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Si respirava l'aspettativa di una manifestazione divina imminente e decisiva a favore di Israele. Ma dove e come scoprirla? Ecco il motivo della domanda che i farisei fanno a Gesù: “Quando verrà il regno di Dio?” Il maestro cominciò il suo annuncio della buona novella proclamando apertamente la presenza del regno di Dio nella sua persona e nella sua opera; questo era il motivo dell'urgenza: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo”. I segni del Regno che gli chiedevano, quali sono? Gesù rispose: “Il regno di Dio non verrà in modo da attirare l'attenzione, e nessuno dirà: eccolo qui o eccolo là”. Il regno di Dio è certamente dentro coloro che compiono la volontà del Padre, perché questa è la strada che porta alla realizzazione del suo regno, come insegnò Gesù nel “Padre nostro”. Parimenti i discepoli non dovranno correre dietro le varie e false voci che ne localizzano la venuta. “Non andateci, non seguiteli”. Questo avvertimento di Gesù ci mette in guardia da una certa impazienza nel voler discernere subito ciò che invece ha bisogno di un cammino di fede e di prova. Tanto più che questa venuta sarà folgorante, “come il lampo, guizzando, brilla da un capo all'altro del cielo, così sarà il Figlio dell'uomo nel suo giorno”. Egli verrà risplendente di gloria, nel giorno definitivo, ma l'attesa non è immediata. Gesù così vuole far nascere nel cuore di ogni credente il desiderio di “vedere anche un solo dei giorni del Figlio dell'uomo” per prepararlo all'incontro finale. La “gloria del Figlio dell'uomo” sarà anche preceduta dalla sua sofferenza mortale. “Prima è necessario che egli soffra molto e venga ripudiato da questa generazione”. Il discepolo deve accogliere il suo Signore innanzi tutto nella sua realtà di Crocifisso sofferente e rifiutato. Questo è il segno del suo regno d'amore che si trasforma in risurrezione.
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In quel tempo, i farisei domandarono a Gesù: «Quando verrà il regno di Dio?». Egli rispose loro: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l'attenzione, e nessuno dirà: "Eccolo qui", oppure: "Eccolo là". Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!».
Disse poi ai discepoli: «Verranno giorni in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell'uomo, ma non lo vedrete. Vi diranno: "Eccolo là", oppure: "Eccolo qui"; non andateci, non seguiteli. Perché come la folgore, guizzando, brilla da un capo all'altro del cielo, così sarà il Figlio dell'uomo nel suo giorno. Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga rifiutato da questa generazione». -
Estão a faltar episódios?
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L'annotazione dell'evangelista coglie Gesù “durante il viaggio verso Gerusalemme, attraverso la Samaria e la Galilea”. Egli si sta avvicinando alla città santa, perché lì darà testimonianza di sé, come Messia-Salvatore. La guarigione stessa dei lebbrosi va in quella direzione. Infatti Luca pone l'attenzione sui dati teologici più che su quelli geografici. I Samaritani erano un popolo di origine etnica composita, formato da israeliti e da colonizzatori, mandati dagli Assìri, e questa mancanza di purità provocava il disprezzo reciproco delle due etnie. Non è fuori posto leggerci ora l'attuale situazione nella zona. Naturalmente per questi malati la sventura accomunava il bisogno di guarigione più che le sottigliezze della provenienza legale. “Gli vennero incontro dieci lebbrosi i quali, fermatisi a distanza, alzarono la voce, dicendo: “Gesù maestro, abbi pietà di noi”. Gesù ascolta e guarisce tutti, senza distinzione, anzi, a tutti impone la verifica della guarigione, richiesta dalla Legge, “andate a presentarvi ai sacerdoti”. Ma proprio qui si ripresenta la distinzione. Soltanto uno, e proprio il samaritano, l'escluso dal popolo di Dio, tornò indietro, attestando a gran voce che Dio gli ha usato misericordia. “E Gesù disse: “non sono stati mondati tutti e dieci? E i nove dove sono?” Quanti doni riceviamo. Quante grazie otteniamo dal Signore. Diamone la gloria a Dio ringraziandolo con tutto il cuore... Tra tutte quelle voci brutte del mondo di oggi magari la nostra sarà proprio quella che rende Gloria a Dio.
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Lungo il cammino verso Gerusalemme, Gesù attraversava la Samarìa e la Galilea.
Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati.
Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano.
Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all'infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va'; la tua fede ti ha salvato!». -
La similitudine a cui Gesù ricorre per spiegare ai discepoli la loro situazione davanti a Dio, quando hanno compiuto il loro dovere, era conosciuta dai suoi ascoltatori e non suscitava quella meraviglia che oggi produce in noi. Le cose stavano così, e nessuno le contestava o le metteva in dubbio. “Si riterrà obbligato verso il suo servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?”. Questo insegnamento di Gesù contiene una critica verso la mentalità di chi ritiene che le opere buone compiute, come l'osservanza della Legge, costituirebbero dei diritti dinanzi a Dio, con il quale si instaurerebbe un rapporto da pari. “Anche voi, quando avete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: siamo servi inutili, abbiamo fatto quanto dovevamo fare”. In un tempo come il nostro, nel quale l'esaltazione di ogni diritto sembra essere l'unico stile di esercitare la propria dignità umana, è molto importante ricordarci che dinanzi a Dio noi continuiamo a essere i poveri servi. Questa definizione che Gesù ci ha dato, definizione che egli visse fino alla consumazione di se stesso dinanzi a Dio, non la dobbiamo affatto considerare umiliante per noi. Noi siamo veramente suoi. E' dunque giusto che, comportandoci come suoi, noi lo serviamo con amore in quel progetto che egli ha preparato per noi. L'autentico discepolo di Cristo, che venne per servire e non essere servito, sa molto bene di chi si è fidato e in quale mani generose sta la sua ricompensa. E' ciò che diceva l'apostolo Paolo al termine della sua vita, dedicata interamente al Vangelo. Gesù disse anche che chi vuole essere il primo diventi l'ultimo e il servo di tutti. Il nostro maggior titolo di gloria consisterà nell'essere diligenti servitori di Dio e dei fratelli. Facciamoci oggi questo proposito... e magari non verso gli "amici" ma verso "i lontani"...
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In quel tempo, Gesù disse:
«Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, strìngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?
Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”». -
La pagina evangelica di oggi si articola intorno a tre argomenti messi insieme in un passaggio in crescendo: lo scandalo, il perdono e la fede. Il primo argomento verte sulla gravità dello scandalo, cioè di qualsiasi ostacolo che venga messo sul cammino dei 'semplici' e che rischia di distoglierli dal seguire fedelmente Gesù. Egli ne proclama l'inevitabilità, ma grave la responsabilità di chi provoca la perdita della fede. Nel caso deprecabile che a rimanere scandalizzato sia “uno di questi piccoli, è meglio per lui che gli sia messa al collo una pietra da mulino e gettato nel mare”. Tale sentenza dà la misura della gravità di uno scandalo che fuorvia la gente semplice, allontanandola, forse per sempre, dalla strada della salvezza. L'avvertimento è rafforzato da una messa in guardia: “state attenti a voi stessi”. Il secondo argomento riguarda il rimprovero al fratello che pecca, e il perdono “se si pente”. Anche se ciò succedesse “sette volte al giorno” - molte volte - qualora ritorni dicendo: “Mi pento, gli perdonerai. Il perdono è alla basa della vita comunitaria, e la prontezza a perdonare non può avere limiti. Dopo quello sul perdono, vi è il terzo argomento riguardante la fede, introdotta da una richiesta degli apostoli: “Aumenta la nostra fede”. Essi erano consapevoli che la fede non è mai sufficiente e che il Signore la può accrescere. Gesù non risponde direttamente, né insegna loro una tattica per conquistarla. Dice solamente: “Se aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: “Sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe”. Esagerazione intenzionale. E' la condizione “se” che limita il potere dell'impossibile e mette in atto comunque una potenza divina. I discepoli chiedono quantità, ma Gesù parla di qualità; basterebbe un po' di fede, purché sia autentica. In sintesi: la misericordia, necessaria al discepolo per superare lo scandalo e perdonare efficacemente è quell'esperienza profonda di fede da cui scaturisce la missione al mondo, come testimonianza dell'amore gratuito di Dio.
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In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«È inevitabile che vengano scandali, ma guai a colui a causa del quale vengono. È meglio per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli. State attenti a voi stessi!
Se il tuo fratello commetterà una colpa, rimproveralo; ma se si pentirà, perdonagli. E se commetterà una colpa sette volte al giorno contro di te e sette volte ritornerà a te dicendo: "Sono pentito", tu gli perdonerai».
Gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!». Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: "Sràdicati e vai a piantarti nel mare", ed esso vi obbedirebbe».