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L'intervista a Costanzo non passa inosservata e la magistratura italiana, indagando sul finanziere siciliano Michele Sindona, si imbatte nell'aiuto che Gelli ha dato al bancarottiere. Una perquisizione alla Lebole porta alla scoperta della lista dei membri della loggia P2. Gelli ripara in Sudamerica, ma la sua posizione si aggrava anche a causa del suo tentativo di depistare le indagini sulla strage di Bologna. Dopo l'arresto della figlia Maria Grazia, anche per lui sembra essere arrivata la fine.
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Ispirandosi a un'idea di Eugenio Cefis, il più potente boiardo di Stato, Gelli e Umberto Ortolani, già compare di avventure in Sud America, inducono la famiglia Rizzoli ad acquisire il Corriere della Sera, con l'obiettivo di impadronirsene e di farne un potente strumento di propaganda. Primo passo per la conquista del potere. Mediata dallo spregiudicato banchiere Roberto Calvi, l'operazione va in porto e Licio si concede il lusso di farsi intervistare da Maurizio Costanzo, dicendo più di quello che dovrebbe.
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Forte del peso che ha in Argentina, Gelli medita di fare il bis in Italia, un paese messo in ginocchio dalla crisi petrolifera. Allargando i tentacoli della P2 fino ai vertici della Guardia di Finanza, vede nominato alla guida delle Fiamme Gialle un candidato che non disdegna, mentre alcuni petrolieri speculano sull'oro nero frodando l'erario. Alcune Fiamme Gialle oneste, offesi dall'invadenza piduista, cercano invano di fermarlo. Anche Mino Pecorelli si rivolta contro di lui, ma con le sue lamentele non fa molta strada. Una sera, all'uscita della redazione di OP, viene freddato con alcuni colpi di pistola alla nuca.
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Licio amplia i suoi affari occupandosi del ritorno al potere in Argentina di un vecchio amico, il generale Perón, che aveva aiutato nel mummificare il corpo della moglie Eva. L'operazione, coordinata dalla massoneria, funziona, ma dopo la morte inaspettata del generale è la vedova, una giovane spogliarellista, a prendere il suo posto, e il paese scivola nel caos. Ma Gelli ha già una soluzione. Appoggia l'ascesa al potere di una Giunta Militare, che in cambio lo nomina consulente ufficiale del governo golpista.
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L'arresto del bandito Bergamelli scatena un polverone su Gelli. Licio però non si dà per vinto e stringe amicizia con il potente avvocato e uomo d'affari Umberto Ortolani. Quando le accuse si fanno più gravi è costretto a tornare in Toscana e chiedere aiuto ai comunisti, suoi nemici di sempre. D'altronde con loro è stato cortese, quando era il caso, e dispone di alcune loro “letterine” che, se rese pubbliche, li renderebbero ancora più rossi. Ma di vergogna. I guai italici lo spingono a fare tappa a Rio de Janeiro, dove spera di mettere le basi per una massoneria di tutte le massonerie, agendo finalmente su scala internazionale.
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Sconfitti gli invidiosi e i maligni, e conservato il controllo della Loggia P2, Gelli si domanda quanto denaro costerebbe infiltrare la Repubblica con i suoi uomini, e su quali forze può contare. Qualche decina di miliardi, e l'Italia sarebbe nelle mani della P2. Intanto continua a bazzicare i fascisti toscani, che molla nell'estate del 1974, quando una bomba fa strage sul treno Italicus. Lo consola l’amicizia con il giornalista Mino Pecorelli, di grande aiuto nello sconfiggere i nemici in seno alla massoneria. L’arresto del bandito marsigliese Bergamelli, a capo di un’anonima sequestri che opera a Roma e che minaccia di rivelare la rete dei suoi protettori, mette però di nuovo tutto a rischio.
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Nel 1969 scoppia la bomba a piazza Fontana, e l'Italia sprofonda nel caos e nel terrore. Ansioso di non rimanere da parte nel caso di una svolta autoritaria, Gelli si trasforma nel misterioso signor Filippo. Una identità fittizia che gli consente di frequentare fascisti ed eversori e agganciare esponenti dei servizi segreti, senza perdere la rispettabilità del commendator Gelli. Rinnova anche l'amicizia con il principe Junio Valerio Borghese, conosciuto in guerra, che adesso tenta un colpo di Stato senza riuscirvi. La disfatta potrebbe ripercuotersi su Licio, tanto più che rischia anche l'impeachment da parte dei fratelloni massonici, timorosi della sua irresistibile ascesa.
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Abbandonata la Permaflex, Gelli si mette in proprio. In assenza di capitali esplora le opportunità offerte dalla massoneria, che ai suoi occhi è solo una congrega sfiatata di vegliardi. Si getta dunque nell'impresa di svecchiare il Grande Oriente d’Italia, scalandolo dall'interno e dando nuova vita alla P2, una loggia coperta. Il proficuo rapporto con i Lebole, imprenditori tessili, lo avvicina al mondo delle partecipazioni statali e gli fa ricevere in benefit una villa sontuosa.
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Mentre l’Italia rinasce democristiana, Licio prova a cimentarsi in svariati commerci, ma senza particolare successo se non in una disciplina: la fuga dai creditori. L'incontro con un onorevole democristiano lo proietta presto nel sottobosco romano, diventando portaborse di successo. Un'attività che gli consente di ascoltarlo con potenti DC e cardinali, da cui presto ricava la nomina a direttore marketing della Permaflex, una fabbrica di materassi innestata nel feudo ciociaro di Giulio Andreotti con profluvio di fondi pubblici.
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Il giovane Licio, espulso da tutte le scuole del Regno, lascia Pistoia e parte volontario per la guerra civile in Spagna. Benché non sia chiaro il suo schieramento, al ritorno pubblica un libro sul tema “Fuego!” e cerca invano di farsi riconoscere dai compaesani come eroe. Per questo deve però attendere lo scoppio della Seconda guerra mondiale, quando in Jugoslavia trafuga,per conto dell'esercito, l'oro del re Pietro. Fascistone d'indole, dopo l'8 settembre si unisce alle fila dei Repubblichini, ma al momento giusto aiuta anche i partigiani. Un doppio gioco spudorato che gli spalanca interessanti prospettive quando tacciono i cannoni.
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