Episodi
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Spesso si parla di “ospite” quando un male si impossessa del corpo. Quando però s’impossessa della testa, quasi nessuno se ne accorge. Solo Laura lo sa, solo lei sa quanto è difficile alzarsi dal letto, mettersi le scarpe, uscire da casa. Solo lei sa quanto pesa quel macigno di ossessioni, che ogni tanto le fa dire “non ce la faccio più”. Eppure, a quel "disturbo", Laura ha deciso di scrivere per provare a scacciarlo.
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Il 20 ottobre 2017 suona il campanello di casa. I carabinieri annunciano che il fratello dell’autrice di questa lettera ha avuto un incidente. Sacrificare la gamba per la vita, una vita da reinventare. Adesso che lui finalmente ha lasciato le stampelle, lei gli dice “grazie”.
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Episodi mancanti?
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“Cerca di migliorare il tuo piccolo angolo di mondo”. L’autrice di questa lettera pensa a questa frase quando cerca di insegnare alle sue figlie a essere persone, a concedere un sorriso agli sconosciuti, a tendere la mano a chi chiede aiuto. E sono le sue figlie, a loro volta, a insegnare ogni giorno qualcosa a lei.
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Immagazzinare ricordi. È quello che fatto Paola, dopo la scomparsa di sua madre. E mentre la vita scorre, lei si ferma un attimo per rassicurarla: “Va tutto bene”.
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Monica ha deciso di scrivere una lettera a se stessa, alla ragazzina che è stata, alla donna che è diventata. Per fare pace con le domande irrisolte, tracciare una linea, guardarsi allo specchio e dirsi che la vita è un casino, ma è anche piena di piccole (e bellissime) cose.
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“Sono innamorato di te”: una frase semplice, eppure una frase che M. non è mai riuscito a pronunciare a G. Due vite sulla stessa frequenza d’onda, due vite che non si riescono a incontrare davvero, perché i sentimenti sono rimasti ingabbiati dentro, lasciandosi dietro la nostalgia di qualcosa di non vissuto.
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Quasi vent’anni di silenzio tra un padre e una figlia, “colpevole” di non assomigliare alle aspettative costruite su di lei. Ma alla fine, quella figlia di scopre più simile al padre di quanto non pensasse perché, se pur distante, ha raccolto tutte le briciole lasciate lungo la strada.
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Come si fa a perdonarsi quando ci si accorge di aver commesso un errore? Come si fa a dire all’uomo che ami che lasciarlo è stata cosa più sbagliata che tu potessi fare? Con una lettera, che forse però arriva troppo tardi.
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Un padre con una doppia vita è una cosa difficile da accettare per una figlia. Ma la protagonista di questa storia ce l’ha fatta, con fatica e amore. E adesso chiede scusa per non aver capito in tempo, per non aver saputo perdonare.
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La cura per la bicicletta è l’insegnamento del nonno di Samuel, che a ogni pedalata ripensa alle sue “lezioni”: adesso che non c’è più, vorrebbe dirgli tante cose, soprattutto che ha seguito i suoi consigli, e che quella vecchia bici fila ancora come il vento.
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È il primo giorno di vacanza, Cristiano ha 19 anni e sta dormendo in camera sua quando suo padre si suicida nella stanza accanto. Lo ha chiamato “papà” troppe poche volte e per questo oggi gli scrive questa lettera.
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Giuseppe non riesce più a ricordare la voce di sua madre. Gli resta una lettera, una manciata di parole mute, e il rimpianto di non aver registrato quella voce.
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Fabio è un capotreno, ma durante i tre mesi di pandemia è stato soprattutto un papà: ha imparato a cambiare i pannolini, a scaldare alla temperatura giusta la pappa, a godersi persino quella sensazione di inadeguatezza che i padri provano davanti a un neonato.
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Che cosa c’è dopo la morte? Ritroveremo le persone che abbiamo amato e che non ci sono più? Lo chiede, un giorno, nonna Giustina a suo nipote Beppe, che non ha risposte ma che con questa lettera le manda un messaggio.
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Cosa resta dopo un anno di servizio civile tra le signore malate di Alzheimer? Trascorrere del tempo accanto alle persone anziane ci insegna molto, e ci cambia. Come racconta Michele Dalai, ricordando Italia e le altre ragazze del padiglione San Carlo.
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Il jazz è improvvisazione, si sa. Ma che cosa succede quando un amore nato come una jam session prova a imporsi su uno spartito? A volte, come nel caso di Francesca, si perde il tempo, e ci si allontana.
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Una professoressa appassionata che dà ripetizioni agli studenti nel suo studio, e un bambino che in quello studio cresce, assorbendo come una spugna lezioni di letteratura italiana e miti greci. E che oggi vorrebbe alzare il telefono per dire “grazie”, ma non ci riesce.
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Quando nasci in un piccolo paesino, insieme a te anno dopo anno cresce la voglia di fuggire lontano. Ma che cosa succede quando si viene travolti dalla frenesia di una grande città? Lo racconta M.
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Era il 1992. Mario aveva appena affrontato l’ultimo scritto del concorso in magistratura, e per la prima e ultima volta aveva visto di persona Giovanni Falcone. Il giorno dopo, l’auto del magistrato antimafia era saltata in aria sull’autostrada A29. Da quell’anno, ogni 23 maggio, Mario, che oggi fa il magistrato, scrive una lettera a Giovanni Falcone.
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Dopo aver viaggiato per tutta la Grecia con suo padre, redattore di testi classici, il protagonista di questa lettera conosce il suo grande amore, Maria, una ragazza greca. Vorrebbe presentargliela, ma lui è morto poco prima. Così, gli dedica queste parole.
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