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.Come impatterà sul mondo della pelle e cosa prevede il nuovo regolamento EUDR ( (Regolamento dell’Unione Europea sulla Deforestazione)? Ne ho palato con Federico Brugnoli, founder e CEO di SPIN 360. L’Unione Europea ha adottato il regolamento nel giugno 2023 e da allora si trova al centro del dibattito: si applicherà alla maggior parte delle aziende che operano all’interno dell’UE e proibirà di fatto alle aziende europee di importare prodotti illegali o legati alla deforestazione nel mercato europeo.
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Chi decide quali sono i trend, cosa possiamo considerare “di moda” e cosa invece è destinato ad andare “fuorimoda”? Nel suo libro Matteo Ward fa un viaggio che parte dal lontano alla scoperta di un mondo, quello della moda, che da sempre si basa sulla overproduction, sulla quantità piuttosto che sulla qualità, per renderci tutti dipendenti da questo sistema. Per fortuna le nostre azioni possono fare la differenza, come mi ha spiegato Matteo Ward in questa intervista
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Estão a faltar episódios?
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E’ un mondo affascinante quello degli smart textiles, tessuti intelligenti, che possono essere ottimi alleati nella soluzione di tanti problemi. Zoe Romano, ricercatrice indipendente, ha creato Circular Clotho, il primo smart textile circolare, per contrastare la sindrome da elettrosensibilità. Tutto made in Italy.
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Talento e responsabilità: sono due ingredienti che non possono mancare nella proposta di un giovane brand che vuole affacciarsi sul mercato adesso. Sono questi brand, “nati sostenibili”, a rappresentare il cambiamento della moda, a segnare la strada, anche se con molte difficoltà.
Ne ho parlato nell'intervista di questo episodio con Sara Sozzani Maino, Vogue Italia Deputy Director Special projects, Creative Director Fondazione Sozzani, Camera Nazionale della Moda Italiana International Brand Ambassador.
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Sono sempre più numerosi i brand africani che si stanno affacciando sul mercato, proponendo un concetto moda nuovo, che crea un mix inedito di tradizione e innovazione. Partirà da qui la rivoluzione dello stile dei prossimi anni?
Ne ho parlato con Francesca De Gottardo, founder del brand Endelea, che tra Italia e Tanzania propone un concetto di moda etica che fonde in maniera perfetta questi due mondi. -
Vengono chiamati "forever chemical", sono dovunque e vengono usati in tanti settori, anche nella moda: sono i PFAS, un nemico che dobbiamo conoscere, perché ce ne dobbiamo liberare. E non sarà per niente semplice. Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna inquinamento di Greenpeace Italia, ha approfondito il tema nel suo libro “PFAS, gli inquinanti eterni e invisibili nell’acqua” appena uscito per Altraeconomia. Partendo dalla loro storia, ripercorre le tappe di un lungo percorso di silenzi e di inefficienza, che ha evitato per anni che vedessimo quel "diavolo in mezzo a noi", come l'ha definito qualcuno.
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Sono 16 le normative europee sulle quali si sta lavorando per accompagnare la transizione verso un tessile sostenibile e circolare. Vista da Bruxelles la visione del futuro del settore appare ricca di sfide, ma anche di opportunità. Ne ho parlato in una lunga intervista con Mauro Scalia, Director Sustainable Businesses di Euratex
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Moda sostenibile e intelligenza artificiale: una relazione che stenta a decollare. Eppure possono essere tante le connessioni che possono crearsi tra questi due mondi, c'è solo da esplorare le nuove soluzioni. Rachele Didero, fashion designer e founder di Capable, ha creato una collezione di maglieria con l’intelligenza artificiale, studiata per confonderla. In che modo? Impedendo il riconoscimento biometrico di chi la indossa. Lo so, vi ho incuriosito: non vi resta che ascoltare l’episodio
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Parlare di innovazione tessile significa esplorare un mondo affascinante fatto di ricerca, contaminazioni tra settori, nuove soluzioni, che possono ridurre drasticamente l’impatto della produzione. L'innovazione segue due strade: il rinnovamento dei processi, con nuovi macchinari e tecnologie innovative, oppure la ricerca di agenti chimici meno impattanti, spesso di origine biobased. In questo episodio troverete una carrellata di innovazioni, che si concludono con l'intervista a
Giorgia Carissimi, responsabile del centro di ricerca Albini Next. -
Trasformazione: una parola che abbiamo sentito spesso nelle ultime settimane. Il settore della moda deve essere trasformato: ma cosa significa in concreto? Ne ho parlato con Carlo Cici, economista, Head of Sustainability Practice di The European House – Ambrosetti, che Venice Fashion Forum ha presentato il report “Just Fashion Transition”.
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Quanto impatta il cambiamento climatico sulla produzione delle fibre animali?
L’impatto ambientale della produzione di fine animali è un tema di cui si parla molto: ci sono indagini, ricerche, misurazioni. Il confronto tra fibre sintetiche e fibre animali si basa su questi numeri, che ci offrono uno strumento di riflessione. Ma ci raccontano solo una parte della storia.
Qualche settimana fa ho partecipato alla conferenza Natural Fibre Connect a Biella: c’erano allevatori provenienti da tutto il mondo, per portare la propria testimonianza sulle difficoltà che il settore sta attraversando, che volevano capire indicazioni come migliorare il proprio lavoro.
Tante storie diverse, che però hanno un punto in comune: si tratta di storie di persone, di famiglie, di villaggi, a volte in zone poco ospitali dove l’allevamento è veramente l’unica attività possibile. In queste situazioni il destino dell’allevatore e dell’animale strettamente connesso.
Ne ho parlato con:
Susan Finnigan, di Kia Ora Merino
Juan Pepper, Chairman di Alpaca Association
Frances Van Hasselt, Direttrice di Mohair South Africa -
In media, gli australiani acquistano 56 capi di abbigliamento all’anno e producono e importano oltre 1,4 miliardi di nuovi indumenti, per lo più realizzati con materiali non sostenibili e non durevoli. Sono il secondo Paese per consumo di fast fashion, un primato che il Governo con il Seamless Clothing Stewardship Scheme, appena approvato, vorrebbe perdere. Ne ho parlato con Tiziana Ferrero Regis, professoressa associata alla Queensland University of Technology, dove insegna costume e moda.
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La normativa EPR sulla responsabilità estesa del produttore è uno dei temi più caldi in questo momento: l’Italia ha presentato agli stakeholder una prima bozza di decreto, alcuni Paesi europei stanno facendo le proprie scelte, l’Europa vorrebbe fare sintesi, ma per adesso non ci sono ancora i presupposti per una proposta comune. Quello che è certo è che l’Italia sta continuando a lavorare sulla bozza di decreto e presto potrebbe essere pubblicata una nuova versione. Ne ho parlato con l’avvocato Filippo Bernocchi, esperto in diritto dell’ambiente e docente di Circular Economy alla Luiss Business School.
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La circolarità è diventata un obiettivo fondamentale per le imprese della moda, non solo per ridurre il loro impatto ambientale, ma anche per andare incontro alle normative che sono in fase di elaborazione e di cui già si intravedono gli orientamenti. Ma come si misura la circolarità?
E’ una vera e propria sfida e non solo tecnologica. Ne ho parlato con Dario Minutella, Principal, Fashion, Luxury & Sustainability di Kerney, la società di consulenza che ha recentemente pubblicato il Circular Fashion Index. Si tratta di una classifica che misura le performance di circolarità dei maggiori brand della moda, che riserva qualche sorpresa.
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L’Italia non ha una produzione di lana significativa, ma ha le sue pecore e potremmo avere una produzione di lana autoctona interessante e anche preziosa. Il valore sta nel legame con il territorio, perché per anni i velli delle pecore sono stati filati e utilizzati e hanno dato vita a prodotti e pratiche che sono connessi con la nostra cultura. Sono andata un po’ in esplorazione e oggi vi presento le esperienze di Vuscihè, Bollait e Pecore Attive. Ma ho scoperto che c’è una grande attività intorno a questo tema, che spesso vede come protagoniste le donne.
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Usare gli scarti tessili della lavorazione per produrre una polvere colorata in grado di tingere i capi nuovi: sembra fantascienza invece questo prodotto si chiama Recycorm ed è nato a Biella. Un progetto innovativo, in continua evoluzione, che ha già attirato l’attenzione dei brand. Ne ho parlato con Michela Masiero, project manager di Officina+39, l’azienda che produce questo prodotto.
Proprio la fase di tintura è una delle più impattanti nel processo di produzione tessile, per il massiccio uso di acqua e di agenti chimici. Ma ci sono soluzioni che permettono di attuare un cambiamento concreto.
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L’attivismo nella moda riveste un ruolo sempre più importante, che sta cambiando anche le tendenze di mercato. Quello che indossiamo sta diventando lo specchio dei valori in cui crediamo e i consumatori sono pronti a prendere posizione. Una delle questioni più spinose riguarda il rapporto della moda con le fibre e i materiali di origine animale. Ne ho parlato con Simona Segre-Reinach, docente di Fashion Studies all’Università di Bologna e autrice del libro “Per un vestire gentile”.
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Riciclare tutto si può? Ci si può provare, con una buona organizzazione e soprattutto con la voglia di sperimentare e fare ricerca, creando sinergie anche con settori diversi dal tessile. L’azienda pratese Beste ha lanciato il progetto Beredo, che permette di fare nuova vita a tutti i materiali pre-consumo dei brand e delle aziende manifatturiere. Alcuni materiali sono sono impiegati nel tessile, altri diventano carta o addirittura maniglie. In ogni caso, niente viene sprecato. Me ne ha parlato Giovanni Santi, presidente del Gruppo Beste, nell’intervista di questo episodio del podcast.
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Si dice “seta” e subito si pensa a qualcosa di prezioso ed esclusivo, una fibra che ha una storia antichissima e molto affascinante. Ma è una fibra che conosciamo meno di quello che crediamo: ad esempio, sapete che della seta non si butta via niente? Ne ho parlato con Silvio Mandelli, CEO di Cosetex, che mi ha guidato in un territorio sconosciuto.
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Scarti, che passione! In pochi anni tessuti, filati, pellami, avanzati o mai utilizzati, sono diventati l’oggetto del desiderio per tanti brand e designer ed è un mercato in continua crescita. Ma come si può essere certi della loro provenienza e soprattutto che si tratti davvero di scarti? Ne ho parlato con Savina Saporiti, CEO di Maeba International, un’azienda che da oltre 100 anni opera in questo settore e che è l'ospite di questo episodio del podcast.
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