Episodi
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Nella tradizione giudaica era ferma convinzione che bisognasse tenersi a debita distanza dai peccatori e da tutti coloro che, con giudizio inappellabile, erano ritenuti immondi. Il pretesto era originato da rischio del contagio e dal pericolo di contrarre la stessa impurità, circostanza questa che impediva l'accesso al tempio e la partecipazione ai diversi riti sacri. L'atteggiamento di Gesù, che riceve i peccatori e mangia con loro, scandalizza scribi e farisei. Egli cerca ancora una volta con santa pazienza, di illuminarli, ricorrendo a due semplici ed eloquenti parabole. L'immagine del pastore che si pone alla ricerca della pecora smarrita, lasciando al sicuro le altre nell'ovile, è particolarmente cara a Gesù. Egli dirà di se stesso: “Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me”. Lui per primo si è posto alla ricerca di tutti noi, smarriti nei meandri del peccato. Già durante la sua vita terrena ha cercato i lontani per ricondurli a sé, all'ovile dell'amore. Si è chinato su tutte le miserie umane, si è paragonato ad un medico che guarisce le nostre malattie, ha dimostrato una preferenza per i piccoli e i poveri, si è lasciato toccare dai lebbrosi, si è caricato letteralmente di tutti i nostri peccati, si è assiso alla loro mensa, affinché essi fossero partecipi della sua, entrassero nel banchetto divino. Questi sono i motivi della gioia di Dio perché signìficano il ritorno dei suoi figli: “Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione”. Davvero siamo tutti figli della redenzione perché eravamo figli della perdizione. Per questo ogni ritorno è una festa. La festa del perdono.
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In quel tempo, si avvicinavano a Gesù tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo. I farisei e gli scribi mormoravano dicendo: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro».
Ed egli disse loro questa parabola: «Chi di voi, se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va in cerca di quella perduta, finché non la trova? Quando l'ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle, va a casa, chiama gli amici e i vicini e dice loro: "Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora, quella che si era perduta". Io vi dico: così vi sarà gioia nel cielo per un solo peccatore che si converte, più che per novantanove giusti i quali non hanno bisogno di conversione.
Oppure, quale donna, se ha dieci monete e ne perde una, non accende la lampada e spazza la casa e cerca accuratamente finché non la trova? E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, e dice: "Rallegratevi con me, perché ho trovato la moneta che avevo perduto". Così, io vi dico, vi è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte». -
Episodi mancanti?
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Ci siamo lasciati ieri dicendo che gli invitati al banchetto sono i poveri e gli esclusi. Spetta loro il Regno, perché sono come Gesù. Ora il Maestro dice al discepolo di vederci bene, se si trova tra quelli, perché stare con lui significa necessariamente scegliere il suo stesso cammino verso il calvario. “Siccome molta gente andava con lui, Gesù si voltò e disse: “Se uno viene a me e non odia (amare meno) suo padre, sua madre, i suoi figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo”. Siamo al cuore della catechesi, che si snoda nel viaggio verso Gerusalemme. Se le cose stanno così, chi salirà il monte del Signore? La forza di tale decisione è l'amore di chi è stato conquistato da lui. Tuttavia ad un impegno di tale portata, come la sequela di Cristo, non si può procedere impulsivamente e alla leggera, ma con la seria responsabilità di chi soppesa i mezzi alla sua portata prima di costruire una casa o andare in battaglia. Gesù chiede apertamente al suo discepolo di staccarsi dalla famiglia e dai beni materiali, perché entrambi i casi possono condizionare, ostacolare e, a volte, impedire il discepolato. Così, chi vuole conservare la propria vita per sé, la perde; invece, chi la perde per lui, la ritrova. “Chi non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo”. E' vivere la propria situazione, è assumersi un cammino di amore al Padre che si identifica in un generoso amore verso i fratelli sull'esempio di Gesù, non chiudersi nel proprio cammino individuale. Ecco che cosa vuole dire Gesù con il suo “portare la croce”. Ed egli sapeva che i discepoli l'avrebbero imparato, vedendolo.
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In quel tempo, una folla numerosa andava con Gesù. Egli si voltò e disse loro:
«Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: "Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro".
Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l'altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace.
Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo». -
Nel clima disteso della conversazione al termine del banchetto e dopo aver udito le raccomandazioni di Gesù sulla scelta dei posti e degli invitati, uno dei presenti pronuncia la beatitudine con cui si apre il vangelo di oggi: "Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!" Questa esclamazione offre a Gesù l'occasione di raccontare la parabola dell'invito al grande banchetto nuziale. La chiamata di Dio è misteriosa, giunge dal profondo del cuore attraverso molte circostanze diverse, e va accolta come prioritaria ed essenziale. Ma capire la chiamata significa mettere in questione le cose che si facevano già. Nella parabola più di uno non accetta, perché quello che fa è preferibile alla proposta avanzata. Dio, no! ci sono io! E così si sa cosa rispondere: “Ho comprato un campo e devo andare a vederlo. Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli. Ho preso moglie...”. Gesù non ci insegna che i poveri, gli storpi, gli zoppi e i ciechi siano particolarmente disposti al Regno, ma ci dice che ogni uomo è particolarmente disposto quando dinanzi a Dio è capace di considerarsi non come colui che ha già il campo, le sue paia di buoi, la sua moglie, ma come colui che è cieco e ha bisogno di vedere, o uno zoppo che ha bisogno di camminare. Nel corso della giornata ci sono tante cose da fare e, se proprio per quelle tante cose da fare, si trascurasse la presenza di Dio o l'incontro importante con i fratelli, si declinerebbe l'invito ad andare a Dio. La parabola è molto chiara e forte: si conclude con il padrone molto sdegnato, il quale dice: “Nessuno di quelli che erano stati invitati, assaggerà la mia cena”. Fa pensare perché questo severo giudizio viene dopo due comandi insistenti “esci in fretta e sollecitali ad entrare” rivolti al servo, perché sia piena la sala dei commensali. Dio tutti ci vuole salvi... Ma dobbiamo rispondere alla sua chiamata.
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In quel tempo, uno dei commensali, avendo udito questo, disse a Gesù: «Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!».
Gli rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. All’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: “Venite, è pronto”. Ma tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: “Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Mi sono appena sposato e perciò non posso venire”.
Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al suo padrone. Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: “Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi”.
Il servo disse: “Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto”. Il padrone allora disse al servo: “Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia. Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena”». -
Continua l'insegnamento di Gesù durante un convito in casa di un insigne fariseo. Precedentemente parlava della scelta dei posti e diceva che nel banchetto della vita bisognava saper occupare il proprio posto con spirito d'umiltà. Oggi parla della scelta dei commensali, ma la sua parola anche qui sconvolge completamente la nostra sensibilità umana. "Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici". Gesù non è un contestatore che critica tutte le convenzioni sociali, ma un maestro di vita che fa osservare i profondi motivi dell'agire comune e che introduce cambiamenti nel senso di indurre ad una prassi nuova, più attenta a tutti e solidale con i più bisognosi. E' molto logico fare del bene a chi ci fa del bene, ed è, altrettanto logico lasciare fuori, da questo cerchio del bene, chi del bene a noi non fa. Penso che tuttavia bisognerà andare oltre al semplice gesto dell'invito, che pur contiene un vero rapporto d'intimità e quindi non esclude per sé la parentela. Gesù insegna a qualificare tutto il proprio comportamento, davanti agli altri come disinteressato, puro da ogni aspettativa di contraccambio, di calcolo. "Al contrario, quando dài un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti". Beatitudine strana, ma vera: è la somiglianza con Dio, che è amore gratuito. La scelta, l'impegno e la solidarietà, servizi encomiabili, via cristiana per i poveri, non debbono essere poi strumento di dominio, ci si può far gioco dei poveri, creando una schiavitù legalizzata. Non è neppure un 'dare o un prestarsi' per sgravarsi la coscienza per i tanti sensi di colpa. Tutto deve scaturire dalla conoscenza di Dio, che ha scelto i poveri e si è identificato con loro. "Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti".
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In quel tempo, Gesù disse al capo dei farisei che l’aveva invitato:
«Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio.
Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».