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Piccoli, colorati e dalle forme più diverse: il Museo Egizio ne ospita diverse centinaia. Sono gli amuleti usati dagli antichi Egizi per proteggere il corpo, in vita come nell’aldilà. Si tratta di oggetti “magici”, specchio dell’identità di quel popolo: persone che, anche se lontane nel tempo e nello spazio, erano esattamente come noi.
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I modi in cui le varie società umane, passate e presenti, trattano la morte e immaginano l’aldilà sono diversi. Tutti, però, provano da sempre a dare risposta ad alcuni bisogni universali. A dircelo sono anche gli oggetti, ritrovati in varie latitudini, che fanno parte dei corredi funerari conservati al Museo di Etnografia e Antropologia dell’Università di Torino.
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Che si tratti di antichi romani, santi o naufraghi del Mediterraneo, restituire un nome, una dignità e una memoria ai resti umani è una questione di diritti, e non solo per chi non c'è più. Ed è anche il lavoro quotidiano del Labanof, il Laboratorio di Antropologia e Odontologia Forense dell’Università di Milano, che ha da poco inaugurato un museo per raccontarlo.
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Da un osso del cranio o del bacino, o magari da un dente, ricercatrici e ricercatori dell’Eurac Research di Bolzano, dove si studiano resti umani scheletrici o mummificati di diverse origini e diverse epoche, possono ricavare moltissime informazioni di una persona, come il sesso, l’età, la dieta o le malattie di cui soffriva. Un potenziale informativo oggi disponibile anche grazie a tecnologie sempre meno invasive.
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Durante gli scavi, appena vengono rinvenuti resti umani, l’archeologo lascia il posto all'antropologo. Ma a Pompei, dove la furia del Vesuvio uccise oltre mille persone, questo ruolo è particolare: nel Parco Archeologico il metodo scientifico, unito a cure premurose, consente di adempiere, in un certo senso, al rito funebre che quei corpi attendono da duemila anni.
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Come viveva un antico egizio? Non uno ideale, ma proprio Imhotep, gran visir del Faraone Thutmose I, o Meres, 13 anni, vissuta ad Assiut 4100 anni fa. Con l’esposizione permanente “Alla ricerca della vita. Cosa raccontano i resti umani?”, i curatori del Museo Egizio provano a rispondere attraverso lo studio delle mummie e chiedendosi, di volta in volta, se e come mostrarle.
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Nel 2021 il Museo Egizio ha inaugurato una nuova sala intitolata "Alla ricerca della vita. Cosa raccontano i resti umani?", dedicata alla ricostruzione della vita nell’antico Egitto attraverso lo studio dei resti umani e dei corredi che li accompagnano. Dalla sua apertura si è fatta sempre più impellente la necessità non solo di studiare i resti umani, ma anche di affrontare la questione dell’esposizione e le implicazioni etiche che la caratterizzano.Da questa esigenza nasce “Alla Ricerca della vita”, un podcast in sei episodi che, con la voce della giornalista scientifica Giulia Alice Fornaro, attraversa l’Italia, da Pompei a Bolzano, portandoti all’interno di Musei e laboratori per incontrare archeologi, antropologhe, conservatori e genetiste e scoprire così come lo studio dei resti può dirci molto della nostra storia passata e, soprattutto, del nostro presente.“Alla Ricerca della Vita” è il nuovo podcast del Museo Egizio prodotto da Piano P. Dal 24 novembre, ogni giovedì, in tutte le app per i podcast. Iscriviti alla serie per seguire l'uscita di ogni nuovo episodio.
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