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Nell’ultimo periodo della sua vita Amedeo si lega a una ragazza più giovane di lui, che ha delle ambizioni artistiche: Jeanne Hébuterne. La famiglia di lei non è contenta di questo legame, ma i due hanno una figlia: la chiameranno come la madre, Jeanne.
Le opere di Amedeo iniziano a ricevere qualche riconoscimento, ma lui è sempre più malmesso: beve troppo e la sua salute è pessima. Quando Amedeo ha appena trentacinque anni, la sua vita ha un finale tragico, quasi da tragedia greca. Da quel momento, però, il mondo si accorgerà con sempre più forza del genio di Amedeo Modigliani. -
Il giovane Amedeo Modigliani arriva a Parigi ancora vestito da signorino di buona famiglia. Ci metterà poco, però, a entrare nei panni del perfetto bohemien. La vita a Parigi è piena di scoperte, di rivelazioni in campo artistico, però non è semplice: Amedeo, come la maggior parte degli artisti, non ha soldi, vive in alloggi poveri e squallidi, inizia a bere in maniera pesante. La sua salute debole ne risente, ma non sembra preoccuparsene troppo. È bello e piace molto alle donne: le sue avventure quasi non si contano. Il successo, però, non arriva. Per molti anni nessuno, a parte qualche rara eccezione, si accorge del luminoso talento di Amedeo Modigliani.
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Quando ha circa sedici anni, Amedeo si ammala di tubercolosi. Un bruttissimo male che però non scoraggia la madre Eugenia, che lo cura a modo suo: decide che Amedeo ha bisogno del sole del sud, così molla tutto e parte insieme a lui per un viaggio che li porterà a Napoli, a Capri, a Torre del Greco. Da lì Amedeo non si ferma più: va a Roma, poi studia a Firenze, poi a Venezia, dove resta per tre anni. Ed è proprio a Venezia che, grazie ai racconti di altri artisti, scoppia un amore che gli cambierà la vita: quello per Parigi.
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Modì ha la fama di artista maledetto, sfatto dall’alcolismo e dalla vita della Parigi dei primi del Novecento. La sua infanzia livornese però, nonostante sia già segnata dalla malattia che lo accompagnerà per tutta la vita, è stata piena di luce.
Cresciuto dalla madre Eugenia Garsin, in mezzo a una famiglia numerosa e cosmopolita, il piccolo Dedo, così veniva chiamato in famiglia, capisce molto presto che vuole dedicarsi all’arte.
E la sua fantasia, fin da subito, viene alimentata dalle leggende familiari del clan Garsin.