Episoder
-
È noto che l’allevamento dei ruminanti, in particolare dei bovini, è tra le principali cause di emissioni in atmosfera di metano, per via della presenza nel rumine (il primo tratto dell’apparato digerente dei bovini) di batteri metanogeni. In pratica le mucche ruttano metano e, per usare un eufemismo, ciò che non esce dal davanti esce dal didietro. Il metano è un potente gas serra, perciò da tempo gli scienziati sono impegnati a cercare dei modi per limitare queste emissioni attraverso, per esempio, dei mangimi speciali. Ma di recente una start-up americana, ArkeaBio, ha sviluppato un nuovo approccio, basato su un vaccino che, inoculato nei bovini, ne ridurrebbe le emissioni di metano di circa il 13%. Commentiamo questa notizia con l'aiuto di Carlo Sgoifo Rossi, professore di nutrizione animale presso il Dipartimento di Medicina Veterinaria e Scienze Animali dell’Università degli Studi di Milano.
-
Volare sull’acqua: questo fanno le barche di coppa America e tutte quelle, tantissime ormai, dotate di foil: quelle ali acquatiche, grazie alle quali le barche si sollevano e sembrano volare a pelo dell'acqua. Ma c’è volo e volo. Le regole del Protocollo che governa la 37a America’s Cup richiedevano una barca di assistenza con una propulsione esclusivamente a idrogeno, un’autonomia di 180 miglia e in grado di raggiungere i 50 nodi. Ed è stata quest’ultima, la sfida più complessa. A quasi cento km/h, mantenere l’assetto di una imbarcazione che si libra a pochi decimetri dalla superficie del mare, si è rivelato difficilissimo, come ci racconta Bluegame, presente al Salone Nautico di Genova, che ha progettato e realizzato BGH - BlueGame Hydrogen, la barca di supporto di American Magic e Orient Express racing team. Lo raccontiamo con Carla Demaria, AD di Bluegame.
-
Mangler du episoder?
-
Anche per il fatto di rivolgersi a una clientela mediamente danarosa, la nautica da diporto è un ottimo laboratorio per tecnologie avanzate e di nicchia, che più difficilmente possono essere sperimentate in altri contesti. Di super-condensatori, per esempio, si parla da tempo, ma le applicazioni sono ancora poche e riservate ad ambiti quali le competizioni automobilistiche. Parliamo di sistemi di accumulo elettrico che contengono meno energia delle batterie, ma capaci di caricarsi e scaricarsi molto più rapidamente e perciò più adatti delle batterie per tutta una serie di compiti. Novac, una Start-Up presente al Salone di Genova, sta tentando di portarli nella nautica, puntando su una peculiarità: la possibilità di sagomarli a piacimento e integrarli nello scafo senza occupare volume utile. Ce ne parla Matteo Bertocchi, fondatore e CEO di Novac.
-
Qualunque scafo immerso in acqua sperimenta il biofouling, quel fenomeno per cui una serie di organismi come alghe, cozze, vongole e cirripedi vi si attaccano e lì iniziano a crescere, rendendo l’imbarcazione sempre più pesante e aumentando drasticamente l’attrito dello scafo con l’acqua. La soluzione consiste tipicamente nell’applicazione di vernici dette anti-vegetative, che tuttavia sono tossiche e rilasciano in acqua sostanze inquinanti; oppure nell'applicazione di siliconi, che tossici non sono ma che richiedono operazioni aggressive allo scafo quando è il momento di “rinfrescare” la protezione. Ma un’alternativa è stata ora messa a punto da EHYFA, start-up del gruppo Y, che al Salone Nautico di Genova ha presentato un procedimento anti-vegetativo innovativo chiamato SeaProtector, ispirato alle decalcomanie. Ne parliamo con Massimo Tosi responsabile progetto SeaProtector.
-
Mappare le camere magmatiche dei vulcani è il primo passo per utilizzare l’immensa energia del magma. Come abbiamo visto nella puntata precedente, un pozzo geotermico che raggiunga il magma può produrre 10 volte l’energia di un pozzo geotermico convenzionale, anche se per il momento si tratta di una stima non supportata dai fatti, considerato nulla del genere è mai stato realizzato. Conoscere l’ubicazione delle camere magmatiche, tuttavia, non è impresa da poco. Solo di recente, e per la prima volta, grazie a tecniche innovative di geodesia satellitare, scienziati e scienziate dell’Università di Pisa sono riusciti a studiare il magma a profondità sinora mai esplorate, per capire come si muove e come risale verso la superficie. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista Nature Communications, e offre informazioni importanti anche ai fini della sicurezza di quelle popolazioni che vivono vicino ai vulcani. Ce ne parla Carolina Pagli, professoressa di Geofisica del Dipartimento di Scienze della Terra dell’Università di Pisa.
-
In uno dei romanzi di Isaac Asimov si immagina un pianeta i cui abitanti producono tutta l’energia di cui hanno bisogno grazie a barre che affondano nel terreno per migliaia di chilometri, fino a raggiungere il nucleo rovente del pianeta per catturarne il calore. Un geotermico estremo, se così vogliamo dire, che almeno per il momento è pura fantascienza.
Tuttavia non è fantascienza l’idea di ricavare energia dal magma. I primi studi sono in corso, particolarmente in Islanda, paese che già ricava il 65% dell'energia dalla geotermia e dove, nel 2009, per errore, è stata perforata per la prima volta una camera magmatica. Ora il prossimo passo sarà una perforazione volontaria, prevista per il 2026. Ne parliamo con Paolo Papale, ricercatore dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. -
Se davvero nei prossimi anni vedremo un fiorire di attività umane nello spazio, sarà anche grazie allo sviluppo di processi che permetteranno agli insediamenti spaziali una certa autonomia in fatto di approvvigionamento di cibo. Da anni si studia la coltivazione di micro-verdure nello spazio, grazie alle quali assicurare agli astronauti una fonte di vitamine. Ora è venuto il momento di chiudere il cerchio e di gestire anche il riciclo degli scarti degli astronauti, producendo fertilizzanti che a loro volta permetterebbero di produrre altro cibo. Questo l’obiettivo del progetto ReBUS, finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana, coordinato dall’Università Federico II. ReBUS è anche partecipato da un nutrito gruppo di imprese ed enti di ricerca, che per produrre compost nello spazio si è affidato alla mosca soldato nero. Un insetto dal nome inquietante, ma del tutto innocuo, le cui larve sono oggi allevate anche a fini alimentari. Ce lo racconta Angiola Desiderio, ricercatrice del Laboratorio Biotecnologie ENEA.
-
È andato al progetto europeo SWITCH l’Hydrogen TCP Award of Excellence 2024, il prestigioso premio della International Energy Agency. Coordinato dalla Fondazione Bruno Kessler, il progetto ha portato allo sviluppo di un particolare tipo di cella a combustibile capace di operare secondo due modalità distinte: come un elettrolizzatore, producendo idrogeno dall’acqua, e come una cella a combustibile, producendo calore, elettricità e idrogeno a partire da idrocarburi quali il metano, meglio se bio, naturalmente. Così facendo, è possibile garantire a chi adotti questa tecnologia una fornitura di idrogeno a basso tenore di CO2, indipendentemente dalla discontinuità di fonti come il sole e il vento. Ne parliamo con Matteo Testi, coordinatore del progetto e responsabile dell’unità HyRES presso il centro Sustainable Energy di Fondazione Bruno Kessler.
-
Le cifre del mercato delle opere contraffatte sono da capogiro: si parla di 150-200 milioni di euro l’anno per un paese come l’Italia, anche se le stime variano come spesso accade coi mercati illegali. Ma a segnalare che si tratti di un business di peso, lo testimonia l’ingresso in grande stile delle mafie nel settore. Per certificare gli originali delle opere contemporanee, il NanoLab del Dipartimento di Energia del Politecnico di Milano ha sviluppato una famiglia di additivi per inchiostri che, grazie ad alcune peculiari proprietà ottiche ed elettroniche, permettono all’artista di apporre all’opera una firma, anche utilizzando una comune penna a sfera, garantendone di fatto l’originalità. Ne parliamo con Carlo Spartaco Casari, professore di Fisica della Materia del Dipartimento di Energia del Politecnico di Milano e coordinatore del progetto PYPAINT.
-
Tra le nuove frontiere della ricerca c’è lo sviluppo di sensori miniaturizzati, capaci di rilevare la presenza di gas a concentrazioni bassissime. Le tecnologie che oggi permettono di fare questo tipo di analisi sono costose e ingombranti e ciò ne limita il campo di applicazione, che potenzialmente sarebbe molto vasto: si va dalla citizen science al monitoraggio ambientale, alla sicurezza, alla medicina. Di recente, Michele Penza, ricercatore ENEA della Divisione Tecnologie e Materiali per l’Industria Manifatturiera Sostenibile, e Anna Maria Laera del Laboratorio Componenti e Sistemi Intelligenti per la Manifattura Sostenibile, hanno guadagnato la copertina della rivista scientifica Chemosensors grazie a un articolo di review che ha fatto il punto della situazione in questo settore di ricerca.
-
La Terra ospita riserve di idrogeno geologico, detto anche idrogeno bianco o naturale. Le prime evidenze sono emerse negli anni ’80, ma solo ora tali riserve hanno iniziato ad attirare in modo significativo l’attenzione della comunità scientifica e delle imprese. Ne parliamo prendendo spunto dalla spedizione di questa estate, ai piedi della calotta glaciale della Groenlandia. La spedizione è stata svolta da un gruppo di ricercatori dell’Istituto di Geoscienze e Georisorse del Cnr (Cnr-Igg) e del Deep Carbon Lab della Università di Bologna, impegnati a capire meglio i processi di formazione e circolazione dell’idrogeno naturale che, secondo alcuni, oltre a offrire una possibile fonte di energia alternativa a zero emissioni di CO2, potrebbe trovarsi alla base dello sviluppo delle prime forme di vita. Ne parliamo con Alberto Vitale Brovarone, professore di Geologia dell’Università di Bologna e coordinatore del progetto ERC Deep Seep e della missione in Groenlandia per lo studio dell’idrogeno naturale.
-
Competizione biologica: è questa la parola chiave per comprendere molte ricerche e studi che vanno nella direzione di ridurre l’uso di pesticidi e antiparassitari in agricoltura. L’idea è quella di cercare alleati tra i concorrenti naturali dei parassiti e delle erbe infestanti. C'è infatti una tecnica che consiste nell'inoculare dei funghi simbiotici sui semi delle cover crops, cioè le colture - dette anche intercalari - usate per proteggere i terreni dall’erosione tra una coltivazione principale e l’altra e per aumentare la sostanza organica. A tal fine, ricercatori e ricercatrici dei laboratori di Microbiologia dell’Università di Pisa hanno imparato a coltivare una settantina di diversi funghi simbiotici e li hanno utilizzati per la “concia” dei semi di alcune colture intercalari, che ora saranno distribuiti in via sperimentale ad agricoltori di mezza Europa. Ce lo racconta Alessandra Turrini, professoressa di Microbiologia Agraria al Dipartimento di Scienze Agrarie, Alimentari e Agro-ambientali dell’Università di Pisa.
-
In Dari, una delle lingue ufficiali dell'Afghanistan, AMANAT significa "custodia" o “fiducia”. Ma è anche il nome di un progetto di Emergency, che proprio in Afghanistan ha iniziato a sperimentare l’applicazione dell'Intelligenza Artificiale alle cartelle cliniche (rese disponibili in forma digitale negli ultimi anni) dei pazienti ammessi negli ospedali dell’organizzazione umanitaria. L’obiettivo è che milioni di cartelle cliniche di milioni di pazienti, compilate a mano in condizioni spesso precarie in oltre 20 anni di attività, possano finalmente parlare, raccontando la realtà della guerra in modo ancora più preciso. Ce ne parla Emanuele Macario, Direttore IT di Emergency.
-
I test eseguiti in Cina sul primo reattore nucleare commerciale a letto di sfere - un particolare tipo di reattore di terza generazione avanzata - dimostrano che nemmeno nel peggiore dei casi può verificarsi il più devastante scenario di incidente (il meltdown). Questo segna definitivamente il ritorno dell’industria nucleare al concetto di sicurezza passiva. Anche se può sembrare sorprendente, è possibile realizzare reattori nucleari in cui i meccanismi di salvaguardia che impediscono il verificarsi di incidenti sono affidati a fenomeni naturali, come per esempio la circolazione naturale dei fluidi caldi: fenomeni spontanei che non dipendono quindi dall’attivazione di meccanismi attivi, come pompe o valvole. Concetti noti sin dagli albori dell’industria nucleare che tuttavia, storicamente, è andata nella direzione opposta. Una tendenza che si è ormai quasi del tutto invertita nei nuovi design di reattore nucleare. Ne parliamo con Marco Ricotti, professore di Ingegneria Nucleare al Politecnico di Milano.
-
Lo scenario più catastrofico che può verificarsi in caso di incidente nucleare è il meltdown, cioè la liquefazione del combustibile a causa della perdita di controllo del reattore, come è accaduto negli incidenti di Chernobyl e Fukushima. Siamo nello Shandong, una delle più popolose province della Cina, affacciata sul Mar Giallo, ed è lì che nei mesi scorsi nel primo rettore commerciale a letto di sfere - un design concepito negli anni ‘60 del ‘900, ma messo a terra solo ora - è stato eseguito un test, privando il reattore dell’energia elettrica e fermando le pompe del fluido di raffreddamento. Sono state cioè ricreate le condizioni per causare un meltdown, che come previsto, non si è verificato. Test simili sono stati fatti in passato, ma mai su reattori commerciali e mai di queste dimensioni. Commentiamo la notizia con l'aiuto di Marco Ricotti, professore di Ingegneria Nucleare al Politecnico di Milano.
-
Per capire di cosa parliamo stasera, immaginiamo un barile trasparente, pieno di un particolare liquido che, quando viene illuminato dalla luce del sole, spara un fascio di luce dal coperchio. Questo è l’obiettivo del progetto APACE, finanziato con circa 4 mln di euro dal programma Horizon Europe e coordinato dall’Università di Firenze. Come dice il nome, i laser solari sono dispositivi laser alimentati dalla luce del sole e fino a oggi sono stati realizzati grazie a specchi che concentrano la luce su un materiale attivo, in grado di generare un fascio laser, ma con grandi difficoltà. L’Università di Firenze punta in una direzione completamente diversa, verso cioè un laser molecolare, prendendo spunto dal funzionamento delle antenne fotosintetiche presenti in alcuni particolari batteri. Ne parliamo con Giuseppe Luca Celardo, professore di Fisica teorica al Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Firenze.
-
JOINRS è una start-up che all’ultimo Web Summit di Lisbona si è classificata tra le 10 più promettenti al mondo. Fa uso dell’intelligenza artificiale per aiutare, soprattutto i neo-laureati, a trovare lavoro, e le imprese che vi aderiscono a trovare nuovo personale. Il sistema - chiamato JOINRS-AI e basato su una versione “fine tuned” del motore di intelligenza artificiale di OpenAI - scansiona il web alla ricerca di annunci di lavoro e, sulla base delle preferenze dei candidati, ne estrae delle short list in cui le inserzioni sono rielaborate secondo una formula di lettura più facile e veloce. Ne parliamo con Gabriele Giugliano, CEO e Cofounder di JOINRS.
-
È possibile catturare la CO2 direttamente a bordo dei mezzi di trasporto? Questa strada, finora poco battuta, potrebbe avere senso per il trasporto pesante, che ancora non dispone di tecnologie carbon neutral mature. A sostenerlo è uno studio pubblicato su Energy, nel quale un gruppo di ricercatori dell’Università di Saragozza ha analizzato l’occupazione di volume e il bilancio energetico di un nuovo tipo di sistema per la cattura e lo stoccaggio di CO2, che potrebbe trovare spazio a bordo di mezzi pesanti. Un aspetto interessante di questo scenario è che l’anidride carbonica catturata potrebbe essere impiegata per produrre metano sintetico e ricominciare il ciclo. Ma si tratta di uno scenario ancora del tutto teorico e la strada da percorrere resta ancora lunga. Ne parliamo con Fabrizio Pirri, direttore del Center for Sustainable Future Technologies dell’Istituto Italiano di Tecnologia.
-
Un solo biglietto integrato per prendere tutti i mezzi pubblici: l’obiettivo è da molti anni sul tavolo di chiunque si cimenti nel tentativo di rendere più attraenti i trasporti pubblici e il ricorso alla multimodalità. Il problema di carattere generale rimane comunque aperto: realizzare una piattaforma digitale che permetta di interconnettere i servizi di tutti gli operatori di mobilità, resta infatti un problema irrisolto. Ma un gruppo di esperti dell’Università di Birmingham ritiene di aver trovato la soluzione, grazie alla fusione di due tecnologie: la blockchain e le ontologie. Il nuovo sistema è stato chiamato STUB (System for Ticketing Ubiquity within Blockchains) e ce lo spiega Valeria Portale, direttore dell'Osservatorio Blockchain e Web3 del Politecnico di Milano.
-
Dalle acque di scarto di alcuni pozzi petroliferi della Pennsylvania, potrebbe arrivare fino al 40% dell’attuale domanda di litio degli Stati Uniti. Lo afferma un gruppo di ricercatori del National Energy Technology Laboratory, che ha potuto accertare una presenza significativa di litio nelle acque reflue dell’estrazione petrolifera, grazie a una norma che obbliga le compagnie oil&gas ad analizzarle e comunicare i risultati delle indagini. La notizia rafforza lo scenario del litio geotermico, che in alcune zone del mondo si trova disciolto in concentrazioni elevate nelle acque saline presenti nel sottosuolo. Scenario presente anche in Italia, dove il litio potrebbe essere associato all’energia geotermica anziché all’estrazione petrolifera. Ce ne parla Andrea Dini, ricercatore dell'Istituto di Geoscienze e Georisorse del CNR.
- Se mer