Episoder
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C’eravamo lasciati al molo di Bubaque in partenza per l’isola di Canogo, primo approdo nel parco nazionale delle isole Orango. Riprende il racconto del mio viaggio alle Isole Bijagos in Guinea Bissau.
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Le Bijagos sono un arcipelago formato da un’ottantina di isole al largo di Bissau, capitale della Guinea Bissau.
Questo episodio è la prima parte di una sorta di diario in formato audio: è un esperimento in cui provo a raccontare la mia esperienza di viaggio e di ricerca in questa parte remota e poco conosciuta del continente africano.
Sound design a cura di Stefano Cassese | Underground Studio
Illustrazione di copertina di Elisa Pavanello
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Una buona parte degli interventi estetici sul corpo ha a che fare con il genere. A seconda dei ruoli socialmente attribuiti al maschile e al femminile, ogni società costruisce un apparato simbolico composto da ornamenti di vario tipo, utili a definire in modo netto i corpi degli uomini e quelli delle donne mentre la possibilità di un'estetica queer è ancora difficile da accettare.
Attorno a queste parole ( "queer", "queerness", "genere", “gender”) si è sviluppato un dibattito molto acceso negli ultimi anni. Proviamo a fare chiarezza sulla fantomatica “teoria del gender” e sul "malinteso della bellezza" insieme a Sara Patrone, ospite dell'episodio e autrice di un saggio sul tema pubblicato da Meltemi.
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Illustrazione di copertina di Elisa Pavanello.
Il brano musicale presente nell'episodio è di Keys Of Moon e si intitola Lonesome Journey. License: Creative Commons (CC BY 3.0) https://creativecommons.org/licenses/by/3.0. Music powered by BreakingCopyright: https://breakingcopyright.com.
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Tutti gli esseri umani – chi più, chi meno – si vestono. Come afferma l’antropologa Karen Tranberg Hansen vestiti e accessori sono per noi esseri umani una “pelle sociale” in grado di esercitare un’influenza considerevole nelle nostre interazioni e nella definizione della nostra identità. Di queste dinamiche si occupa l’antropologia della moda che osserva e interpreta i processi culturali inerenti alle pratiche vestimentarie analizzando i significati che le mode - il plurale è d’obbligo - hanno nelle società umane e aprendo una riflessione molto preziosa che riguarda in particolare il rapporto tra creatività, produzione e consumo.
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Il linguaggio è una delle caratteristiche fondamentali dell'umanità, eppure le lingue che parliamo sono tante e a volte molto diverse tra loro. Secondo le stime più recenti, sono circa 7000 gli idiomi attualmente utilizzati nel mondo. Lingua e cultura coincidono? In che modo la lingua che parliamo influenza il modo in cui pensiamo? E ancora: che rapporto c'è tra linguaggio e corporeità? L’antropologia del linguaggio offre diversi strumenti per provare a rispondere a queste domande, consentendoci di esplorare le dinamiche sociali e simboliche che le parole veicolano.
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La teoria evolutiva di Charles Darwin ha radicalmente trasformato la concezione del corpo umano, aprendo la strada all'antropogenesi. Oggi sappiamo che il nostro attuale aspetto fisico, la forma dei nostri corpi, è il risultato di un lunghissimo processo adattativo, condizionato soprattutto dal bipedismo. È camminando che siamo diventati Sapiens. Oggi la maggior parte dei popoli umani vivono in regimi stanziali: nonostante questo gesto continua ad avere un'importanza enorme per la nostra specie. Come afferma l'antropologo David Le Breton, "camminare è godimento del mondo perché consente la sosta, la pacificazione interiore. Camminare è un continuo contatto corporeo con l’ambiente".
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Il corpo umano, come qualsiasi altro corpo, si può misurare. Altezza, peso, età sono alcuni dei parametri che applichiamo comunemente: questi valori, in apparenza oggettivi, vengono interpretati da ogni società seguendo criteri culturali. In Occidente esiste una lunga tradizione interpretativa basata sulla presunta corrispondenza tra aspetto fisico e caratteristiche morali: questa tradizione comincia con la fisiognomica di Aristotele e arriva fino a Cesare Lombroso, figura ambigua e controversa della cosiddetta antropologia criminale.
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L'antropologia del corpo è un campo di studio e ricerca vastissimo. Per orientarci in questo territorio sconfinato, vi propongo quattro filoni d'indagine possibile: il primo riguarda l'etica, ovvero il comportamento che noi esseri umani esprimiamo attraverso il corpo; il secondo ha a che fare con l'estetica nella sua accezione etimologica di sensazione corporea; il terzo è inerente alla cosmetica, vale a dire all'ordine che diamo al mondo attraverso la corporeità; infine il quarto, ovvero il pathos, inteso sia come dolore fisico che come passione, desiderio, commozione.
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Questo episodio è liberamente ispirato all'album ispirato all’album dei CCCP - Epica, Etica, Etnica, Pathos ⓒ 1990 Universal Music Italia srl, da cui sono tratte le brevi citazioni musicali realizzate nel rispetto e secondo l'indirizzo dell'art. 70 della legge sul diritto d’autore (L. 22 aprile 1941, n. 633), integrato con il D.Lgs. 9 aprile 2003, n. 68 in attuazione della Direttiva 2001/29/CE e dalla successiva Legge 9 gennaio 2008, n. 2, comma 1-bis.
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Tutti gli esseri umani hanno e, al tempo stesso, sono un corpo. Quella corporea è una dimensione letteralmente irriducibile: non c'è, infatti, un modo per eluderla. E il corpo è da sempre oggetto privilegiato di interesse da parte dell'antropologia. Il primo impatto con l'altro da sé avviene attraverso il corpo e l'aspetto fisico è stato a lungo al centro delle ricerche antropologiche. La storia dell'antropologia del corpo comincia nell'Ottocento e si sviluppa nei decenni successivi grazie alle intuizioni feconde di Marcel Mauss e di Maurice Leenhardt.
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Incantesimi, persecuzioni, prove, abbandoni, rinascite e tanti, tantissimi stereotipi: di questo e di molto altro sono fatte le fiabe, racconti potentissimi e tramandati da secoli che condensano in breve una quantità impressionante di simboli, tradizioni e principi morali. Walt Disney ha davvero disintegrato il mondo delle fiabe? Così come le conosciamo, le fiabe andrebbero bandite o, al contrario, custodite con attenzione filologica? L'approccio delle scienze umane offre strumenti utili per rispondere a queste domande e per esplorare le infinite possibilità del mondo fiabesco.
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Gli oggetti non sono mai solo oggetti per noi Sapiens ma veicolano significati, favoriscono alleanze, generano relazioni, definiscono gerarchie di potere. Proprio per questo il dono è un tema centrale dell’antropologia culturale sin dalle sue origini, come ci dimostrano gli studi fondamentali di Bronislaw Malinowski e di Marcel Mauss. Che significati assume il dono in una società ipercapitalista come quella occidentale? E quali dinamiche può generare il dono ai tempi di Internet? L’antropologo Marco Aime, professore di Antropologia culturale dell’Università di Genova, ci fornisce alcune chiavi di lettura preziose a questo proposito.
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Insieme alla rivoluzione digitale e al cambiamento climatico, migrazioni, marginalizzazione sociale e globalizzazione sono i grandi fenomeni della nostra epoca. Ci sono due grandi intellettuali contemporanei che a questi temi hanno dedicato tutta la loro vita. Le loro teorie permettono di mettere meglio a fuoco le connessioni esistenti tra tutti questi ampi e variegati processi in atto: mi riferisco a Zygmunt Bauman che ha introdotto il concetto di società liquida e a Arjun Appadurai, teorico dei flussi culturali globali.
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La globalizzazione è uno delle caratteristiche predominanti del nostro tempo. Fenomeno ampio e complesso, nasce negli anni '70 a partire da questioni strettamente economiche e si sviluppa enormemente nei decenni successivi investendo tanto la sfera sociale e politica quanto quella culturale. Nella sua accezione più comune, "globale" è il contrario di "locale" ma all'inizio degli anni '80 Roland Robertson, sociologo e teorico della globalizzazione, introdusse un altro termine nel dibattito che animava le scienze umane: "glocalizzazione". Ma che cosa s'intende esattamente con queste espressioni? E che cosa ne è stato del cosiddetto movimento No Global?
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Il brano citato in questo episodio è Mascarade di Tommy Tornado, FMA.
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C'è un ramo dell'antropologia che indaga i rapporti che gli esseri umani instaurano con gli spazi delle città e delle metropoli: questi studi forniscono delle chiavi di lettura molto utili per comprendere fenomeni complessi come la marginalizzazione sociale. Inoltre, l'antropologia urbana è in grado di aiutarci a comprendere in quali modi l'umanità si pone in relazione con il luogo in cui vive e quante possibilità diverse esistono di abitare non solo gli spazi domestici ma il pianeta tutto. Di questi temi si occupa da tempo l'antropologo Andrea Staid: grazie alle sue ricerche e alle sue riflessioni, possiamo esplorare gli spazi di confine interni ed esterni a quartieri, appartamenti, case. Scoprendo che i margini tra noi e l'alterità sono sempre un po' più ampi di quanto si possa immaginare.
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Questa storia di quant'è bello il nomadismo potrebbe apparire irrispettosa o forse semplicemente ridicola a chi non ha scelto affatto di andarsene. Già, perché le cause che determinano le migrazioni sono molteplici e complesse. È da almeno 30 anni che si parla di questo fenomeno in Italia al punto che oramai questo tema è diventato estremamente divisivo. Le informazioni corrette ci sono e sono facilmente reperibili eppure la percezione comune è tuttora quella del pericolo, dell’invasione, dell’orda. Da dove nasce questo enorme malinteso collettivo? Perché continua a esserci così tanta paura nei confronti delle persone che si spostano alla ricerca della felicità?
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Identità, tradizione, cultura: l’intreccio fra questi termini è talmente fitto che molto spesso vengono usati come sinonimi. Da dove nascono le tradizioni di un popolo? Cosa ci fa sentire di appartenere ad una determinata cultura? Come esseri umani, abbiamo bisogno di definizioni perché ci serve una cornice di certezze e di punti fermi ma, a ben guardare, l’esistente è in costante divenire. Le identità, in qualsiasi modo le concepiamo, non sono mai ferme, statiche, monolitiche: sono, per forza di cose, “nomadi”. L’antropologia ma soprattutto l’etnografia e la ricerca sul campo ci pongono su una soglia perché se esiste una qualche identità non può che essere in relazione ad una alterità: esiste un “noi” in funzione di un “loro”. E la definizione di che cos’è questo noi e che cos’è questo loro è soggetta a negoziazioni permanenti.
In questo episodio esploriamo i confini mobili dell’identità e della tradizione con un’ospite molto speciale: Elena Dak, un’antropologa che da anni si occupa proprio di nomadismo. La sua eccezionale esperienza di ricerca ci dimostra come e quanto l’incontro con l’altro da sé può diventare una profonda esperienza trasformativa.
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Quello del viaggio è probabilmente il tema più ancestrale che l’umanità abbia mai raccontato: non a caso, i grandi poemi epici dell’età antica hanno tutti a che fare, in un modo o nell’altro, con partenze, dislocamenti, peregrinazioni. Si tratta, però, di viaggi in tondo: si parte con il proposito di tornare. Le cose cambiano durante il Medioevo occidentale: il cavaliere e il peregrino, infatti, vanno in giro per il mondo perché è proprio questo che definisce la loro stessa identità. E così, l’anomalia sociale del vagabondaggio viene mitizzata attraverso queste figure. A partire dal ‘600, poi, viaggiare diventa una vera e propria attività formativa con il Grand Tour da cui nasce il turismo, così come lo intendiamo oggi. L’antropologia che se ne occupa è ricchissima di temi: c’è la rappresentazione, l’identità, l’autenticità per non parlare di tutto ciò che riguarda lo spazio, l’ambiente, il territorio.
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Tutte le società inventano dei sistemi per predire il futuro o per interpretare il presente in una prospettiva futura: si tratta delle cosiddette arti mantiche, ovvero delle pratiche che si definiscono in grado di fornirci delle informazioni su ciò che succederà. È il caso degli oroscopi, della lettura dei tarocchi e di molti altri sistemi che oggi consideriamo perlopiù superstiziosi e anti-scientifici. Eppure, per millenni, astronomia e astrologia si sono tenute per mano senza contare il fatto che perfino le scienze cosiddette "esatte" si basano su quello che il filosofo Thomas Kuhn chiama "paradigma dominante".
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Il brano musicale citato in questo episodio è "Cambridge, 1963" di Johan Johannsson (Back Lot Music, 2014), tratto dalla colonna sonora del film "The Theory of Everything" (2014), diretto da James Marsh. Tale breve citazione è realizzata nel rispetto e secondo l'indirizzo dell'art. 70 della legge sul diritto d’autore (L. 22 aprile 1941, n. 633), integrato con il D.Lgs. 9 aprile 2003, n. 68 in attuazione della Direttiva 2001/29/CE e dalla successiva Legge 9 gennaio 2008, n. 2, comma 1-bis.
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Il principio di immedesimazione è alla base delle narrazioni e l’influenza che le storie hanno su di noi è portentosa. Secondo C.G. Jung esistono degli archetipi ovvero delle immagini primordiali, dei principi che condensano e rappresentano la memoria collettiva della nostra specie. Questi contenuti ancestrali, che condividiamo inconsciamente, si concretizzano in simboli ma anche in personaggi. A volte succede che gli archetipi si cristallizzino in modelli rigidi, univoci e intrisi di convenzioni stabilite a priori, tramutandosi così in stereotipi. L'antropologia letteraria si occupa tanto degli uni quanto degli altri, intersecandosi con l'ermeneutica, la storia della letteratura e con i preziosi contributi provenienti dagli Studi Culturali.
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Il brano musicale citato in questo episodio è "The Kingsroad", di Ramin Djawadi, tratto dalla colonna sonora della serie TV Game of Thrones, pubblicata e distribuita da Varese Sarabande Records. Tale breve citazione è realizzata nel rispetto e secondo l'indirizzo dell'art. 70 della legge sul diritto d’autore (L. 22 aprile 1941, n. 633), integrato con il D.Lgs. 9 aprile 2003, n. 68 in attuazione della Direttiva 2001/29/CE e dalla successiva Legge 9 gennaio 2008, n. 2, comma 1-bis.
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Non c’è giorno del calendario più famoso e più celebrato al mondo: il Natale è una presenza fortissima nell’immaginario collettivo globale e costituisce un terreno d’indagine particolarmente fertile per chi si occupa di antropologia culturale. In questa ricorrenza d’origine religiosa si condensano una quantità impressionante di tradizioni, miti, racconti, usanze e pratiche provenienti da ambiti culturali estremamente eterogenei: il Natale è, insomma, un crogiolo di simboli, un vero e proprio sincretismo dell'umanità.
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Il brano citato nell'episodio è "Jingle Bells" by Kevin MacLeod http://incompetech.com Creative Commons — Attribution 4.0 International — CC BY 4.0. Free Download / Stream: https://bit.ly/_jingle-bells. Music promoted by Audio Library https://youtu.be/8ahD-2LK_Zw.
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