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  • Non solo documenti ufficiali e divisioni di beni. Anche se sono rivolte a parenti e amici, alcune lettere, scritte in punto di morte (più o meno prossima), equivalgono a testamenti spirituali: testimonianze potenti, capaci di illuminare da una prospettiva umana alcuni momenti fondamentali della nostra storia collettiva.
    Come quella che il 25 febbraio 1975 l’avvocato Giorgio Ambrosoli scrisse alla moglie Annalori, prefigurando un destino che si compirà quattro anni più tardi, nel luglio del 1979. Ambrosoli, liquidatore della Banca privata italiana di Michele Sindona, un finanziere legato alla mafia americana, verrà infatti ucciso da un killer sotto casa.
    L’altra lettera comincia a scriverla il giudice Paolo Borsellino la mattina del 19 luglio 1992, poche ore prima di saltare in aria con la sua scorta in un attentato con un'autobomba in via D’Amelio, a Palermo. È indirizzata a una professoressa di Padova, ma il giudice non riuscirà a completarla.

    Con le voci di Micol Sarfatti, Ferruccio de Bortoli e Giulio Biino.

  • Nessuno meglio di Giuseppe Garibaldi rappresenta quella categoria di uomini pronti a morire in nome di ideali condivisi con le proprie compagne. Come il suo, molti testamenti che stiamo scoprendo in questa serie podcast contengono indicazioni sui patrimoni, ma rappresentano anche i valori morali e politici di chi li ha composti, a volte perfino polemici. Le parole di Garibaldi sono esemplari, in questo. Il Comandante lascia due testamenti, uno olografo e uno politico, in cui, oltre all’ideale assoluto della libertà, condivide il suo essere profondamente anticlericale e dà precise istruzioni per la sua cremazione.
    Ma molto significativa è anche la storia di un intellettuale che per quegli ideali si tolse la vita con un gesto clamoroso, dopo avere scritto una lettera all’amata moglie Emilia: si chiamava Angelo Fortunato Formiggini e faceva l’editore, Formiggini salì sulla Ghirlandina, la torre (alta 90 metri) del duomo di Modena, e si lanciò nel vuoto. Era il 29 novembre 1938, le leggi razziali erano appena state promulgate da Mussolini.
    La figura di Formiggini richiama quella di Niccolò Introna, l’unico dirigente della Banca d’Italia che s’oppose alla corruzione e alle ruberie di Mussolini e dei suoi. Federico Fubini ha raccontato la sua storia in un libro uscito da poco. E, per questo podcast, ha recuperato il suo testamento, di cui parla insieme a Micol Sarfatti e a Giulio Biino, presidente del Consiglio nazionale del notariato.

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  • Denaro, patrimoni, traguardi raggiunti: il testamento è il bilancio di una vita, una contabilità intima che si fa atto pubblico. Ma nel caso di alcuni personaggi, celebri per il ruolo sociale e istituzionale che hanno ricoperto, racchiude anche gli ideali su cui hanno fondato la propria esistenza. Legando in modo profondo la dimensione personale a quella politica, uomini come Giuseppe Verdi, Giuseppe Garibaldi o Camillo Benso di Cavour hanno affidato ai posteri, attraverso le proprie disposizioni finali, i valori in cui hanno creduto.
    Rigore e generosità, riconoscenza e attenzione verso il prossimo si leggono tra le righe delle loro ultime volontà, che diventano testimonianze etiche e ci fanno anche scoprire figure poco conosciute ma dalle qualità esemplari. Leggendo il testamento di Enrico De Nicola, ad esempio, senatore e avvocato napoletano, si capisce perché l’Assemblea Costituente lo abbia scelto come primo presidente della Repubblica nata dopo il Fascismo.
    Con le voci di Micol Sarfatti, Giulio Biino ed Elisabetta Soglio.

  • A loro non pongono condizioni per il futuro, perché hanno già dato ampiamente in passato, con premura e dedizione. Sono molti gli uomini e le donne celebri che hanno voluto favorire nel testamento le persone rimaste al loro servizio, spesso per una vita intera, entrati talmente in simbiosi da diventare un’ombra discreta, quando non parte della loro famiglia, come molte badanti oggi. Uno dei più generosi è Enrico De Nicola, primo presidente della Repubblica dopo il referendum istituzionale del 1946, che non dimentica nessuno, dalla governante all’ultimo colono, ma anche Alessandro Manzoni o, più di recente, star dello spettacolo come Alberto Sordi, Maria Callas, Raimondo Vianello e Sandra Mondaini. Tutte figure e casistiche che mettono in evidenza l’importanza di istituti giuridici come la diseredazione, i patti successori, la revoca del testamento (che diventa centrale per esempio in un’opera lirica come il Gianni Schicchi di Giacomo Puccini).
    Con le voci di Micol Sarfatti, Rita Querzè e Giulio Biino.

  • A volte i testamenti diventano fatti di cronaca: succede da alcuni mesi con l’eredità di Gianni Agnelli, sulla quale sono aperti cinque procedimenti, con la figlia Margherita contro i suoi tre figli avuti da lei con Alain Elkann: John, Lapo e Ginevra. Sono tutti discendenti di un altro Giovanni Agnelli, il nonno dell’Avvocato nonché fondatore della Fiat, il cui testamento fu il primo scritto da un esponente di quella famiglia a sembrare più uno statuto societario che un elenco di disposizioni finali (ma per tutta una serie di comprensibili ragioni).
    Altre volte, invece, i testamenti diventano materia di romanzo: perché raccontano di famiglie che sembrano a loro volta essere uscite da una vera e propria epopea. O magari ne diventano l’oggetto: è successo ai Florio, raccontati nel best seller di Stefania Auci I leoni di Sicilia, da cui nel 2023 è stata tratta anche una serie tv. Le volontà testamentarie di Ignazio Florio indicano la strada da seguire per chi erediterà un’azienda in grande espansione, che però non sopravviverà alla «legge dei Buddenbrook» (dal celebre romanzo di Thomas Mann che racconta ascesa e caduta di una dinastia industriale tedesca).
    Con le voci di Micol Sarfatti, Daniele Manca, Isidoro Trovato e Giulio Biino.

  • Se è vero, come ha scritto Tolstoj nel famoso incipit di Anna Karenina, che “tutte le famiglie felici sono uguali, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”, è nel momento in cui si scrive il proprio testamento che affiorano i difetti e le omissioni di parenti e congiunti. E questo, vale per (quasi) tutti, indipendentemente dall'origine della stirpe, dalla ricchezza, dalla cultura e dalla fama: l’odio o l’antipatia, in famiglia, sono assolutamente democratici. Lo dimostra un libricino, Essendo capace di intendere e di volere, in cui sono stati raccolti i testamenti olografi di sconosciuti depositati presso l’Archivio notarile di Napoli. Ma anche le scelte di alcuni italiani celeberrimi come Guglielmo Marconi, Alessandro Manzoni o Eduardo Scarpetta: i loro testamenti evidenziano, tra l’altro, la centralità di istituti giuridici come l'eredità legittima o disponibile.
    Con le voci di Giuditta Marvelli e del presidente dei notai italiani Giulio Biino.

  • Nel suo testamento, Luigi Pirandello procede per sottrazione: chiede silenzio, solitudine, semplicità. Non desidera essere celebrato né ricordato. Un secolo prima, il poeta dialettale romano Giuseppe Gioacchino Belli, era stato più previdente, indicando ben dieci tutori legali che potessero prendersi cura del figlio, allora tredicenne. Qualcosa di simile farà l’attrice di inizio ’900 Lina Cavalieri, che lascerà tutto al figlio unico Alessandro. Il ragazzo avrà un solo obbligo: finanziare «una borsa di studio di canto per una giovinetta bisognosa della provincia di Roma». La stessa attenzione per i meno fortunati che ebbe un altro grande artista italiano: Giuseppe Verdi. Quattro storie che evidenziano l’importanza di una figura come quella dell’esecutore testamentario.
    Con le voci di Paolo Di Stefano, Enrico Girardi e del presidente dei notai italiani Giulio Biino.

  • Spesso i testamenti sono lunghi e dettagliati. Spesso, ma non sempre. In alcuni casi, colui che lo sottoscrive si limita anche a una sola frase. È il caso per esempio di due leggende della velocità: Enzo Ferrari e il pilota Tazio Nuvolari. Ma anche lo scrittore Giovanni Verga, che ha dedicato la sua intera vita a raccontare l'ossessione per la "roba", lascia disposizioni stringate, quasi telegrafiche. Vicende, queste, che ci insegnano alcune differenze fondamentali: da una parte quella tra testamento olografo e testamento pubblico. Dall'altra quella fra successione a titolo universale e a titolo particolare.
    Con le voci di Giorgio Terruzzi e del notaio Giulio Biino.












  • Un testamento descrive fortune e fallimenti, legami indissolubili o famiglie in macerie, ma racconta soprattutto i valori morali, le scelte civili, le debolezze e le virtù di chi lo ha scritto. Uomini irriducibili come Giuseppe Garibaldi; solitari e schivi come Luigi Pirandello o Enzo Ferrari; generosi e dediti al prossimo come Giuseppe Verdi o Giovanni Agnelli senior. Ci sembra quasi di vederli, soli con la propria coscienza, mentre fissano sulla carta il destino dei propri beni per quando non ci saranno più. Leggere questi testamenti è un po’ come curiosare nelle stanze private di uomini e donne che hanno reso grande il nostro Paese. E ci consente di capire meglio chi siamo e cosa siamo diventati, attraverso un punto di vista inedito e originale.
    Micol Sarfatti e i giornalisti e le giornaliste del Corriere della Sera (insieme al presidente del Consiglio nazionale del notariato, Giulio Biino) vi racconteranno tutto questo dal 5 aprile, ogni venerdì, per otto settimane. Su corriere.it, Spotify e in tutte le app per i podcast.