Episodi
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Prof.ssa Anna Chiara Cagnin e Dott. Dario Arnaldi
I soggetti anziani sono considerati fragili sotto molti punti di vista, anche da un punto di vista del ritmo sonno-veglia. Infatti, i soggetti anziani, sani, tendono ad avere un sonno più frammentato e di minor qualità rispetto ai giovani. Questo, aumenta il rischio di sviluppare dei disturbi del sonno. L’insonnia è il disturbo più frequente, anche nei soggetti anziani, colpendo il 10-20% della popolazione. Tuttavia, non vanno dimenticati anche altri disturbi quali le apnee in sonno, i disturbi del ritmo circadiano, la sindrome delle gambe senza riposo e le parasonnie, in particolare quelle durante il sonno REM. Molto spesso, soprattutto nei soggetti anziani, tali disturbi rimangono non diagnosticati, oppure non correttamente inquadrati. Ad esempio, non è infrequente che un soggetto anziano con un disturbo da anticipazione del ritmo circadiano, venga erroneamente inquadrato come affetto da insonnia. Una corretta diagnosi è importante per un adeguato trattamento ed una migliore gestione. I disturbi del sonno nel soggetto anziano hanno una rilevanza ancora maggiore se si considera che costituiscono un fattore di rischio, modificabile, per lo sviluppo di deficit cognitivi fino alla demenza. Infatti, durante il sonno, si attiva un complesso meccanismo conosciuto come sistema glimfatico, che si occupa di eliminare dal cervello le sostanze potenzialmente dannose per il sistema nervoso centrale. Tra queste sostanze, vi sono anche le proteine responsabili della malattia di Alzheimer, la causa più frequente di malattia neurodegenerativa del sistema nervoso centrale. Pertanto, è stato suggerito che il trattamento dei disturbi del sonno nel soggetto anziano e nel paziente con un deficit cognitivo lieve, possa avere effetti neuroprotettivi. In questo Podcast, vengono discussi i principali disturbi del sonno che possono interessare i soggetti anziani, ed in particolare quelli legati alla demenza ed alle patologie neurodegenerative del sistema nervoso centrale. Verranno inoltre discusse le indicazioni per un corretto percorso diagnostico-terapeutico. -
Prof. Alessandro Tessitore e Prof.ssa Federica Provini
I disturbi del sonno sono uno dei sintomi non motori più comuni della Malattia di Parkinson (MP), ad impatto negativo sulla qualità di vita dei pazienti, dei loro caregivers e sull’efficacia della terapia. L’insonnia è molto frequente, interessando fino all’81% dei pazienti. E’soprattutto un’insonnia di mantenimento, caratterizzata da difficoltà a mantenere la continuità del sonno e risvegli frequenti. Fluttuazioni motorie, tremore, rigidità e difficoltà a girarsi nel letto sono spesso le cause dell’insonnia, come pure la presenza di altri disturbi del sonno, tra cui i disturbi respiratori di tipo ostruttivo, russamento ed apnee o la sindrome delle gambe senza riposo. E’ bene però ricordare come l’insonnia, nella MP, sia anche intrinsecamente legata alla patologia principale, poiché la neurodegenerazione coinvolge strutture anatomiche e neurotrasmettitori cruciali per la regolazione del ritmo sonno-veglia, interrompendo la rete che, dal tronco dell’encefalo alla corteccia, genera il sonno. Il sesso femminile, la durata di malattia e la presenza di depressione e/o ansia sono gli altri fattori correlati all’insonnia nei pazienti con MP. L’insonnia deve essere diagnosticata attraverso la raccolta anamnestica dettagliata, con l’eventuale ausilio di questionari validati che, benchè non specifici per l’insonnia nella MP, ne indagano i sintomi associati. L’actigrafia consente un monitoraggio prolungato del ritmo-sonno veglia; la video-polisonnografia notturna permette l’indagine completa delle caratteristiche del sonno del paziente con MP. Se l’insonnia è secondaria, perché dovuta a sintomi motori notturni, il trattamento terapeutico non differisce da quello dei sintomi diurni. I farmaci a lunga durata d’azione, in particolare i dopaminoagonisti, sono efficaci nel migliorare l’insonnia nei pazienti con MP, anche se l’insonnia è elencata tra i loro effetti collaterali. Studi randomizzati hanno dimostrato che Z-drug e melatonina migliorano la qualità del sonno dei pazienti con MP. Se l’insonnia non è né iatrogena né dovuta a sintomi motori, è bene ricorrere alla terapia cognitivo-comportamentale. -
Episodi mancanti?
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Prof.ssa Alessandra Lugaresi - Prof.ssa Rosalia Silvestri
Nel podcast, la professoressa Alessandra Lugaresi e la professoressa Rosalia Silvestri esplorano il ruolo dell’insonnia nella sclerosi multipla, evidenziando come questo disturbo incida pesantemente sulla qualità della vita e sulle capacità cognitive dei pazienti. L’insonnia è comune nella sclerosi multipla e si associa spesso a sindrome delle gambe senza riposo e a comorbidità come disturbi dell’umore. Questo influisce negativamente sui network neuronali, specialmente nelle aree fronto-parietali, aggravando la fatica e le difficoltà di memoria a breve termine. Le esperte discutono l’importanza di una diagnosi accurata e di un approccio terapeutico integrato che includa terapie cognitivo-comportamentali e, dove necessario, interventi farmacologici specifici. L’obiettivo è quello di ripristinare un sonno di qualità per migliorare la gestione complessiva della sclerosi multipla e la vita dei pazienti, creando linee guida pratiche per neurologi e specialisti del sonno. -
Prof. Alessandro Padovani - Prof. Luigi Ferini Strambi
L’insonnia non è solo una malattia neurologica, ma impatta anche sulle altre malattie neurologiche. La prevalenza dell’insonnia è molto alta nei pazienti con malattia di Parkinson, con malattia di Alzheimer e demenza, con sclerosi multipla.Questa elevata prevalenza di insonnia va a determinare una fenotipizzazione diversa nelle diverse patologie, considerando che la tipologia di insonnia può cambiare nel corso della progressione della malattia e che quindi pone problematiche diverse nel corso del follow-up del paziente.L’insonnia, difatti, può essere un problema: i) di inizio del sonno, soprattutto se c’è ansia come comorbidità, ii) di mantenimento del sonno con risvegli nell’arco della notte, iii) di risveglio precoce mattutino, che può presentarsi in chi ha una depressione del tono dell’umore. Bisogna attenzionare in particolare chi presenta risvegli notturni, soprattutto se presentano una elevata frequenza nel corso della notte e con facile possibilità di riaddormentarsi, in quanto, soprattutto se non ritrovo efficacia dai trattamenti per l’insonnia instaurati, potrebbe valere la pena fare una valutazione polisonnografica per la ricerca del fenomeno del mioclono notturno o delle apnee ostruttive del sonno.La scelta dei farmaci per l’insonnia può diventare strategica in questa complessità di presentazione del disturbo da insonnia cronica. L’importante è seguire le linee guida con utilizzo di farmaci approvati, quali le benzodiazepine a brevissima emivita, le Z-drugs e la nuova strategia terapeutica che si basa sull’antagonismo al recettore per l’orexina per la promozione del sonno.In conclusione, l’insonnia può essere sia fattore di rischio che conseguenza di un patologia neurologica. Basti pensare che le persone con insonnia tendono a presentare atrofia cerebrale, sia per quanto riguarda la sostanza grigia che quella bianca. Recenti studi hanno documentato che chi presenta disturbi del sonno, quali frammentazione del sonno e disturbo da insonnia, presenta un grado di una atrofia corticale quantificabile in 3 anni di invecchiamento cerebrale in più rispetto a chi dorme bene. -
Dott. Luigi Lavorgna - Prof. Liborio Parrino
Il podcast “Notti insonni” esplora come l’insonnia abbia influenzato grandi figure storiche e celebrità, spesso trasformandosi in un motore di creatività e riflessione. Da Machiavelli, che scriveva nelle ore più buie, a Napoleone, noto per le sue brevi notti, fino a icone contemporanee come Lady Gaga e George Clooney, molti hanno trovato ispirazione nelle loro notti insonni. Accanto a questi racconti, il podcast offre consigli pratici per affrontare l’insonnia, evidenziando il ruolo cruciale di una consulenza clinica per prevenire che l’insonnia acuta evolva in una condizione cronica. Attraverso il contributo di esperti, si riflette su come gestire questa condizione comune con l’aiuto della scienza, prevenendo effetti negativi sulla salute mentale e fisica. Gli ascoltatori sono incoraggiati a scoprire strategie per mantenere il benessere del cervello e favorire un sonno più regolare. -
PODCASTER SENIOR: Dr. Alberto Benussi;
PODCASTER JUNIOR: Dr.ssa Chiara Gallingani;
RAZIONALE:
La demenza frontotemporale è una comune forma di demenza caratterizzata dal predominante interessamento dei lobi frontali e temporali e da estrema variabilità dal punto di vista clinico, neuropatologico e genetico. Gli attuali criteri diagnostici sono principalmente basati sulle manifestazioni cliniche dei tre principali fenotipi, supportate da elementi di imaging strutturale e funzionale convenzionali. Negli ultimi anni, tuttavia, sono emersi numerosi nuovi biomarcatori, che permettono non solo di individuare il fenotipo clinico ma anche di avere informazioni sulle sottostanti entità neuropatologiche e genetiche della malattia. Questo ha permesso di anticipare la diagnosi di demenza frontotemporale a stadi sempre più iniziali, introducendo così il concetto di demenza frontotemporale prodromica. -
PODCASTER SENIOR: Prof. Giuseppe Bellelli;
PODCASTER JUNIOR: Dr. Simone Salemme;
RAZIONALE:
Il delirium è un tema interdisplinare che coinvolge direttamente diversi professionisti sanitari, tra cui geriatri e neurologi. Con fino a un terzo delle persone in età avanzata che manifesta un episodio di delirium in corso di ospedalizzazione e quasi il 60% dei casi che rimane non diagnosticato, il delirium è un tema di grande rilevanza per la pratica clinica di tutti i giorni. L’importanza di una corretta gestione del delirium è enfatizzata ulteriormente dalle crescenti evidenze che lo associano a un maggior rischio di declino cognitivo, rendendo di fatto il delirium un’opportunità di prevenzione della demenza, con possibili risvolti neuroprotettivi. -
PODCASTER SENIOR: Dr. Giovanni Marfia;
PODCASTER JUNIOR: Dr. Matteo Farè;
RAZIONALE:
Dai primi traguardi dell’esplorazione spaziale con lo Sputnik nel 1957, il primo allunaggio del 1969 e alle successive missioni spaziali internazionali, nella mente collettiva il cosmo e la possibilità di esplorarlo rappresentano al tempo stesso una frontiera immaginifica ed una pietra miliare del progresso scientifico umano.
Nonostante i voli suborbitali commerciali sembrino vicini, pensiamo ad esempio alle recenti imprese di aziende private come SpaceX o Virgin Galactic, il volo spaziale porta con sè ancora moltissime difficoltà, tra cui l’adattamento all’inospitalità dell’ambiente spaziale, l’effetto sull’organismo della microgravità e di elevate accelerazioni e in generale gli effetti long-term su fisico e mente.
Inoltre, l’esperienza del volo spaziale e suborbitale offre l’opportunità di raccogliere dati biometrici, di studiare determinate patologie, di approntare esperimenti specifici in un setting del tutto particolare, fornendo anche informazioni di utilità non solo aerospaziale ma anche medica e sanitaria. -
PODCASTER SENIOR: Dr.ssa Renata Rao;
PODCASTER JUNIOR: Dr.ssa Anna Gardin;
RAZIONALE:
I pazienti che lamentano dolore in regione facciale vengono spesso valutati da diversi specialisti, a seconda della prevalente localizzazione del dolore stesso: oculisti, odontoiatri, otorinolaringoiatri, chirurghi maxillo-facciali, neurochirurghi ed anche noi neurologi. Le possibili cause sottostanti, infatti, possono essere di competenza di diverse branche mediche e/o chirurgiche. Nel campo neurologico, una delle diagnosi più comuni è la nevralgia del trigemino, ma possono essere prese in considerazione anche altre categorie di cefalee, quali per esempio le cefalee autonomiche trigeminali (TACs). Nel 2020 è stata inoltre pubblicata la prima classificazione internazionale dei dolori orofacciali (https://doi.org/10.1177/0333102419893823), che rappresenta un altro valido aiuto per poter meglio inquadrare questa tipologia di pazienti, la cui condizione spesso arriva ad essere limitante per le attività della vita quotidiana. -
PODCASTER SENIOR: Dr.ssa Francesca Ragona;
PODCASTER JUNIOR: Dr.ssa Eugenia Tosi
RAZIONALE:
Nel percorso di cura si definisce trasferimento il processo in cui il Neuropsichiatra infantile invia al Neurologo il paziente con una relazione clinica; la transizione invece è il passaggio programmato da un sistema di cure centrato sul bambino a uno orientato sull’adulto. È definito come un processo propositivo, pianificato, che risponde alle esigenze mediche, psicosociali, educative e professionali di adolescenti e giovani adulti con condizioni fisiche e mediche croniche mentre si spostano da sistemi sanitari pediatrici a centri per adulti. Il momento della transizione deve rappresentare anche il momento della epicrisi, la rivalutazione diagnostico terapeutica e della storia clinica del paziente. L’ambizione è quella di passare da un processo di trasferimento a un vero e proprio processo di transizione. -
PODCASTER SENIOR: Prof.ssa Stefania Corti
PODCASTER JUNIOR: Dr. Andi Nuredini
RAZIONALE:
L’atrofia muscolare spinale (SMA) è una patologia neuromuscolare a trasmissione autosomica recessiva caratterizzata dalla progressiva degenerazione degli alfa-motoneuroni nelle corna anteriori del midollo spinale, con conseguente atrofia e debolezza muscolare. La SMA è la prima causa di morte per malattia genetica nell’infanzia e fino a pochi anni fa, soprattutto nella sua forma ad esordio infantile, era considerata una patologia intrattabile. Eppure, negli ultimi anni la ricerca traslazionale ha portato all'approvazione di nuove strategie terapeutiche che stanno drasticamente ridisegnando la storia naturale della SMA. In questo episodio si parlerà dei traguardi raggiunti e delle sfide ancora da affrontare di onasemnogene abeparvovec, la prima terapia genica approvata nel panorama delle malattie neuromuscolari. -
PODCASTE SENIOR: Dr. Francesco Acerbi;
PODCASTER JUNIOR: Dr. Nicola Rifino;
RAZIONALE:
L'arteriopatia Moyamoya è una patologia cerebrovascolare cronica caratterizzata da una progressiva steno-occlusione bilaterale delle arterie carotidi interne e dei suoi rami principali, associata allo sviluppo di una rete collaterale di vasi fragili nelle aree profonde del cervello. I pazienti affetti da questa malattia rara hanno un rischio aumentato di sviluppare ictus ischemici e/o emorragici nel corso della vita. Nonostante nel 2023 siano state pubblicate le linee guida ESO sulla gestione dei pazienti con Moyamoya, questa patologia è ancora poco conosciuta in Italia. Ne parleremo oggi con il Dr. Francesco Acerbi, Responsabile della UOSD Vascolare, Centro di Rivascolarizzazione Neurochirurgica (Neurochirurgia 5) dell’Istituto Neurologico Carlo Besta di Milano, autore delle linee guida europee sull’arteriopatia Moyamoya. Nel corso del nostro podcast, cercheremo di chiarire cosa si intende per arteriopatia Moyamoya, quando è utile porre il sospetto clinico, quali esami sono necessari per la diagnosi, quali trattamenti sono ad oggi disponibili e per quali pazienti l’approccio neurochirurgico può risultare determinante. -
PODCASTER SENIOR: Dr.Davide Cappon;
PODCASTER JUNIOR: Dr. Marco Michelutti;
RAZIONALE:
Presente e prossimo futuro delle applicazioni della neuromodulazione non invasiva nell’ambito delle malattie neurodegenerative. -
PODCASTER SENIOR: Prof. Luigi Ferini Strambi;
PODCASTER JUNIOR: Dr.ssa Chiara Bonomi;
RAZIONALE:
La relazione tra sonno e neurodegenerazione è un argomento molto vasto e dai contorni poco definiti, soprattutto per il neurologo non esperto in sonno. La letteratura degli ultimi 10 anni ha incalzato molto sul rapporto stretto e bidirezionale tra questi due "mondi", attraverso meccanismi comuni che coinvolgono l'importanza del mantenimento del sonno notturno come condizione necessaria per la corretta clearance dei prodotti tossici del catabolismo neuronale, il cui accumulo è alla base appunto dei processi di neurodegenerazione (come ad esempio nella Malattia di Alzheimer). Al contrario, le patologie degenerative possono causare danni estesi al SNC che possono portare anche alla disregolazione dei circuiti che regolano il sonno stesso. -
PODCASTER SENIOR: Prof. Camillo Marra;
PODCSTER JUNIOR: Dr.ssa Giulia Remoli;
RAZIONALE:
Le afasie primarie progressive ( PPA) rappresentano un gruppo eterogeneo di demenze degenerative, che si presentano con una degenerazione relativamente focale dei sistemi cerebrali che governano il linguaggio. Nonostante la letteratura scientifica si sia avvicinata molto a questa tematica negli ultimi anni, queste rimangono una sfida diagnostica e gestionale anche per i più esperti: le PPA rappresentano condizioni rare, con substrato neuropatologico eterogeneo, e notevoli implicazioni per il paziente e i suoi familiari. In questo podcast tratteremo le 3 forme di PPA: non fluente/agrammatica, logopenica, semantica come caratteristiche cliniche , inquadramento diagnostico e prognostico, sino a riflettere su eventuali terapie. -
PODCASTER SENIOR: Dr.ssa Marialuisa Zedde
PODCASTER JUNIOR: Dr.ssa Silvia Seri;
RAZIONALE:
L’angiopatia amiloide cerebrale è una patologia età-relata che si pone come una delle principali cause di emorragia intracranica nei soggetti anziani. I nuovi criteri diagnostici di Boston 2.0, le cui differenze rispetto ai precedenti ci verranno spiegate nel dettaglio dalla Dott.ssa Zedde nel podcast, danno risalto a nuovi aspetti clinici e di neuroimaging. Bisogna infatti considerare anche gli episodi neurologici transitori focali come manifestazione di questa patologia e differenziarli dagli attacchi ischemici transitori, in quanto il risvolto terapeutico è del tutto differente. Inoltre, affronteremo con la dott.ssa Zedde i rapporti con la patologia neurodegenerativa e CAA-related inflammation con i loro risvolti terapeutici. Buon ascolto! -
PODCASTER SENIOR: Prof.ssa Chiara Robba;
PODCASTER JUNIOR: Dr.ssa Giulia Fiume;
RAZIONALE:
Il doppler transcranico è una metodica strumentale che permette di valutare il circolo cerebrale intracranico, attraverso specifiche finestre ossee, in modo rapido e non invasivo, direttamente a letto del paziente. Attraverso questa tecnica è possibile identificare e valutare la direzione e la velocità di flusso dei vasi principali del circolo intracranico e, così facendo, identificarne anche possibili variazioni in condizioni fisiologiche e patologiche. Uno degli utilizzi più comuni nella nostra pratica clinica e ambulatoriale è sicuramente l’esecuzione del bubble test per valutazione indiretta dello shunt dx-sn e la possibile identificazione del Forame Ovale Pervio nell’ictus criptogenetico. Questa metodica, però, offre un ampio ventaglio di applicazioni che possono guidare il percorso diagnostico-terapeutico del paziente neurologico. -
PODCASTER SENIOR: Prof.ssa Enza Maria Valente;
PODCASTER JUNIOR: Dr. Vidal Yahya;
RAZIONALE:
Individuare le sottospecialità neurologiche con il maggior contributo della genetica al momento, guidare i neurologi nella scelta dei test genetici più accurati, guidare i neurologi nell’interpretazione dei risultati. -
PODCASTER SENIOR: Prof. Francesco Saccà;
PODCASTER JUNIOR: Dr.ssa Giulia Greco;
RAZIONALE:
La Miastenia Gravis (MG) è una patologia neuromuscolare autoimmune caratterizzata principalmente da faticabilità muscolare post-esercizio, generalizzata o confinata alla sola muscolatura estrinseca oculare, determinata dalla presenza di autoanticorpi rivolti contro diverse componenti della giunzione neuromuscolare, quali gli anti-AChR, anti-MuSK o anti-LRP4.
Pazienti clinicamente affetti in cui non sia riscontrata positività per nessuno dei suddetti anticorpi, vengono considerati sieronegativi.
Fino a qualche anno fa, l’approccio terapeutico per i pazienti affetti da MG era limitato all’utilizzo, talora combinato, di farmaci sintomatici (es. piridostigmina bromuro), corticosteroidi e/o immunosoppressori non steroidei, con estrema variabilità nella risposta clinica.
Negli ultimi anni, grazie all’avvento di nuovi farmaci lo scenario è finalmente cambiato, permettendo di trattare in maniera efficace anche pazienti non responsivi ai trattamenti di prima linea. -
PODCASTER SENIOR: Dr. Francesco Arba;
PODCASTER JUNIOR: Dr.ssa Costanza Rapillo;
RAZIONALE:
L’emorragia cerebrale spontanea rappresenta circa il 15% di tutti gli ictus cerebrali ed è seguita da una mortalità del 30-40%, rappresenta quindi una patologia devastante e con elevati costi socio-sanitari. Non esistono ad oggi terapie di fase acuta in grado di modificarne sostanzialmente la prognosi, come invece accade nell’ictus ischemico. Eppure, riconoscere un ictus emorragico e le sue cause è il primo passo per cercare di migliorare l’outcome del paziente con le giuste strategie terapeutiche. Inoltre, una migliore conoscenza della patologia ci aiuta a pensare e progettare i trials del futuro.
In questo NEUROPOD parleremo di gestione in acuto del paziente con emorragia cerebrale, dall'arrivo in pronto soccorso alla diagnosi, soffermandoci sull'inquadramento diagnostico/eziologico e terminando con un piccolo focus sui pazienti che necessitano di terapia antiaggregante-anticoagulante e sulla loro gestione a lungo termine. Buon ascolto! - Mostra di più