Episodios
-
È il momento delle verifiche concrete. I dubbi dei bond sulla crescita del debito, chiunque prevalga il 5 novembre. I dubbi sulla tecnologia, che rallenta la sua crescita. Inizia una fase di consolidamento. Sullo sfondo economie che vanno bene e tassi di policy in discesa.
-
È vero che Trump riporterebbe in alto l’inflazione? I dazi più alti e la minore immigrazione potrebbero essere compensati dalla deregulation e dalla spending review? Nel dubbio i bond soffrono e la volatilità cresce.
-
¿Faltan episodios?
-
Nel 2016 e nel 2020 le reazioni immediate dopo l’Election Day si rivelarono sbagliate. Dollaro, borsa, bond, oro e petrolio al centro dell’attenzione nelle ore successive al voto.
-
La battuta di arresto nella discesa dell’inflazione non sembra impensierire le borse. Conferma però i bond lunghi nel loro malumore. Dopo le elezioni americane le tendenze di fondo non cambieranno, ma la volatilità, fin qui repressa, tornerà a crescere.
-
Stiamo assistendo al tentativo di passare da un ciclo maturo (ma ancora forte) a un nuovo ciclo, senza passare per la casella del rallentamento o della recessione. Finché l’inflazione lo permetterà, sarà positivo per le borse.
-
Cina, America ed Europa a confronto su politiche fiscali e questione energetica. Auto tedesca e petrolio britannico, il rischio di deindustrializzazione dell’Europa. Gli effetti nel breve degli stimoli monetari e fiscali su azioni e bond.
-
La Fed adotta il principio di precauzione e taglia aggressivamente anche in presenza di una crescita forte. Per l’azionario è il migliore di mondi possibili, per i bond lunghi e per il dollaro è il momento dei dubbi. Il nirvana azionario durerà fino al voto americano, poi si aprirà una fase nuova.
-
Con la crescita americana ancora molto buona e l’inflazione stabilizzata (ma sopra il 2 per cento) le Banche Centrali taglieranno comunque (per prevenire problemi e per aiutare il debito pubblico). Lo faranno però con i tempi opportuni e non necessariamente con la fretta che manifestano i mercati.
-
Continua, su inflazione, mercato del lavoro e tassi, il riavvicinamento al mondo pre-Covid. La rottura rimane però su geopolitica e politiche fiscali. I mercati tornano a festeggiare i segnali di forza e a preoccuparsi per quelli di debolezza. Anche questa è normalizzazione.
-
L’economia globale non mostra molta voglia di atterrare e la Fed offre comunque una polizza antirecessione sotto forma di impegno a tagliare i tassi tanto quanto sarà necessario. È una put per le borse e una call per il dollaro. È positiva per i bond, che però già scontano molto del prossimo ciclo di ribassi dei tassi.
-
Ci pare legittimo mantenere un’inclinazione positiva per le borse per i prossimi due tre mesi, ma non sembra prudente spendere tutto subito. I mercati hanno bisogno di una fase di convalescenza per permettere ai venditori di volatilità di tornare a ripresentarsi sui mercati. Meglio dunque sperare, più che in un rally esplosivo, in una guarigione graduale.
-
Lo scenario di base, ce lo conferma Powell, rimane di buona crescita e inflazione moderata. Aumentano però i rischi di coda e le incertezze geopolitiche, mentre in borsa non si concede più carta bianca ai giganti della tecnologia. Non c’è da ritornare al cash, ma da diversificare i portafogli per prepararsi ai vari scenari possibili
-
Ai fattori stagionali, si aggiungono questa volta la chiusura delle posizioni giapponesi finanziate in yen, i discorsi sul rallentamento americano e i dubbi sulla redditività dell’AI. Il rallentamento US è però ancora da dimostrare e dai Magnifici Sette si può ruotare in molti altri settori interessanti senza uscire dal mercato.
-
Il filo conduttore delle proposte di Trump è quello di un bagno di realismo. Un’America che fa sempre più fatica a esercitare la sua egemonia globale viene a patti con i suoi avversari (e rinegozia i rapporti con gli alleati) cercando in cambio di far loro pagare il prezzo più alto possibile e, nel frattempo, di reindustrializzarsi.
-
Il quadro di fondo è positivo, ma la narrazione ufficiale è compiaciuta. I bond sono forti perché pensano a un’economia più debole, la borsa pensa invece a un’esplosione degli utili. La giustifica con la produttività e l’IA. Ma è davvero così?
-
Una grande parte dei timori che turbano in questi giorni i mercati sono poco fondati. I rischi reali geopolitici sono invece seri, talvolta molto seri, ma se andiamo a calcolare le probabilità che si risolvano male vediamo che sono basse. Non è detto che saranno basse per sempre, attenzione, ma per adesso lo sono e chi naviga a vista, come ormai siamo tutti costretti a fare, non può non tenerne conto.
-
Il quadro macro continua a essere favorevole agli asset finanziari. Il rallentamento della crescita è quasi inavvertibile e benvenuto, se raffredderà l’inflazione. Le incognite geopolitiche vanno però moltiplicandosi. Per ora sono ancora circoscritte, ma nei prossimi mesi andranno tenute in crescente considerazione.
-
Francia e America hanno un disavanzo pubblico simile, un debito simile e la prospettiva comune di ampi disavanzi nel lungo periodo. I mercati tuttavia sono tranquilli sull’America e preoccupati sulla Francia. La differenza è nel diverso ruolo della banca centrale.
-
Nella Fed qualcuno prevede una raffica di tagli e qualcuno non ne prevede nessuno. Le divergenze inducono Powell alla prudenza, ma una cosa è certa. La crescita dell’economia non è in pericolo. La Francia verso una maggiore instabilità, ma nessun rischio per la stabilità dell’euro.
-
Rallentano i dati di sentiment americani, ma i dati duri si mantengono forti. Nel dubbio il mercato compra tutto, perché è convinto che la Fed sosterrà a tutti i costi l’economia, tagliando i tassi aggressivamente se ce ne sarà bisogno.
- Mostrar más