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Dopo il Trump della crescita il mercato guarda ora al Trump dell’inflazione. A differenza che nel 2021 la Fed, questa volta, non la accetterà. Le analogie con il 2018.
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Sono già iniziate, ufficiosamente, le grandi trattative per un nuovo ordine politico ed economico globale. Nessun ritorno alla globalizzazione e separazione ancora più netta tra i blocchi, ma meno rischi che i conflitti sfuggano di mano, almeno finché si tratta.
Quale sarà il possibile impatto sui mercati? -
Eksik bölüm mü var?
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I mercati ruotano dalla crescita al valore. La Francia contiene valore, ma la sua crisi politica rallenterà ancora per qualche tempo un recupero delle quotazioni. Intanto le criptovalute superano la capitalizzazione della borsa di Parigi.
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La cautela dei mercati dopo il voto americano si spiega in parte con l’avere raggiunto un equilibrio ma è soprattutto dovuta alle incertezze sulle politiche della nuova amministrazione, che si sta tenendo aperti tutti gli spazi. Intanto la crescita in rallentamento frena la ripresa dell’inflazione.
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La via facile alla crescita, fatta di espansione fiscale e monetaria, non è più percorribile. Rimane la via difficile, fatta di efficienza e produttività. Finisce l’espansione dei multipli azionari, continua quella degli utili.
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Trump non avrà molto spazio per spendere e, se vorrà crescita, dovrà agire sulla produttività. I dazi, spingendo il resto del mondo a svalutare e a tagliare i tassi aggressivamente, finiranno con l’essere a somma globale positiva.
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È il momento delle verifiche concrete. I dubbi dei bond sulla crescita del debito, chiunque prevalga il 5 novembre. I dubbi sulla tecnologia, che rallenta la sua crescita. Inizia una fase di consolidamento. Sullo sfondo economie che vanno bene e tassi di policy in discesa.
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È vero che Trump riporterebbe in alto l’inflazione? I dazi più alti e la minore immigrazione potrebbero essere compensati dalla deregulation e dalla spending review? Nel dubbio i bond soffrono e la volatilità cresce.
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Nel 2016 e nel 2020 le reazioni immediate dopo l’Election Day si rivelarono sbagliate. Dollaro, borsa, bond, oro e petrolio al centro dell’attenzione nelle ore successive al voto.
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La battuta di arresto nella discesa dell’inflazione non sembra impensierire le borse. Conferma però i bond lunghi nel loro malumore. Dopo le elezioni americane le tendenze di fondo non cambieranno, ma la volatilità, fin qui repressa, tornerà a crescere.
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Stiamo assistendo al tentativo di passare da un ciclo maturo (ma ancora forte) a un nuovo ciclo, senza passare per la casella del rallentamento o della recessione. Finché l’inflazione lo permetterà, sarà positivo per le borse.
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Cina, America ed Europa a confronto su politiche fiscali e questione energetica. Auto tedesca e petrolio britannico, il rischio di deindustrializzazione dell’Europa. Gli effetti nel breve degli stimoli monetari e fiscali su azioni e bond.
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La Fed adotta il principio di precauzione e taglia aggressivamente anche in presenza di una crescita forte. Per l’azionario è il migliore di mondi possibili, per i bond lunghi e per il dollaro è il momento dei dubbi. Il nirvana azionario durerà fino al voto americano, poi si aprirà una fase nuova.
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Con la crescita americana ancora molto buona e l’inflazione stabilizzata (ma sopra il 2 per cento) le Banche Centrali taglieranno comunque (per prevenire problemi e per aiutare il debito pubblico). Lo faranno però con i tempi opportuni e non necessariamente con la fretta che manifestano i mercati.
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Continua, su inflazione, mercato del lavoro e tassi, il riavvicinamento al mondo pre-Covid. La rottura rimane però su geopolitica e politiche fiscali. I mercati tornano a festeggiare i segnali di forza e a preoccuparsi per quelli di debolezza. Anche questa è normalizzazione.
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L’economia globale non mostra molta voglia di atterrare e la Fed offre comunque una polizza antirecessione sotto forma di impegno a tagliare i tassi tanto quanto sarà necessario. È una put per le borse e una call per il dollaro. È positiva per i bond, che però già scontano molto del prossimo ciclo di ribassi dei tassi.
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Ci pare legittimo mantenere un’inclinazione positiva per le borse per i prossimi due tre mesi, ma non sembra prudente spendere tutto subito. I mercati hanno bisogno di una fase di convalescenza per permettere ai venditori di volatilità di tornare a ripresentarsi sui mercati. Meglio dunque sperare, più che in un rally esplosivo, in una guarigione graduale.
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Lo scenario di base, ce lo conferma Powell, rimane di buona crescita e inflazione moderata. Aumentano però i rischi di coda e le incertezze geopolitiche, mentre in borsa non si concede più carta bianca ai giganti della tecnologia. Non c’è da ritornare al cash, ma da diversificare i portafogli per prepararsi ai vari scenari possibili
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Ai fattori stagionali, si aggiungono questa volta la chiusura delle posizioni giapponesi finanziate in yen, i discorsi sul rallentamento americano e i dubbi sulla redditività dell’AI. Il rallentamento US è però ancora da dimostrare e dai Magnifici Sette si può ruotare in molti altri settori interessanti senza uscire dal mercato.
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