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VIDEO: La verità sui medici vaccinati ➜ www.youtube.com/watch?v=sSqLG9Wft88&list=PLolpIV2TSebVtj34zS7A0AabuQ9cf1Uxp
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7244
CON LE AUTOPSIE VENGONO ALLA LUCE I DANNI DEL ''VACCINO'' ANTICOVID AL CUORE
L'Università di Heidelberg (Germania) conferma dati alla mano che le miocarditi sono state causate dalla vaccinazione e non dal virus (VIDEO: La verità sui medici vaccinati)
di Paolo Bellavite
È ormai certo che la miocardite può essere una complicanza potenzialmente letale dopo la vaccinazione anti-SARS-CoV-2 basata su mRNA ("Pfizer" e "Moderna"). Altrettanto certo è che la miocardite si può presentare anche come conseguenza dell'infezione da parte di vari virus tra cui anche SARS-CoV-2. Pertanto l'argomento è materia di dibattito tra vaccinisti e anti-vaccinisti. Pochi hanno la capacità e l'onestà di esaminare la questione dal punto di vista bioetico e scientifico ed effettuare una valutazione rischi/benefici nell'interesse della singola persona e priva di condizionamenti politici o di categoria.
Cominciando dall'aspetto bioetico, è fondamentale considerare che la miocardite virale è un evento che può colpire una persona, la quale diviene vittima di un "difetto" della natura come nel caso di tutte le malattie che affliggono il genere umano (anche se sulla origine del SARS-CoV-2 come si sa pesa più di un sospetto che prodotto di una manipolazione). La miocardite post-vaccinale è conseguenza prevedibile e prevista di un prodotto artificiale e iniettato volontariamente, la cui frequenza di complicazioni gravi e mortali è bassa rispetto al totale delle somministrazioni, ma non certo trascurabile per la persona che ne è colpita. Ovviamente, il problema etico diviene ben più grave se si pone la questione del consenso informato, ma non è questo per oggi il punto.
Gli aspetti scientifici della questione sono importanti sia per effettuare un bilancio tra rischi e benefici in fase di consiglio pre-vaccinale, sia per la corretta diagnosi dei casi gravi e mortali in vista di una richiesta di indennizzo come previsto dalla legge. È pur vero che la conoscenza precisa degli eventi avversi dei "vaccini", dei loro meccanismi e della possibilità di identificazione precoce dovrebbe far parte della attività sistematica di informazione della popolazione, proprio in vista del consenso ad un atto medico, cardine della medicina sin dai tempi di Ippocrate e mai negato se non nei peggiori regimi della Storia.
L'AUTOPSIA SU 25 PERSONE MORTE ENTRO 20 GIORNI DALLA VACCINAZIONE
Finora mancava una descrizione basata sull'autopsia delle caratteristiche istologiche dettagliate della miocardite indotta da vaccino, ma la lacuna è stata colmata da un articolo di Constantin Schwab e collaboratori, dell'Università di Heidelberg, pubblicato dalla rivista Clinical Research in Cardiology il 27 Novembre scorso. Sono state eseguite autopsie su 25 persone morte inaspettatamente ed entro 20 giorni dalla vaccinazione anti-SARS-CoV-2 con mRNA. In quattro pazienti gli autori hanno identificato segni istologici di miocardite acuta, con un'infiltrazione linfocitica T miocardica interstiziale a chiazze, prevalentemente del sottogruppo CD4 positivo, associata a lieve danno alle cellule cardiache (miociti). Secondo gli autori, i risultati dell'autopsia indicano che la morte è avvenuta per insufficienza cardiaca aritmogena acuta, vale a dire il cuore ha cominciato a battere in modo talmente irregolare che la circolazione del sangue si è rapidamente fermata. Ciò succede perché l'infiammazione va a "toccare" il delicato sistema fatto da speciali cellule cardiache capaci di conduzione elettrica dello stimolo necessario alla contrazione del muscolo.
Questo non è l'unico studio che pone in questione i rischi di morte cardiaca conseguente alla somministrazione di mRNA che codifica per la proteina "Spike". La proteina Spike è stata trovata nel sangue all'interno degli esosomi (vescicolette emesse dalle cellule in cui è entrata la nanoparticella con il mRNA) il giorno 14 dopo la vaccinazione ed è aumentata anche dopo la dose di richiamo, durando fino a quattro mesi. La proteina Spike è stata rilevata mediante immunoistochimica nella parete vasale del cervello e del cuore di un paziente di 76 anni deceduto tre settimane dopo aver ricevuto la sua terza vaccinazione COVID-19. Poiché non è stata rilevata alcuna proteina N (nucleocapsidica), la patologia è stata causata dalla vaccinazione e non dal virus. Anche se resta molto lavoro da fare, l'auspicio è che questi risultati possano aiutare a diagnosticare adeguatamente i casi poco chiari dopo la vaccinazione e a stabilire una diagnosi tempestiva in vivo, fornendo così il quadro per un monitoraggio adeguato e un trattamento precoce dei casi clinici gravi.
ANALISI DEI CASI DI EVENTI AVVERSI GRAVI DOPO I VACCINI
Infine va citato un intervento di Peter Goetsche e Maryanne Demasi, importante e autorevole perché Goetsche è uno dei massimi esperti di revisioni sistematiche dei dati della letteratura. In un lavoro che condensa i dati di 18 revisioni sistematiche, 14 studi randomizzati e 34 altri studi con un gruppo di controllo (finora uscito in "preprint") effettua una analisi dei casi di eventi avversi gravi dopo i "vaccini" anti-COVID-19 e sostiene che "i danni gravi e molto gravi dei vaccini COVID-19 sono stati ignorati o minimizzati e talvolta sono stati deliberatamente esclusi dagli sponsor dello studio in riviste mediche ad alto impatto". Gli autori hanno trovato prove di gravi danni neurologici, tra cui la paralisi di Bell, la sindrome di Guillain-Barrè, miastenia grave e l'ictus. I vaccini a vettore di adenovirus hanno aumentato il rischio di trombosi venosa e trombocitopenia, mentre i vaccini a base di mRNA hanno aumentato il rischio di miocardite, con una mortalità di circa 1-2 casi ogni 200 casi di miocardite. Quindi la miocardite post-vaccinale non è affatto una reazione "benigna" come qualche "virostar" si era affrettata a sostenere alla scoperta dei primi casi. Goetsche e Demasi concludono: "Le autorità hanno raccomandato praticamente a tutti di vaccinarsi e di ricevere dosi di richiamo. Hanno mancato di considerare che il bilancio tra benefici e danni diventa negativo nei gruppi a basso rischio come i bambini e le persone che hanno già acquisito l'immunità naturale."
Infine, va notato che la recente sentenza della Consulta non ha spento le polemiche, anzi è stata usata malamente per sostenere che i "vaccini" sono sicuri e l'obbligo vaccinale è legittimo. In realtà, anche se le motivazioni ancora non si conoscono, va precisato che la sentenza della Corte Costituzionale dichiara "non irragionevole" la legge di Draghi-Speranza-Cartabia sull'obbligo vaccinale anti-COVID-19 non valida affatto i prodotti biogenetici iniettabili, semplicemente respinge i ricorsi, dichiarando o che essa è incompetente a giudicarli o che le ragioni portate non sono riconosciute valide. Una cosa è certa: la Consulta non ha alcuna autorità giuridica né ovviamente scientifica per dichiarare che i "vaccini" siano utili o inutili o dannosi. Per quello serve la scienza, rigorosa, paziente e indipendente. Che, come si è visto, sta portando continuamente nuovi contributi utili a chiarire le varie questioni ed a contribuire ad una scelta libera e veramente informata. -
VIDEO: La quarta acca ➜ https://www.youtube.com/watch?v=8pfvRKKgCZM&list=PLolpIV2TSebVtj34zS7A0AabuQ9cf1Uxp
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7097
DISABILE PER COLPA DEL VACCINO: RISARCIMENTO A UN RAGAZZO DI 16 ANNI di Claudio Romiti
Mentre imperversa la propaganda per la quarta dose di un vaccino ampiamente scaduto, di quando in quando emergono fatti ben poco rassicuranti sull'efficacia e sui rischi del medesimo vaccino a mRNA. Come riportato da un lancio dell'agenzia AdnKronos, un ragazzo pisano di 16 anni, uno sportivo in buona salute, dopo essersi sottoposto ad un'unica dose del vaccino Moderna, ha sviluppato una grave forma di trombocitemia autoimmune, riportando una menomazione permanente dell'integrità psicofisica.
A questa sconvolgente conclusione, dopo un lungo iter, è giunto il Dipartimento militare di Medicina legale di La Spezia, il quale ha riconosciuto senza ombra di dubbio un nesso causale tra la vaccinazione e la succitata patologia invalidante. Dunque, lo sfortunato giovane riceverà un risarcimento dallo Stato per i danni subiti dal vaccino anti-Covid, ai sensi della legge 210/92.
Secondo quanto riporta AdnKronos,la vicenda è stata resa nota dal Codacons, che ha assistito legalmente il ragazzo. A tale proposito l'associazione dei consumatori ha tenuto a sottolineare la adesione incondizionata alla campagna vaccinale, pur battendosi affinché tutti i cittadini danneggiati nella medesima campagna vaccinale vengano adeguatamente indennizzati.
Ma al di là della meritoria iniziativa portata avanti dal Codacons, ciò che è capitato al sedicenne pisano, così come a molte altre persone in buona salute, non deve essere attribuito al solito destino cinico e baro. Qui ci troviamo di fronte ad un clamoroso esempio di danno collaterale, se così vogliamo definirlo, che si poteva tranquillamente evitare semplicemente considerando che i rischi di contrarre il Covid-19 in forma grave per un ragazzo sano, così come un buon numero di studi tenderebbero a dimostrare, sarebbero addirittura assai minori rispetto a quelli legati alla somministrazione dei citati vaccini a mRNa, alias terapie geniche.
Rischi, occorre anche sottolineare, che nel lungo termine non sono stati ovviamente indagati, sebbene da tempo alcuni studiosi ne parlano con una certa preoccupazione. Sta di fatto che, nell'ossessione di smaltire l'inusitata montagna di vaccini acquistati a prezzi proibitivi (19,50 euro per il Pfizer e 25,50 per il Moderna) e tutti tarati su un virus, quello di Wuhan, completamente mutato, si continua ad esporre la popolazione sana a tutta una serie di reazioni avverse, senza apportare alcuna reale protezione nei confronti di un agente patogeno sempre meno aggressivo anche nei riguardi della componente più fragile della società.
In tal senso, i sacrosanti indennizzi che tutte le vittime da vaccino dovranno necessariamente ricevere non potranno mai compensare i danni sociali, psicologici economici ed erariali causati da un regime sanitario che, per costringere tutti a vaccinarsi, quindi anche lo sfortunato ragazzo pisano, ha imposto un abominevole lasciapassare sanitario di stampo stalinista.
L'aver di fatto imposto un obbligo vaccinale surrettizio, pena la sostanziale impossibilità a circolare liberamente, rappresenta un vulnus democratico e costituzionale che non potrà mai essere sanato con un semplice risarcimento. Non si doveva semplicemente arrivare a tanto.
Nota di BastaBugie: Andrea Zambrano nell'articolo seguente dal titolo "Ossessione quarta dose, ma in intensiva sono soprattutto vaccinati" spiega perché l'emergenza non esiste e che il vaccino non protegge dalle conseguenze gravi. Ma si insiste con una campagna che ormai non ha più alcun senso.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 16 luglio 2022:
Vaccinati, ma in terapia intensiva: qualcosa non torna. La campagna di massa per la quarta dose non decolla, ma il governo insiste per "bucare" la popolazione con la seconda dose di booster. Come? Con l'unica arma a disposizione: la paura. Solo l'altro ieri, 14 luglio, le dosi di vaccino somministrate sono state 47mila, un dato, fanno notare dal Ministero «numericamente simile a quello delle inoculazioni degli inizi dello scorso maggio». Quasi a voler dire: l'emergenza non è mai finita, l'emergenza è un continuum inscindibile senza capo né coda dall'autunno all'inverno, dalla primavera all'estate.
Ma che cosa giustifica questa pervicace insistenza a non mollare la presa? L'esplosione dei contagi in luglio, mese nel quale storicamente ci si concentra sul mare e invece, effettivamente, il virus sta girando più del solito. Nessuno si vuole porre davvero la domanda sul perché il virus stia girando adesso, nessuno vuole davvero chiedersi se non c'entri o no proprio la vaccinazione che di variante in variante continua a tenere in vita il Covid.
Ma, anche ammettendo che l'esplosione dei contagi da Omicron 5 sia sganciata dalla vaccinazione, bisognerebbe chiedersi razionalmente se tutta questa paura di contagiarsi sia o no giustificata. Omicron 5 è un virus fondamentalmente innocuo, contagioso, certo, ma che si ferma nelle alte vie respiratorie. Anche il numero di 391 pazienti ricoverati in terapia intensiva lo testimonia. Il dato è dell'altro ieri, mentre i ricoverati nei reparti ordinari è di 10.115. E proprio giovedì dovremmo essere arrivati al picco di crescita, quindi ci si aspetta che nelle prossime due settimane i numeri scenderanno ancora di più.
Numeri che non giustificano un'apprensione maniacale a vaccinarsi. Soprattutto tenuto conto che la scienza insegna che non ci si vaccina nel bel mezzo di una epidemia e questa di luglio effettivamente lo è. Ma anche perché la vaccinazione non solo non preserva dal ricovero in rianimazione, ma ormai, essendo la maggioranza della popolazione vaccinata, è la condizione comune alla maggior parte dei ricoverati in Intensiva.
Lo dimostra anche questa mini-inchiesta della Bussola in alcune delle terapie intensive di ospedali tra i più importanti in Italia. Un viaggio breve, ma significativo, dal quale emergono fondamentalmente due dati: le rianimazioni sono pressoché vuote in tutt'Italia e - secondo - sono sempre più i vaccinati dei non vaccinati ad occuparle. Segno che la vaccinazione, questa vaccinazione per un virus mutato già decine di volte, è inutile.
A Verona hanno fatto scalpore le dichiarazioni del dottor Enrico Polati, primario del reparto di Rianimazione all'ospedale Borgo Trento, che a una televisione locale ha spiegato la situazione: «In terapia intensiva ci sono 7 pazienti e sono tutti pazienti che hanno ricevuto 3 dosi di vaccino», ha detto. Le sue affermazioni non sono state smentite, se ne deduce che la vaccinazione non è proprio più una condizione imprescindibile per evitare i ricoveri in terapia intensiva. Quindi a che cosa serve?
Nel resto del Nord Italia non va diversamente. A parte la situazione del San Raffaele dove addirittura l'ufficio stampa ci comunica che «non abbiamo pazienti covid in terapia intensiva», è significativa la situazione dell'Ospedale San Martino di Genova: «Oggi ci sono tre pazienti ricoverati in Rianimazione Covid al terzo piano del Padiglione Monoblocco dell'Ospedale Policlinico. Solo 1 ha la polmonite, gli altri 2 presentano solo la positività. Dei 3, 2 sono vaccinati e 1 no». Insomma: due su tre hanno ricevuto il vaccino, ma questo non ha impedito loro di peggiorare le condizioni di una malattia che, quasi sicuramente come dimostra l'esperienza, è stata mal curata o non curata affatto arrivando a degenerare in polmonite.
A Pavia il rapporto tra vaccinati e non vaccinati è simile: 3 su 5 degli attuali ricoverati al San Matteo. Infine, curiosa la situazione del Sant'Orsola di Bologna, uno degli ospedali principali dell'Emilia-Romagna: c'è un solo paziente in terapia intensiva - ci informa l'addetto stampa -, ma è con Covid e non per Covid. Tradotto, significa che era in ospedale per ben altri problemi, ma è risultato anche positivo e quindi isolato.
Sempre al Sant'Orsola le terapie intensive sono praticamente Covid free, ma la struttura ha riservato al Covid solo tre box; soltanto uno di questi però è attualmente occupato.
Letti di rianimazione vuoti, vaccinati tra i principali ricoverati: perché dunque insistere con la campagna di vaccinazione sopra i 60 anni come si sta facendo? -
Estão a faltar episódios?
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IL TERRORE DA COVID MINACCIA IL TOUR DE FRANCE di Claudio Romiti
Mancano appena una decina di giorni all'avvio del Tour de France, la corsa ciclistica a tappe più importante al mondo, e per gli organizzatori, le squadre partecipanti e gli appassionati di questo popolare sport l'attesa sarà sovrastata da una grande angoscia virale. Il timore è che possa ripetersi anche durante la Grande Boucle, causando colossali perdite economiche, ciò che è accaduto all'appena concluso Giro di Svizzera, dove la semplice positività al tampone ha costretto al ritiro ben 4 compagini al completo, più altri atleti sparsi, per un totale di una sessantina di corridori su 153 partenti, più di un terzo. Tra gli sfortunati anche il russo Alexander Vlasov, il quale al momento del ritiro forzato comandava la classifica. Dunque, laddove non erano bastate le sanzioni a fermare questo forte passista-scalatore, ci ha pensato san tampone a mandarlo a casa.
Inoltre, è quasi pleonastico segnalarlo, tutti gli atleti in oggetto sono risultati asintomatici. Ma tant'è: dal momento che lo sport mondiale sembra aver adottato la demenziale linea cinese del Covid zero, e data la grande circolazione di un virus depotenziato ma divenuto endemico da tempo, da qui in avanti le più importanti competizioni saranno sempre più condizionate da codesta insensata caccia all'untore. Condizionate in modo assolutamente autodistruttivo, così come accaduto durante le recenti Olimpiadi invernali, dove alcuni importanti atleti hanno dovuto gettare alle ortiche quattro anni di sacrifici a causa di una banale positività. Positività al tampone di soggetti asintomatici che sia l'Organizzazione mondiale della Sanità e sia il Centro europeo per la prevenzione e il controllo della malattie hanno spesso criticato, anche a causa di un abuso nel sistema di amplificazione, il cosiddetto Pcr, il quale se portato sopra i 24 cicli darebbe luogo a molti falsi positivi.
Ovviamente da noi, dove pare dominare ancora incontrastato il cosiddetto giornale unico del virus, nessun organo di stampa esprime qualche dubbio o qualche perplessità in merito a questa ennesima follia virale che sta letteralmente falcidiando gli sport più amati dal pubblico. Spulciando qua e là tra i nostri giornali su ciò che è avvenuto nella competizione sopra citata, il tono generale è abbastanza in linea con quanto titola l'Ansa, la principale agenzia di stampa italiana: "Giro di Svizzera: il Covid disegna la classifica, Vlasov fuori".
Quindi sarebbe tutta colpa del Covid, e non della sesquipedale idiozia dei tamponi agli asintomatici, che pure nello sport mondiale, i cui atleti non fanno certo parte per età e per condizioni fisiche della componente più fragile della popolazione, sta producendo di gran lunga più danni del coronavirus.
Eppure, prima che il Sars-Cov-2, insieme alla sua pestilenziale narrazione, facesse la sua irruzione nelle nostre avanzate società, non era raro assistere alla performance di atleti di livello che, colpiti da influenza o da altre analoghe malattie, pur debilitati decidevano di scendere in campo o in pista. Atleti febbricitanti e, dunque, anche contagiosi ma sulla cui scelta a competere nessuno si sarebbe sognato di scandalizzarsi. Oggi, invece, accade il contrario: ragazzoni in buonissima salute, del tutto asintomatici ma rei di risultare positivi ad un tampone spesso impreciso, la cui eventuale mancata esclusione dalla relativa competizione, qualora per avventura venisse ragionevolmente consentita, questa si che scandalizzerebbe chi ancora pensa di avere a che fare con una malattia più letale della peste nera. La qual cosa dovrebbe farci riflettere.
Nota di BastaBugie: Paolo Gulisano nell'articolo seguente dal titolo "Vaccino agli infanti, via libera. Un rischio inutile" parla della FDA americana che ha dato il via libera alla somministrazione del vaccino Covid ai bambini di 6 mesi e parla come se si fosse trovata la soluzione a un flagello che mieteva vittime innocenti, come poliomielite o difterite. Ma non fa alcun cenno all'imbarazzante tasso di letalità dei bambini colpiti da Covid.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 29 giugno 2022:
La vaccinazione anti-Covid diventa universale. Pressoché ogni abitante del pianeta potrà ricevere i prodotti mRNA, realizzando il sogno di Bill Gates. Sono arrivate dagli Stati Uniti, e in particolare dalla Food and Drug Administration, le autorizzazioni alle richieste di Pfizer e Moderna per somministrare i loro vaccini ai bambini a partire dai sei mesi di età. Era già consentito a partire dai 5 anni, per Moderna sopra i 18 anni.
L'autorizzazione - si legge nel comunicato dell'Ente preposto all'approvazione dei farmaci - è "per l'uso di emergenza", ma come noto si è sempre e comunque in stato di emergenza, e quindi i vaccini potranno essere inoculati a partire dai 6 mesi di età dei neonati. "Molti genitori e medici aspettavano un vaccino per i bambini più piccoli e questa azione contribuirà a proteggere quelli dai 6 mesi di età. Come abbiamo visto per i gruppi di età più avanzata, ci aspettiamo che i vaccini per i bambini più piccoli proteggano dagli esiti più gravi del Covid, come l'ospedalizzazione e la morte", ha dichiarato il commissario della Fda Robert M. Califf, M.D. "Coloro ai quali è affidata la cura dei bambini possono avere fiducia nella sicurezza e nell'efficacia di questi vaccini Covid e possono essere certi che l'agenzia ha valutato i dati in modo approfondito".
Il commissario della FDA parla come se si fosse trovata una soluzione ad un flagello che mieteva vittime innocenti, come se fosse la poliomielite o la difterite del secolo scorso. Non fa alcun cenno a quale sia stato il tasso di letalità dei bambini colpiti da Covid. Sarebbe piuttosto imbarazzante dire che è stato dello 0,00008%, e che riguardava solo bambini con patologie preesistenti, e che nella pressoché totalità dei casi il Covid si è presentato come asintomatico, o come un raffreddore o un'influenza. Era dunque necessario estendere la vaccinazione fino ai bambini di sei mesi? Quali dati epidemiologici hanno supportato tale decisione? È bene sollevare tali questioni, perché inevitabilmente in breve tempo queste autorizzazioni potrebbero essere prese sia in Europa dall'EMA che in Italia dall'Aifa.
Mentre da diversi Paesi provengono allarmi rispetto agli effetti indesiderati dei vaccini, si abbassa ulteriormente - e secondo diversi esperti pericolosamente - l'età di inoculazione. Inoltre, per i piccoli dovranno essere somministrate tre dosi in tempi ravvicinati: due dosi iniziali eseguite a distanza di tre settimane l'una dall'altra, seguite da una terza dose somministrata almeno otto settimane dopo la seconda dose. Tre dosi in meno di tre mesi.
La FDA mette le mani avanti, garantendo sull'efficacia e sicurezza dell'inoculazione dei vaccini a bambini di questa età alla luce di due studi clinici condotti sperimentalmente negli Stati Uniti e in Canada su gruppi di neonati, bambini e adolescenti. Un gruppo di 230 bambini di età compresa tra i 6 e i 23 mesi e un altro gruppo di 260 bambini di età compresa tra i 2 e i 5 anni hanno ricevuto una serie primaria di due dosi di vaccino mRNA e gli esiti sono stati confrontati con le risposte immunitarie di 290 adulti di età compresa tra i 18 e i 25 anni che avevano ricevuto due dosi di vaccino. In queste analisi della FDA, la risposta immunitaria al vaccino, in entrambi i gruppi di età dei bambini, è stata paragonabile a quella degli adulti. Cosa sta a significare? Che avevano sviluppato gli anticorpi, come gli adulti. Ma lo sviluppare gli anticorpi, come ormai è acclarato, non significa non contrarre la malattia, come dimostrano le centinaia di migliaia di tri e quadri-vaccinati. Inoltre, non è dato sapere per quanto tempo permangano questi anticorpi.
E la sicurezza? Gli effetti collaterali più comunemente segnalati nei partecipanti allo studio clinico di età compresa tra i 6 e i 23 mesi che hanno ricevuto il vaccino sono stati irritabilità, diminuzione dell'appetito, febbre e dolore, arrossamento e gonfiore nel sito di iniezione. Questi effetti collaterali sono stati segnalati anche nei partecipanti al vaccino di età compresa tra i 2 e i 4 anni, oltre a febbre, mal di testa e brividi. I sistemi di sorveglianza della sicurezza della FDA e dei CDC hanno anche identificato un aumento del rischio di miocardite (infiammazione del muscolo cardiaco) e pericardite (infiammazione del tessuto che circonda il cuore) in seguito alla vaccinazione, in particolare dopo la seconda dose. Il rischio osservato è maggiore nei maschi di età compresa tra i 18 e i 24 anni per il vaccino Moderna e nei maschi di età compresa tra i 12 e i 17 anni per il vaccino Pfizer.
Nonostante tutto questo, l'approvazione è arrivata. Evidentemente si tratta di scelte fatte a prescindere da ogni evidenza relativa alla malattia naturale come si sviluppa nei bambini e nei ragazzi, e all'esito della vaccinazione. -
VIDEO: Dieci vaccini ➜ https://www.youtube.com/watch?v=xiTByMgsNgE&list=PLolpIV2TSebVSarVSJS-Gy5hJo3_40bhI
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=7036
VACCINI E PROBLEMI CARDIACI: AUMENTO DEL 25% TRA I GIOVANI IN ISRAELE di Carlo Toto
Dopo tante ipotesi e teorie sulla possibile correlazione tra patologie cardiache e somministrazione di vaccini, spunta un dato pubblicato sulla rivista Scientific Reports da Christopher Sun e Retsef Levi del Massachusetts Institute of Technology e da Eli Jafe del Servizio di medicina di emergenza di Israele a Tel Aviv. Per il virologo Francesco Broccolo, dell'Università di Milano Bicocca, la novità di questo studio è nel fatto che "si basa su dati del mondo reale, non estrapolati dai trial".
La ricerca si è strutturata sulle chiamate giunte alle strutture di pronto soccorso di Israele in seguito a casi di arresto cardiaco e sindrome coronarica acuta, registrate a ritmo settimanale e le cui relative diagnosi sono state in seguito verificate. Le segnalazioni considerate nella ricerca comprendono tre periodi: il primo, precedente la pandemia di Covid-19, comprende il 2019 fino a febbraio 2020, il secondo corrisponde al periodo della pandemia nel quale non erano ancora disponibili i vaccini (marzo-dicembre 2020) e il terzo va da gennaio a maggio 2021, quando in Israele erano state somministrate le prime e le seconde dosi dei vaccini anti Covid-19 a Rna messaggero (mRna).
È emerso che in quest'ultimo periodo, rispetto ai precedenti, le chiamate al pronto soccorso da parte di persone di età compresa fra 16 e 39 anni per problemi cardiovascolari sono aumentate del 25% rispetto ai due periodi precedenti. Alla luce di questa situazione, secondo gli autori della ricerca la sorveglianza è d'obbligo e dovrebbe considerare le chiamate alle strutture di pronto soccorso accanto ad altri dati sanitari e indagare le possibili cause. "I dati riportati in questa ricerca sono in accordo con quanto finora si è osservato in Germania e in Scozia, come rilevano gli autori del lavoro - osserva Broccolo - È un risultato che dovrebbe sollevare l'attenzione da parte dei medici e dei soggetti vaccinati sui segni clinici riportati nella popolazione della fascia d'età compresa fra 16 e 39 anni".
NOVAVAX, LUCI E OMBRE
Ombre anche per il vaccino "Novavax". dopo la segnalazione da parte dell'Agenzia americana Food and drug administration (Fda), lo scorso venerdì del maggior rischio di infiammazione cardiaca in seguito alla somministrazione del vaccino anti Covid, sviluppato dalla farmaceutica statunitense. Come segnala La Verità, "su richiesta della stessa Fda, un comitato indipendente valuterà i dati degli studi clinici e formulerà le sue raccomandazioni. Come aveva fatto anche per gli altri tre vaccini poi autorizzati, due a mRna (Pfizer e Moderna) e quello di J&J, con virus modificato e attenuato, l'Agenzia ha reso pubblico un lungo documento di analisi anche per il vaccino di Novavax".
Già approvato in 40 Paesi, tra cui - ovviamente - l'Italia, doveva convincere gli indecisi perché è a base proteica, usa cioè una tecnologia più consolidata. "Pur avendo valutato il vaccino efficace - al 90,4 per cento e al 78,6 per cento negli over 65 - nel prevenire le forme gravi di Covid, l'Fda ha espresso preoccupazione per i sei casi di infiammazione cardiaca, note come miocardite e pericardite, su circa 40 mila persone che avevano assunto il vaccino Novavax durante due studi cardine. A impensierire l'Agenzia è il fatto che le miocarditi hanno interessato, entro 20 giorni dalla somministrazione del vaccino proteico a base di proteina Spike, giovani uomini (16-28 anni), noti per essere a più alto rischio di infiammazione del cuore anche per i vaccini a mRna".
RISCHIO MIOCARDITE PIÙ ELEVATO
Spiega Maddalena Guitto: "Una persona che aveva ricevuto un placebo durante i test ha sviluppato miocardite che, come è noto, può essere innescata da infezioni virali anche indipendenti dalla vaccinazione, ma resta il rapporto sei a uno. Tutti i casi sono stati curati all'ospedale e si sono risolti. «Questi eventi», ha scritto l'Agenzia nei documenti pubblicati nei giorni scorsi, «sollevano la preoccupazione di un'associazione causale con questo vaccino, simile all'associazione documentata con i vaccini Covid-19 a base di mRna»". A differenza però di quello dei prodotti a mRna, per il prodotto di Novavax il rischio di miocardite sarebbe più elevato perché è stato segnalato prima della commercializzazione.
"L'azienda produttrice respinge la tesi della relazione causale sostenendo che i casi di miocardite sono prevedibili, in studi di oltre 30 mila persone. Probabilmente il vaccino di Novavax, che secondo Fda sarebbe efficace anche contro Omicron, verrà approvato con l'obbligo di inserire, nel foglietto illustrativo, l'informazione sul rischio di sviluppare miocarditi e pericarditi".
Emergono sempre nuovi studi che mostrano "luci ed ombre" sui vaccini, ma in attesa di nuove ricerche, è importante sottolineare l'importanza della "libertà di scelta" dei cittadini in caso di emergenza sanitaria che resta, in ogni caso, uno strumento politico in grado di realizzare un equilibrio tra tutela del diritto alla salute e della libertà personale.
Nota di BastaBugie: Alessandro Capucci, Ordinario di Malattie Cardiovascolari (già direttore della Clinica di Cardiologia, Università Politecnica delle Marche), nell'articolo seguente dal titolo "Atleti e miocarditi, perché c'entrano i vaccini mRNA" rileva che nel 2021 si è riscontrato un aumento dei casi di miocardite giovanile e negli atleti. Anche le morti improvvise tra i calciatori sono superiori alla media. Il problema è più accentuato negli atleti maschi e giovani.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana l'11 aprile 2022:
Recenti dati dell'UKHSA (UK Health Security Agency), contenuti nel Vaccine surveillance report (Rapporto di sorveglianza sui vaccini) e relativi alla situazione nel Regno Unito, ci mostrano come sia i casi di malattia sia le ospedalizzazioni sia, infine, i decessi avvengano in prevalenza in persone vaccinate (72%, 74% e 82% rispettivamente) ponendo dei seri dubbi sulla decantata sicurezza ed efficacia degli attuali vaccini anti-Covid.
Le miocarditi o malattie infiammatorie del muscolo cardiaco, come noto, sono fra le temute complicanze vaccinali, soprattutto nei giovani maschi, in quanto fonti di possibili disfunzioni cardiache sia nella fase acuta che come esiti nel lungo tempo; inoltre si possono accompagnare ad aritmie ventricolari severe ed anche potenzialmente mortali. Recenti affermazioni provenienti dal Ministero della Salute italiano hanno minimizzato la portata di queste complicanze definendole eventi rari e comunque senza esiti significativi. Riportiamo qui i dati di un recente lavoro scientifico brasiliano incentrato sulle possibili cause di queste complicanze da vaccini anti-SARS-CoV-2 e sul loro possibile impatto clinico.
Nel 2021 è stato segnalato di fatto un incremento dei casi di miocardite giovanile e negli atleti. Anche le morti improvvise segnalate nei giocatori di calcio dalla FIFA sono state 31 nel 2021 mentre la media degli anni precedenti 2009-2020 era stata 7.8/anno.
Cadegiani riporta come vi siano risultati di autopsie di adolescenti morti a seguito di miocardite, dai tre ai quattro giorni dopo la somministrazione di vaccino mRNA BNT162b2. Casi negativi per assunzione di medicamenti o abuso di sostanze in cui venne riscontrato a livello istologico la presenza diffusa di bande di contrazione e aree di necrosi con sarcomeri ipercontratti e risposta infiammatoria mononucleare diversa da quella dell'infarto miocardico che presenta polimorfonucleati. La ragione di tale pericolosa associazione fra vaccini di questo tipo e miocardite da catecolamine può essere relata al dimostrato accumulo sia di mRNA SARS-CoV-2 che di produzione di proteine spike, nella corteccia surrenale e nella medulla del surrene centro di produzione di catecolamine. Inoltre, anche un enzima fondamentale per la produzione di adrenalina e noradrenalina (DOPA decarbossilasi) è stato riscontrato in abbondanza dopo somministrazione di questi sieri.
Si aggiunga che gli atleti, particolarmente di sesso maschile, hanno usualmente livelli elevati di catecolamine attive anche in condizioni di riposo, come si può osservare dall'analisi delle catecolamine urinarie notturne che risultano nettamente superiori negli atleti rispetto ai non atleti; tutto questo mentre la loro eliminazione rimane simile nei due gruppi. Inoltre i giovani ne presentano un livello più elevato rispetto agli atleti più anziani (> 40 anni) ed i maschi rispetto alle femmine.
Succede quindi che soprattutto gli atleti maschi, che sono già esposti ad elevati livelli di catecolamine, ne incrementano ancora il livello, a seguito dell'inoculazione di questi vaccini, con conseguente necrosi di parti del tessuto muscolare miocardico. Inoltre, se è vero che la miocardite può essere anche generata dalla stessa malattia da SARS-CoV-2, risulta che le aritmie cardiache siano maggiori dopo la vaccinazione anche rispetto alla malattia, fatto che potrebbe giustificare l'apparente più elevata incidenza di morte improvvisa.
Da queste osservazioni si può concludere quindi che esistono al presente dati significativi sul negativo effetto dei vaccini mRNA, specie nei giovani atleti maschi, a seguito di incremento del livello di catecolamine circolanti come mediatori di severe complicanze aritmiche e contrattili cardiache che possono giustificare l'incremento riscontrato di morti improvvise. Tutto si può dire ma non che queste complicanze siano benigne e di scarsa rilevanza clinica. -
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TACHIPIRINA E VIGILE ATTESA PER TUTTI... TRANNE PER DRAGHI di Andrea Zambrano
Se non è una nemesi poco ci manca. Di sicuro è la prova che Mario Draghi non ci ha capito molto nemmeno lui sul covid e sul vaccino. O forse ce l'ha raccontata. Come le cronache riportano, il premier è positivo al covid ed ha dovuto rinunciare ad un importante viaggio istituzionale in Africa. Se è positivo, significa che è contagioso, eppure Draghi è tri-vaccinato e "greenpassato". Ma non era stato lui a pronunciare quella frase ormai scolpita nella sabbia che erigeva un muro invalicabile tra il cittadino con pass e quello senza pass perché non vaccinato? Ricordate?
Era il 22 luglio scorso e Draghi presentava alla stampa lo strumento di discriminazione che ancora oggi ci trasciniamo: «Il Green pass è una misura con la quale i cittadini possono continuare a svolgere attività con la garanzia di ritrovarsi tra persone che non sono contagiose». Una frase, questa, che il tempo si è incaricato di smentire abbondantemente vista l'impennata di contagi anche tra persone bi e trivaccinate (assieme a quella altrettanto cult e smentita: "non ti vaccini, ti ammali, muori").
Ma era luglio e tante cose si potevano far bere al popolo che accettò senza colpo ferire la panzana sul pass-ferma-contagi a prezzo di uno, due, tre e ora quattro inoculi per poter tornare alla vita.
Oggi Draghi - ci fanno sapere - è positivo, dunque è contagioso e dunque come la mettiamo? Ma non doveva avere la garanzia di non essere contagioso grazie al pass? Invece, se ad un certo punto ha fatto un tampone significa che qualche rapporto con qualcuno, nei giorni prima di scoprire di essere positivo, l'ha intrattenuto. E quindi come la mettiamo con la garanzia di non essere contagioso? Il pass non era sufficientemente garante? La mettiamo che era una panzana data in pasto ai media per convincere l'italiano che il green pass ci avrebbe tenuto al riparo da contagi, virus e malattie varie. Una promessa di elisir di lunga vita che si è svelata invece come una merce taroccata qualsiasi.
LA FREGATURA DI DRAGHI
Nel frattempo, però, mentre Draghi faceva credere agli italiani che il Green pass ci avrebbe tenuti al riparo dalla trasmissione del virus, i contagi sono aumentati durante l'inverno per poi scendere adesso che siamo in primavera. Indipendentemente dalla carta verde che non ha smesso però di discriminare i cittadini creando tra di loro un solco sempre più profondo.
È un corto circuito quello che vediamo all'opera con la positività di Mario Draghi. Un corto circuito che svela le menzogne clamorose con le quali sono stati gestiti i due anni di pandemia.
Non sappiamo cosa stia facendo il premier nella sua di Città della Pieve mentre è alle prese con un virus dal quale gli auguriamo pronta guarigione. Però qualcuno ha pensato bene di consigliarlo sulla terapia da fare.
Il dottor Fabrizio Pregliasco, che ancora molti media considerano un genio nonostante frasi al limite del delirio, tipo quella pronunciata nel pieno della prima ondata sui rapporti sessuali con la mascherina oppure la cravatta come ricettacolo di virus, intervistato per l'ennesima volta, ha consigliato al premier di assumere due antinfiammatori nonostante sia asintomatico. A parte la diagnosi a distanza che Pregliasco ha fatto e che evidentemente ci sono medici che possono fare e medici - vedi quelli di Ippocrateorg - che non possono fare, ma, oibò... questa è davvero bella.
«Gli consiglio degli antinfiammatori come l'Asprina per far sì che ci sia un controllo della risposta immunitaria», ha detto a un Giorno da pecora.
Per due anni il ministro della Salute Speranza, che gode ancora della fiducia di Draghi dato che il premier lo ha sempre confermato nel suo incarico, ha portato avanti la guerra alle cure domiciliari, quelle principalmente a base di antinfiammatori e vitamine in presenza di pazienti a o pauci sintomatici al motto di "Tachipirina e vigile attesa". E con Speranza sono andate a ruota tutte le virostar da salotto tv, tra le quali Pregliasco spicca per presenzialismo, nel dichiarare guerra alle cure degli stregoni, alla lotta alla medicina del fai da te, gridando che il covid non si curava e che quindi se ti andava bene, pace, ma se ti andava male ti toccava andare al pronto soccorso.
IL MARCHESE DEL GRILLO ALLA RIBALTA
Ebbene, guarda caso, non appena ad ammalarsi è stato il capo del governo ecco che per lui è pronta la regola del Marchese del Grillo ("Io so' io e voi...") e sono già pronte due dosi al giorno di antinfiammatorio. Lo stesso antinfiammatorio che è stato negato a decine di migliaia di pazienti, i quali sono stati giorni e giorni in balia di un virus che poi li ha sopraffatti in un letto d'ospedale, dove sono arrivati dopo giorni di mancate cure.
Evidentemente per Draghi la vigile attesa non vale. Ma forse Pregliasco ha finalmente capito, come avevano intuito diversi scienziati, che certi antinfiammatori aiutano a spegnere un incendio che cova sotto la cenere dell'a-sintomatologia perché semplicemente mettono il nostro organismo in condizione di combattere il virus e quindi di accelerare la negativitizzazione.
I professori Fazio e Bellavite, ad esempio, hanno puntato su un antinfiammatorio, come l'indometacina, che ha mostrato buonissime capacità antivirali. Capacità antivirali confermate anche dal professor Remuzzi del Mario Negri, dallo Spallanzani di Roma e da diversi studi. Eppure, non sono mancati in questi mesi gli articoli e le riserve dei soloni su un farmaco che, al contrario dei detrattori, ha dato ottime risposte nella cura precoce del virus.
Quel che è certo è che il virologo ascoltato dalle tv ha suggerito al premier ciò che per anni governo e virostar hanno vietato al popolo, il quale si è dovuto accontentare di Tachipirina e vigile attesa. Sarebbe davvero una nemesi per il premier, la prova provata che la lotta al covid è stata una gigantesca operazione di propaganda pandemista. Che la maggioranza degli italiani però si è sciroppata come un medicamento miracoloso. -
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DALLA CINA ALL'ITALIA, ECCO IL CONTROLLO TOTALE DELLA POPOLAZIONE CON I CREDITI SOCIALI di Stefano Magni
Il modello cinese può introdursi sottovoce, con un volto sorridente. In Italia sta arrivando sotto forma di "giochi" a punti, per ora solo volontari, applicati su scala locale, nei comuni rossi dell'Emilia Romagna.
In Italia, a dire il vero, il modello cinese è arrivato con la firma dei protocolli politici della Nuova Via della Seta. Si è palesato concretamente per la prima volta nel 2020, con gli specialisti e il materiale medico dalla Cina, ma soprattutto con il lockdown, metodo sanitario e securitario tipico dei discendenti di Mao, che nel nostro Paese è stato introdotto (e poi imitato da tutto il resto d'Europa) come unico sistema possibile per stroncare la circolazione del virus. Che in realtà, però, circola ancora oggi.
UN SUGGERIMENTO CINESE
Il Green Pass è nato anch'esso da un suggerimento cinese, teoricamente per permettere alla gente di riprendere a viaggiare. Sotto il regime di Pechino tutti sono già sotto controllo, quindi il lasciapassare è solo un'integrazione della schedatura pressoché completa di cui il governo dispone su ognuno dei suoi cittadini. In Italia, così come in Francia e nei Paesi europei che non lo hanno usato solo come passaporto vaccinale internazionale, il Green Pass ha assunto la forma di uno strumento di controllo etico del comportamento del cittadino. È infatti solo parzialmente rappresentativo del suo stato di salute (il Green Pass per il guarito, o per l'attualmente negativo al test Covid-19), nella maggior parte dei casi è il certificato di un comportamento virtuoso (l'essersi vaccinato). Quindi già il Green Pass, così come è stato usato in Italia e in pochi altri Paesi occidentali, è diventato una versione ridotta del sistema cinese (ancora in fase sperimentale nel Paese d'origine) dei crediti sociali.
Quel sistema, insomma, in cui ad ogni cittadino viene attribuito un punteggio e, a seconda di quel che fa o non fa, perde o guadagna punti, e più ne perde più la sua libertà di acquistare o fare cose, viene limitata dallo Stato. Un cittadino cinese con pochi punti non può, ad esempio, prendere un mezzo pubblico a lunga percorrenza, né iscrivere i figli a scuole prestigiose e, sotto una certa soglia, neppure lavorare o uscire dal proprio centro urbano.
ESITI TUTT'ALTRO CHE DIVERTENTI
Adesso, questo "gioco" a punti, che in Cina può avere esiti tutt'altro che divertenti, sta sbarcando nelle città dell'Emilia Romagna. A Fidenza, le case popolari dell'Acer, hanno introdotto un nuovo regolamento condominiale che funziona, all'incirca, come quello cinese. Chi non rispetta le regole perde punti. Chi invece le rispetta per tre anni di fila guadagna 5 punti, chi si attiva per riparare un danno, chi "partecipa alle iniziative per imparare a vivere bene insieme", guadagna punti extra. Chi perde tutti i punti, perde la casa: "quando i punti finiscono, decade il diritto di alloggio".
A Bologna, con il sindaco Matteo Lepore e soprattutto l'assessore all'Agenda Digitale Massimo Bugani (del Movimento 5 Stelle, il più "cinese" dei partiti italiani), verrà introdotto lo smart citizen wallet, termine inglese (portafogli del cittadino intelligente) che forse cela quel che è realmente: un sistema di crediti sociali, fatto e finito. La differenza fondamentale è che si tratta di una app che si può installare solo volontariamente e inoltre conferisce premi, non penalità. Ma prepara culturalmente e politicamente i cittadini bolognesi a ragionare alla cinese: i "big data" raccolti nel Web permetteranno al Comune di valutare il comportamento etico del cittadino. Il Comune saprà, dunque, se hai preso multe, se hai preferito i mezzi pubblici all'automobile, se hai risparmiato energia in casa tua, se hai fatto bene la raccolta differenziata dei rifiuti, se sei "culturalmente attivo". Come dice l'assessore pentastellato di Bologna: "Noi ti vediamo e te lo riconosciamo con un punteggio". -
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IL TREMENDO IMPATTO DELLA PANDEMIA SULLE FAMIGLIE di Luca Marcolivio
L'argomento pandemia sembra essere ormai sparito dai media e dalle conversazioni del quotidiano, soprattutto a causa dell'imperversare della guerra in Ucraina. I contagi, però, non si sono affatto abbassati, così come non sono sparite le conseguenze di questi due anni di emergenza sanitaria. Che uomini e che donne escono da questi due anni? Come sono cambiati i ruoli genitoriali? E gli adolescenti? Pro Vita & Famiglia ne ha parlato con Roberto Marchesini, psicologo, psicoterapeuta e scrittore, che si è più volte occupato proprio del ruolo della paternità, del quale vogliamo continuare a parlarne a pochi giorni di distanza dalla festa del papà dello scorso 19 marzo.
Dottor Marchesini, i due anni di pandemia, come hanno inciso sugli uomini e sulle donne?
«Sicuramente hanno inciso in modo diverso tra i sessi. Chi ne ha patito di più, effettivamente, sono stati gli uomini. Teniamo presente che il mondo dell'uomo è un mondo proiettato fuori da se stesso. Tra loro, gli uomini non parlano della loro vita personale, ma parlano di politica, filosofia, sport, meccanica, ecc. Le donne, invece, tendono a parlare di loro stesse o di argomenti correlati alle loro relazioni. Basta prendere un treno di pendolari o un qualsiasi altro mezzo pubblico, per sentire che le donne parlano dei figli, dei mariti, dei genitori, della zia, ecc. Sono concentrate sul mondo delle relazioni che ruotano intorno a loro stesse. In questa situazione, in cui siamo rimasti chiusi in casa, rinunciando alla nostra vita sociale, le donne sono state più avvantaggiate. Già in precedenza, il loro mondo era rivolto "all'interno", verso la casa o verso la famiglia. Le donne hanno reagito attaccandosi alle relazioni familiari. Doversi occupare delle persone loro vicine, non è stato un grosso trauma, hanno approfondito quello che sostanzialmente hanno sempre fatto. Mentre il mondo della donna è incentrato su famiglia e relazioni, l'uomo ha un compito specifico: quello del lavoro e del sostentamento economico, anche se oggi la donna vi contribuisce. Pare che gli uomini abbiano preso molto sul serio la maledizione biblica: «Mangerai il pane col sudore del tuo volto» (Gen 3,19). Se noi guardiamo un grafico sui suicidi di un qualsiasi Paese occidentale, notiamo che tra i bambini sono praticamente inesistenti. I suicidi salgono un po' durante l'adolescenza ma già notiamo che aumentano più tra i maschi che tra le femmine. Salgono più sensibilmente nell'età adulta e anche qui salgono più tra i maschi che tra le femmine. La vera impennata di suicidi tra gli uomini, però, avviene dopo la pensione. Bisognerebbe quasi mettere in crisi la vecchia idea per cui questo mondo sarebbe fatto su misura per gli uomini… È come se il lavoro desse un senso alla vita dell'uomo. Se una donna resta senza lavoro, nel giro di poco tempo si riorganizza. Se è un uomo a rimanere senza lavoro, la situazione è di grave rischio. Per l'uomo è una mortificazione essere mantenuto dai figli. È una mortificazione anche se la moglie guadagna più di lui. L'uomo sente particolarmente il compito di lavorare per il sostentamento economico della famiglia. Durante questi due anni, non c'è stato solo il lockdown ma anche una grossa crisi di diverse attività, a partire da quelle commerciali. Negli ultimi mesi, poi, la gente sembra aver annullato la propensione alla spesa, per paura del futuro incerto che ci aspetta. Anche il peso di questo rallentamento dell'economia, dal punto di vista psicologico, ricade soprattutto sulle spalle degli uomini».
Com'è cambiato il ruolo paterno durante la pandemia?
«A quanto pare, in questi due anni, il rapporto padri-figli ne è uscito incentivato, nel momento in cui i padri hanno avuto meno possibilità di andarsene in giro anche per lavoro. Stare di più in casa, ha avvicinato padri e figli. Se, da un lato, questi ultimi hanno avuto difficoltà nel relazionarsi, con eccessi di rabbia e di chiusura dovuti al fatto che passavano molto tempo davanti agli schermi, i padri hanno avuto maggiore disponibilità verso i figli. Contrariamente a quello che dicevano molti, due anni fa avevo già intuito che la prolungata compresenza in casa delle coppie, non avrebbe prodotto nessun boom delle nascite. Pare sia andata proprio così: in questi due anni, le nascite sono crollate a picco. Ciò è dovuto a questa continua incertezza del futuro, portata all'estremo, a questi continui cambiamenti (ad esempio, i decreti che si succedevano nello spazio di pochi giorni), cui bisognava adattarsi continuamente, non potendo fare un minimo di programma. Ora siamo in una crisi energetica, che crea ulteriore incertezza sul futuro, generando due comportamenti: una maggiore propensione al risparmio e il crollo demografico. È ovvio che i figli rappresentano la nostra proiezione nel futuro ma qui non sappiamo assolutamente che tipo di futuro ci aspetta. Ciò che non aspetta, però, è la fertilità e questo, dal punto di vista demografico, è disastroso».
E gli adolescenti?
«Sono la categoria che ha risentito di più del lockdown. In questi due anni, ho notato che, al momento del rientro a scuola, sono aumentati di tentativi di suicidio e i pensieri di morte tra gli adolescenti. Ricordiamo che l'adolescenza è il periodo in cui ci si stacca dalla famiglia e si comincia a interagire col mondo attraverso i coetanei. È un momento di passaggio in cui le relazioni sono fondamentali. Tutto questo, negli ultimi due anni è stato scoraggiato. Teniamo presente, poi, i continui e angoscianti messaggi di morte e di malattia, passati attraverso la televisione, le restrizioni, questo allarme continuo: a causa di tutto ciò, gli adolescenti sono la categoria che ha sofferto di più, molto più dei bambini che, in qualche modo, sono stati più protetti. Gli adolescenti, invece, che, alla loro età si affacciano al mondo, vi si sono affacciati in modo atroce. È stata la prima volta che abbiamo sperimentato una cosa del genere; quindi, non sappiamo che conseguenze potranno esserci a medio-lungo termine, anche se abbiamo visto che la catastrofe demografica è già una realtà concreta». -
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IL GREEN PASS HA APERTO L'ERA DEL TRANSUMANESIMO E DEL METAVERSO di Andrea Morandini
Lo scorso 25 novembre, senza troppi clamori, l'Unesco, l'organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la scienza e la cultura, ha adottato dopo tre anni di lavoro il primo testo mondiale sull'etica dell'«intelligenza artificiale», intesa da un lato come opportunità per i «grandi servizi» che può rendere «all'umanità», ma dall'altro come problema per il permanere di «preoccupazioni etiche di fondo», come si legge nel preambolo alla Raccomandazione di 28 pagine, ratificata dai 193 Paesi membri.
In particolare, «c'è la necessità di assicurare la trasparenza e l'intelligibilità del funzionamento degli algoritmi e dei dati a partire dai quali sono stati calcolati», poiché questi potrebbero influire sui «diritti dell'uomo e le libertà fondamentali, l'eguaglianza dei generi, la democrazia». La posta in gioco è alta e la materia particolarmente delicata non per un futuro prossimo venturo, bensì oggi, anzi già ieri, come provano riconoscimento facciale e assistente vocale dei cellulari, che da tempo sono realtà.
Non era necessario nemmeno aspettare Facebook per poter entrare nel nuovo Metaverso e vedere in azione il primo sistema operativo d'intelligenza artificiale, un'entità intuitiva in grado di ascoltare, di capire e di conoscere, che va oltre Alexa, Siri ed oltre l'assistente di Google. Ci troviamo immersi in una realtà virtuale posta in un ambiente 3D appositamente generato, finora limitato solo da questioni tecniche: sono richiesti larghezze di banda elevate e latenze estremamente basse per il trasferimento dei dati, nonché un modello persistente dell'ambiente per contenere elementi reali e simulati. Ma si è comunque ormai ad un passo dalla piena fruizione di questa nuova, immensa piattaforma digitale.
L'ERA DEL TRANSUMANESIMO
A mettere però in guardia dalle potenzialità del settore sono in molti: tra questi, il dottor Philippe Guillemant, fisico e ingegnere ricercatore presso il Cnrs, il Centro nazionale di ricerca scientifica di Marsiglia, uno dei primi specialisti al mondo in intelligenza artificiale e per questo pluripremiato. Nelle sue pubblicazioni ha evidenziato non solo come le tecnologie di controllo siano divenute predominanti sul mercato in termini di domanda e di offerta, ma anche come il tracciamento umano sia ormai realtà, consentendo non a persone, bensì a semplici programmi di monitorare chiunque in qualsiasi momento o periodo. In particolare, un'affermazione del dottor Guillemant, ripresa dall'agenzia Médias-Presse-Info, suscita più di un interrogativo: «Coloro che sono a favore delle mascherine obbligatorie sottovalutano molto il fatto che esse siano un preludio alla vaccinazione, che a sua volta è un preludio all'identificazione digitale e poi al tracciamento umano, naturale conseguenza prima di giungere in poco tempo all'era del transumanesimo, preparata dall'analisi in tempo reale di tutti i nostri gesti, azioni, spostamenti e incontri. Ora questa prospettiva è, a mio parere, molto più grave di qualsiasi bomba atomica o guerra mondiale». E allora qui il discorso si complica.
In un libro a più mani, Bas les masques (Giù le maschere), l'ing. Guillemant entra ancor più nello specifico: «L'obbligo di portare un libretto di vaccinazione digitalizzato per potersi spostare sarà la porta d'accesso nel transumanesimo, poiché imporrà il tracciamento umano. Il grande lusso del futuro, cui solo i più ricchi avranno accesso, sarà appunto quello di sfuggire a tale tracciamento. Il rischio rappresentato dalla vaccinazione in termini di salute non è nulla rispetto al rischio rappresentato dalla prova dell'avvenuta vaccinazione in termini di libertà e di integrità umana. A Bill Gates e Mark Zuckerberg non importa nulla del primo rischio [quello sanitario], perché a loro interessa farci accettare il secondo, che va ad arricchire il loro business in un modo inimmaginabile». Diversamente perché «i più accaniti difensori della vaccinazione sono i potenti uomini d'affari dell'informatica e non i medici?».
SUPER GREEN PASS E MASCHERINA VANNO CONSERVATI
In tale ottica non stupiscono più le parole del ministro della Salute, Roberto Speranza, rilasciate nel corso di una recente intervista al quotidiano Repubblica: «Super green pass e mascherina vanno conservati anche dopo il 31 marzo», ha detto. Ma va in questa direzione anche la ferocia con cui il primo ministro canadese Justin Trudeau lo scorso 14 febbraio, nel corso di una conferenza stampa, ha minacciato letteralmente di congelare i conti bancari dei camionisti accampati in piazza del Parlamento a Ottawa, per protestare contro il green pass. Il governo canadese, lo stesso che si vanta di essere inclusivo con tutti, Lgbt in testa, ha mostrato il proprio reale volto con questa riproposizione del «credito sociale alla cinese». Trudeau ha negato di voler «sospendere i diritti fondamentali» e di aver oltrepassato quanto previsto dalla «Carta dei diritti e delle libertà», come proverebbe - dice - il fatto di non aver limitato «la libertà di parola» ed «il diritto di assemblea pubblica»: ma è proprio sicuro che prender questa gente per fame sia costituzionale e legittimo?
Il vice di Trudeau, Chrystia Freeland, ha annunciato di voler non solo congelare i conti bancari personali, ma di sospendere persino l'assicurazione dell'auto di chiunque risulti collegato alle proteste, anche senza attendere l'ordine di un tribunale, appellandosi alla sola legge sulle misure d'urgenza introdotta ufficialmente per fronteggiare la pandemia. Tutto, pur di mantenere in vigore il green pass: pare ovvio come la posta in palio, a questo punto, vada oltre la stessa emergenza sanitaria e come le affermazioni dell'ing. Guillemant non siano campate per aria.
COMINCIARE A PORSI DOMANDE
Uno studio pubblicato tre anni fa dagli scienziati dell'UCSF, l'Università della California San Francisco, finanziati da Facebook, già confermava la possibilità di creare un'interfaccia cervello-computer, in grado di trasmettere l'attività dei neuroni alla macchina mediante specifici impianti. Il passo successivo? Sostituire gli impianti con un paio di comodissimi occhiali a realtà aumentata, dotati di appositi sensori e controllati dal pensiero. Tutto questo viene presentato ovviamente come un bene: si sostiene di voler ridare così la parola ai muti per paralisi, lesioni del midollo spinale o malattie neurodegenerative. E anche Elon Musk con una delle sue aziende, Neuralink, porta avanti un'analoga progettualità: dice di farlo per contrastare alcune patologie, che colpiscono cervello e midollo. Propone un chip con fili ultrasottili, che un'apposita macchina può impiantare nel cervello per creare un'interfaccia totale, una simbiosi di fatto con l'intelligenza artificiale. Il rischio, però, che un giorno l'intelligenza artificiale possa interferire o addirittura dominare i corpi collegati è più di un'ipotesi.
È dunque già oggi troppo tardi, per cercare di contenere il processo in atto? Possono blandi documenti e proclami etici costituire un reale problema, per chi intenda sfruttare queste nuove tecnologie a proprio vantaggio? È fuor di dubbio quanto importante sia cominciare a porsi queste domande... -
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LE CINQUE SIMILITUDINI TRA GUERRA IN UCRAINA E PANDEMIA DA COVID
Semplificazione di questione complesse, giornalismo di parte, stato perenne di emergenza, paura eccessiva dettata dall'emotività, esasperato individualismo, mancanza del trascendente (VIDEO IRONICO: Immunità)
di Tommaso Scandroglio
Pandemia e guerra. Vi sono alcune similitudini nel modo in cui dal punto di vista sociale sono vissuti, percepiti e giudicati questi due fenomeni. In primis abbiamo un diffuso atteggiamento manicheo: a livello globale, il Covid non deve essere assolutamente temuto e, sempre a livello globale, il Covid è la nuova peste nera. Parimenti abbiamo chi esalta i vaccini senza riserve e chi li condanna senza distinguo. Nel caso del conflitto russo-ucraino, Putin ha tutte le colpe e Putin ha molte attenuanti; l'Europa e la Nato sono state finora impeccabili e l'Europa e la Nato si sono macchiate di gravi responsabilità per aver provocato indirettamente questo conflitto. Inoltre abbiamo chi predica che con evidenza alla forza occorre sempre rispondere con la forza sin da subito e chi, al contrario, dichiara che le uniche soluzioni adottabili sempre e comunque sono il dialogo e la diplomazia. Queste posizioni così nette poi si riflettono anche nel giudizio sulla parte avversa: scomuniche reciproche per chi non si allinea ad un certo pensiero. I media sono un paradigma chiarissimo di questo approccio manicheo: molti articoli sono a tesi, i giudizi vengono formulati a priori e dunque tutte quelle verità che non collimano con questi giudizi vengono cassate, taciute. Il famigerato giornalismo di parte.
Sia in un caso che nell'altro il peccato originale di questi giudizi così dogmatici è dato dalla semplificazione di questioni molto complesse che meriterebbero altrettanti distinguo, distinguo che non potrebbero nemmeno essere illustrati da un singolo esperto dato che i due fenomeni interessano una varietà cospicua di discipline. Ma il sig. Rossi, ben educato in questo senso dai media, esige le cose semplici, di immediata comprensione. In lui si agita l'ansia di dividere il mondo in buoni e cattivi, di dipingerlo in bianco e nero. È un'esigenza di ordine, di sintesi, di abbracciare in un solo sguardo il molteplice, di aver sotto il controllo della propria intelligenza il reale. Ma purtroppo il reale, inteso come fatti, è molto variegato e, nel rispetto dell'intelligenza di cui sopra, occorre darne conto e rifuggire dalla tentazione di avere un approccio dogmatico su questioni opinabili, di vedere verità assolute dove in realtà ci sono fatti controversi.
LA PAURA ECCESSIVA DETTATA DALL'EMOTIVITÀ
Ulteriore minimo comun denominatore tra pandemia e guerra in corso: la paura eccessiva dettata dall'emotività, prima fonte d'agire del sig. Rossi. Ecco che in un caso non si esce di casa anche quando le stesse nostre prudentissime autorità lo permettono, non si vedono i parenti stretti, si tiene la mascherina anche in spiaggia sotto il sole agostano quando si cammina da soli sul bagnasciuga o si è in mezzo al mare, non ci si reca in ospedale ad eseguire esami diagnostici importanti e urgenti, né ci si sottopone ad interventi chirurgici non procrastinabili. Il tutto perché si ha paura di infettarsi. In modo analogo in questi giorni, sempre grazie ai media che, in nome delle vendite o dei click, amano soffiare sul fuoco, il sig. Rossi corre a fare scorte nei supermercati di beni di prima necessità e nelle farmacie a comprare iodio perché paventa un'imminente Terza Guerra Mondiale o una Prima ed Ultima Guerra Nucleare. Il panico ormai governa le vite di molti e ad altrettanti ciò fa buon gioco.
Terza analogia: ci scaldiamo tanto quando il male bussa alla nostra porta, ben poco quando bussa a quella del vicino. Da sempre l'Africa e non solo lei è flagellata da virus ben più letali del Covid, ma abbiamo fatto spallucce perché non ci riguardava. Attualmente sono in corso almeno 27 conflitti nel mondo. A noi non importa nulla perché sono distanti. Invece l'Ucraina e la Russia sono dietro l'angolo e, soprattutto, ciascuno di noi sa che le testate nucleari ti possono portare la guerra a domicilio. Va da sé che se i media non ne avessero parlato, nulla quaestio, così come è accaduto per i precedenti 8 anni di conflitto russo-ucraino. Dunque pandemia e guerra hanno messo in evidenza un tipico carattere dell'uomo post moderno: l'esasperato individualismo ed egocentrismo.
LA MANCANZA DI VISIONE TRASCENDENTE
Quarto fattore in comune tra pandemia e guerra: la mancanza di visione trascendente, non diciamo ovviamente tra il popolino che in massa pensa e agisce da ateo, bensì in casa cattolica. Dio pare non c'entrare nulla con la pandemia e la guerra. Eppure sia in un caso che nell'altro ha permesso il verificarsi di queste calamità (nel caso della pandemia la fede ci dice che non si può escludere che l'abbia voluta direttamente) e le ha permesse per un bene maggiore. Dunque le ha permesse per il nostro bene, anche se tale affermazione può suonare scandalosa in questo tempo in cui si esclude assolutamente che Dio possa usare o un danno naturale (pandemia) o un male morale (guerra d'aggressione) a fin di bene. Ma nulla può uscire dall'economia della salvezza di Dio. Li usa a fin di bene nel senso che da una parte sono strumenti di punizione per i malvagi, posto che questi riconoscano, accolgano e quindi ricavino dei frutti da tali punizioni. E su altro fronte sono mezzi di purificazione per i buoni affinché crescano nelle loro virtù, si perfezionino maggiormente nel cammino della santità, posto che, come prima, riconoscano, accolgano e quindi ricavino dei frutti spirituali da simili eventi. Sono quindi occasioni, in un caso come in un altro, di santificazione. Ciò non toglie che si possa e si debba pregare Dio affinché faccia finire pandemia e guerra, se questo è per il nostro maggior bene, ossia se ciò rientra nel piano provvidenziale di Dio. Ecco, queste riflessioni che erano, per così dire, di dominio pubblico nella cristianità di una volta oggi non solo sono scomparse, ma addirittura vengono tacciate di non essere cristiane. E così pandemia e guerra rimangono due fatti che sono quasi sfuggiti al controllo di Dio e dunque si chiede a Lui di intervenire per aggiustare quello che di rotto hanno provocato, in un caso, madre natura e, nell'altro caso, gli uomini.
Dunque in entrambi gli scenari Dio è fuori della storia e semmai, sporadicamente, lo si invoca perché faccia capolino nella stessa: vedi le numerosi e lodevoli iniziative di preghiera e digiuni per la pace. Ma, vogliamo qui solo appuntarlo, nel caso della pandemia tali iniziative erano assai minori perché pregare per la pace è d'uso in casa cattolica ed invece pregare per fermare un flagello naturale è assai più raro, forse perché si crede che tale compito non sia alla portata di Dio o perché si pensa che un dio così è più una divinità animista che il Dio cattolico.
Infine, sempre per trovare delle comunanze tra questi due fenomeni, pandemia e guerra stanno facendo vivere l'uomo occidentale in un stato perenne di emergenza, di agitazione esistenziale. Ciò è comprensibile. Sarebbe bene però ricordare che noi tutti pellegrini su questa terra, noi tutti profughi dalla patria celeste per una guerra che i nostri progenitori insieme a Satana hanno scatenato contro Dio, viviamo, spesso senza saperlo, il più importante stato emergenziale che possa esistere: la nostra vita eterna è minacciata e abbiamo solo il tempo della nostra esistenza per poter far fronte a questa gravissima minaccia. -
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LA FINE DELL'EMERGENZA E' UNA PRESA IN GIRO di Andrea Zambrano
Non è il caso di imputare la colpa alle distrazioni del conflitto ucraino: la volontà di dimenticarsi di una fetta di italiani calpestati nei loro diritti è voluta e studiata. L'hanno chiamato freedom day, col provincialismo tipico di chi si affida all'inglese quando vuole camuffare gli intenti, ma il 1° aprile prossimo non sarà una Festa di liberazione 2.0, bensì una nuova tappa del processo di concessione condizionata di libertà per tutti i cittadini. Anche per quelli bi, tri, quadri - e chissà se penta - vaccinati i quali si illuderanno di essere tornati alla libertà per il solo fatto di avere un QR code sempre aperto tra le finestrelle del telefonino.
Invece per una fetta risicata, ma viva, pagante le tasse e votante della popolazione italiana, non ci sarà nemmeno quella illusione, tanto che la fine dello Stato d'emergenza annunciata da Draghi in pompa magna mercoledì a Firenze per loro significherà invece la certificazione della loro prolungata prigionia con la frustrazione che diventi eterna.
FINE EMERGENZA MAI
Dunque, lo Stato d'emergenza finirà il 31 marzo, ma con esso non finirà la pantomima della carta di circolazione che resterà ancora a lungo. Per quanto? Non si sa, «tempo indefinito» dice il decreto, che è peggio di eterno, proprio perché studiatamente assoggettante. Il fatto che la fine del Green pass non sia trainata dalla fine dell'emergenza mostra chiaramente, senza veli, senza scuse, che la carta verde non aveva nulla a che spartire con la sicurezza sanitaria. Ad agosto quando è stata introdotta ci credevano ancora tutti, ma ora dovrebbe essere palese: il Green pass non serve per proteggerci da una pandemia, perché con la fine dell'emergenza la pandemia, de facto, viene dichiarata debellata.
E quindi?
Quindi resta il cinismo di un premier, Mario Draghi, che annuncia in uno stabilimento industriale che il primo aprile sarà il giorno del ritorno alla libertà. E lo annuncia davanti a dei lavoratori che per poter lavorare e ascoltarlo devono essere greenpassati. Il messaggio pronunciato, dai toni goffamente rinascimentali in una delle eccellenze manifatturiere del Made in Italy, è questo: "l'Italia riparte dal lavoro", peccato che per lavorare servirà un Green pass e chi non lo avrà sarà sospeso. Come accade adesso durante lo stato d'emergenza. Dunque, qual è la differenza?
La differenza è che la carta di circolazione smetterà di essere il pannicello caldo di chi si nasconde dietro un virus e diventerà il principale strumento di credito sociale di un Paese che non vuole vedere. Nel rinascimento di cui parla Draghi, il Green pass è strumento irrinunciabile e qualificante. I lavoratori che vanno bene per il rilancio del Paese sono dunque questi: quelli che si offrono al controllo pervasivo di un potere che calpesta così facilmente il primo articolo della Costituzione.
SOLO QUANDO LO DIRÒ IO
Dunque, «gradualmente» è la parola tranquillizzante. C'è un insostenibile cinismo in quel «gradualmente» accompagnato alla dismissione delle ultime restrizioni, che denota il disporre sine die della libertà degli italiani, come un Giucas Casella capace di svegliarci dall'incantesimo «solo quando lo dirò io». Però, fateci caso, nell'annuncio di Draghi la fine del Green pass non è mai adombrata.
Qualcuno ha provato a far finire l'incubo da subito, la Lega, ma ha fallito. Il fatto che oggi esulti per la fine dell'emergenza il 31 marzo non dicendo nulla sulle migliaia di lavoratori sospesi che continueranno a vivere senza stipendio e senza sapere mai quando tutto finirà, è la dimostrazione plastica dell'evanescenza del Carroccio.
È evidente che chi da oggi in avanti sosterrà politicamente l'obbrobrio del lasciapassare verde che porta con sé discriminazione, violazione di diritti e controllo generalizzato sganciato da qualunque scusa sanitaria, è complice di questo mostro. E per loro, intellettuali liberi come Carlo Lottieri, hanno usato parole decisive: «Quel QR segna il confine tra due mondi: o si sta da una parte, o dall'altra».
Sentir dire poi da Draghi che quanto «succede in Ucraina riguarda il nostro vivere da liberi» rende il tutto decisamente grottesco.
Nota di BastaBugie: Paolo Gulisano nell'articolo seguente dal titolo "Vaccini e contagi, Lancet demolisce il green pass" parla di uno studio in cui si dimostra che i vaccini anti-Covid non interrompono la trasmissione del virus. I vaccinati hanno un picco di carica virale simile ai casi non vaccinati e possono quindi trasmettere l'infezione. Risultati che fanno a pezzi la logica del green pass. Che andrebbe abolito.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 31 gennaio 2022:
L'attuale andamento epidemiologo del Covid vede la malattia continuare a diffondersi. Anche se la variante Omicron sta crescendo e rimpiazzando le precedenti versioni del Covid, è la variante Delta ad essere ancora prevalente in Occidente, ad essere altamente trasmissibile, diffondendosi a livello globale, anche nelle popolazioni con alti tassi di vaccinazione. Ed è proprio questo ultimo importante dato, che dimostrerebbe la scarsa efficacia della campagna vaccinale con due e addirittura tre dosi, che ha attirato l'attenzione di un gruppo di ricercatori, guidati dalla professoressa Anika Singanayagam, che hanno effettuato uno studio sulla trasmissione e sulla cinetica della carica virale in individui vaccinati e non vaccinati nel Regno Unito: uno studio prospettico, longitudinale, di coorte, pubblicato su una delle due più prestigiose riviste mediche della Gran Bretagna, The Lancet.
In questo momento è da Oltremanica che arrivano le voci scientifiche più indipendenti e più interessanti che analizzano nel dettaglio l'andamento epidemico. Negli scorsi giorni abbiamo parlato dell'editoriale del British Medical Journal che ha puntato il dito sulla mancanza di trasparenza da parte delle aziende produttrici dei vaccini a mRNA, mentre il Lancet ci illustra ora attraverso questo studio l'efficacia reale della vaccinazione, attraverso una comparazione tra popolazioni vaccinate e non vaccinate. I risultati offrono una prospettiva piuttosto differente rispetto alla vulgata semplicistica proposta dai media.
Cosa ci ha detto lo studio? Tra il 13 settembre 2020 e il 15 settembre 2021, 602 contatti della comunità (identificati tramite il sistema di tracciabilità del Regno Unito) di 471 casi-indice di Covid-19 nel Regno Unito sono stati reclutati per lo studio di coorte Assessment of Transmission and Contagiousness of COVID-19 in Contacts e hanno contribuito con 8145 campioni del tratto respiratorio superiore dal campionamento giornaliero per un massimo di 20 giorni. I contatti domestici e non domestici di età pari o superiore a 5 anni potevano essere inseriti nello studio se in grado di fornire il consenso informato e accettare l'auto-tampone delle vie respiratorie superiori. È stato analizzato il rischio di trasmissione in base allo stato di vaccinazione per 231 contatti esposti a 162 casi-indice con infezione da variante Delta collegati epidemiologicamente. Sono state quindi confrontate le traiettorie della carica virale da individui completamente vaccinati con infezione Delta con individui non vaccinati con Delta, Alfa, e infezioni pre-Alfa (n=49). Gli esiti primari per l'analisi epidemiologica erano la valutazione del tasso di attacco secondario (SAR) nei contatti familiari stratificato per stato di vaccinazione di contatto e stato di vaccinazione dei casi-indice. I risultati primari per l'analisi cinetica della carica virale erano di rilevare le differenze nella carica virale di picco, nel tasso di crescita virale e nel tasso di declino virale tra i partecipanti in base alla variante SARS-CoV-2 e allo stato di vaccinazione.
I risultati hanno rilevato che, sebbene la carica virale di picco non differisse in base allo stato di vaccinazione o al tipo di variante, aumentava modestamente con l'età, che rappresenta quindi un documentato fattore di rischio. Gli individui completamente vaccinati con infezione variante Delta avevano un tasso medio più rapido di declino della carica virale rispetto agli individui non vaccinati con infezioni varianti pre-Alfa, Alfa o Delta.
In parole povere, la vaccinazione riduce il rischio di infezione della variante Delta e accelera la clearance virale. Tuttavia, gli individui pur completamente vaccinati hanno un picco di carica virale simile ai casi non vaccinati, e possono quindi trasmettere l'infezione, anche ai contatti a loro volta completamente vaccinati. Lo studio prova che l'interruzione della catena di trasmissione attraverso il vaccino non si verifica. È quindi tempo di dire con chiarezza che il tanto citato effetto di "immunità di gregge" con questi vaccini non ha luogo. Non è un caso che gli autori dello studio stesso pubblicato dal Lancet affermino che l'obiettivo principale della vaccinazione alla luce di quanto emerso sia la protezione individuale delle persone. Si è però mancato - e lo constatiamo direttamente ogni giorno nella clinica e nel riscontro epidemiologico - l'obiettivo dei vaccini di ridurre la trasmissione di SARS-CoV-2, che sarebbe fondamentale per contenere la pandemia. Un risultato che dipende dalla capacità dei vaccini di proteggere dalle infezioni e nella misura in cui la vaccinazione riduce l'infettività. La variante Delta continua a causare un elevato carico di casi anche nei Paesi con un'alta copertura vaccinale.
Questo dato dovrebbe portare ad una revisione delle strategie da adottare nei confronti dell'epidemia, e soprattutto sulle scelte politiche. Se è ormai evidente che non si può raggiungere l'immunità di gregge, e che un vaccinato può trasmettere il contagio quanto un non vaccinato, di consegu -
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N CANADA LA POLIZIA USA LA FORZA CONTRO LA PROTESTA PACIFICA DEI CAMIONISTI di Stefano Magni
Scene di guerriglia urbana, ad Ottawa, capitale del Canada, per tutto il fine settimana: venerdì la polizia ha iniziato a sgomberare con la forza la protesta del Freedom Convoy, i camionisti contro l'obbligo vaccinale. Domenica mattina, la situazione era stata riportata "sotto controllo" con l'evacuazione della collina del parlamento e delle vie del centro. La polizia ha posto fine alla protesta, su ordine del governo. Il metodo e le giustificazioni non sono affatto normali.
Prima di tutto, il premier Justin Trudeau ha invocato lo stato d'emergenza per una protesta che non era violenta, non costituiva una minaccia per il governo, né per la sovranità del Canada: non era né un golpe, né una rivoluzione. Ma è stata trattata come se lo fosse, solo sulla base delle idee che erano alla base della protesta. I camionisti invocavano la libertà di scegliere se vaccinarsi o meno, Trudeau li ha definiti "anti-scientifici" (solo per cominciare, poi ha aggiunto una serie di condanne) ed ha rifiutato ogni forma di dialogo. La libertà di cura, inclusa la libertà di scelta sul vaccino, è un diritto costituzionale, ma il governo ha deciso che in situazione di emergenza va reinterpretato in senso molto più restrittivo. Però, al tempo stesso, ha trattato i manifestanti come se fossero una minaccia al Canada e alle sue istituzioni democratiche.
MINACCIA DI TOGLIERE I FIGLI
La polizia si è mossa come se avesse a che fare con una protesta violenta, anche se i camionisti erano disarmati (le uniche "armi" finora sequestrate sono fumogeni e corpetti anti-proiettile) e in tre settimane di manifestazioni non hanno mai attaccato le forze dell'ordine. Le foto mostrano poliziotti a cavallo che travolgono i manifestanti, largo uso di sfollagente da parte di agenti in tenuta anti-sommossa e lancio di lacrimogeni. I camionisti e i loro sostenitori formavano catene umane, cantando l'inno canadese e la polizia li attaccava, lanciando continuamente tweet in cui si affermava che l'atteggiamento dei manifestanti fosse "aggressivo". In una curiosa inversione delle parti, i camionisti chiamavano la polizia, quando i poliziotti li attaccavano o rimuovevano i loro camion e la centrale di polizia ha diramato un avvertimento in cui intimava di smettere di fare chiamate. Giovedì erano già stati arrestati i leader della protesta, fra venerdì e sabato altre 170 persone sono finite dietro le sbarre.
La reazione delle forze dell'ordine ha colpito le proprietà. Sulla base dello stato emergenziale, il ministero delle Finanze ha congelato 76 conti correnti per un totale di 3,2 milioni di dollari canadesi. Le autorità hanno avvertito che gli animali domestici, che i camionisti si erano portati con sé, sarebbero finiti tutti in canile per otto giorni e poi dichiarati "randagi" e messi in adozione.
Le autorità hanno anche deprecato la presenza di figli minorenni. Ovviamente non hanno minacciato di mandarli in un canile, ma hanno allertato i servizi sociali che, in caso di arresto dei genitori, sarebbero stati inviati in case rifugio, in attesa di contattare altri parenti.
DUE PESI E DUE MISURE
Tutto questo è stato ordinato da un governo che ha sempre, costantemente, appoggiato la libertà di manifestare, sia in patria che all'estero. Il governo Trudeau ha tollerato i blocchi causati dalle proteste delle popolazioni indigene contro i nuovi oleodotti. All'estero ha sostenuto apertamente la causa di Black Lives Matter negli Stati Uniti. E nel dicembre del 2020 aveva anche accusato il governo indiano di aver avuto il polso troppo duro contro gli agricoltori, sostenendo la loro piena libertà di manifestare pacificamente.
Quel che ha reso possibile una simile incoerenza è sicuramente il Covid. La pandemia ha travolto ogni regola della politica normale, permettendo di giustificare quel che fino all'anno prima era ingiustificabile. Ma è solo uno degli elementi, perché di fatto stiamo assistendo all'applicazione di un'ideologia di sinistra antirazzista sempre più autoritaria. Anche le proteste di Black Lives Matter violavano, in teoria, le regole del distanziamento sociale. Ma erano tollerate perché la questione razziale è ormai considerata "prodromo" del contagio, sulla base di teorie che mischiano disinvoltamente scienze sociali e medicina. Nell'editoriale del Washington Post sulla fine della protesta dei camionisti in Canada, invece, si legge a chiare lettere che l'idea dei diritti di libertà sia "strettamente interconnessa alla bianchitudine". E quindi "Credere che una persona abbia diritto alla libertà è una componente fondamentale della supremazia bianca". Ciò che rappresenta il lascito migliore della società cristiana occidentale, dunque, è ormai passibile dell'accusa di razzismo. E di fronte al razzismo, nella migliore delle ipotesi, ci sono i manganelli e le cariche dei poliziotti a cavallo. -
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DOPO I LOCKDOWN, LA DAD E LE MASCHERINE ECCO IL BONUS PSICOLOGO, TRIONFO DELLO STATALISMO di Roberto Marchesini
Arriva il «bonus psicologo», proposto per la prima volta l'anno scorso dalla senatrice PD Caterina Biti e approvato all'unanimità da tutte le forze politiche. Il provvedimento è stato approvato lo scorso 16 febbraio con il decreto «milleproroghe» (il famoso «assalto alla diligenza») e salutato con entusiasmo generale. Lo stanziamento totale dovrebbe ammontare a 20 milioni di euro; metà andrà al potenziamento dei servizi pubblici; l'altra metà sarà a disposizione dei cittadini sotto forma di voucher, probabilmente dell'ammontare di 600 euro; per richiederlo, sarà sufficiente la prescrizione del medico di base. Una buona notizia? Forse; ma non mancano le criticità.
QUATTRO PROBLEMI
Innanzitutto, la spinta propulsiva del provvedimento è arrivata dalle nefaste conseguenze delle misure di contenimento del Covid (Didattica A Distanza, Lock-down e smart-working); ricordiamo che la Nuova Bussola è stata tra i primi e pochi media ad occuparsi di questo problema. Ora, considerato che queste misure hanno avuto un impatto perlomeno dubbio sull'epidemia, ma ne hanno avuto uno certo e pesante sulla salute psicologica degli italiani, non sarebbe meglio abolirle? Prevenire non è meglio che curare? Cosa si può pensare di un governo che da una parte si pone l'obiettivo di causare sofferenza psichica agli italiani e dall'altra si propone di curarli?
Secondariamente, il fatto che la terapia di un paziente sia pagata da terzi (in questo caso lo stato italiano), dovrebbe far storcere il naso agli psicologi clinici. Già Freud aveva capito che, se il paziente non paga il proprio trattamento, non ne trae un gran beneficio; detto altrimenti, il trattamento psicologico beneficia chi paga. Esiste un tariffario che indica, per i diversi trattamenti, un intervallo abbastanza elastico, in modo che paziente e terapeuta possano trovare un accordo economico che soddisfi entrambi. Però è necessario non che lo psicologo sia pagato; ma che il paziente paghi il proprio trattamento.
In terzo luogo colpisce che il voucher ammonti a 500 o 600 euro. D'accordo, si tratta solo di un aiuto, ma c'è già chi si affretta a tradurre questa cifra in un numero definito di sedute: «Una visita da uno specialista, in media, ha un costo di 50 euro, per cui si stima che i 600 euro saranno sufficienti per un ciclo di 12 sedute»; «Il contributo per il 2022 sarà da 500 euro - questa la cifra ipotizzata - che si tradurrebbero in un pacchetto di 6-10 sedute da uno specialista». Che c'è di strano? È presto detto. Negli Stati Uniti le assicurazioni sanitarie pagano le sedute a patto che il numero degli incontri sia stabilito in anticipo (8-10) e che il trattamento sia statisticamente il più efficace per quella diagnosi. Questo significa che non è il paziente a scegliere il tipo di trattamento (insieme al terapeuta), bensì l'assicurazione; e che non è la gravità della situazione o la velocità del cambiamento a stabilirne la durata. Anche in ambito psicoterapeutico, quindi, come è accaduto per la medicina, la cura «in scienza e coscienza» viene sostituita da un protocollo (tachipirina e vigile attesa, per capirci). Se ci si attiene al protocollo, indipendentemente dall'esito del trattamento, si evitano i guai; altrimenti...
Quarto: si sta realizzando quello che è stato a lungo il sogno dell'ordine e di altri enti che regolano la professione di psicologo. Facciamo un passo indietro. Anni fa esistevano solo due facoltà (in origine, corsi di laurea) in psicologia: a Roma e a Padova. Poi si aggiunse Torino. Oggi, solo a Milano, sono una decina. Il motivo è semplice: l'autonomia delle università; anche economica. Il che vuol dire che ogni università cerca di aprire facoltà che garantiscano un elevato numero di immatricolazioni, in modo da avere più rette e quindi più denaro; e la facoltà di psicologia porta una marea di immatricolazioni. Poi, tutte queste matricole si laureano e ottengono l'abilitazione all'esercizio della professione di psicologo.
Cosa accade se c'è un aumento forsennato di professionisti? Che i prezzi (e la qualità) si abbassano. È quello che accade agli psicologi: molti di loro non lavorano, o accettano di essere sottopagati pur di lavorare. E qui intervengono gli ordini regionali e nazionale, l'ente assicurativo, il fondo pensionistico professionali: perché psicologi che non lavorano non pagano; e perché i professionisti si aspettano che l'ordine faccia qualcosa per risolvere il problema. L'ordine professionale è come un piccolo parlamento: ci si accede per elezione. E viene eletto chi risolve (o propone soluzioni per) i problemi.
FAR CAMBIARE IDEA AD UN NAZISTA... O A UN CATTOLICO
Da qualche anno, questo problema (importante e molto sentito) è stato affrontato in due modi:
a) lotta alle professioni «concorrenti» più deboli, come i counsellor (non i medici...);
b) tentativi di introdurre la figura dello psicologo pubblico e gratuito (come il medico, per intenderci).
La seconda soluzione, quindi, consiste nel risolvere il problema della scarsa occupazione degli psicologi scaricandolo sul sistema sanitario pubblico. Ci si prova da diversi anni con lo «psicologo di base» ed ecco finalmente, grazie all'epidemia di Covid, il bonus psicologo.
Personalmente, non credo che questa (come l'altra) soluzione sia adeguata. Ci sono molti psicologi, ma è elevato anche il bisogno di assistenza psicologica. Perché domanda e offerta non si incontrano? Perché molte persone hanno, nei confronti degli psicologi, una (non ingiustificata) diffidenza. Lo psicologo è percepito come un militante ultra-progressista, un agente del processo rivoluzionario, della dissoluzione della morale tradizionale. Il problema è che questo pregiudizio è fondato. So che non è elegante, ma per un approfondimento rimando al mio Le vie della psicologia (Sugarco 2020).
Purtroppo, anziché frenare questa tendenza, cercando di recuperare la fiducia delle persone, le varie associazioni psicologiche premono ancora di più sull'acceleratore. Faccio un esempio.
Recentemente è stato proposto di revisionare il Codice deontologico degli psicologi. L'obiettivo era quello di aggiungere qualche schwa, la «e» rovesciata che indica la neutralità di genere. Bene, una associazione di psicologi ha proposto di modificare l'articolo 4 che impone allo psicologo di rispettare opinioni, valori e credenze del paziente. In questo modo: «occorre guidare le persone verso opinioni e credenze più congrue, consapevoli ed efficaci. Non è vietato far cambiare idea ad un nazista». O a un cattolico, per dire.
Meno ideologia, più rispetto per i pazienti e, magari, un modello antropologico più vero, probabilmente aiuterebbero i giovani psicologi più del solito intervento statalista. -
VIDEO: Rimborsi ➜ https://www.raiplay.it/video/2022/01/Rimborsi---Re-Start---26012022-7ce4f201-c346-4f09-a356-a1daec517850.html
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LA TRUFFA DEI NUMERI DI TERAPIE INTENSIVE E MORTI di Giovanni Lazzaretti
Il mantra ripetuto dai TG è «le terapie intensive sono intasate all'80% dai NoVax, i malati oncologici non trovano posto». Innanzitutto aboliamo la trita sigla NoVax, per parlare più correttamente di Persone Non Vaccinate Covid, mentre altri sono Persone Vaccinate Covid (molte non per scelta).
La prima cosa da chiarire è che le intensive non sono affatto intasate. Il portale AGENAS del governo indica per il 29 gennaio 2022 una presenza da covid del 17,6%, quando la soglia critica è stata fissata al 30%. Guardando le singole regioni/province autonome, si avvicinano alla soglia solo le Marche (27,1%) e Trento (27,8%).
L'ultimo rapporto dell'Istituto Superiore di Sanità è datato 19 gennaio, e porta i dati delle terapie intensive nel periodo 3 dicembre 2021 - 2 gennaio 2022: persone entrate in terapia intensiva = 2.417; non vaccinati in terapia intensiva = 1.557; percentuale 64%. Questo è il primo passettino per ridimensionare l'80% indicato nel "mantra" dei TG.
Facciamo quindi un po' di conti: la degenza media in intensiva è di 15 giorni circa, quindi 1.557 persone x 15 giorni = 23.355 giorni di terapia intensiva. Dividiamo allora questo monte giorni per il periodo preso in esame che è di 31 giorni: 23.355 : 31 = 753 posti terapia intensiva occupati da non vaccinati. Considerato che i posti di terapia intensiva pre covid erano 8.000 circa e adesso 9.031, significa che i non vaccinati non occupano nemmeno l'extra di 1.031 posti creato a causa del covid.
La conseguenza è evidente: la frase «il malato oncologico non trova posto in intensiva per colpa dei NoVax» è falsa. Le persone non vaccinate non occupano nemmeno tutti i 1.000 posti extra creati per il covid. Se quindi il malato oncologico oggi non trova posto, significa che non l'avrebbe trovato nemmeno ieri prima del covid. Perché la nostra sanità già prima del covid era in coma. Il "Sistema Seconda Repubblica" (SSR), che ha sfasciato la sanità, oggi usa le persone non vaccinate come capro espiatorio per coprire le proprie colpe.
Questo è il primo tassello, ma bisogna proseguire. Sì, perché riguardo alle statistiche sulle Terapie Intensive, a quanto abbiamo detto bisogna aggiungere almeno altre quattro ombre (ombre nel senso che non abbiamo dati, ma abbiamo la certezza dell'evento che qualcuno prima o poi dovrà tradurre in dati).
SVELIAMO LE OMBRE DEL SISTEMA (SENZA ESSERE COMPLOTTISTI)
Prima ombra. Tra i non vaccinati ci sono le persone "non vaccinabili covid". Poiché un medico non ti fa un'esenzione neanche con la pistola alla tempia, gli esentati sono certamente portatori di patologie pesanti. Se vanno in terapia intensiva da positivi, questo avviene molto probabilmente per le gravi patologie. Quanti sono? Non lo sappiamo. Quali che siano, vanno tolti dal totale dei non vaccinati.
Seconda ombra. Bassetti, 12 gennaio 2022: «Nei nostri reparti siamo ben oltre il 35% di ricoverati che con il Covid-19 non c'entrano nulla. Non hanno della malattia nessun sintomo, ma solo la positività al tampone per l'ingresso in ospedale» (dichiarazione all'AGI). Allora, poiché le curve dei morti e delle terapie intensive seguono andamenti molto simili, il problema di quel 35% di catalogazione impropria l'abbiamo anche nelle terapie intensive.
Terza ombra. Un servizio di Valentina Noseda (ReStart, RAI) è stato autocensurato per la messa in onda, ma lo trovate su RaiPlay [clicca qui!]. La Noseda intervistava persone che descrivevano il metodo per incrementare il numero dei positivi ospedalizzati, al fine di ottenere i rimborsi di 3.713 euro (ospedalizzati normali) o 9.697 euro (ospedalizzati terapia intensiva). Vero, falso? Del tutto verosimile. Dove ci sono molti soldi, ci sono anche i servi di Mammona all'opera.
Quarta ombra. Ma i 9.031 posti di terapia intensiva sono reali? Mentre ero al mare a Pesaro, a fine agosto, leggevo l'intervista a un primario che, essendo prossimo alla pensione, si sbilanciava un po'. «Il suo reparto adesso è molto pieno?» «No, dà sempre l'impressione di essere vuoto. Ho i letti, ma servono 15 medici per coprirli. Di medici ne ho 6, veda un po' lei...». Ci sono 9.031 posti di terapia intensiva coi relativi medici? Oppure...
Avanti ancora, c'è un'altra domanda chiave: perché si parla tanto di Terapie Intensive e poco di morti?
La sparata sull'intasamento delle terapie intensive da parte dei non vaccinati è l'ultima arma che resta per far credere a un qualche peso del vaccino in questa gestione dell'epidemia. Ma le terapie intensive sfornano un numero di morti modesto rispetto al totale.
Spostiamoci allora sui morti, che sono un dato più pesante rispetto alle terapie intensive. L'ultimo rapporto Istituto Superiore di Sanità analizza le "diagnosi dal 26 novembre al 26 dicembre 2021 con decesso": sono 3.742, di cui 1.774 sono non vaccinati (47%) e 1.968 sono vaccinati in vario grado (53%). Statistica poco spendibile nei TG, coi vaccinati che vanno peggio dei non vaccinati.
IL PAESE IMMAGINARIO DI PONTEVEDRO
Guardiamo le corsie dal 3 dicembre 2021 al 2 gennaio 2022: 25.168 ospedalizzati, di cui 11.487 sono non vaccinati (46%) e 13.681 sono vaccinati in vario grado (54%). Anche questa è poco spendibile nei TG, coi vaccinati che vanno peggio dei non vaccinati.
A questo punto arriva la solita obiezione: «Quei numeri vanno rapportati a quanti sono i vaccinati e i non vaccinati! Quando i vaccinati sono tanti, scatta il cosiddetto "effetto paradosso", per cui sembra che vada peggio ai vaccinati».
A questi "contestatori della Domenica" che ci ricordano l'ovvio, pongo intanto una domanda: «Vi sembra un "successo vaccinale" avere 1.968 morti vaccinati in 31 giorni? Era questo che promettevate nel radioso Vaccino-day del 27 dicembre 2020?». Ma, domanda a parte, vi porto come esempio il paese immaginario di Pontevedro.
Nel Pontevedro ci sono 10 milioni di pianurini e 10 milioni di monticiani. I primi si ammalano di covid, i secondi, non si sa perché, non lo prendono. 5 milioni di pianurini si vaccinano, 5 non si vaccinano. Dopo un certo tempo ci sono 1.200 decessi covid di non vaccinati e 1.000 decessi covid di vaccinati.
I non vaccinati totali sono 15 milioni (5 pianurini e 10 monticiani), per cui abbiamo 1.200 : 15 = 80 morti covid per milione. I vaccinati sono 5 milioni, per cui abbiamo 1.000 : 5 = 200 morti covid per milione.
Una martellante campagna governativa convince i monticiani a vaccinarsi. Si vaccinano tutti. Adesso i non vaccinati hanno 1.200 : 5 = 240 morti per milione. I vaccinati invece 1.000 : 15 = 67 morti per milione.
I morti sono sempre gli stessi, ma lo "spostamento di campo" dei monticiani ha alterato le percentuali.
Vi sembra un esempio stupido? Ma è esattamente ciò che hanno fatto in Italia. Vaccinando in massa fasce di età e persone senza patologie che avevano probabilità bassa o inesistente di morire di covid, hanno alterato la percezione globale del "successo vaccinale" portando al denominatore cifre di vaccinati "inutili", perché a rischio morte vicino allo zero.
Vale a dire che le statistiche sul "successo vaccinale" sono basate su numeri minuscoli e sono alterate dalla massa delle "vaccinazioni inutili" che alterano i rapporti. Se le persone a rischio zero non fossero state vaccinate (come direbbe la logica), l'insuccesso vaccinale sarebbe stato palese. -
VIDEO: Canadian truckers heroes | Freedom Convoy 2022 ➜ https://www.youtube.com/watch?v=QOCXozUuefM
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6902
IN CANADA 50.000 CAMION GUIDANO LA RIVOLTA MONDIALE CONTRO LE RESTRIZIONI COVID
La gente comune supporta i camionisti supportando con viveri e carburanti chi sta combattendo anche per loro: sono stati raccolti 10 milioni di dollari, ma il governo li blocca e schiera l'esercito (VIDEO: Freedom Convoy)
di Stefano Magni
Canada, giunti alla terza settimana di protesta dei camionisti contro l’obbligo vaccinale, il premier Justin Trudeau ha deciso di passare alle maniere forti. La polizia ha sgomberato sabato il ponte Ambassador, presidiato dai manifestanti con i loro mezzi pesanti. si trattava di un ponte strategico, che collega il centro industriale di Detroit (nel Michigan, Usa) con l’Ontario. Ma è di ieri sera l’annuncio dello stato d’emergenza nazionale, che permetterà al governo di sospendere i diritti civili per ripristinare l’ordine. La legge, che dovrà essere approvata dal parlamento entro una settimana, permetterà di vietare manifestazioni pubbliche e di ridurre la libertà di movimento, impedendo l’accesso o l’uscita per e da determinate aree. La misura estrema, la prima in mezzo secolo nel Paese, è stata adottata proprio quando il fronte di Trudeau, a favore dell’obbligo vaccinale, iniziava vistosamente ad incrinarsi. In Europa, soprattutto in Francia, la protesta è arrivata, ad imitazione dei camionisti del Canada, ma non ha avuto altrettanto successo: a causa, soprattutto, di una forte repressione preventiva.
Partendo dal Canada: le autorità di Ottawa, dove si concentra il grosso della manifestazione, avevano tentato di scoraggiare e scacciare in tutti i modi i camionisti. Hanno, ad esempio, annunciato multe e persino arresti, per chi avesse portato benzina e generi di conforto ai camionisti manifestanti. E subito cortei spontanei di cittadini, di tutte le età, hanno incominciato a sfilare, con le taniche in mano, a sostegno degli "insorti”. Nella settimana precedente, erano stati inviati dei trattori per trainare i camion, ma i trattori stessi si sono uniti alla protesta. Episodi di solidarietà di questo genere hanno fatto vacillare, anche politicamente, il fronte pro-obbligo di vaccino. Soprattutto a livello locale, province quali l’Alberta, il Quebec e poi il Saskatchewan avevano avviato delle road map per uscire dal regime di restrizioni pandemiche, riaprendo uffici, luoghi pubblici e smettendo di chiedere il pass in molte attività al chiuso. La decisione più forte è stata presa ieri dall’Ontario, la provincia in cui si trova la capitale Ottawa e la città industriale di Toronto. La regione più importante, insomma, ha abolito il pass vaccinale.
LA DEBOLEZZA DEL GOVERNO CANADESE
La reazione durissima di Trudeau potrebbe essere dunque motivata da questa netta sensazione di non aver più un terreno politico sotto i piedi. Anche nel suo stesso partito, il Liberal Party, non sono più così compatti dietro il governo. Fa comunque riflettere che proprio il partito che ha introdotto la Carta dei Diritti e delle Libertà del Canada, nel 1982 (ai tempi in cui il padre di Trudeau, Pierre, era premier) ora sospenda i diritti civili, per reprimere una protesta che chiede il pieno rispetto di quella Carta. Una delle tante ironie della storia. La legge che Trudeau intende applicare conferisce poteri maggiori alla polizia contro pubbliche assemblee, se queste vengono considerate "attività pericolose e illegali”. Permette inoltre al governo di bloccare e presidiare aree critiche, come porti, aeroporti e valichi doganali. Fine anche della libertà di raccogliere fondi: tutte le piattaforme per la raccolta fondi dovranno infatti registrarsi presso il Fintrac, l’agenzia del Ministero delle Finanze che traccia le transazioni finanziarie. Ed è una chiara premessa per passare al sequestro di fondi. Dopo che GoFundMe aveva, di sua sponte, congelato le donazioni per il Freedom Convoy (l’organizzazione ombrello per la protesta dei camionisti), i donatori si erano rivolti al GiveSendGo, una piattaforma che ha permesso in passato di raccogliere soldi a favore di altre iniziative conservatrici e cristiane. Adesso penserà direttamente il governo canadese a sequestrare i soldi donati alla protesta contro l’obbligo vaccinale, addirittura ricorrendo ad una legge anti-terrorismo, la Legge contro il Finanziamento del Terrorismo e del Crimine. Le istituzioni finanziarie canadesi, le banche dunque, potranno sospendere i servizi per chi ha donato.
IN EUROPA LA PROTESTA E' BLOCCATA PREVENTIVAMENTE
Se in Canada si passa alle maniere forti dopo tre settimane di protesta (e dopo i primi importanti risultati ottenuti dal Freedom Convoy), in Europa è invece scattata la repressione preventiva. Ieri era il giorno del Freedom Convoy Europe, dunque una serie di carovane di camion dirette verso Bruxelles da tutti i Paesi membri dell’Ue. Ma la polizia belga ha bloccato tutti gli accessi e le poche decine di mezzi che sono passate attraverso i filtri delle forze dell’ordine, soprattutto camper e piccoli camion, hanno avuto al massimo il permesso di accamparsi nel parcheggio dell’altopiano dell’Heysel, fuori dalla città. Doveva essere anche il giorno del Freedom Convoy in Italia, ma a Roma. Secondo tutti i media italiani è stato un flop, con poche centinaia di presenze nella capitale.
In Francia, sabato scorso, la protesta è stata più massiccia, perché ha ereditato, almeno in parte, la mobilitazione del movimento dei Gilet Gialli del 2018. Ad essere colpite dalle misure anti-Covid sono infatti le stesse categorie penalizzate dalla tassa ecologica sul carburante, quella che aveva fatto scoppiare la protesta precedente. Ma i sei convogli che dovevano convergere su Parigi dai sei angoli della Francia, sono stati preventivamente fermati da un imponente schieramento di polizia. Due giorni prima, la prefettura della capitale, ha vietato ogni manifestazione. Ad accogliere i circa 4000 manifestanti c’erano 7800 agenti della Gendarmeria, con blindati ed equipaggiamento anti-sommossa. Le forze dell’ordine avevano il preciso ordine di impedire sul nascere ogni blocco della circolazione attorno alla capitale. Ma, paradossalmente, i posti di blocco e lo schieramento di uomini e mezzi, ha creato giganteschi ingorghi. E i mezzi blindati, schierati per impedire danneggiamenti all’arredo urbano e alle proprietà, qualche danno lo hanno fatto anche loro. -
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LA SHOAH NON INIZIO' CON LE CAMERE A GAS di Stefano Magni
Il Giorno della Memoria, anche quest'anno, non manca di suscitare polemiche. C'è chi usa la memoria della Shoah per mostrare come anche ai giorni nostri vi siano categorie perseguitate e come il rischio dello sterminio fisico totale sia sempre dietro l'angolo. Dall'altra parte, le comunità ebraiche, che la Shoah l'hanno vissuta realmente, si oppongono a quel che vedono come una strumentalizzazione politica di un genocidio unico nella storia. In mezzo, ci sono mille e più paragoni impropri che pure vengono accettati pacificamente dal mondo della politica e della cultura. Per evitare strumentalizzazioni e paragoni forzati, è bene ricordare che cosa realmente precedette la "Soluzione Finale". Perché allo sterminio ci si arrivò per gradi e pochi se ne resero conto.
Primo Levi, in un brano divenuto celeberrimo, ci ricorda che «Non iniziò con le camere a gas. Non iniziò con i forni crematori. Non iniziò con i campi di concentramento e di sterminio. Non iniziò con i 6 milioni di ebrei che persero la vita. E non iniziò nemmeno con gli altri 10 milioni di persone morte, tra polacchi, ucraini, bielorussi, russi, jugoslavi, rom, disabili, dissidenti politici, prigionieri di guerra, testimoni di Geova e omosessuali». Levi spiega, in sintesi, veramente tutto l'essenziale: «Iniziò con i politici che dividevano le persone tra "noi" e "loro". Iniziò con i discorsi di odio e di intolleranza, nelle piazze e attraverso i mezzi di comunicazione. Iniziò con promesse e propaganda, volte solo all'aumento del consenso. Iniziò con le leggi che distinguevano le persone in base alla "razza" e al colore della pelle. Iniziò con i bambini espulsi da scuola, perché figli di persone di un'altra religione. Iniziò con le persone private dei loro beni, dei loro affetti, delle loro case, della loro dignità. Iniziò con la schedatura degli intellettuali. Iniziò con la ghettizzazione e con la deportazione». Ma soprattutto, sottolinea lo scrittore sopravvissuto: «Iniziò quando la gente smise di preoccuparsene, quando la gente divenne insensibile, obbediente e cieca, con la convinzione che tutto questo fosse "normale"».
Questo pezzo celeberrimo di letteratura dà l'idea di quanto subdolo sia stato il processo che portò, in meno di un decennio, dalle prime leggi razziali locali fino alla macchina dello sterminio "industriale". «Iniziò con i discorsi di odio e di intolleranza, nelle piazze e attraverso i mezzi di comunicazione»: i nazisti non fecero mai mistero del loro antisemitismo. Anzi, ottennero il voto di un terzo dei tedeschi, nelle elezioni del 1932 e 1933, promettendo di separare gli ebrei dagli "ariani" e di privarli di tutti i diritti. La tesi della "pugnalata alla schiena" era diffusa sin dal 1918: non accettando la sconfitta improvvisa e per molti ancora inspiegabile della Grande Guerra, si diffuse, soprattutto fra gli ufficiali, la tesi che l'esercito fosse rimasto vittima di una grande congiura di imboscati, profittatori, industriali e spie, tutti ebrei. Rudolph Hess, prima ancora di Hitler, tornato folle e collerico dal fronte mediorientale, fu uno dei primi a cadere vittima della fascinazione di questa tesi e ne divenne uno dei maggiori diffusori. Hitler, anch'egli reduce, deluso e ferito al fronte occidentale ne rimase subito conquistato. Perché gli ebrei, che avevano perso circa 12mila uomini in guerra (su 100mila arruolati), nei ranghi dell'esercito tedesco, vennero accusati della sconfitta? Perché, secondo il nazionalismo, dal romanticismo in avanti, la nazione si fonda sul sangue e la terra. Dunque gli ebrei erano "corpo estraneo", perché non avevano lo stesso sangue dei tedeschi e "cosmopoliti", perché le loro famiglie non risiedevano solo in terra tedesca. La Rivoluzione Russa, oltre alla sconfitta tedesca, venne considerata come una macchinazione ebraica. Un bel paradosso, considerando che furono i tedeschi ad innescarla, trasportando Lenin in Russia e finanziando la sua attività sovversiva. Ma gli intellettuali tedeschi di allora, e non solo loro, videro nel comunismo, in Karl Marx, una emanazione diretta del giudaismo. Dal 1918 in poi, tutti gli orrori della Russia bolscevica vennero imputati agli ebrei.
«Iniziò con le leggi che distinguevano le persone in base alla "razza" e al colore della pelle»: il nazismo era dichiaratamente razzista. Non era l'unico, nel mondo della scienza e della politica di allora, che prendeva molto sul serio il darwinismo sociale, dunque una teoria dell'evoluzione in cui si considerava normale che gli uomini fossero divisi in "razze" e che la razza superiore potesse e dovesse prevalere su quelle inferiori, come nella selezione naturale delle specie animali. Il nazionalsocialismo fu comunque l'unica ideologia che portò questa idea alle sue estreme conseguenze. Il nazismo identificava nella "razza ebraica" una stirpe inferiore che, prevalendo da usurpatrice nel mondo della cultura, della scienza e della morale, impediva alla razza ariana superiore di prevalere e ottenere il suo giusto primato. Essendo razzista, la dottrina nazista non distingueva fra ebrei amici o nemici: identificava la razza nel suo insieme come nemica.
Gli ebrei avevano subito millenni di persecuzioni in passato, ma, per la prima volta venivano identificati come "razza", non più come comunità religiosa. Quindi anche l'ebreo non praticante, quello convertito al cristianesimo, o anche l'ebreo convinto nazionalista tedesco e l'eroe di guerra, o quello appena nato o troppo piccolo per saper leggere, scrivere e parlare erano tutti indistintamente perseguibili in quanto membri di una "razza". Le Leggi di Norimberga del 1935 identificavano l'ebreo come l'individuo con almeno tre nonni ebrei. I legislatori tedeschi misero dunque mano agli alberi genealogici e tracciarono un confine invalicabile fra ebrei e ariani, oltre ad una zona grigia di "misti", cioè coloro che avevano uno o due nonni ebrei. Si veniva discriminati (poi uccisi) per quel che si era e non per quel che si pensava o faceva. L'Urss aveva fornito, almeno in parte, un modello simile, discriminando o uccidendo, sin dal 1918, gli appartenenti ad una "classe" sociale, identificata e giudicata dal Partito come nemica del popolo. Ma dalla accusa classista era ancora possibile una via di salvezza, aderendo al Partito e collaborando con esso (magari anche contro i propri stessi parenti). Dall'accusa razzista, non c'era salvezza alcuna.
«Iniziò quando la gente smise di preoccuparsene, quando la gente divenne insensibile, obbediente e cieca». La normalizzazione della persecuzione fu data dalla sua graduale legalizzazione. I nazisti non si mossero come un partito rivoluzionario che viola la legge dello Stato, al contrario usarono lo Stato per emettere una nuova legge positiva che permettesse di mettere in pratica la loro ideologia. Per un tedesco di allora, discriminare o cacciare un ebreo, era un dovere. Per una cultura abituata a pensare allo Stato come all'unica fonte del diritto e di conseguenza anche della morale, obbedire era la maggior virtù. La prima legge fu un banale ordinamento locale: la città di Berlino, il 31 marzo 1933, sospese i medici ebrei da tutte le attività di volontariato svolte nella capitale. Una settimana dopo, una prima normativa nazionale, quella del Ripristino del Servizio Civile, ordinava il licenziamento degli ebrei da tutti gli enti pubblici. Il giorno stesso, un'altra legge nazionale vietava agli ebrei di diventare avvocati. A far chiarezza sull'attività normativa antisemita furono soprattutto le Leggi di Norimberga del 1935, che chiarirono definitivamente chi si potesse definire ebreo, quali fossero i requisiti per essere "cittadini" e cosa si dovesse fare per "proteggere l'onore e il sangue" dei tedeschi. L'attività legislativa, sulla falsariga delle Leggi di Norimberga, divenne frenetica soprattutto nel 1938 (l'anno in cui vennero adottate le leggi razziali anche in Italia).
All'inizio del 1939, per legge, un ebreo (o una ebrea) non era già più cittadino, ma suddito, non poteva più: essere naturalizzato tedesco, avere rapporti sessuali con ariani, sposare ariani, esercitare la professione del consulente fiscale, esercitare la professione del veterinario, cambiare il suo nome, commerciare armi, cambiare il nome alla sua azienda, recarsi alle terme, possedere un'azienda, possedere più di 5mila marchi, trasferire liberamente beni a non ebrei, frequentare una scuola pubblica, uscire liberamente dai confini nazionali, possedere piccioni viaggiatori, far valere contratti stipulati con lo Stato, esercitare la professione di ostetrico, possedere oro, argento, diamanti e altri oggetti preziosi, comprare un biglietto alla lotteria. Queste sono le leggi principali, in ordine cronologico, che dal 1935 al 1939 limitarono sempre di più le attività consentite agli ebrei. Fu un assedio, sempre più stretto, effettuato a colpi di leggi e decreti, locali e nazionali. Agli ebrei venne imposto di identificarsi in pubblico, aggiungendo la J (di Jude) al passaporto e aggiungendo il nome Israel (per i maschi) e Sara (per le femmine) al proprio nome.
Quando scoppiò la guerra il terreno (politico e giuridico) era già pronto per lo sterminio, anche se la "soluzione finale" venne proclamata solo nel 1942. -
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IL GREEN PASS E' UN'ARMA LETALE DEL REGIME COMUNISTA CINESE di Leone Grotti
Ieri mattina milioni di cinesi a Pechino si sono svegliati e sono stati assaliti dal panico scoprendo che il loro green pass era bloccato. Né Wechat, né Beijing Tong, né Alipay riportavano traccia del risultato dei tamponi effettuati o dell'avvenuta vaccinazione. Risultato? Impossibile andare al lavoro, prendere i mezzi pubblici, entrare in un negozio o in un bar. Le autorità hanno parlato di un guasto tecnico dovuto al sovraccarico di utilizzo, ma secondo molti residenti si è trattato di un trucco per costringere milioni di persone a sottoporsi a un nuovo tampone.
Il 4 febbraio nella capitale cinese cominciano le Olimpiadi invernali e il governo sta facendo di tutto per mantenere la promessa di organizzare dei Giochi "Covid free". Dal 15 gennaio, sono stati individuati a Pechino 71 contagi e per quanto possano sembrare ininfluenti in una città di 22 milioni di persone, sono un'enormità se rapportati alla strategia "zero Covid" del governo.
L'incidente di stamattina ha in realtà rivelato quanto il Covid abbia fornito il pretesto al regime comunista per assumere un controllo ancora più capillare sulla popolazione. Nelle mani di un governo come quello cinese, infatti, il green pass è uno strumento letale. E a Pechino il Partito comunista ha deciso di sperimentarne tutte le potenzialità.
Da tempo infatti le autorità hanno stabilito che chiunque acquisti in farmacia medicine per tosse, raffreddore, febbre, mal di gola e mal di testa debba essere schedato. Nessuna di queste viene più venduta senza prescrizione del medico curante, necessaria ormai anche per le semplici vitamine. In alcune città, è sufficiente entrare in farmacia per essere tracciato. Gli acquisti e gli ingressi vengono poi associati al green pass dei cittadini attraverso un'app.
A che cosa serve questo sistema di controllo? Lo si è compreso martedì, quando tutti coloro che sono entrati in farmacia nelle precedenti due settimane hanno ricevuto un messaggio sul telefono che imponeva di effettuare «entro 72 ore» un tampone. Chi si fosse rifiutato, avrebbe subito il blocco del green pass «che potrebbe impedirvi di uscire e di vivere normalmente», si poteva leggere nel messaggio.
Il governo di Pechino ha anche messo in lockdown senza alcun preavviso e senza fornire alcuna spiegazione sanitaria intere unità residenziali, specialmente quelle vicine al Villaggio olimpico, obbligando i residenti a restare in casa per giorni e a effettuare numerosi tamponi in quelli successivi. «Se vogliono testare tutti coloro che vivono vicini al Villaggio olimpico prima dei Giochi, posso capire, non mi preoccupa ma vorrei più trasparenza», dichiara un anziano ritrovatosi da un momento all'altro in lockdown all'Associated Press. «Però la nostra comunità è stata chiusa e non ci hanno detto nulla».
Attualmente sei quartieri a Pechino sono in lockdown e ai due milioni di residenti del distretto di Fengtai è stato imposto di sottoporsi a un'altra serie di tamponi di massa. Basterà a far sparire il Covid da Pechino entro febbraio? Difficile, nel frattempo la misura è utilissima per tenere sott'occhio la popolazione in Cina.
Nota di BastaBugie: l'autore del precedente articolo, Leone Grotti, nell'articolo seguente dal titolo "Le vittime di covid in Cina non sono 4.636 ma 1,7 milioni" spiega perché il conteggio dei morti per Covid dichiarato ufficialmente dalla Cina è impossibile dal punto di vista medico, statistico, biologico, politico ed economico.
Ecco l'articolo completo pubblicato su Tempi il 18 gennaio 2022:
Ufficialmente in Cina il Covid ha fatto 4.636 vittime, ma secondo George Calhoun, direttore del programma di Finanza quantitativa presso l'Istituto di tecnologia Stevens, questa cifra è «sottostimata del 17 mila per cento». Il dato reale, o comunque più realistico delle vittime, sarebbe circa 1,7 milioni.
Secondo l'esperto i numeri offerti da Pechino sono «impossibili da un punto di vista medico e statistico». Non solo perché negli ultimi due anni circa, dall'aprile 2020, sarebbero morte appena due persone. Ma anche perché nel 2020, quando i vaccini non erano ancora disponibili, la Cina avrebbe riportato più di 22 mila casi e neanche un decesso.
Se il tasso di mortalità del Covid negli Stati Uniti, per fare un paragone, è di 248 morti per 100 mila abitanti, in Cina è di 0,321, circa 800 volte inferiore. Il Partito comunista attribuisce l'enorme differenza alla sua strategia "zero Covid", che avrebbe messo al sicuro la popolazione dalla recrudescenza del virus. Ma secondo Calhoun, i nuovi approcci statistici per scoprire il reale ammontare di vittime da Covid in tutto il mondo dicono altro.
I MORTI SONO IL 17 MILA PER CENTO IN PIÙ
L'Economist, al pari della Johns Hopkins University degli Stati Uniti e del New York Times, ha infatti sviluppato un modello matematico per calcolare le vittime in eccesso negli ultimi anni rispetto alla media attesa, attribuendo questo «surplus di morti» a casi Covid mai riportati.
Questo metodo non può ovviamente offrire certezze sul reale numero di vittime dovute alla pandemia, ma sicuramente può aiutare ad avere un quadro più realistico, per quanto basato su una stima. Applicando il modello agli Stati Uniti, secondo l'Economist, ne deriva che le vittime sono state sottostimate del 30% circa. Ma se lo stesso modello viene utilizzato con i dati cinesi, ne deriva un errore del 17 mila per cento. A essere cadute vittime del Covid in Cina non sarebbero dunque 4.636 persone, ma «un numero che si avvicina a 1,7 milioni». In Cina, dunque, «sarebbero morte all'incirca il doppio delle persone rispetto agli Stati Uniti».
Secondo l'autore, nel caso della Cina l'errore non è casuale o fisiologico, come per altri paesi, ma «chiaramente intenzionale. I dati sono stati manipolati dalle autorità». La tendenza della Cina a falsificare i dati è nota soprattutto in economia, per quanto riguarda la crescita annuale del Pil. Ma anche i precedenti studi effettuati su Wuhan, l'epicentro della pandemia, portano a pensare che qualcosa non quadra.
Nel febbraio 2021 il British Medical Journal ha analizzato le statistiche sulla mortalità a Wuhan, evidenziando la presenza di 5.954 morti in più in città rispetto allo stesso periodo del 2019, derivanti da «un numero di decessi da polmonite otto volte più alto della media». Essendo la cifra ufficiale delle vittime a Wuhan pari a 3869, si tratta di una differenza del 54%. Ma secondo l'Economist, solo tra gennaio e marzo del 2020 le morti in eccesso sarebbero state 13.400, più del triplo della stima ufficiale per un tasso di mortalità (solo a Wuhan) di 121 decessi per 100 mila abitanti.
PERCHÉ NON CI SONO PIÙ VITTIME DA APRILE 2020?
I dati ufficiali della Cina vorrebbero anche far credere che dallo scoppio della pandemia, al di fuori di Wuhan e della provincia dell'Hubei, il tasso di mortalità è di 124 mila volte inferiore a quello degli Stati Uniti. «Come si può credere inoltre che le vittime si siano fermate improvvisamente l'1 aprile?». Come può il virus essere stato confinato a Wuhan se, come dichiarato dalle stesse autorità cinesi, milioni di persone prima del lockdown se ne sono andate dalla città per raggiungere ogni angolo della Cina? Ecco perché la mortalità cinese dal punto di vista «medico, statistico, biologico, politico ed economico è impossibile».
L'argomentazione di Calhoun, basata sul modello matematico sviluppato dall'Economist, è interessante e verosimile, anche se il numero esatto di vittime resta e resterà sempre un mistero. Soprattutto perché la Cina non ha mai smesso di fornire informazioni fuorvianti sulla pandemia.
Dopo aver accusato l'Italia e gli Stati Uniti di aver dato origine alla pandemia - nonostante la presenza a Wuhan di un mercato dove si faceva commercio di animali potenzialmente pericolosi e di un laboratorio dove venivano condotti esperimenti su pipistrelli e coronavirus - le autorità hanno imposto severissimi lockdown a milioni di persone (20 attualmente) a fronte di una manciata di casi.
Un atteggiamento tanto inspiegabile quanto improbabile è la spiegazione ufficiale del primo caso di variante Omicron individuato a Pechino. Il contagio non sarebbe stato portato dalla vicina Tianjin (dove decine di migliaia di persone sono attualmente in lockdown per il diffondersi di Omicron), città collegata per direttissima a Pechino via treno superveloce, tanto che milioni di cinesi ogni giorno fanno i pendolari per lavorare nella capitale.
No, la pericolosa e contagiosissima variante sarebbe arrivata dal Canada via posta. La persona contagiata, l'unica nella città di 22 milioni di abitanti, avrebbe ricevuto una lettera il 7 gennaio dal Canada ed è sulla busta che si sarebbe annidato il Covid, riscontrato il 14 gennaio. Possibile? Per le autorità sanitarie cinesi è l'unica spiegazione, per il Canada è una assurdità visto che secondo diversi studi il virus non resiste a lungo sulle superfici.
Menzogne, mezze verità, assurdità. Il romanzo del Covid in Cina è costellato di capitoli che non tornano, a partire ovviamente dal primo. Se il conteggio delle vittime effettuato da Calhoun fosse realistico, si comprenderebbe almeno perché il regime è così spaventato da pochi casi (che, evidentemente, pochi non sono) tanto da imporre durissimi lockdown come quello di Xi'an, definito «disumano» da un membro stesso del Partito comunista. Si tratterebbe in ogni caso del fallimento della strategia "zero Covid". Tema ipersensibile nel Dragone, visto che il 4 febbraio nella capitale iniziano le Olimpiadi invernali. Le quali, a detta del regime, sarebbero state Covid free. Ma chi può più fidarsi dei comunicati di Pechino? -
VIDEO: Proteggiamo i bambini ➜ http://soprattuttoliberi.com/wp-content/uploads/2022/01/Video_censurato_quotProteggiamo_i_bambiniquot_vgylin.mp4
TESTO DELL'ARTICOLO ➜ www.bastabugie.it/it/articoli.php?id=6886
NON TI VACCINI, TI AMMALI... TI CURI E GUARISCI di Paolo Gulisano
Andrea Zambrano ha contratto il Covid, ed è guarito. È andato ad aggiungersi a quei milioni di italiani che si sono ammalati e che sono guariti. Ma come, dirà qualcuno? Il Presidente del Consiglio negli scorsi mesi aveva perentoriamente affermato che se si prende il Covid si finisce in terapia intensiva e si muore. Una narrazione a cui purtroppo tantissime persone hanno dato credito, consegnando la propria vita alla paura, nella incerta speranza che dosi ripetute di vaccino possano evitare loro almeno il destino funesto.
Il giornalista reggiano si è permesso di contraddire Draghi nei fatti guarendo perfettamente. Come tante altre persone. Grazie alle cure fatte, come egli stesso ci racconta.
Dalla sua testimonianza, è tuttavia importante rimarcare un aspetto, a beneficio, direi quasi a servizio, di tutti coloro che potrebbero essere chiamati ad affrontare questa malattia.
Andrea è guarito perché ha seguito con assoluta fiducia e costanza le terapie che gli sono state date. C'è da dire che ha avuto modo di incontrare chi ha valutato le sue condizioni cliniche, che ha tenuto di vari fattori anamnestici, e gli ha assegnato di conseguenza un preciso schema terapeutico.
Non tutti i malati hanno questa possibilità: vivono - come mi è capitato spessissimo di sentire raccontare - una condizione di abbandono terapeutico: medici di base irreperibili, in ferie senza essere sostituiti, oppure fermi in modo inossidabile al famigerato protocollo ministeriale: paracetamolo ad oltranza. Magari con la concessione di un saturimetro, strumento che spesso è fonte di ansia e di ulteriori paure, quando non esista una figura medica che aiuti il paziente a valutarne il dato. Così molte persone sono costrette ad un fai da te sanitario, attingendo magari ad internet, o a un "sentito dire" tra conoscenti, che non di rado porta ad errori terapeutici.
Personalmente ho osservato alcuni di questi errori, a cui fa cenno lo stesso Zambrano. Il primo riguarda la durata della terapia. Il paziente comincia ad assumere i farmaci giusti, ne beneficia, e quindi decide autonomamente di sospenderli. "Non avevo più febbre, mi sentivo bene.." mi sono sentito dire, magari dopo che il decorso della malattia aveva avuto una recrudescenza.
Molti pazienti hanno anche una grande, inspiegabile fretta di finire l'assunzione dei farmaci. "Quando posso smettere? Quando comincio a scalare?" e inevitabilmente mi tocca invitare alla pazienza, e a ricordare che il Covid non è un mal di testa o una influenzina che passa dopo qualche pastiglia.
Vedo le persone spaventate dalla lunghezza del decorso. Probabilmente manca una corretta informazione in merito.Il paziente che dopo una settimana continua ad avere sintomi spesso si terrorizza, e comincia a pensare al peggio: al ricovero ospedaliero, alla terapia intensiva. Con il Covid bisogna avere pazienza e costanza. Non bisogna farsi prendere dal panico, non bisogna stare incollati al saturimetro, e soprattutto non bisogna sospendere assolutamente la terapia in corso. Non pochi lo fanno magari per via degli effetti collaterali. È noto che gli antinfiammatori provocano bruciore di stomaco, e in tal senso è importante assumere anche gastroprotettori, ma non può e non deve essere il motivo per smettere la cura, o diminuirla. Così come per altre sintomatologie intestinali che non sono conseguenza dei farmaci, ma dell'azione patogena del virus che provoca anche forme di coliti, attenuabili con l'assunzione di fermenti lattici. Mi capita spesso, di fronte a pazienti perplessi dalla possibilità di effetti collaterali della terapia, dire che il vero problema è la malattia, non la cura.
Se quindi il Covid non deve essere sottovalutato, non si deve pensare di avere vinto la partita dopo i primi segni di miglioramento, non si deve avere fretta di chiudere la questione e nemmeno di fare il tampone che segna la negatività, che può venire nella maggior parte dei casi dopo almeno 15 giorni; infine non bisogna avere paura. La paura è il più forte alleato del virus. Può anche indebolire le difese immunitarie. Per battere la paura occorre il coraggio, e se spesso il malato non riesce a trovarlo in sé, è importante che lo abbiano i suoi cari. I malati di Covid non devono essere lasciati soli, isolati. Il giusto distanziamento di chi se ne prende cura non deve tradursi in allontanamento di una presenza affettiva assolutamente importante e doverosa. Non lo si dimentichi.
Nota di BastaBugie: nel seguente video (durata: 6 minuti) dal titolo "Proteggiamo i bambini" i medici di Ippocrate.org spiegano come mai sia una follia vaccinare i bambini contro il Covid. Da vedere e far vedere.
Clicca sul link sottostante per vedere il video censurato da YouTube:
http://soprattuttoliberi.com/wp-content/uploads/2022/01/Video_censurato_quotProteggiamo_i_bambiniquot_vgylin.mp4
ALLA FINE IL GOVERNO AMMETTE I DANNI DEL VACCINO
Andrea Zambrano nell'articolo seguente dal titolo "Reazioni avverse, ok a indennizzi. I drammi ignorati" parla del via libera al fondo da 150 milioni da parte del Governo per indennizzare le reazioni avverse dei vaccinati non obbligati. Vediamo alcune storie concrete di chi ha avuto danni da vaccino.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 22 gennaio 2022:
Per le tante vittime da vaccino è uno spiraglio di luce dopo mesi passati a brancolare nel buio. Nel Decreto Sostegni il Governo ha approvato un fondo da 150 milioni per garantire un indennizzo anche a chi ha ricevuto reazioni avverse gravi e permanenti, ma non era soggetto ad obbligo vaccinale. In sostanza: chiunque abbia riportato lesioni o infermità con menomazioni permanenti dell'integrità psico-fisica a causa della vaccinazione anti-Covid potrà avviare l'iter di risarcimento che seguirà gli stessi canali dei soggetti vaccinati con obbligo. [...]
Il fondo stanziato non è certo enorme, ma quello che è importante è aver stabilito il principio della reazione avversa da vaccino.
Il problema adesso, però, sarà il riconoscere la correlazione sui tanti episodi che si stanno verificando nel silenzio di buona parte della stampa. Come la Bussola ha raccontato, seguendo da vicino i primi passi del Comitato Ascoltami, sono tantissime le tipologie di reazioni avverse che spesso non vengono nemmeno riconosciute né curate.
Con l'istituzione del fondo partiranno, c'è da immaginarselo, migliaia di richieste di indennizzo che andranno ad intasare il lavoro delle commissioni medico-legali delle Asl chiamate a giudicare la correlazione di un danno col vaccino. Sarà interessante capire quali e quante reazioni verranno considerate e quali e quante invece verranno non ritenute correlate o permanenti.
Quel che è certo è che continuano ad essere moltissime le testimonianze di persone che hanno accusato una lesione grave subito dopo il vaccino.
Testimonianze drammatiche di persone fino al vaccino completamente sane e che dopo l'inoculo hanno avuto la vita sconvolta e spesso sono state ad un passo dalla morte.
Come il caso di Rocco Stamato, della provincia di Cosenza, che deve convivere con una miocardite che lo costringerà per i prossimi sei mesi a dover stare completamente a riposo. A raccontare la sua storia è la madre Anna, che si è rivolta al Comitato Ascoltami e che alla Bussola delinea le coordinate di un vero e proprio calvario: «Mio figlio ha 17 anni ed è stato costretto a fare il vaccino per poter utilizzare l'autobus per andare a scuola e per poter lavorare in un bar - dice. Ma 8 giorni dopo il vaccino Moderna ha accusato un dolore al petto. Portato al pronto soccorso, è stato ricoverato d'urgenza ed è stato a un passo dalla morte. I dottori ci hanno detto che se avessimo tardato cinque minuti non ce l'avrebbe fatta».
«Rocco è stato in terapia intensiva per diversi giorni e lì ha trascorso le vacanze di Natale. I valori della troponina altissimi hanno evidenziato un'infiammazione del miocardio».
Ma anche durante il ricovero, per i dottori era tabù parlare di vaccino: «Quando ponevo il tema del vaccino - prosegue - si arrabbiavano. Solo alle dimissioni di Rocco, la cardiologa mi ha detto: "Signora, è quello che pensa lei. Ho già fatto la segnalazione all'Aifa"».
Oggi la vita di Rocco, un ragazzo alto un metro e 80 con la passione per le moto da cross e sempre attivo, è quella di un invalido: «Non può fare nessun tipo di sforzo - ci racconta la madre. La scuola gli sta attivando la Dad perché non può nemmeno salire in auto, ovviamente deve rinunciare a tutto: sport, uscite, lavoro e tutto ciò che per un ragazzo della sua età è indispensabile per una vita di relazione. Deve prendere sei Aspirinette al giorno e un farmaco per il cuore mentre nella carta di dimissioni c'è scritto: "Paziente grave non ancora guarito: sospetto vaccino Moderna"».
Guarirà? I genitori, anche loro fortemente provati psicologicamente, sperano di sì, ma tutto dipenderà dalle prossime risonanze magnetiche che dovranno escludere danni permanenti al cuore.
Di mamme e papà coraggio che affrontano con dignità e senza strepiti la vita sconvolta dei loro figli, però, ce ne sono tanti. È una storia di dolore e incertezza anche quella che arriva da Perugia dove Michele Sigali, 37 anni, ha dovuto fare i conti con 3 crisi epilettiche subito dopo il vaccino.
A raccontare la sua storia alla Bussola è il padre Redento: «Mio figlio ha avuto la prima crisi epilettica in agosto, una settimana dopo la prima dose. La compagna l'ha portato al pronto soccorso, aveva perso conoscenza e si è tagliato la lingua. In settembre è comparsa la seconda crisi: l'ambulanza è arrivata celermente e l'hanno portato in ospedale dove, durante il ricovero, ha avuto il terzo episodio». -
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CLAMOROSA SENTENZA DEL TAR RIABILITA LE CURE DOMICILIARI (QUINDI IL GOVERNO HA SBAGLIATO)
Annullata la circolare del ministro Speranza che imponeva ai medici di base ''tachipirina e vigile attesa'' (così i governi Conte e Draghi, ma anche Aifa e Ordine dei medici sono responsabili di migliaia di morti)
di Paolo Gulisano
La notizia che la Sezione Quater del Tar del Lazio ha accolto il ricorso presentato da alcuni medici di medicina generale e medici specialisti contro il Ministero della Salute, al fine di ottenere l'annullamento della circolare ministeriale relativa alle Gestione dei pazienti Covid-19, ha subito suscitato diverse reazioni. La prima è stata di soddisfazione, perché finalmente viene riconosciuta ai medici che agiscono secondo scienza e coscienza (una minoranza, ma ci sono) di potere finalmente utilizzare tutte le possibilità terapeutiche offerte dalla Farmacologia. La seconda è stata di speranza e fiducia, perché significa che in Italia esiste ancora uno Stato di Diritto, benché sotto attacco e sottoposto a limitazioni.
Ma la terza reazione è stata di rabbia: la rabbia di tante famiglie che hanno perso i loro cari in quanto non curati, in quanto lasciati in uno stato di abbandono terapeutico, giorni e giorni a tachipirina, in attesa che si scatenasse la tempesta citochinica, in attesa di finire in ospedale in condizioni gravissime, molto spesso difficilmente recuperabili. Una rabbia giustificata, ma che da oggi si deve trasformare in indignazione, in richiesta di giustizia.
BOCCIATE TACHIPIRINA E VIGILE ATTESA
La sentenza del TAR annulla ufficialmente la circolare del Ministero aggiornata al 26 aprile 2021, poiché le disposizioni dell'Aifa e del ministero impediscono il lavoro del medico e l'utilizzo di terapie alternative. Infatti la paternità della circolare è sì da attribuire al Ministro Speranza, che in un Paese civile andrebbe ora immediatamente dimissionato, ma anche all'Aifa, che fornì al Ministro le indicazioni per elaborare la vergognosa circolare ministeriale che imponeva ai medici di somministrare ai malati il solo paracetamolo e restare poi in "attesa". Migliaia di pazienti poi hanno subito questa attesa in una modalità che è perfino andata oltre - in senso peggiorativo - alle indicazioni ministeriali. Per "vigile attesa" infatti il Ministero intendeva un "costante monitoraggio dei parametri vitali e delle condizioni cliniche del paziente". Ovvero, si intendeva che il paziente fosse visitato, e non solo per telefono.
Chi ha beneficiato di una visita medica? Chi si è visto auscultare il torace, prendere la pressione, controllare i parametri vitali? Molto pochi. Da questo punto di vista, molti medici di base che hanno interpretato la circolare come una forma di dispensa dai propri doveri, con il loro comportamento si sono posti in contrasto con l'attività professionale così come demandata al medico nei termini indicati dalla scienza e dalla deontologia professionale. Una deontologia che ora dovrà essere rispettata, non solo nei confronti dei pazienti, ma anche dei colleghi. Ci sono stati e purtroppo ci sono ancora dei medici, un tempo detti della mutua, un termine che calza loro perfettamente, che si sono divertiti ad insultare, ad offendere, ad attaccare sulla Rete quei colleghi impegnati con tutte le loro forze nel curare gli ammalati attraverso le cure domiciliari. Ora non potranno più vomitare il loro odio su Facebook, perché giustamente potranno essere sanzionati per il reato di diffamazione. I giudici del Tar hanno sentenziato "l'onere imprescindibile" dei medici di agire secondo scienza e coscienza" secondo la propria professionalità e titolo specifico acquisito.
LA SCIAGURATA CIRCOLARE MINISTERIALE
Questa sentenza del TAR rappresenta, come dicevamo, un atto di riparazione nei confronti della Medicina e anche del Diritto. È stato ritenuto che il contenuto della sciagurata circolare ministeriale si ponesse in contrasto con l'attività professionale dei medici. Un vero e proprio ostacolo, un impedimento all'opera di chi cercava di salvare vite umane. È stato osservato che le "linee guida" della circolare, come ammesso dalla stessa difesa del Ministero della Salute, "costituiscono mere esimenti in favore del medico in caso di eventi sfavorevoli riguardanti il paziente". In parole più semplici: sono una copertura legale nei confronti dei medici di base. Attieniti a questi protocolli, e non potrai essere giudicato in caso di danni o di morte del paziente.
Una orribile pagina della cosiddetta "medicina difensiva". Un atteggiamento a dir poco pilatesco, assolutamente indifferente alla sorte del paziente. Una posizione di basso leguleismo, dimentico che è onore e onere imprescindibile di ogni sanitario agire secondo scienza e coscienza, assumendosi la responsabilità circa l'esito della terapia prescritta quale conseguenza della professionalità e del titolo specialistico acquisito.
La prescrizione dell'AIFA, come mutuata dal Ministero della Salute - osservano i giudici del TAR - «contrasta con la richiesta professionalità del medico e con la sua deontologia professionale, imponendo, anzi impedendo l'utilizzo di terapie da questi ultimi eventualmente ritenute idonee ed efficaci al contrasto con la malattia COVID 19 come avviene per ogni attività terapeutica". Una vera e propria aberrazione legale ed etica, a cui ora è stata messa la parola fine. Ed ora i medici di base non hanno più alcun alibi: curate questa malattia e mettiamo fine all'epidemia.
Nota di BastaBugie: Andrea Zambrano nell'articolo seguente dal titolo "Pazienti abbandonati e medici condizionati: tanti potevano salvarsi" intervista Erich Grimaldi, avvocato fondatore del Comitato per le Terapie domiciliari. Che accusa Speranza, ma anche Aifa e Ordine dei medici.
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 18 gennaio 2022:
«Non solo Speranza. La vigile attesa è stata avallata dall'ordine dei medici e dall'Aifa. Senza la vigile attesa avremmo avuto molti meno morti».
Il giorno dopo la sentenza del Tar del Lazio, che annulla la circolare del Ministero della Salute del 26 aprile 2021 sulla gestione domiciliare dei pazienti con infezione da Sars CoV2, per Erich Grimaldi non è il tempo dell'esultanza, ma dell'azione: l'attività del Comitato per le cure domiciliari prosegue con una marcata «azione politica» che parte anzitutto dal fatto che questo è «diventato un movimento a tutti gli effetti».
Ma dietro c'è anche la revisione delle linee guida tenendo conto delle indicazioni del Senato. «Indicazioni colpevolmente disattese da Speranza», rimarca alla Bussola Grimaldi, vero padre del successo al Tar (con lui la collega Valentina Piraino del Foro di Roma) che sancisce per la prima volta che sulla gestione di un aspetto decisivo della pandemia, il Governo di Draghi e prim'ancora di Conte, hanno sbagliato sotto l'aspetto delle cure.
Grimaldi, ora tutti se la prendono con Speranza...
Resta il responsabile numero uno, ma tutto quello che è fatto dal Ministero è stato avallato dall'Ordine nei medici. Oggi mi fa ridere Anelli (Filippo, presidente della Federazione Nazionale Ordini dei Medici ndr), che minimizza la sentenza dicendo che la libertà prescrittiva dei medici non è mai venuta meno.
E invece?
E invece i medici sono stati impediti nello svolgimento di una cura domiciliare proprio perché anche l'Ordine ha contrastato il concetto di cura domiciliare precoce, limitandosi alla vigilante attesa, con i danni che abbiamo visto. Chiunque può constatarlo.
La notizia è di oggi: un medico di Salerno ha curato 3000 pazienti andando a visitarli personalmente a casa. Nessuno è morto, ma ora subirà un procedimento dell'Ordine della sua città per aver trasgredito la circolare ministeriale. Rischia la sospensione.
Non mi dice nulla di nuovo. Se abbiamo ordini che si schierano contro questa esperienza di fatto non cambierà niente perché non daranno indicazioni agli iscritti. Se poi si mettono a fare la guerra a chi cura personalmente, allora...
Anche Aifa, però è stata latente...
Altroché. Così come il Cts, cui Speranza ha demandato la paternità della circolare. Ma non è vero: è stata licenziata dal dipartimento di prevenzione che è in capo a lui.
Perché è importante questa sentenza?
Perché il Tar ha stabilito che non puoi condizionare i medici di medicina generale dando linee guida così stringenti dove sono più le indicazioni delle cose da non fare rispetto a quella da fare. No antibiotico, no cortisone, no eparina. È il medico che decide quando e come questi farmaci devono entrare in campo. Queste sono state le premesse per decretare un vero e proprio abbandono terapeutico.
Non è un po' esagerato?
Affatto. Di fronte alle linee il medico aveva due strade: o discostarsene e intervenire, col rischio di finire sotto procedimento come il caso che avete appena citato, o attenersi alla vigilante attesa anche in presenza di sintomi.
...E la Tachipirina...
Non è tanto il problema del paracetamolo, che pur riduce le scorte di glutatione, ma il fatto che si è scelto di attendere quando invece tutti i medici che non hanno mai stesso di curare dicevano che bisogna fare l'opposto, cioè intervenire decisamente con farmaci in grado di fermare l'infiammazione sul nascere.
Quali?
Questo sta alla valutazione in scienza e coscienza del medico.
Quindi i medici, in sostanza, hanno sposato la vigilante attesa per evitare guai?
Esattamente.
Il Ministero ha detto che si opporrà alla sentenza.
Non mi preoccupa. Lo diffiderò tenendo presente l'ordine del giorno approvato in Senato. -
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DJOKOVIC, CAPRO ESPIATORIO DEL REGIME di Eugenio Capozzi
L'espulsione che ha concluso il braccio di ferro tra Novak Djokovic e le istituzioni australiane è la più eloquente dimostrazione di come la strumentalizzazione della paura del Covid abbia prodotto in alcune parti dell'Occidente una regressione autoritaria senza precedenti. Da questo punto di vista l'Australia forse rappresenta il caso che, pur con caratteristiche sue proprie, più si avvicina al regime emergenzialista oggi al potere in Italia.
Il tennista serbo - che aveva ottenuto dagli organizzatori degli Australian Open un'esenzione dall'obbligo di vaccinazione imposto per partecipare al torneo, in quanto recentemente guarito dal virus - si è visto rifiutare il visto dal governo con motivazioni pretestuose ed è stato trattato da esso quasi come un delinquente. Dopo averlo tenuto in stato di fermo in una struttura destinata alle quarantene, l'esecutivo ha ignorato il reiterato pronunciamento di un tribunale dello stato di Victoria a favore della regolarità del comportamento di Djokovic e ha confermato l'obbligo di espatrio. Un "cartellino rosso" dovuto, secondo quanto ha dichiarato il ministro per l'Immigrazione Hawke, a "motivi di salute e ordine pubblico", cioè non al fatto che l'atleta violasse le leggi vigenti, ma a ragioni politiche. In pratica il governo australiano considera le opinioni del serbo sui vaccini pericolose, in quanto avrebbero potuto rafforzare nel Paese un movimento di resistenza alle politiche sanitarie in atto.
IL GOVERNO AUSTRALIANO IGNORA LE LEGGI
Insomma Djokovic è stato espulso, passando sopra le leggi e il diritto, in quanto considerato "nemico del popolo". E la Corte federale non ha potuto fare altro che prendere atto della decisione, in un ordinamento in cui il ministero dell'immigrazione detiene praticamente poteri incontrastati, vista la politica severissima di respingimenti dei migranti irregolari: aspetto, quest'ultimo, oggi dimenticato da tanti nostrani "progressisti" che esultano per la cacciata del serbo in ossequio alla retorica ultravax "pandemicamente corretta".
L'atto di forza parossistico di Hawke e del premier Morrison, che crea un enorme danno economico all'industria sportiva del Paese e squalifica irrimediabilmente un torneo Atp ormai falsato, rappresenta la vera e propria apoteosi dell'atteggiamento isterico tenuto dall'Australia rispetto al virus negli ultimi due anni: chiusura totale dei confini nell'illusione folle del "zero Covid", lockdown scriteriati e socio-economicamente catastrofici per pochissimi casi positivi, e infine una campagna vaccinale declinata, come in Italia, con toni drammatici come se fosse l'unica salvezza contro una pestilenza apocalittica, e condita, come in Italia, dalla demonizzazione di chi non intende farsi somministrare il trattamento, e dalla loro esclusione da alcune attività sociali (non comunque così estesa e ricattatoria come quella perseguita dal governo italiano). Il tutto con risultati del tutto negativi sul piano sanitario, visto che con il 90% della popolazione adulta vaccinata nell'ultimo mese i contagi sono cresciuti di quasi 20 volte e i decessi di quasi 10 volte.
Ora l'escamotage concordato da Djokovic per la partecipazione al torneo Atp è arrivato, per l'esecutivo federale australiano, come il "cacio sui maccheroni". Il campione serbo è stato cinicamente utilizzato come bersaglio su cui indirizzare la rabbia e la frustrazione di tanti cittadini, distraendoli dalle decisioni folli dell'esecutivo stesso: spingendo all'inverosimile sulla retorica - anche in Italia utilizzata continuamente da governo, Cts e propaganda mediatica - dei "sacrifici" da difendere (questa l'argomentazione di Morrison) contro i "privilegiati" come Novak che pretenderebbero di essere "al di sopra delle regole".
UNA GRATIFICAZIONE PER LE MASSE FRUSTRATE
Una retorica fatta apposta per dare gratificazione a masse profondamente frustrate, che in questo modo si sentono apprezzate, riconosciute all'interno del "sistema", e concentrandosi sull'odio verso il capro espiatorio scelto dal potere - tanto più odiato in quanto ricco e potente - dimenticano i danni, le umiliazioni, l'espropriazione dei loro diritti fondamentali subìti ad opera di quel potere in nome di una "emergenza pandemica" usata solo per consolidare se stesso. Un meccanismo che in Italia vediamo usato continuamente non solo con le accuse di comportamenti irresponsabili e antisociali nei confronti dei "no vax" e di chiunque osi muovere critiche alle politiche di segregazione e discriminazione poste innatto dal governo Draghi, ma anche con la continua ricerca di "furbi" da additare al pubblico ludibrio, che, appunto, secondo questa narrazione rendono inutili i "sacrifici" fatto dai cittadini obbedienti.
Insomma Djokovic è stato per il regime emergenziale australiano il capro espiatorio per eccellenza all'interno di una categoria di persone già additate a pubblici untori. Ma ad un prezzo molto alto: quello di esporre l'Australia agli occhi del mondo intero come un Paese che tratta gli stranieri - e stranieri che sono una risorsa anche per la sua economia - con autoritarismo e prepotenza. Una simile forzatura danneggerà sicuramente la sua immagine e la sue economia nel futuro. Per il momento, però consolida la presa sull'opinione pubblica del suo governo. Che, come molti altri drogati di emergenzialismo, sembra non vedere oltre il giorno presente, chiuso in un atteggiamento da "dopo di noi il diluvio". -
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IL CO-FONDATORE DI WIKIPEDIA NE DENUNCIA LA DERIVA (ORMAI EVIDENTE DOPO COVID E TRUMP) di Michael Sfaradi
Alcuni mesi fa Freddie Sayers della UnHerd Tv ha intervistato Larry Sanger, il co-fondatore di Wikipedia e, nonostante i temi affrontati siano più che mai di attualità, tutto è passato in sordina... niente di ciò che è stato detto ha avuto l'eco che meritava, nonostante Sanger abbia avvertito che non ci si può più fidare del sito web da lui ideato, insistendo sull'evidenza che ora il portale fa solo "propaganda" per l'"establishment" di sinistra. Questo forse, ma chi scrive ha pochissimi dubbi, è il motivo per il quale le parole di Sanger sono state un po' in tutto il mondo "urla nel silenzio" perché secondo alcuni chi non si allinea è destinato all'oblio.
Rispondendo alle domande, Sanger ha raccontato di aver ideato e iniziato l'enciclopedia delle opinioni nel 2001 con l'idea di base che avrebbe dovuto offrire neutralità e più punti di vista, in particolare sulle questioni scottanti. Ma se si considera che le voci conservatrici vengono costantemente e severamente avvertite, se non espulse, quando cercano di aggiungere una visione diversa dalle opinioni dell'establishment, tutto diventa ormai solo pura propaganda. "Non si può citare Fox News su questioni socio-politiche, è proprio vietato. E questo significa che se una controversia non appare nei principali media di centrosinistra non apparirà su Wikipedia. Ora ci si può affidare al sito solo per ‘dare un punto di vista dell'establishment' piuttosto che sulla vasta gamma di opinioni. Esattamente il contrario di quello che, almeno all'inizio, si voleva dare".
Ma Sanger come un vero fiume in piena ha insistito sull'apparente repressione delle voci conservatrici e sul punto che se viene consentita solo una versione dei fatti si dà un enorme incentivo alle persone ricche e potenti a prendere il controllo di cose come Wikipedia al fine di rafforzare il loro potere. "Cosa che già stanno facendo - ha continuato - c'è un gioco molto grande, brutto e complesso che viene giocato dietro le quinte per far dire agli articoli pubblicati ciò che qualcuno vuole che sia detto", e ha affermato inoltre che ci sono "tutti i tipi di trucchi che queste persone possono giocare per vincere, incluso l'uso di società di pubbliche relazioni dedicate per influenzare l'opinione pubblica".
Citando la voce relativa al presidente Biden, il co-fondatore di Wikipedia ha osservato il poco rispetto alle preoccupazioni che i repubblicani hanno avuto su di lui e che, di fatto, se si vuole conoscere qualcosa che assomigli lontanamente al punto di vista repubblicano su Biden non lo si potrà mai ottenere su quel sito. "Ha notato che c'era solo un breve paragrafo sullo ‘scandalo Ucraina', che coinvolge il figlio del presidente, nonostante l'indignazione politica che ha creato. Si può trovare molto poco di questo su Wikipedia, e quel poco è estremamente parziale", ha evidenziato citando uno dei tanti punti che sono come cartina di tornasole della situazione nell'informazione.
Poi, passando dalla politica all'attualità più stretta, Larry Sanger ha osservato che nella copertura al Covid-19, Wikipedia riflette solo e unicamente il dottor Anthony Fauci e i gruppi sanitari del governo, di fatto i portavoce dell'establishment, mentre le opinioni di molti vincitori di premi Nobel e dottori illustri non solo non sono benvenute, ma letteralmente censurate. E questo vale anche per YouTube, Facebook e Twitter quando si contraddice la narrativa ufficiale. Come scrivevo in apertura questa intervista non ha avuto l'eco che meritava, e neanche risposte o prese di posizione da parte di coloro che erano nel mirino delle parole di Larry Sanger, e questo, sicuramente, per non alimentare la polemica e non dare modo di far circolare l'intervista.
Qualcuno di quelli ancora non addormentati dalla propaganda avrebbe potuto porre domande scottanti o chiedere le prove che Sanger è impazzito, e, a quel punto, dare una risposta sarebbe stato imbarazzante nel migliore dei casi e pericoloso nel peggiore. Difficile però dargli torto considerando che nel gennaio scorso Twitter ha staccato la spina e ha chiuso per sempre l'account dell'ex Presidente Usa Donald Trump, accusandolo di aver ripetutamente violato le regole incitando il suo popolo alla violenza, mentre gli account di diverse organizzazioni terroristiche come ad esempio Hamas che, anche se era stato oscurato nel novembre del 2019, ha fatto nuova iscrizione a gennaio 2020 e dopo due anni è ancora in linea.
Nota di BastaBugie: Eugenio Capozzi nell'articolo seguente dal titolo "Il network di Trump, sfida al monopolio progressista" spiega come Trump, bannato a vita dai grandi social network, sta varando il suo. Non sarà un'impresa facile, ma ha già un potenziale bacino di utenti immenso.
Se vuoi essere in prima fila nel varo del nuovo social iscriviti a Truth Social:
https://truthsocial.com
Ecco l'articolo completo pubblicato su La Nuova Bussola Quotidiana il 26-10-2021:
La notizia era stata anticipata da tempo, ma ora pare essere effettivamente in via di realizzazione: Donald Trump annuncia che sta per lanciare una sua piattaforma di comunicazione, in concorrenza con i colossi di Silicon Valley, chiamata significativamente e polemicamente "Truth Social". L'ex presidente statunitense ha dichiarato, nel battagliero annuncio della sua nuova impresa, che il nascente network è concepito per resistere alla "tirannia delle Big Tech", e "cancellare la cancel culture".
L'annuncio è stato accolto con notevole interesse dagli investitori finanziari, che hanno fatto impennare in borsa le azioni della DWA, società destinata a raccogliere fondi per l'operazione che dovrebbe fungere da base al progetto trumpiano. Sono però emersi, al contempo, problemi di copyright potenzialmente molto seri, in quanto la Trump Media & Technology Group è stata accusata di aver copiato, senza citarlo esplicitamente, un software open access tedesco, Mastodon, e, se non fornisse assicurazioni in proposito, tutta la piattaforma potrebbe essere bloccata. Quindi al momento non è possibile avventurarsi in previsioni sulle possibilità di successo dell'audace progetto trumpiano; anche se è facile immaginare che, quand'anche riuscisse a prendere il via, non avrà vita facile, e i suoi avversari porranno ad esso innumerevoli ostacoli.
Ma il punto non è questo, né è solo quello della sorte politica e mediatica dell'ex presidente. In realtà la sua vicenda personale, che trova nella creazione di Truth Social un nuovo sviluppo, pone in evidenza un elemento fondamentale nell'assetto politico, istituzionale e culturale delle democrazie occidentali nel loro complesso. Il fatto che un presidente degli Stati Uniti sia stato censurato e cancellato da tutte le principali fonti del dibattito pubblico nel suo Paese e a livello globale, ormai indissolubilmente legato ai social media, è un avvenimento enorme ed inusitato, ma soprattutto è la punta di un iceberg sconfinato: lo snaturamento totale della libertà di espressione e del pluralismo in società cresciute per secoli intorno all'idea della necessità di una dialettica anche aspra come necessario humus dei diritti civili e politici.
Da decenni ormai l'Occidente assiste infatti alla progressiva, apparentemente irrefrenabile affermazione di un'ideologia "politicalcorrettista" che si sostanzia in una aggressiva forma di censura, delegittimazione, demonizzazione di parole, idee, opinioni ritenute offensivi, discriminatori, portatori di "odio": sanzioni decretate da una autonominata "giuria" di intellettuali, politici, operatori dei media mainstream. Un'esclusione arbitraria, unilaterale delle voci "eretiche" dal dibattito pubblico che parte dai college universitari, e si estende a tutti rami della cultura, incluso l'intrattenimento, fino ad influenzare pesantemente la politica, accordando presentabilità e accesso soltanto ad alcuni soggetti - generalmente gli esponenti del progressismo che ha sposato il relativismo "diversitario".
Ma - ciò che se possibile è ancor più grave - tale nuova "inquisizione" si è imposta parallelamente ad un altro processo che ha condotto a crescenti limitazioni della libertà di espressione e del pluralismo: la vertiginosa concentrazione dei mass media all'interno di enormi oligopoli, o in qualche caso monopoli di fatto, avvenuta con la digitalizzazione della comunicazione, e soprattutto con il dominio dei social network. I due fenomeni nell'Occidente globalizzato si sono andati connettendo sempre più strettamente, diventando in pratica interdipendenti. Infatti la nuova ultra-borghesia dei magnati hi tech, formatasi quasi tutta biograficamente e culturalmente proprio nell'ideologia del progressismo relativista, ha abbracciato fisiologicamente i principi della "correttezza politica". O, se non lo ha fatto spontaneamente, lo ha fatto per interesse: in primo luogo perché ha fiutato che le conveniva diventare espressione dell'establishment socio-politico-culturale occidentale per averne in cambio favori; in secondo luogo perché, per ragionamento o per istinto, essa è in realtà ostile al pluralismo, e favorevole ad un modello di società paternalistico, verticistico, dirigistico, in qualche modo affine a quello incarnato oggi dal regime cinese, in cui i suoi monopoli/oligopoli possono trovare un ambiente particolarmente adatto, e le tecnologie da essa elaborate possono fungere da infallibile strumento di controllo e sorveglianza collettiva.
Il risultato di questo ferale abbraccio è stata la drastica riduzione della possibilità di mantenere vivo nelle democrazie occidentali un confronto senza sconti tra tesi, opinioni, "narrazioni" alternative sul piano dei principi etico-politici: sostituito quasi sempre ormai da un sostanziale unanimismo, a cui corrisponde una - Mostrar mais