è quello di ampliare le aziende e stimolare la competitività. Il secondo settore d’intervento riguarda i trasporti con progetti che spaziano da nuove strade, ferrovie e infrastrutture per la mobilità.

    Un altro miliardo di euro sarà destinato ad acqua, rifiuti, case popolari ed alloggi per studenti. Con questi investimenti la Puglia può migliore ulteriormente le sue performance macroeconomiche.

    Da anni la Regione è sopra la media nazionale per capacità di spesa dei fondi comunitari, con ricadute positive sull’economia: il Pil della Puglia nel quinquennio 2019-2023 registra il tasso di crescita più alto d’Italia in termini reali, pari al +6,1%, con un Mezzogiorno d’Italia che nel complesso registra un dato di crescita cumulata del +3,7%, superiore alla media nazionale (+3,5%).

    Grazie all’efficace utilizzo dei fondi della coesione, la Puglia potrà affrontare con maggiore determinazione le sfide che l’attendo nei prossimi anni, rafforzando la competitività e un modello di sviluppo inclusivo e sostenibile.

  • Entro ottobre la Puglia firmerà con il Governo l’Accordo per la Coesione che porterà nelle casse della Regione circa 6 miliardi.

    La Puglia ha già un elenco di oltre 450 progetti pronti per essere finanziati. Il piano Fsc della Puglia si basa su tre assi: crescita, talenti e fasce deboli.

    La parte del leone nelle proposte spetta agli incentivi alle imprese che assorbirà 1,5 miliardi di euro per sostenere il tessuto economico, la digitalizzazione, l’internalizzazione, per favorire l’introduzione dell’intelligenza artificiale.

    Lo scenario auspicato è quello di ampliare le aziende e stimolare la competitività. Il secondo settore d’intervento riguarda i trasporti con progetti che spaziano da nuove strade, ferrovie e infrastrutture per la mobilità.

    Un altro miliardo di euro sarà destinato ad acqua, rifiuti, case popolari ed alloggi per studenti. Con questi investimenti la Puglia può migliore ulteriormente le sue performance macroeconomiche.

    Da anni la Regione è sopra la media nazionale per capacità di spesa dei fondi comunitari, con ricadute positive sull’economia: il Pil della Puglia nel quinquennio 2019-2023 registra il tasso di crescita più alto d’Italia in termini reali, pari al +6,1%, con un Mezzogiorno d’Italia che nel complesso registra un dato di crescita cumulata del +3,7%, superiore alla media nazionale (+3,5%).

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  • Entro ottobre la Puglia firmerà con il Governo l’Accordo per la Coesione che porterà nelle casse della Regione circa 6 miliardi.

    La Puglia ha già un elenco di oltre 450 progetti pronti per essere finanziati. Il piano Fsc della Puglia si basa su tre assi: crescita, talenti e fasce deboli.

    La parte del leone nelle proposte spetta agli incentivi alle imprese che assorbirà 1,5 miliardi di euro per sostenere il tessuto economico, la digitalizzazione, l’internalizzazione, per favorire l’introduzione dell’intelligenza artificiale.

    Lo scenario auspicato è quello di ampliare le aziende e stimolare la competitività. Il secondo settore d’intervento riguarda i trasporti con progetti che spaziano da nuove strade, ferrovie e infrastrutture per la mobilità.

    Un altro miliardo di euro sarà destinato ad acqua, rifiuti, case popolari ed alloggi per studenti. Con questi investimenti la Puglia può migliore ulteriormente le sue performance macroeconomiche.

    Da anni la Regione è sopra la media nazionale per capacità di spesa dei fondi comunitari, con ricadute positive sull’economia: il Pil della Puglia nel quinquennio 2019-2023 registra il tasso di crescita più alto d’Italia in termini reali, pari al +6,1%, con un Mezzogiorno d’Italia che nel complesso registra un dato di crescita cumulata del +3,7%, superiore alla media nazionale (+3,5%).

    Grazie all’efficace utilizzo dei fondi della coesione, la Puglia potrà affrontare con maggiore determinazione le sfide che l’attendo nei prossimi anni, rafforzando la competitività e un modello di sviluppo inclusivo e sostenibile.

  • Entro ottobre la Puglia firmerà con il Governo l’Accordo per la Coesione che porterà nelle casse della Regione circa 6 miliardi.

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    La parte del leone nelle proposte spetta agli incentivi alle imprese che assorbirà 1,5 miliardi di euro per sostenere il tessuto economico, la digitalizzazione, l’internalizzazione, per favorire l’introduzione dell’intelligenza artificiale.

    Lo scenario auspicato è quello di ampliare le aziende e stimolare la competitività. Il secondo settore d’intervento riguarda i trasporti con progetti che spaziano da nuove strade, ferrovie e infrastrutture per la mobilità.

    Un altro miliardo di euro sarà destinato ad acqua, rifiuti, case popolari ed alloggi per studenti. Con questi investimenti la Puglia può migliore ulteriormente le sue performance macroeconomiche.

    Da anni la Regione è sopra la media nazionale per capacità di spesa dei fondi comunitari, con ricadute positive sull’economia: il Pil della Puglia nel quinquennio 2019-2023 registra il tasso di crescita più alto d’Italia in termini reali, pari al +6,1%, con un Mezzogiorno d’Italia che nel complesso registra un dato di crescita cumulata del +3,7%, superiore alla media nazionale (+3,5%).

    Grazie all’efficace utilizzo dei fondi della coesione, la Puglia potrà affrontare con maggiore determinazione le sfide che l’attendo nei prossimi anni, rafforzando la competitività e un modello di sviluppo inclusivo e sostenibile.

  • Entro ottobre la Puglia firmerà con il Governo l’Accordo per la Coesione che porterà nelle casse della Regione circa 6 miliardi. La Puglia ha già un elenco di oltre 450 progetti pronti per essere finanziati. Il piano Fsc della Puglia si basa su tre assi: crescita, talenti e fasce deboli.

    La parte del leone nelle proposte spetta agli incentivi alle imprese che assorbirà 1,5 miliardi di euro per sostenere il tessuto economico, la digitalizzazione, l’internalizzazione, per favorire l’introduzione dell’intelligenza artificiale. Lo scenario auspicato è quello di ampliare le aziende e stimolare la competitività. Il secondo settore d’intervento riguarda i trasporti con progetti che spaziano da nuove strade, ferrovie e infrastrutture per la mobilità.

    Un altro miliardo di euro sarà destinato ad acqua, rifiuti, case popolari ed alloggi per studenti. Con questi investimenti la Puglia può migliore ulteriormente le sue performance macroeconomiche.

    Da anni la Regione è sopra la media nazionale per capacità di spesa dei fondi comunitari, con ricadute positive sull’economia: il Pil della Puglia nel quinquennio 2019-2023 registra il tasso di crescita più alto d’Italia in termini reali, pari al +6,1%, con un Mezzogiorno d’Italia che nel complesso registra un dato di crescita cumulata del +3,7%, superiore alla media nazionale (+3,5%).

    Grazie all’efficace utilizzo dei fondi della coesione, la Puglia potrà affrontare con maggiore determinazione le sfide che l’attendo nei prossimi anni, rafforzando la competitività e un modello di sviluppo inclusivo e sostenibile. È di questo che parleremo nel prossimo appuntamento di Hey Sud alla presenza di ospiti qualificati.

    Host:
    Antonio Procacci, giornalista Telenorba
    Ospiti:
    Raffaele Piemontese, Assessore al Bilancio e alla Programmazione Regione PugliaMarina Lalli, Vice Presidente Confindustria Bari e BATDomenico Antonacci, Presidente ANCE Bari e BAT GiovaniLuciana Di Bisceglie, Presidente Unioncamere PugliaDomenico Laforgia, Presidente Acquedotto PuglieseClaudio Meucci, EY Consulting Market Leader

  • Un tempo si andava a scuola per cercare lavoro, ora sono le aziende che vanno nelle scuole per cercare i lavoratori di domani.

    Ci sono molte università in cui gli studenti trovano occupazione ancor prima di laurearsi o comunque in altissima percentuale entro il primo anno dalla laurea.

    Le aziende vanno a caccia di talenti e pur di assicurarseli sono disposti ad assumerli ancor prima che completino i loro percorsi di studi. Non è però l’unica ragione alla base della cooperazione tra mondo accademico e aziende.

    Lo scambio di conoscenze tra atenei e aziende e l’attuazione di progetti comuni sono fondamentali per l’attrattività delle università, la competitività delle aziende, l’occupabilità dei laureati e la crescita economica e sociale dei territori.

    Le aziende conoscono il valore di assumere risorse giovani e qualificate, in possesso di specifiche skill, in grado di favorire innovazione e cambiamenti migliorativi.

    Allo stesso tempo, un contatto e un dialogo costanti contribuiscono a definire piani formativi specifici per i vari percorsi degli studenti.EY è un esempio della preziosa collaborazione tra università e aziende.

    Grazie al lavoro svolto con il Politecnico di Bari EY ha assunto ben 700 professionisti in 5 anni al servizio del competence center pugliese. Ma di casi ce ne sono tanti altri. E tante altre opportunità potrebbero aprirsi in futuro.

    Occorre però rimuovere alcune criticità, che pure non mancano.

  • Un tempo si andava a scuola per cercare lavoro, ora sono le aziende che vanno nelle scuole per cercare i lavoratori di domani.

    Ci sono molte università in cui gli studenti trovano occupazione ancor prima di laurearsi o comunque in altissima percentuale entro il primo anno dalla laurea.

    Le aziende vanno a caccia di talenti e pur di assicurarseli sono disposti ad assumerli ancor prima che completino i loro percorsi di studi. Non è però l’unica ragione alla base della cooperazione tra mondo accademico e aziende.

    Lo scambio di conoscenze tra atenei e aziende e l’attuazione di progetti comuni sono fondamentali per l’attrattività delle università, la competitività delle aziende, l’occupabilità dei laureati e la crescita economica e sociale dei territori.

    Le aziende conoscono il valore di assumere risorse giovani e qualificate, in possesso di specifiche skill, in grado di favorire innovazione e cambiamenti migliorativi.

    Allo stesso tempo, un contatto e un dialogo costanti contribuiscono a definire piani formativi specifici per i vari percorsi degli studenti.EY è un esempio della preziosa collaborazione tra università e aziende.

    Grazie al lavoro svolto con il Politecnico di Bari EY ha assunto ben 700 professionisti in 5 anni al servizio del competence center pugliese. Ma di casi ce ne sono tanti altri. E tante altre opportunità potrebbero aprirsi in futuro.

    Occorre però rimuovere alcune criticità, che pure non mancano.

  • Un tempo si andava a scuola per cercare lavoro, ora sono le aziende che vanno nelle scuole per cercare i lavoratori di domani.

    Ci sono molte università in cui gli studenti trovano occupazione ancor prima di laurearsi o comunque in altissima percentuale entro il primo anno dalla laurea.

    Le aziende vanno a caccia di talenti e pur di assicurarseli sono disposti ad assumerli ancor prima che completino i loro percorsi di studi. Non è però l’unica ragione alla base della cooperazione tra mondo accademico e aziende.

    Lo scambio di conoscenze tra atenei e aziende e l’attuazione di progetti comuni sono fondamentali per l’attrattività delle università, la competitività delle aziende, l’occupabilità dei laureati e la crescita economica e sociale dei territori.

    Le aziende conoscono il valore di assumere risorse giovani e qualificate, in possesso di specifiche skill, in grado di favorire innovazione e cambiamenti migliorativi.

    Allo stesso tempo, un contatto e un dialogo costanti contribuiscono a definire piani formativi specifici per i vari percorsi degli studenti.EY è un esempio della preziosa collaborazione tra università e aziende.

    Grazie al lavoro svolto con il Politecnico di Bari EY ha assunto ben 700 professionisti in 5 anni al servizio del competence center pugliese. Ma di casi ce ne sono tanti altri. E tante altre opportunità potrebbero aprirsi in futuro.

    Occorre però rimuovere alcune criticità, che pure non mancano.

  • Un tempo si andava a scuola per cercare lavoro, ora sono le aziende che vanno nelle scuole per cercare i lavoratori di domani.

    Ci sono molte università in cui gli studenti trovano occupazione ancor prima di laurearsi o comunque in altissima percentuale entro il primo anno dalla laurea.

    Le aziende vanno a caccia di talenti e pur di assicurarseli sono disposti ad assumerli ancor prima che completino i loro percorsi di studi. Non è però l’unica ragione alla base della cooperazione tra mondo accademico e aziende.

    Lo scambio di conoscenze tra atenei e aziende e l’attuazione di progetti comuni sono fondamentali per l’attrattività delle università, la competitività delle aziende, l’occupabilità dei laureati e la crescita economica e sociale dei territori.

    Le aziende conoscono il valore di assumere risorse giovani e qualificate, in possesso di specifiche skill, in grado di favorire innovazione e cambiamenti migliorativi.

    Allo stesso tempo, un contatto e un dialogo costanti contribuiscono a definire piani formativi specifici per i vari percorsi degli studenti.EY è un esempio della preziosa collaborazione tra università e aziende.

    Grazie al lavoro svolto con il Politecnico di Bari EY ha assunto ben 700 professionisti in 5 anni al servizio del competence center pugliese. Ma di casi ce ne sono tanti altri. E tante altre opportunità potrebbero aprirsi in futuro.

    Occorre però rimuovere alcune criticità, che pure non mancano.

  • Un tempo si andava a scuola per cercare lavoro, ora sono le aziende che vanno nelle scuole per cercare i lavoratori di domani.

    Ci sono molte università in cui gli studenti trovano occupazione ancor prima di laurearsi o comunque in altissima percentuale entro il primo anno dalla laurea.

    Le aziende vanno a caccia di talenti e pur di assicurarseli sono disposti ad assumerli ancor prima che completino i loro percorsi di studi. Non è però l’unica ragione alla base della cooperazione tra mondo accademico e aziende.

    Lo scambio di conoscenze tra atenei e aziende e l’attuazione di progetti comuni sono fondamentali per l’attrattività delle università, la competitività delle aziende, l’occupabilità dei laureati e la crescita economica e sociale dei territori.

    Le aziende conoscono il valore di assumere risorse giovani e qualificate, in possesso di specifiche skill, in grado di favorire innovazione e cambiamenti migliorativi.

    Allo stesso tempo, un contatto e un dialogo costanti contribuiscono a definire piani formativi specifici per i vari percorsi degli studenti.EY è un esempio della preziosa collaborazione tra università e aziende.

    Grazie al lavoro svolto con il Politecnico di Bari EY ha assunto ben 700 professionisti in 5 anni al servizio del competence center pugliese. Ma di casi ce ne sono tanti altri. E tante altre opportunità potrebbero aprirsi in futuro.

    Occorre però rimuovere alcune criticità, che pure non mancano.

  • Un tempo si andava a scuola per cercare lavoro, ora sono le aziende che vanno nelle scuole per cercare i lavoratori di domani.

    Ci sono molte università in cui gli studenti trovano occupazione ancor prima di laurearsi o comunque in altissima percentuale entro il primo anno dalla laurea.

    Le aziende vanno a caccia di talenti e pur di assicurarseli sono disposti ad assumerli ancor prima che completino i loro percorsi di studi. Non è però l’unica ragione alla base della cooperazione tra mondo accademico e aziende.

    Lo scambio di conoscenze tra atenei e aziende e l’attuazione di progetti comuni sono fondamentali per l’attrattività delle università, la competitività delle aziende, l’occupabilità dei laureati e la crescita economica e sociale dei territori.

    Le aziende conoscono il valore di assumere risorse giovani e qualificate, in possesso di specifiche skill, in grado di favorire innovazione e cambiamenti migliorativi.

    Allo stesso tempo, un contatto e un dialogo costanti contribuiscono a definire piani formativi specifici per i vari percorsi degli studenti.EY è un esempio della preziosa collaborazione tra università e aziende.

    Grazie al lavoro svolto con il Politecnico di Bari EY ha assunto ben 700 professionisti in 5 anni al servizio del competence center pugliese. Ma di casi ce ne sono tanti altri. E tante altre opportunità potrebbero aprirsi in futuro.

    Occorre però rimuovere alcune criticità, che pure non mancano.

  • Un tempo si andava a scuola per cercare lavoro, ora sono le aziende che vanno nelle scuole per cercare i lavoratori di domani. Ci sono molte università in cui gli studenti trovano occupazione ancor prima di laurearsi o comunque in altissima percentuale entro il primo anno dalla laurea.

    Le aziende vanno a caccia di talenti e pur di assicurarseli sono disposti ad assumerli ancor prima che completino i loro percorsi di studi. Non è però l’unica ragione alla base della cooperazione tra mondo accademico e aziende.

    Lo scambio di conoscenze tra atenei e aziende e l’attuazione di progetti comuni sono fondamentali per l’attrattività delle università, la competitività delle aziende, l’occupabilità dei laureati e la crescita economica e sociale dei territori.

    Le aziende conoscono il valore di assumere risorse giovani e qualificate, in possesso di specifiche skill, in grado di favorire innovazione e cambiamenti migliorativi.
    Allo stesso tempo, un contatto e un dialogo costanti contribuiscono a definire piani formativi specifici per i vari percorsi degli studenti.EY è un esempio della preziosa collaborazione tra università e aziende.

    Grazie al lavoro svolto con il Politecnico di Bari EY ha assunto ben 700 professionisti in 5 anni al servizio del competence center pugliese. Ma di casi ce ne sono tanti altri. E tante altre opportunità potrebbero aprirsi in futuro.

    Occorre però rimuovere alcune criticità, che pure non mancano.

    È di questo che parleremo nel prossimo appuntamento di Hey Sud alla presenza di ospiti qualificati.

    Host:
    Antonio Procacci, Giornalista TelenorbaOspiti:
    Stefano Bronzini, Rettore Università di BariAntonello Garzoni, Rettore Università LUMFabio Pollice, Rettore Università del SalentoAntonio De Vito, Direttore Generale Puglia SviluppoMario Aprile, Vice Presidente Giovani Imprenditori ConfindustriaClaudio Meucci, EY Consulting Market Leader

  • La Puglia si candida a diventare l’hub meridionale della logistica. Il tacco dello Stivale sta vivendo un significativo aumento degli investimenti esteri nel settore, posizionandosi come un’importante piattaforma di scambio al centro del Mar Mediterraneo, orientata verso i mercati dei Balcani, del Medio Oriente e del Nord Africa.

    È un settore in crescita, che conta già 9.100 imprese e 58.000 addetti. A settembre dell’anno scorso la Regione Puglia ha approvato il Piano Regionale delle Merci e della Logistica (PRML), che detta gli indirizzi strategici per promuovere lo sviluppo del trasporto merci combinato strada-mare, incluse le autostrade del mare, e ferro-mare integrando a rete e specializzando per funzioni i terminal portuali, le aree retroportuali, i poli logistici, i terminal ferroviari e le funzioni aeroportuali di trasporto delle merci.

    Un progetto che non è soltanto di carattere economico, ma anche ecologico: puntare sulla intermodalità significa infatti sottrarre centinaia di mezzi dalle strade. I vantaggi sarebbero molteplici, anche in termini di risparmi. Se poi questa idea si sposa con la Zona economica speciale il mix è perfetto per garantire investimenti di una certa rilevanza.

    Ci sono già esempi importanti. Mercitalia Logistic ha annunciato investimenti per 3 miliardi in dieci anni e la Puglia avrà un ruolo importante per il consolidamento dei trasporti su gomma e nave. A Bari, il fondo australiano Cromwell Group Property sta investendo 40 milioni, il player inglese Panattoni ne investirà altri 20 milioni per sviluppare una piattaforma di logistica avanzata e poi c’è lo studio di architettura e urbanistica The Blossom Avenue Management (Bam), che vuole realizzare una moderna piattaforma di logistica robotizzata e magazzini just-in-time di oltre 70.000 mq, sempre a Bari. Conad sta investendo 15 milioni a Grottaglie per una piattaforma logistica del freddo.

    Dhl Express Italy ha presentato recentemente gli interventi di ammodernamento delle sedi operative di Bari, Trani, Lecce e le strategie di sviluppo della società nella regione al servizio dell’export delle imprese pugliesi. Lidl sta investendo 40 milioni nella logistica a Molfetta.

    Questo per citare solo qualche esempio. Poi ci sono le realtà del territorio, come il Gruppo GTS, azienda ferroviaria intermodale di Bari da 160 milioni di fatturato annuo, come l’interporto di Bari, quarto in Italia per numero di treni merci movimentati. Insomma, la Puglia punta forte sulla logistica, tanto da aver anche promosso la nascita di un ITS per formare i futuri operatori del settore. Quali sono le prossime sfide, quali gli obiettivi, cosa manca per diventare davvero l’hub meridionale (o magari mediterraneo) della logistica?

    Host:
    Antonio Procacci, Giornalista TelenorbaOspiti:
    Antonio Vasile, Presidente Aeroporti di PugliaUgo Patroni Griffi, Presidente Autorità del Sistema Portuale del Mare Adriatico MeridionaleVito Antonio Antonacci, Direttore di Dipartimento mobilitàLuigi Ranieri, Responsabile Pianificazione Strategica Metropolitana per il Comune di BariChristian Colaneri, Dorettore della Direzione Strategie e Pianificazione Sviluppo Infrastrutture di Polo RFIGianluca Celotto, Responsabile di ingegneriae processi posta, comunicazione e logistica di Poste ItalianeClaudio Meucci, EY Consulting Market Leader

  • La Puglia si candida a diventare l’hub meridionale della logistica. Il tacco dello Stivale sta vivendo un significativo aumento degli investimenti esteri nel settore, posizionandosi come un’importante piattaforma di scambio al centro del Mar Mediterraneo, orientata verso i mercati dei Balcani, del Medio Oriente e del Nord Africa.

    È un settore in crescita, che conta già 9.100 imprese e 58.000 addetti. A settembre dell’anno scorso la Regione Puglia ha approvato il Piano Regionale delle Merci e della Logistica (PRML), che detta gli indirizzi strategici per promuovere lo sviluppo del trasporto merci combinato strada-mare, incluse le autostrade del mare, e ferro-mare integrando a rete e specializzando per funzioni i terminal portuali, le aree retroportuali, i poli logistici, i terminal ferroviari e le funzioni aeroportuali di trasporto delle merci. Un progetto che non è soltanto di carattere economico, ma anche ecologico: puntare sulla intermodalità significa infatti sottrarre centinaia di mezzi dalle strade.

    I vantaggi sarebbero molteplici, anche in termini di risparmi. Se poi questa idea si sposa con la Zona economica speciale il mix è perfetto per garantire investimenti di una certa rilevanza. Ci sono già esempi importanti. Mercitalia Logistic ha annunciato investimenti per 3 miliardi in dieci anni e la Puglia avrà un ruolo importante per il consolidamento dei trasporti su gomma e nave.

    A Bari, il fondo australiano Cromwell Group Property sta investendo 40 milioni, il player inglese Panattoni ne investirà altri 20 milioni per sviluppare una piattaforma di logistica avanzata e poi c’è lo studio di architettura e urbanistica The Blossom Avenue Management (Bam), che vuole realizzare una moderna piattaforma di logistica robotizzata e magazzini just-in-time di oltre 70.000 mq, sempre a Bari. Conad sta investendo 15 milioni a Grottaglie per una piattaforma logistica del freddo.

    Dhl Express Italy ha presentato recentemente gli interventi di ammodernamento delle sedi operative di Bari, Trani, Lecce e le strategie di sviluppo della società nella regione al servizio dell’export delle imprese pugliesi. Lidl sta investendo 40 milioni nella logistica a Molfetta. Questo per citare solo qualche esempio. Poi ci sono le realtà del territorio, come il Gruppo GTS, azienda ferroviaria intermodale di Bari da 160 milioni di fatturato annuo, come l’interporto di Bari, quarto in Italia per numero di treni merci movimentati. Insomma, la Puglia punta forte sulla logistica, tanto da aver anche promosso la nascita di un ITS per formare i futuri operatori del settore. Quali sono le prossime sfide, quali gli obiettivi, cosa manca per diventare davvero l’hub meridionale (o magari mediterraneo) della logistica?

  • La Puglia si candida a diventare l’hub meridionale della logistica. Il tacco dello Stivale sta vivendo un significativo aumento degli investimenti esteri nel settore, posizionandosi come un’importante piattaforma di scambio al centro del Mar Mediterraneo, orientata verso i mercati dei Balcani, del Medio Oriente e del Nord Africa. È un settore in crescita, che conta già 9.100 imprese e 58.000 addetti. A settembre dell’anno scorso la Regione Puglia ha approvato il Piano Regionale delle Merci e della Logistica (PRML), che detta gli indirizzi strategici per promuovere lo sviluppo del trasporto merci combinato strada-mare, incluse le autostrade del mare, e ferro-mare integrando a rete e specializzando per funzioni i terminal portuali, le aree retroportuali, i poli logistici, i terminal ferroviari e le funzioni aeroportuali di trasporto delle merci.

    Un progetto che non è soltanto di carattere economico, ma anche ecologico: puntare sulla intermodalità significa infatti sottrarre centinaia di mezzi dalle strade. I vantaggi sarebbero molteplici, anche in termini di risparmi. Se poi questa idea si sposa con la Zona economica speciale il mix è perfetto per garantire investimenti di una certa rilevanza. Ci sono già esempi importanti.

    Mercitalia Logistic ha annunciato investimenti per 3 miliardi in dieci anni e la Puglia avrà un ruolo importante per il consolidamento dei trasporti su gomma e nave. A Bari, il fondo australiano Cromwell Group Property sta investendo 40 milioni, il player inglese Panattoni ne investirà altri 20 milioni per sviluppare una piattaforma di logistica avanzata e poi c’è lo studio di architettura e urbanistica The Blossom Avenue Management (Bam), che vuole realizzare una moderna piattaforma di logistica robotizzata e magazzini just-in-time di oltre 70.000 mq, sempre a Bari.

    Conad sta investendo 15 milioni a Grottaglie per una piattaforma logistica del freddo. Dhl Express Italy ha presentato recentemente gli interventi di ammodernamento delle sedi operative di Bari, Trani, Lecce e le strategie di sviluppo della società nella regione al servizio dell’export delle imprese pugliesi. Lidl sta investendo 40 milioni nella logistica a Molfetta. Questo per citare solo qualche esempio. Poi ci sono le realtà del territorio, come il Gruppo GTS, azienda ferroviaria intermodale di Bari da 160 milioni di fatturato annuo, come l’interporto di Bari, quarto in Italia per numero di treni merci movimentati.

    Insomma, la Puglia punta forte sulla logistica, tanto da aver anche promosso la nascita di un ITS per formare i futuri operatori del settore. Quali sono le prossime sfide, quali gli obiettivi, cosa manca per diventare davvero l’hub meridionale (o magari mediterraneo) della logistica?

  • La Puglia si candida a diventare l’hub meridionale della logistica. Il tacco dello Stivale sta vivendo un significativo aumento degli investimenti esteri nel settore, posizionandosi come un’importante piattaforma di scambio al centro del Mar Mediterraneo, orientata verso i mercati dei Balcani, del Medio Oriente e del Nord Africa. È un settore in crescita, che conta già 9.100 imprese e 58.000 addetti.

    A settembre dell’anno scorso la Regione Puglia ha approvato il Piano Regionale delle Merci e della Logistica (PRML), che detta gli indirizzi strategici per promuovere lo sviluppo del trasporto merci combinato strada-mare, incluse le autostrade del mare, e ferro-mare integrando a rete e specializzando per funzioni i terminal portuali, le aree retroportuali, i poli logistici, i terminal ferroviari e le funzioni aeroportuali di trasporto delle merci.

    Un progetto che non è soltanto di carattere economico, ma anche ecologico: puntare sulla intermodalità significa infatti sottrarre centinaia di mezzi dalle strade. I vantaggi sarebbero molteplici, anche in termini di risparmi. Se poi questa idea si sposa con la Zona economica speciale il mix è perfetto per garantire investimenti di una certa rilevanza. Ci sono già esempi importanti. Mercitalia Logistic ha annunciato investimenti per 3 miliardi in dieci anni e la Puglia avrà un ruolo importante per il consolidamento dei trasporti su gomma e nave.

    A Bari, il fondo australiano Cromwell Group Property sta investendo 40 milioni, il player inglese Panattoni ne investirà altri 20 milioni per sviluppare una piattaforma di logistica avanzata e poi c’è lo studio di architettura e urbanistica The Blossom Avenue Management (Bam), che vuole realizzare una moderna piattaforma di logistica robotizzata e magazzini just-in-time di oltre 70.000 mq, sempre a Bari. Conad sta investendo 15 milioni a Grottaglie per una piattaforma logistica del freddo.

    Dhl Express Italy ha presentato recentemente gli interventi di ammodernamento delle sedi operative di Bari, Trani, Lecce e le strategie di sviluppo della società nella regione al servizio dell’export delle imprese pugliesi. Lidl sta investendo 40 milioni nella logistica a Molfetta. Questo per citare solo qualche esempio. Poi ci sono le realtà del territorio, come il Gruppo GTS, azienda ferroviaria intermodale di Bari da 160 milioni di fatturato annuo, come l’interporto di Bari, quarto in Italia per numero di treni merci movimentati.

    Insomma, la Puglia punta forte sulla logistica, tanto da aver anche promosso la nascita di un ITS per formare i futuri operatori del settore. Quali sono le prossime sfide, quali gli obiettivi, cosa manca per diventare davvero l’hub meridionale (o magari mediterraneo) della logistica?

  • La Puglia si candida a diventare l’hub meridionale della logistica. Il tacco dello Stivale sta vivendo un significativo aumento degli investimenti esteri nel settore, posizionandosi come un’importante piattaforma di scambio al centro del Mar Mediterraneo, orientata verso i mercati dei Balcani, del Medio Oriente e del Nord Africa. È un settore in crescita, che conta già 9.100 imprese e 58.000 addetti.

    A settembre dell’anno scorso la Regione Puglia ha approvato il Piano Regionale delle Merci e della Logistica (PRML), che detta gli indirizzi strategici per promuovere lo sviluppo del trasporto merci combinato strada-mare, incluse le autostrade del mare, e ferro-mare integrando a rete e specializzando per funzioni i terminal portuali, le aree retroportuali, i poli logistici, i terminal ferroviari e le funzioni aeroportuali di trasporto delle merci.

    Un progetto che non è soltanto di carattere economico, ma anche ecologico: puntare sulla intermodalità significa infatti sottrarre centinaia di mezzi dalle strade. I vantaggi sarebbero molteplici, anche in termini di risparmi. Se poi questa idea si sposa con la Zona economica speciale il mix è perfetto per garantire investimenti di una certa rilevanza. Ci sono già esempi importanti. Mercitalia Logistic ha annunciato investimenti per 3 miliardi in dieci anni e la Puglia avrà un ruolo importante per il consolidamento dei trasporti su gomma e nave.

    A Bari, il fondo australiano Cromwell Group Property sta investendo 40 milioni, il player inglese Panattoni ne investirà altri 20 milioni per sviluppare una piattaforma di logistica avanzata e poi c’è lo studio di architettura e urbanistica The Blossom Avenue Management (Bam), che vuole realizzare una moderna piattaforma di logistica robotizzata e magazzini just-in-time di oltre 70.000 mq, sempre a Bari. Conad sta investendo 15 milioni a Grottaglie per una piattaforma logistica del freddo.

    Dhl Express Italy ha presentato recentemente gli interventi di ammodernamento delle sedi operative di Bari, Trani, Lecce e le strategie di sviluppo della società nella regione al servizio dell’export delle imprese pugliesi. Lidl sta investendo 40 milioni nella logistica a Molfetta. Questo per citare solo qualche esempio. Poi ci sono le realtà del territorio, come il Gruppo GTS, azienda ferroviaria intermodale di Bari da 160 milioni di fatturato annuo, come l’interporto di Bari, quarto in Italia per numero di treni merci movimentati.

    Insomma, la Puglia punta forte sulla logistica, tanto da aver anche promosso la nascita di un ITS per formare i futuri operatori del settore. Quali sono le prossime sfide, quali gli obiettivi, cosa manca per diventare davvero l’hub meridionale (o magari mediterraneo) della logistica?

  • La Puglia si candida a diventare l’hub meridionale della logistica. Il tacco dello Stivale sta vivendo un significativo aumento degli investimenti esteri nel settore, posizionandosi come un’importante piattaforma di scambio al centro del Mar Mediterraneo, orientata verso i mercati dei Balcani, del Medio Oriente e del Nord Africa. È un settore in crescita, che conta già 9.100 imprese e 58.000 addetti.

    A settembre dell’anno scorso la Regione Puglia ha approvato il Piano Regionale delle Merci e della Logistica (PRML), che detta gli indirizzi strategici per promuovere lo sviluppo del trasporto merci combinato strada-mare, incluse le autostrade del mare, e ferro-mare integrando a rete e specializzando per funzioni i terminal portuali, le aree retroportuali, i poli logistici, i terminal ferroviari e le funzioni aeroportuali di trasporto delle merci.

    Un progetto che non è soltanto di carattere economico, ma anche ecologico: puntare sulla intermodalità significa infatti sottrarre centinaia di mezzi dalle strade. I vantaggi sarebbero molteplici, anche in termini di risparmi. Se poi questa idea si sposa con la Zona economica speciale il mix è perfetto per garantire investimenti di una certa rilevanza. Ci sono già esempi importanti. Mercitalia Logistic ha annunciato investimenti per 3 miliardi in dieci anni e la Puglia avrà un ruolo importante per il consolidamento dei trasporti su gomma e nave.

    A Bari, il fondo australiano Cromwell Group Property sta investendo 40 milioni, il player inglese Panattoni ne investirà altri 20 milioni per sviluppare una piattaforma di logistica avanzata e poi c’è lo studio di architettura e urbanistica The Blossom Avenue Management (Bam), che vuole realizzare una moderna piattaforma di logistica robotizzata e magazzini just-in-time di oltre 70.000 mq, sempre a Bari. Conad sta investendo 15 milioni a Grottaglie per una piattaforma logistica del freddo.

    Dhl Express Italy ha presentato recentemente gli interventi di ammodernamento delle sedi operative di Bari, Trani, Lecce e le strategie di sviluppo della società nella regione al servizio dell’export delle imprese pugliesi. Lidl sta investendo 40 milioni nella logistica a Molfetta. Questo per citare solo qualche esempio. Poi ci sono le realtà del territorio, come il Gruppo GTS, azienda ferroviaria intermodale di Bari da 160 milioni di fatturato annuo, come l’interporto di Bari, quarto in Italia per numero di treni merci movimentati.

    Insomma, la Puglia punta forte sulla logistica, tanto da aver anche promosso la nascita di un ITS per formare i futuri operatori del settore. Quali sono le prossime sfide, quali gli obiettivi, cosa manca per diventare davvero l’hub meridionale (o magari mediterraneo) della logistica?

  • La Puglia si candida a diventare l’hub meridionale della logistica. Il tacco dello Stivale sta vivendo un significativo aumento degli investimenti esteri nel settore, posizionandosi come un’importante piattaforma di scambio al centro del Mar Mediterraneo, orientata verso i mercati dei Balcani, del Medio Oriente e del Nord Africa.

    È un settore in crescita, che conta già 9.100 imprese e 58.000 addetti. A settembre dell’anno scorso la Regione Puglia ha approvato il Piano Regionale delle Merci e della Logistica (PRML), che detta gli indirizzi strategici per promuovere lo sviluppo del trasporto merci combinato strada-mare, incluse le autostrade del mare, e ferro-mare integrando a rete e specializzando per funzioni i terminal portuali, le aree retroportuali, i poli logistici, i terminal ferroviari e le funzioni aeroportuali di trasporto delle merci. Un progetto che non è soltanto di carattere economico, ma anche ecologico: puntare sulla intermodalità significa infatti sottrarre centinaia di mezzi dalle strade. I vantaggi sarebbero molteplici, anche in termini di risparmi. Se poi questa idea si sposa con la Zona economica speciale il mix è perfetto per garantire investimenti di una certa rilevanza.

    Ci sono già esempi importanti. Mercitalia Logistic ha annunciato investimenti per 3 miliardi in dieci anni e la Puglia avrà un ruolo importante per il consolidamento dei trasporti su gomma e nave. A Bari, il fondo australiano Cromwell Group Property sta investendo 40 milioni, il player inglese Panattoni ne investirà altri 20 milioni per sviluppare una piattaforma di logistica avanzata e poi c’è lo studio di architettura e urbanistica The Blossom Avenue Management (Bam), che vuole realizzare una moderna piattaforma di logistica robotizzata e magazzini just-in-time di oltre 70.000 mq, sempre a Bari. Conad sta investendo 15 milioni a Grottaglie per una piattaforma logistica del freddo. Dhl Express Italy ha presentato recentemente gli interventi di ammodernamento delle sedi operative di Bari, Trani, Lecce e le strategie di sviluppo della società nella regione al servizio dell’export delle imprese pugliesi.

    Lidl sta investendo 40 milioni nella logistica a Molfetta. Questo per citare solo qualche esempio. Poi ci sono le realtà del territorio, come il Gruppo GTS, azienda ferroviaria intermodale di Bari da 160 milioni di fatturato annuo, come l’interporto di Bari, quarto in Italia per numero di treni merci movimentati.

    Insomma, la Puglia punta forte sulla logistica, tanto da aver anche promosso la nascita di un ITS per formare i futuri operatori del settore. Quali sono le prossime sfide, quali gli obiettivi, cosa manca per diventare davvero l’hub meridionale (o magari mediterraneo) della logistica?

  • Decreto Sud istituisce dal primo gennaio 2024 la Zona economica speciale per il Mezzogiorno (Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna e Molise). Oggi le Zes sono otto: diventeranno una sola area di attrazione di investimenti per le aziende del sud, che potranno beneficiare di particolare vantaggi: sostegno, sotto forma di credito d’imposta, ai progetti di investimento nelle regioni interessate, esenzioni, semplificazioni amministrative.

    Una grande opportunità se funzionerà così come il Governo l’ha immaginata, con il dichiarato obiettivo di ridurre il divario economico, sociale, infrastrutturale tra il Nord e il Sud. Nella legge di bilancio ci sono 1,8 miliardi di euro per il credito d’imposta. In questi giorni il Governo è al lavoro per predisporre gli strumenti di attuazione. All’interno del decreto legge è previsto anche un meccanismo che garantisce il passaggio tra le diverse strutture delle otto Zes e la struttura della Zes unica.

    Entro l'1 gennaio sarà tutto pronto per poter procedere regolarmente. Ci sono tutte le carte in regola affinché rappresenti davvero una grande opportunità per il Sud e non solo in termini di sostegno al credito, ma soprattutto nei campi della semplificazione e delle agevolazioni, forse l’elemento più attraente per le aziende. E’ di questo che parleremo nel nuovo appuntamento di Hey Sud.

    in compagnia di Claudio Meucci (EY Consulting Market Leader)
    con Francesca Pedico, Co-CEO Likeabee Creative Company