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La storia dello sviluppo di Castlevania comincia come molte altre, se non fosse per un dettaglio tutt'altro che secondario: non solo del suo creatore Hitoshi Akamatsu non si è saputo assolutamente nulla fino a poco più di dieci anni fa, ma questi è incredibilmente sparito nel nulla agli inizi del 2000. Eppure, con la sua creazione ha lasciato un segno profondissimo nella cultura del videogame, lasciando un testimone poi raccolto dal ben più noto Koji "IGA" Igarashi. L'incredibile successo di Symphony of the Night è tuttavia un'arma a doppio taglio: da una parte consacra istantaneamente IGA come una leggenda del videogame, dall'altra rende ogni futuro paragone difficilissimo, e getta una lunga ombra su qualunque successivo tentativo di portare Castlevania nelle tre dimensioni. Tutto questo e molto altro nella straordinaria storia dello sviluppo di Castlevania.
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La storia dello sviluppo di The Secret of Monkey Island entra nel vivo nella seconda puntata. Con un Ron Gilbert in piena crisi creativa, a dargli una spinta nella giusta direzione ci pensano una pausa forzata per occuparsi di tutt'altro e un libro dal titolo Mari Stregati. Forte di un protagonista e di un antagonista che finalmente funzionano, Ron ha solo bisogno di una vera squadra di sceneggiatori per partire. Nascono così gli "scummlets", le nuove reclute destinate a imparare a programmare con uno SCUMM sempre più snello e completo. Tim Schafer e Dave Grossman, all'epoca ventenni e senza nessuna esperienza lavorativa, si presentano allo Skywalker Ranch come una scolaresca in visita, e ben presto si trovano catapultati nell'assurdo mondo di pirateria e nonsense partorito dalla mente di Ron. Da qui è tutto un susseguirsi di inaspettate intuizioni e colpi di genio, mentre al Ranch arriva anche un certo Michael Land, pronto a mettere la sua esperienza di compositore al servizio dei temi caraibici richiesti da Ron. E proprio quando le cose sembrano andare per il meglio, LucasFilm Games si trasforma velocemente in LucasArts, e tutto cambia. Tutto questo e molto altro nella seconda e ultima puntata della storia dello sviluppo di The Secret of Monkey Island.
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La storia dello sviluppo di The Secret of Monkey Island, una delle avventure grafiche più amate e celebrate di sempre, ha radici profonde e comincia quando il suo ideatore è ancora un ragazzino. Senza il successo di Star Wars e tutto quello che ne è conseguito, non solo Ron Gilbert non avrebbe probabilmente intrapreso una carriera in campo creativo, ma non avrebbe nemmeno avuto occasione di approdare in uno dei luoghi di lavoro più incredibili al mondo. In quegli anni di assoluto splendore di LucasFilm lo Skywalker Ranch è davvero un'utopia, ed è anche grazie alle sue caratteristiche straordinarie e all'unicità delle persone che lo popolano che si crea una magica atmosfera dove non solo la creatività fiorisce, ma la libertà decisionale è quasi assoluta. Eppure, la rotta verso l'isola delle scimmie è come di consueto tutt'altro che lineare e prevedibile, ed è destinata ad incrociare mari tempestosi. Tutto questo e molto altro nella prima puntata della storia dello sviluppo di The Secret of Monkey Island.
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Con la seconda puntata dedicata alla storia dello sviluppo di Doom, entriamo nel vivo delle vicende di John Romero e John Carmack. Ormai stabilita nel nuovo quartier generale a Mesquite, Texas, id Software si approccia per la prima volta allo sviluppo di un gioco che sente completamente "suo", senza limiti di tempo o imposizioni di altro genere, e fermamente intenzionata a pubblicarsi in maniera totalmente indipendente. La magia scaturita dall'incontro dei due John raggiunge il suo apice, facendo succedere cose incredibili nello spazio di pochi mesi, al punto che per comprendere a fondo l'impatto del loro lavoro occorreranno anni, se non decenni. Allo stesso tempo, l'azienda inevitabilmente matura, e quella che era partita come l'avventura di un gruppo di persone mosse dalle stesse passioni e dalla determinazione nell'avere successo, diventa a tutti gli effetti un business milionario, con le conseguenze del caso. Tutto questo e molto altro nella seconda puntata della storia dello sviluppo di Doom.
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Non sempre i momenti rivoluzionari sono spettacolari, plateali, anche solo memorabili. Il 20 settembre del 1990 l'industria del videogame è cambiata per sempre, eppure nessuno se n'è accorto, perlomeno non per diversi altri anni. In un angolo sperduto della Louisiana, un programmatore ventitreenne di nome John quel giorno ha avviato un floppy disk e ha deciso che i suoi contenuti erano molto più di un traguardo tecnologico. Eppure la nostra storia comincia molto prima, con due John che per una serie di coincidenze si incontrano e fanno scattare una magia irripetibile, che nulla può fermare. Insieme attraverseranno stati su stati, sfideranno tempeste e tormente di neve, trafugheranno PC di notte, lavoreranno senza sosta, uno per puro amore del codice, l'altro per l'irresistibile voglia di diventare milionario creando videogame leggendari. Questa non è solo la storia dello sviluppo di Doom. È anche, e soprattutto, l'incredibile storia di John Romero e John Carmack.
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Nella terza e ultima parte della storia dello sviluppo di The Legend of Zelda chiudiamo un cerchio aperto da oltre trent'anni, con la visione originale di Miyamoto che si compie, finalmente, solo grazie all'aiuto e al contributo di moltissimi altri creativi, ma non solo. Sono a volte le coincidenze, altre volte i passi falsi, e ancora le intuizioni geniali, i contrasti, a rendere possibile un capitolo tanto ricco e capace di lasciare un segno indelebile nell'industria del videogame. Quella caverna trovata per caso da un piccolo Shigeru Miyamoto rappresenta perfettamente i proverbiali sassolini che danno inizio ad una valanga, che ha acquistato forza e convinzione anche e soprattutto grazie alla straordinaria fonte d'ispirazione che è stata e continua ad essere per ogni creativo che abbia avuto il privilegio di contribuire ad essa.
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La storia dello sviluppo di The Legend of Zelda prosegue con un fondamentale ingresso nel team: Eiji Aonuma è stato assunto da Miyamoto già da diversi anni, ma proprio il passaggio alle tre dimensioni rende necessario il suo apporto molto particolare e specifico al design delle ambientazioni. Ancora una volta, sebbene il suo creatore mantenga saldamente le redini del progetto, a permettere l'evoluzione delle avventure di Link è in realtà un grande lavoro di squadra. Ocarina of Time è un tale successo da diventare anche un problema, soprattutto per un'azienda molto attenta agli investimenti quale è Nintendo: proprio per questo, la strategia adottata successivamente può sorprendere, eppure è perfettamente in linea con la mentalità dell'azienda di Kyoto, destinata a distanziarsi sempre di più dalle logiche dei principali competitor. Tra crisi d'identità e di settore, The Legend of Zelda attraversa profonde trasformazioni, e il percorso per arrivare ai giorni nostri è ancora molto lungo e imprevedibile. Tutto questo, e molto altro, nella seconda parte della storia dello sviluppo di The Legend of Zelda.
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La storia dello sviluppo di The Legend of Zelda comincia, non a caso, con una "leggenda nella leggenda", la cui veridicità è stata messa alla prova nel corso degli anni. A prescindere, il mito della caverna ci aiuta a comprendere meglio l'infanzia molto particolare di Shigeru Miyamoto, e mette in una prospettiva particolare la sua immensa opera. The Legend of Zelda è figlio di un'era di pura sperimentazione, e come tale fatica soprattutto all'inizio a identificare i suoi elementi fondanti. Eppure, con l'enorme contributo di altre giovani reclute di Nintendo, Shigeru arriva infine a canonizzare gli aspetti distintivi di una saga che ancora oggi mantiene assolutamente chiara e ferma la sua missione: dare al giocatore la sensazione più pura del concetto di "andare all'avventura". Non mancano naturalmente imprevisti, colpi di scena e ispirazioni inattese (qualcuno ha detto Twin Peaks?). Tutto questo e molto altro nella prima puntata dedicata alla storia dello sviluppo di The Legend of Zelda.
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La storia dello sviluppo di Fallout continua in questo secondo episodio. Con Tim Cain e Leonard Boyarski fuori dai giochi, tocca a Fergus Urquhart l'ingrato compito di consegnare in meno di un anno un seguito migliore e più ricco di contenuti. Un'impresa quasi impossibile, che viene coronata solo ed esclusivamente con grandissima tenacia e togliendo risorse ad altri progetti di Black Isle Studio. Pur non privo di difetti (e di clamorosi bug), Fallout 2 è un piccolo miracolo. E proprio qui le cose cominciano a farsi interessanti: un Fallout 3 viene messo in produzione con il nome in codice Van Buren, ma il suo destino è legato a doppio filo allo stato sempre più precario delle finanze di Interplay. E proprio nell'ora più buia, a intervenire sarà Bethesda Softworks, grazie soprattutto alla convinzione di Todd Howard, che da sempre è un grande ammiratore del lavoro di Cain e Boyarski. Da qui in avanti, entriamo nell'era moderna di Fallout, ma sorprese e colpi di scena non mancheranno.
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La fama globale della saga di Fallout è arrivata in un certo senso tardi, con un terzo capitolo sviluppato da ben altre mani rispetto a quelle che hanno plasmato la sua incarnazione originale. La storia dello sviluppo di Fallout è in realtà molto più complessa di quanto si possa immaginare, e comincia, ben prima dell'era Bethesda, in maniera quasi casuale, quando un programmatore ventinovenne di nome Timothy Cain inizia a sviluppare in solitaria un progetto ancora senza nome né forma basato su un celebre set di regole per giochi di ruolo carta e penna, GURPS. Per nulla intenzionato a lasciarsi sfuggire l'occasione di mettere la propria firma su un gioco, eppure consapevole di come in Interplay al momento vi siano progetti ben più promettenti, Tim applica una particolare tattica per attirare i colleghi. Ogni sera, verso l'orario di fine lavori, lascia nella sala riunioni una scatola di pizza e man mano incuriosisce sempre più persone relativamente alla sua creatura. Peccato che al tempo si tratti semplicemente di un generico gioco di ruolo fantasy, un genere talmente abusato alla fine degli anni '90 da non avere alcuna speranza di sopravvivenza. E questo è solo l'inizio: per tutta la sua lunga gestazione, quello che solo molto tempo dopo verrà identificato come Fallout sarà costantemente a rischio cancellazione, e dovrà lottare per garantirsi le risorse necessarie a vedere la luce.
Tutto questo, e molto altro, nella storia dello sviluppo di Fallout.
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Nella terza e ultima puntata dedicata alla storia dello sviluppo di Grand Theft Auto, affrontiamo alcuni dei momenti più complessi del percorso di Rockstar. Dopo uno sviluppo complicato e ricco di compromessi, GTA: San Andreas finisce nell'occhio del ciclone con lo scandalo Hot Coffee, e arriva a scomodare i massimi vertici legislativi e politici americani. Da famoso a famigerato, il franchise GTA rischia di rimanere schiacciato sotto il peso del suo stesso desiderio di far parlare di sé. Non è un caso che i toni di GTA IV riflettano un periodo molto difficile per Rockstar, la quale riesce nondimeno a risollevarsi e a consegnare ai fan quello che ancora oggi è considerato da molti come il punto più alto mai toccato dalla saga sotto diversi aspetti. Finalmente libera, l'azienda affronta la sua sfida finale, e torna in quella Los Angeles alla quale sente di non aver reso sufficiente giustizia con le avventure di CJ. Con ben tre personaggi, GTA V infrange ogni possibile record, ma il suo più grande lascito rimane quel GTA Online che ancora oggi fa registrare numeri incredibili di partecipazione, un vero precursore dei tempi. Potrebbe essere un lieto fine, ma proprio qui emergono per la prima volta in maniera massiccia le verità sullo sviluppo della saga di videogame, legata indissolubilmente a orari feroci e una cultura aziendale certo non facile. Tutto questo, e molto altro, nella terza puntata della storia dello sviluppo di GTA.Se desiderate supportarmi: ko-fi.com/storiedivideogame Telegram @storiedivideogameInstagram @storiedivideogame email: [email protected]
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La storia dello sviluppo di GTA continua in questo secondo episodio: con Grand Theft Auto 3 Rockstar e DMA Design si sono date il difficile obiettivo di entrare nelle tre dimensioni, e arrivarci si rivelerà una vera e propria montagna da scalare. Ma è solo l'inizio delle difficoltà: anche portato a termine il non facile compito di dar vita a una Liberty City tridimensionale, Rockstar comincia a confrontarsi con due complesse realtà. Da una parte, paga il prezzo di una cultura aziendale basata sulla competizione interna e su un totale disprezzo per gli orari e il bilanciamento tra vita e lavoro. Dall'altra, quegli stessi clamori della stampa che erano stati utilizzati come trampolino di lancio per il primo GTA si ritorcono contro lo sviluppatore, rendendo la saga talmente famigerata da metterne a repentaglio il futuro. Tutto questo e molto altro nella seconda di tre puntate dedicate alla storia dello sviluppo di Grand Theft Auto.Se desiderate supportarmi: ko-fi.com/storiedivideogame Telegram @storiedivideogameInstagram @storiedivideogame email: [email protected]
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Quando si pensa a Grand Theft Auto a venire in mente sono solitamente due nomi: quello dei fratelli Houser e quello di Rockstar Games. Tuttavia, le origini di una delle saghe di videogame in assoluto più impattanti sul modo di concepire l'intrattenimento moderno sono da rintracciare ben prima del loro contributo. La storia dello sviluppo di GTA è più complessa di quanto si possa immaginare e inaspettatamente ha le sue origini in Scozia, dove un piccolo sviluppatore cresciuto forse troppo in fretta si trova tra le mani un potenziale che inizialmente stenta a riconoscere. Solo successivamente entrano in scena Sam Houser e Dan Houser, i due fratelli che oggi tutti riconoscono come i padri fondatori della saga. Con un modo per il tempo rivoluzionario di concepire l'intrattenimento digitale e un ricco background musicale, vedono in un piccolo e problematico prototipo di DMA Design un'occasione unica per raccontare storie che finora nessuno ha avuto il coraggio di affrontare nell'ambito del videogame. Scopriamo insieme come ci sono riusciti, portando nel giro di pochi anni GTA (Grand Theft Auto) a dominare le classifiche di tutto il mondo.
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Non solo Valve è riuscita a sopravvivere al suo primo gioco, ma con esso ha anche cambiato profondamente l'industria del videogame. Anche per questo, Gabe Newell si pone obiettivi molto alti per il diretto seguito, e i lavori sembrano partire nel migliore dei modi. L'ambizione, tuttavia, presenta un conto molto salato, e l'assoluta libertà che si respira negli uffici di Valve si rivela per certi versi un'arma a doppio taglio. Se vi siete mai chiesti perché il fantomatico Half Life 3 sia sparito dai radar, per riemergere solo raramente, la storia dello sviluppo di Half Life 2 e dei suoi episodi successivi contiene molte delle risposte che cercate.
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La missione di ogni nuova startup di sviluppo videogame è tanto chiara quanto difficile: sopravvivere al suo primo gioco. Con questo obiettivo, a metà anni '90 due Microsoft Millionaires lasciano l'azienda che li ha resi ricchi con il vertiginoso aumento di valore delle azioni e mettono insieme una piccola squadra di principianti con uno scopo preciso. Partire dalle solide basi tecniche di Quake e offrire un'esperienza che abbracci la narrativa come componente fondamentale dell'esperienza. Questo, ovviamente, è solo l'inizio della storia dello sviluppo di Half Life. Gabe Newell e Mike Harrington hanno davanti una strada lunga e tortuosa, e già convincere un publisher della bontà dei loro intenti sarà tutt'altro che facile. Tutto questo, e molto altro, nella storia di quello che da umilissime origini è diventato uno dei videogame più influenti di sempre nell'evoluzione del videogame moderno. Se desiderate supportarmi: ko-fi.com/storiedivideogame Telegram @storiedivideogame Instagram @storiedivideogame email: [email protected]
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L'incredibile successo del secondo episodio cambia Resident Evil per sempre. Shinji Mikami continua a supervisionare la saga in Capcom, mentre Hideki Kamiya sembra destinato a traghettarla verso una nuova generazione di console. Tuttavia, i colpi di scena non mancano: uno spin off viene trasformato in fretta e furia in un capitolo principale, mentre le aziende concorrenti mettono una pressione inaspettata a Yoshiki Okamoto, costringendolo a fare delle difficili scelte commerciali. Tutto questo e molto altro nella seconda parte della storia dello sviluppo di Resident Evil!
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Lo sviluppo di quello che oggi viene considerato il padre di tutti i videogame horror è stato tutt’altro che lineare. Originariamente un gioco in prima persona previsto su Super NES, è approdato su PlayStation in tutt’altra forma, e fino all’ultimo ha lasciato molto perplessi diversi esponenti altolocati di Capcom. La storia dello sviluppo di Resident Evil è anche fatta di pesanti eredità personali, quelle di Shinji Mikami, che suo malgrado con la paura ha dovuto fare i conti per tutta la prima parte della sua vita, ma anche di influenze esterne, come quella fortissima di Alone in the Dark, senza il quale oggi avremmo indubbiamente tra le mani un gioco molto diverso, e probabilmente non la saga campione di incassi e di fama che tutti ben conosciamo. Tutto questo, e molto altro, nella storia di Resident Evil.Se desiderate supportarmi: ko-fi.com/storiedivideogame Instagram @storiedivideogame email: [email protected]
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Con una telefonata, le storie di Halo e di Bungie cambiano per sempre, e la compagnia fondata da Alex Seropian e Jason Jones diventa improvvisamente responsabile del gioco di punta di una console costata centinaia di migliaia di dollari. Il problema? Un gioco ancora non c'è. Se già arrivare all'uscita del primo Halo sarà un'impresa non da poco, con la maturità della saga (e dell'azienda) giungeranno anche grandi responsabilità e grandi problemi da risolvere. Nella seconda parte della storia di Halo scopriamo insieme la storia di uno sviluppo tormentato, eppure straordinariamente creativo e geniale.
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La storia dello sviluppo di Halo è talmente intrecciata a quella della prima Xbox che si potrebbe pensarlo ideato e realizzato a strettissimo contatto con Microsoft, ma questo è vero solo in parte. Molto tempo prima di diventare un paradigma dello sparatutto in prima persona su console, la creatura di Bungie ha vissuto nelle forme più disparate, da strategico a open world in terza persona. Solo andando alle origini dell'azienda fondata da due ex studenti della University of Chicago, Alex Seropian e Jason Jones, possiamo davvero comprendere come Halo sia diventato il fenomeno che conosciamo oggi, e capire a fondo che il successo arriva il più delle volte con un perfetto cocktail di durissimo lavoro e fortuite coincidenze, passando spesso per esplosivi imprevisti, geniali intuizioni e momenti drammatici. Tutto questo e molto altro nella prima parte della storia di Halo.
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