Episodi
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Due libri molto diversi, ma altrettanto straordinari nella loro capacità di raccontare la storia tragica del Novecento. Sono Vita e destino e L'inferno di Treblinka di Vasilij Grossman, opere scelte dalla storica Anna Foa in questa nuova puntata di pagine di storia.
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“Come l'acqua e il sangue. Le origini medievali del pensiero economico” (Carocci) è il titolo dell'ultimo saggio dello storico Giacomo Todeschini. Una approfondita analisi del sistema di immagini, proveniente da un Medioevo solo in apparenza lontano, che ancora oggi determina molta parte del pensiero economico attuale. “Nel libro ho cercato di far vedere come economisti che appartengono a tendenze molto diverse, ideologicamente lontani, usino però le stesse immagini, gli stessi modelli di realtà, per dire cose molto differenti”, spiega Todeschini, presentando il suo ultimo lavoro nella nuova puntata di pagine di storia, approfondimento a cura della redazione di Pagine Ebraiche. Un percorso per immagini, quello raccontato da Todeschini, in cui si fa riferimento anche all'intreccio tra economia e religione. E a i problemi che questo legame ha prodotto nel tempo a minoranze come quella ebraica.
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Episodi mancanti?
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“Tre donne rese diverse dalla religione, dal contesto culturale e sociale, dalle scelte di vita. Hanno in comune il fatto di essersi raccontate attraverso la penna, la scrittura, il disegno. Sono state cioè tutte e tre donne che hanno vissuto e operato in un mondo di uomini: 'ai margini”. Sono le protagoniste di Donne ai margini, il saggio della storica americana Natalie Semmon Davies, al centro della nuova puntata di pagine di storia con Anna Foa. “Un libro fascinosissimo, - spiega Foa- che suscita in noi la curiosità dei confini e che ci rende familiare il passato”
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Adam Michnik, storico polacco, dissidente negli anni della dittatura comunista, giornalista, nel 2007 uscì con il libro Il pogrom (Bollati Boringhieri), dedicato al pogrom di Kielce del 1946, in cui i polacchi uccisero – finita la seconda guerra mondiale - in un vero e proprio pogrom decine di ebrei. Un libro che parla di Polonia, di antisemitismo, della reazione della chiesa polacca al pogrom, di responsabilità impunite e di ferite ancora vive; un libro scelto dalla storica Anna Foa per la puntata di oggi di pagine di storia.
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“Lo storico ha un unico dovere: quello di fare il proprio mestiere, anche se i risultati del suo lavoro alimentano il dibattito pubblico, la memoria collettiva o vengono strumentalizzati dall'istanza politica. E ciò perché quando il tempo scolorisce le tracce, resta l'iscrizione degli eventi nella storia che l'unico avvenire del passato”. È la dichiarazione di principio che la storica Annette Wieviorka mette a chiusura del suo libro L'era del testimone Raffaello Cortina Editore. Uno spunto sul ruolo della storia e della Memoria su cui riflette la storica Anna Foa, a partire proprio dal libro della Wieviorka, nella nuova puntata della rubrica pagine di storia.
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Nell'immaginario comune la Amsterdam del Seicento è stata un luogo quasi idilliaco per il mondo ebraico. Spesso quell'esperienza viene raccontata in termini molto positivi, come una vita lontana dal tunnel delle persecuzioni e della violenza della Spagna della “limpieza de sangre”. E la comunità sefardita portoghese della città rappresenta un po' il simbolo di questa idea. Ma, rivelano gli studi del Premio Israele Yosef Kaplan, tra i massimi esperti del mondo sefardita, non tutto era così semplice, non tutto era così lineare. Per questo, sottolinea la storica Anna Foa nell'ultima puntata di pagine di storia, vale la pena riprendere in mano i libri di Kaplan, e capire quel mondo e quel periodo superando miti e preconcetti.
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Un libro difficile da classificare, precoce e coraggioso, in un momento in cui di Memoria si parlava ancora poco. Un'opera che è sia letteratura sia storia, capace di creare un ponte tra le due e raccontare una delle pagine più buie del Novecento italiano: la deportazione nazifascista degli ebrei romani del 16 ottobre 1943. A raccontare la tragicità di quell'evento, Giacomo Debenetti nel suo 16 ottobre 1943: un testo fondamentale per capire cosa fu quell'episodio nella memoria dell'ebraismo della Capitale e non solo, nella memoria storica del paese, spiega la storica Anna Foa nell'ultima puntata della rubrica “pagine e storia”. “Mentre era nascosto dai vicini di casa, Debenetti assiste alla razzia e la racconta. Non è certo un libro di storia, non ha le fonti, ma le cose che racconta, le testimonianze a cui dà voce, sono cose tutte vere. È una sorta di gioiello. È una delle poche cose letterarie che Debenedetti, uno dei più grandi critici di letteratura italiana, scrive nel corso della sua vita”. O come dirà Alberto Moravia, “Debenedetti riesce a darci tutto ciò che avremmo potuto aspettarci da uno scrittore della famiglia di Defoe e Manzoni: sgomento della ragione di fronte alla furia irrazionale, carità religiosa, pietà storica, strazio esistenziale".
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Giacomo Todeschini parte da un libro sul quale molti suoi colleghi si sono formati: Medioevo cristiano, di Raffaello Morghen. Considerato il fondatore della storia medievale in Italia, l'autore trasmette in queste pagine l'idea che la civiltà europea si sia sviluppata all'insegna del solo cristianesimo. All'interno di questa rappresentazione esistono anche gli "altri", come gli ebrei, ma la loro presenza è ritenuta residuale.È una narrazione corretta? O forse, come suggerisce Todeschini, è giunto il tempo di rivedere in modo critico un'opera fortemente condizionata da un approccio teologico e quindi ideologico?
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“Uno dei temi fondamentali, che mi ha creato una sorta di illuminazione mentre studiavo, è la cosiddetta simbiosi ebraico-tedesca. Molto è stato detto di negativo, come un esperimento fallito che porterà poi all'esplosione dell'antisemitismo nazista. George Mosse invece sottolinea come questo rapporto fosse diventato parte integrante della tradizione intellettuale europea, come produsse una cultura. E ci troviamo così davanti ad un oggetto da definire”, spiega la storica Anna Foa nell'ultima puntata di pagine di storia. Una puntata dedicata proprio all'analisi di Mosse rispetto all'intreccio tra cultura ebraica e tedesca e al tentativo di dare una definizione di questo rapporto.
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In Storia notturna. Una decifrazione del sabba lo storico Carlo Ginzburg ricostruisce una traiettoria secolare in cui l'ossessione di un complotto contro la società, attribuito a gruppi via via diversi (lebbrosi, ebrei, musulmani, eretici e streghe), s'intrecciò a credenze popolari a sfondo sciamanico. Il complotto immaginario prese forma in un territorio limitato, dalla Francia all'arco alpino. E mosse i suoi passi a cavallo tra il 1320 e il 1348. A questo periodo temporale Ginzburg dedica i primi due capitoli del suo saggio e su di essi si sofferma nella puntata odierna di “pagine di storia” la storica Anna Foa. Due capitoli in cui si spiega, con l'ampio uso di fonti, come in meno di un secolo (tra il 1320 e il 1409) “si coaguli all'interno del mondo cristiano una ideologia per cui al suo interno ci sono dei nemici che avvelenano, che sono portatori di morte. - sottolinea Foa - E questi nemici sono da una parte i malati veri, i lebbrosi, dall'altra gli ebrei, con sullo sfondo i musulmani e le streghe”.
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È l'alba del 13 luglio 1942 quando il Battaglione 101 della Riserva di Polizia tedesca entra nel villaggio polacco di Józefów: i soldati rastrellano circa 1800 ebrei, la gran parte dei quali (compresi donne, vecchi e bambini) sono subito uccisi. A compiere il massacro, il primo di una lunga serie, sono uomini non necessariamente nazisti e neanche fanatici antisemiti. Ciò non impedì loro di uccidere molti altri ebrei e di contribuire alla loro deportazione nei campi di sterminio. Cosa pensavano, mentre partecipavano alla soluzione finale? Come giustificavano il proprio comportamento? E soprattutto, per quale motivo furono cosí spietatamente efficienti nell’eseguire gli ordini? Per fede nell’autorità, per paura della punizione? Nel suo libro Uomini comuni, pubblicato in Italia da Einaudi e presentato da Anna Foa nel nuovo appuntamento con "pagine di storia", lo storico americano Christopher Browning dà questa spiegazione: un uomo comune può diventare il peggior assassino per puro spirito di emulazione e desiderio di carriera. Sentimenti solo in apparenza innocui e invece determinanti nell'evoluzione del progetto di annientamento ebraico per mano nazifascista.
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"Che storia! - Sono una profuga dall'Egitto e dalla Palestina e trovo qui aiuto, amore e cura da parte Vostra! Con entusiasmo sublime penso a questa mia origine e alla trama del destino in cui si uniscono le più lontane distanze di spazio e di tempo: le più antiche memorie del genere umano, allo stato più recente delle cose. Quello che, per tanto tempo della mia vita, è stata l'onta più grande, il più crudo dolore e l'infelicità, essere nata ebrea, non vorrei mi mancasse ora a nessun costo". Con queste parole di Rahel Varnhagen, Hannah Arendt decide di aprire la sua prima e unica biografia dedicata proprio alla Varnhagen, scrittrice ebrea berlinese vissuta a cavallo tra la fine del Settecento e gli inizi dell'Ottocento. È questo volume - Rahel Varnhagen. Storia di un'ebrea (Il Saggiatore) - che la storica Anna Foa presenta nella nuova puntata della rubrica “pagine di storia”. Un testo in cui, attraverso la figura di Rahel, la Arendt apre una finestra sul mondo ebraico tedesco, sul significato di assimilazione e integrazione. “Leggere questo libro aiuta a capire pieno di contraddizioni dell'ebraismo tedesco. È estremamente affasciante”, spiega Foa. O per dirla come Walter Benjamin è un testo che “nuota vigorosamente contro la corrente della giudaistica edificatoria e apologetica”.
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Dalla vita negli Shtetl polacchi racconta da Israel Singer in Di un mondo che non c'è più (Bollati Bolinghieri) alla rappresentazione dell'ebraismo piemontese che emerge ne Il sistema periodico (Einaudi) di Primo Levi, la narrativa può essere un modo per immergersi nella storia e comprenderne le abitudini e la vita del passato. Non un sostitutivo ai testi accademici ma un importante ed istruttivo contributo per capire cosa significava, ad esempio, vivere nello Shtetl o nel Piemonte ebraico dei primi del Novecento. Da qui l'invito dello storico Giacomo Todeschini nella nuova puntata di “pagine di storia” a prendere in mano i romanzi per scoprire degli spaccati della storia delle nostre società e delle persone che la abitano. “Non si tratta semplicemente di avere memoria, in libri come Il sistema periodico abbiamo proprio una ricostruzione storica che si poggia sia sui ricordi personali ma anche su documentazioni private così come pubbliche. Abbiamo, in forma narrativa, dei veri libri di storia”, spiega Todeschini, richiamando in particolare la grande capacità di Primo Levi di riportare alla luce, con grande capacità espressiva, i volti e le tradizioni dell'ebraismo piemontese che ci aiutano a comprendere il suo ruolo nella società.
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La capacità di fare scelte scomode, di studiare personaggi considerati controversi o realtà lontane dalla propria visione del mondo per poter andare a fondo delle questioni, per poter comprendere la complessità dell'animo umano. Gershom Scholem aveva questa capacità, spiega la storica Anna Foa nell'ultima puntata di “pagine di storia” incentrato sulla celebre opera dedicata a Shabbatai Zevi dal grande studioso e filosofo israeliano. Zevi è una figura controversa nella storia ebraica: considerato da alcuni contemporanei il messia, viene analizzato da Scholem – figlio della scuola razionalista – con occhi critici e allo stesso con empatia e mai disprezzo, spiega nel corso della puntata la Foa.
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Gli stereotipi economici antiebraici (l'ebreo usuraio, banchiere, stregone della finanza) rappresentano dei miti che hanno avuto ricadute dirompenti sulla storia europea – con secoli di persecuzioni - così come sulla stessa organizzazione dell'economia. Hanno permesso la costruzione artificiosa di un nemico a cui attribuire ogni responsabilità per eventuali distorsioni del sistema economico. E i lavori di due studiose come Julie Mell - The Myth of the Medieval Jewish Moneylender - e Francesca Trivellato - The Promise and Peril of Credit: What a Forgotten Legend about Jews and Finance Tells Us about the Making of European Commercial Society (che sarà pubblicato in Italia da Laterza) - aiutano a capire quanto siano profonde le radici di questi artifici e come siano stati utilizzati come armi dalla maggioranza, in particolare cristiana, nel corso dei secoli. Per questo, spiega lo storico Giacomo Todeschini è importante leggere i volumi di Mell e Trivellato: ci aprono gli occhi su come delle falsificazioni abbiano portato a modificare la realtà stessa.
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“Si sa che le norme della Chiesa proibivano agli ebrei di uscire nelle strade durante la 'settimana santa' e in particolare nel giorno del 'venerdì santo'. Nell'Umbria medievale c'era un'usanza per cui i ragazzini andavano a tirare i sassi agli ebrei e questa cosa viene chiamata sassaiola santa. Tutto questo viene in qualche modo regolato, come se fosse una specie di gioco teatrale, per cui i bambini tirano ma non devono causare realmente dei danni e in cui gli ebrei si rassegnano. Però una volta, all'inizio del Cinquecento, succede una cosa strana: gli ebrei, invece che rimanere in casa, si mettono tutti seduti sui propri balconi e quando passa la processione a tirare i sassi, loro li ritirano indietro. La processione è così costretta alla fuga con statue e frati che corrono via”. Gli ebrei, in questa occasione, pagheranno una grossa multa però “la soddisfazione di far scappare una processione con i frati se la sono tolta”. Questo episodio è raccontato, spiega la storica Anna Foa, è raccontato nel libro di Ariel Toaff Il vino e la carne. Una comunità ebraica nel Medioevo (Il Mulino). Un volume importante, spiega la storica nella puntata di oggi della rubrica “pagine di storia”, perché “ha rivoluzionato il modo di intendere l'ebraismo della fine del Medioevo, dei secoli tra Duecento e Cinquecento attraverso uno studio locale, sistematico e molto approfondito sulle fonti ebraiche quanto cristiane degli ebrei dell'Umbria”.
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Riconsiderare sia il ruolo dell'Europa Orientale, di Bisanzio, sia del contributo ebraico nella costruzione dell'Europa come oggi la conosciamo. Su queste due direttrici, che nel corso dei suoi studi si sono incrociate, si è mosso il lavoro della storica Évelyne Patlagean, il contributo alla storiografia moderna è raccontato da Giacomo Todeschini nella nuova puntata di “pagine e storia”. “Patlagean - spiega lo storico Todeschini - ha lavorato per raccontare gli ebrei come produttori di storia, di cultura, attraverso la loro autorappresentazione nei secoli e non come vittime della storia”. Protagonisti dunque e non spettatori. Un ruolo centrale che Patlagean attribuì anche a Bisanzio e alle sue vicende, troppo spesso considerate in modo separato dalla storia europea.
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“Una visione del tutto nuova della visione della storica culturale dell'ebraismo spagnolo”. È quella contenuta nel libro dello storico francese Maurice Kriegel nel volume Les Juifs à la fin du Moyen Âge dans l'Europe méditerranéenne. Un volume che la storica Anna Foa ha scelto per il terzo episodio di “pagine di storia”, la rubrica audio curata dalla redazione di Pagine Ebraiche e dedicata a scoprire i grandi testi ed autori della storiografia moderna. La lente di Foa si sposta questa volta sulla storia dell'ebraismo spagnolo, studiato in modo innovativo da Kriegel.
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"Un libro molto avvincente che ci fa toccare con mano come il potere degli Stati, la sovranità nazionale ha un fondo religioso. Ci fa vedere come la concezione del potere politico che si afferma in occidente è cristiana e come la concezione del potere politico ebraica sia completamente diversa". Il libro in questione è "I due corpi del re" di Ernst Kantorowicz, scelto dallo storico Giacomo Todeschini per la nuova puntata del podcast "pagine di storia" curato dalla redazione di Pagine Ebraiche.
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Anna Foa spiega l'importanza dello storico Yerushalmi nella sua formazione
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