Folgen
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Bentornati alla seconda stagione di Binge Partners! Anno nuovo, ma si riparte sempre dalla stagione dei premi, quest’anno dominata – perlomeno in teoria – da film tutti importanti, tutti interessanti e tutti in competizione tra loro.Noi però ci siamo chiesti anche, dopo un anno di scioperi e sorprese e di cambiamenti nell’industria (ma in realtà ce lo chiediamo tutti gli anni), se tutta questa attenzione che diamo a premi e classifiche in fin dei conti faccia bene al cinema: davvero ha senso che il discorso sui film giri tutto attorno a scelte e pareri così arbitrari?Ma soprattutto, sappiamo davvero comprendere pienamente i motivi e le dinamiche industriali, commerciali, socioculturali dietro a queste scelte?
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Qual è lo stato di salute del cinema in Italia?È una domanda a cui in questi mesi non è stato facile rispondere, tra la ripresa post pandemia che da noi è stata più lenta che in altri paesi, il successo strepitoso di Barbie e Oppenheimer, la consapevolezza che non si trattava di una rinnovata partecipazione ma di casi particolari e infine il boom di questi giorni del film d'esordio come regista di Paola Cortellesi.Di questi temi e di tante altre questioni legate ai media, al rapporto tra cinema e territorio, alla serialità televisiva e alla politicizzazione dei prodotti mediali abbiamo parlato nell'ultimo episodio, per questa volta registrato eccezionalmente dal vivo al circolo G. Rossi di Vaiano grazie all'invito di Give Val Bisenzio e al supporto dell'Associazione Cieli Aperti.
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Fehlende Folgen?
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Dopo una campagna di marketing che verrà studiata per anni, in tanti si aspettavano il grande successo di Barbie, ma quasi nessuno lo attendeva con queste proporzioni.I numeri dell'ultimo film di Greta Gerwig negli Stati Uniti, nel mondo e in particolare in Italia, paese in cui le persone non sono certo abituate ad andare al cinema a fine luglio, sono già un primo e fondamentale indizio per capire le ragioni del successo del film.In questo episodio mettiamo in dialogo Barbie con il contesto produttivo e culturale in cui si inserisce, andando a individuare le qualità principali del film di Greta Gerwig, soprattutto a proposito della capacità dell'autrice di fondere il suo sguardo (e il suo background indie) con un'operazione cinematografica dal respiro mainstream.
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Come si conclude una serie tv?È l'annosa domanda che, prima o poi, ogni writers' room è costretta a farsi, con la consapevolezza che ogni serie ha il suo finale e che non ci sono formule perfette.È anche quello che ci siamo chiesti in questo episodio, che arriva dopo la conclusione di diversi show che hanno segnato la serialità televisiva degli ultimi anni.Perché è piaciuto così tanto l'epilogo di Succession? Come mai Ted Lasso che sembrava vivere in una bolla idilliaca ha finito per incepparsi proprio sul più bello? Quanto ci mancherà Mrs. Maisel? Quanto poco si è parlato di quella meraviglia di Happy Valley?Oltre a rispondere a queste domande proviamo a riflettere sui series finale in quanto oggetti a se stanti e su cosa significa questo momento per una serie tv, analizzandone anche alcuni del passato.
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La rabbia come non l'avete mai vista prima. O quasi.Perché il cinema in realtà da sempre ci racconta storie di maschi bianchi incazzati che a un certo punto esplodono e spaccano tutto. Oggi però la differenza sta nel rapporto tra rabbia e privilegio, nonché nella possibilità tutta contemporanea di affrontare il discorso sulla rabbia a partire da prospettive diverse rispetto al passato.In questo episodio, intrecciando realtà e finzione, esperienze collettive e storie audiovisive, abbiamo fatto il punto sulla rappresentazione della rabbia, concentrandoci in particolare su tre serie: Beef, Yellowjackets e Swarm.
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Cosa sta succedendo a Hollywood? Il sindacato degli sceneggiatori è sceso in piazza, in guerra aperta con le grandi case di produzione per rivendicare, in poche parole, il proprio diritto a esistere e guadagnarsi decentemente da vivere in un'industria che esplode di contenuti ma che taglia sul costo del lavoro creativo. Ma come mai un'industria che sembra fiorente come non mai ha bisogno di pagare poco gli sceneggiatori? E perché questo sciopero c'entra con l'arrivo delle piattaforme e con i modelli di business che hanno portato nell'intrattenimento? In questo episodio vi proviamo a spiegare in maniera chiara dove sta il problema e perché riguarda anche voi.
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Ogni volta che una serie italiana come Mare Fuori buca nel grande pubblico delle piattaforme, la reazione collettiva è sempre sospesa tra l'orgoglio e la sorpresa, come se in fondo pensassimo che sia impossibile per un prodotto nostrano diventare un successo internazionale. Ma come mai ci viene spontaneo pensare che le serie italiane, in media, facciano tutte schifo e quelle ben riuscite siano un'eccezione? In questa puntata parleremo di come e perché questa visione della nostra tv ha preso piede, del perché è riduttiva come minimo e spesso sbagliata, di come si sta evolvendo il panorama televisivo italiano e ovviamente di alcuni dei nostri prodotti preferiti di sempre.
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L'avevamo annunciata ed eccola, la puntata monografica su You, la serie Netflix che a ogni stagione diventa un evento ma che è anche uno dei prodotti televisivi più travisati e complessi che ci siano in giro. Ci immergiamo nella mente di Joe, il nostro narratore inaffidabile preferito, analizzando questo enorme fenomeno, le ragioni del suo successo, la sottovalutazione di certa critica e vi raccontiamo come sia riuscita a coniugare crime e commedia romantica, satirizzando abilmente il mito dell'antieroe e mettendo alla prova costantemente chi guarda.
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Perché quest'anno il tappeto rosso era beige? Cosa significano le tante vittorie di Everything Everywhere All at Once? Come mai tanti film celebratissimi hanno chiuso completamente senza vittorie? Gli Academy Awards contanto ancora al botteghino? Perché le fat-suit da qualche anno vincono sempre il premio al make-up?A queste e altre domande proviamo a rispondere nel nuovo, inevitabile episodio post-Oscar 2023, raccontando il bello e il brutto di una cerimonia spesso bistrattata ma che è ancora uno degli eventi più importanti dell'anno nel mondo del cinema e dell'intrattenimento.
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Cosa sta succedendo al Marvel Cinematic Universe?In questo episodio approfittiamo dell'uscita al cinema di Ant-Man and the Wasp: Quantumania per fare il punto sull'universo condiviso della Marvel, che negli ultimi due anni ha iniziato a includere in maniera più significativa anche le serie televisive.Quando uscì Iron Man eravamo ancora nel 2008 e non sapevamo che sarebbe stato l'inizio del più grande franchise della storia del cinema. Dopo record su record al botteghino, nobilitazioni artistiche arrivate da più fronti, a cominciare dagli Oscar, qualcosa sembra essersi rotto.Che problemi hanno i film Marvel? Siamo così sicuri che funzionino ancorora come un tempo? E viceversa, è davvero così appropriato parlare di crisi? A queste e ad altre domande rispondiamo nell'episodio, cercando di interpretare questo complesso e per questo anche affascinante momento di transizione del Marvel Cinematic Universe.
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In questo episodio ci facciamo la domanda delle domande: come si parla in modo corretto di un film divisivo, cercando di portarne alla luce i vari aspetti e inseguendo un minimo di obiettività? The Whale è un film perfetto per questo, che ci ha stimolato reazioni opposte rispetto alla visione, e che necessita di un'analisi puntale (anche extrafilmica) sul lato della rappresentazione di una persone grassa che mette in scena. Per quanto ci riguarda, abbiamo deciso di evitare di scannarci in famiglia ma di portare tutto a un livello un po' più civile facendo un episodio a caldo post visione.Note:QUESTO è il famoso articolo-confessione di Brendan Fraser https://www.gq.com/story/what-ever-happened-to-brendan-fraserQUESTO è il racconto di John Cazale (di cui Eugenia come sempre non ricordava il nome) e dellimpossibilità di assicurarlo sul set di The Deer Hunter https://www.telegraph.co.uk/news/2019/12/07/de-niro-saved-deer-hunter-paying-co-stars-medical-insurance/?WT.mc_id=tmgliveapp_iosshare_Atg3fDhqMkjGQUESTI due pezzi interessanti su Hollywood e le fat suit https://www.nytimes.com/2022/09/23/movies/fat-suits-hollywood.html e l'attrice Darlene Cates, raro esempio di interprete infinifat in un grosso successo Hollywoodiano https://www.vanityfair.com/hollywood/2017/03/leonardo-dicaprio-darlene-cates
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Il review bombing è il tentativo di affossare la reputazione di film e serie tv lasciando recensioni negative in massa sui principali aggregatori: in questo episodio, con lo spunto del bombing omofobo subito dal terzo episodio di The Last of Us, cerchiamo di raccontare questo fenomeno, di capirne complessità e ragioni - cercando di non ridurre anche gli odiatori online a stereotipi culturali. NoteNon l’abbiamo detto nell’episodio, ma non è la prima volta che TLOU subisce review bombing omofobo: era già successo al capitolo due del videogioco. Il film di cui come al solito Eugenia non si ricordava è @ilmorofilm di @daphnedicinto
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Come avrete capito dal titolo, non si può sfuggire alle nomination agli Academy Awards. In questo episodio raccontiamo un po' di quello che sappiamo dell'edizione 2023, compresi retroscena, ipotesi, scandali e un sacco di pareri personali che probabilmente saranno smentiti poi durante la cerimonia. Partiamo da due punti di cui però non sempre si parla, a differenza dei pronostici di vittoria: perché gli Oscar sono così importanti e perché raramente premiano i film che ci piacciono di più - come quasi sempre, queste cose hanno a che fare con un'industria che segue regole molto precise, fondamentali per capire come funziona questa premiazione - quella che forse più di tutti rappresenta come l'industria del cinema statunitense vede sé stessa.
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In questo episodio parliamo di un fenomeno, o per meglio dire un atteggiamento, l’hate watching, che è non solo interessante di per sé (l’idea di guardare qualcosa che non ci piace, o che ci fa arrabbiare, è una curiosa contraddizione in termini su cui riflettiamo davvero poco) ma anche estremamente specifico del momento storico in cui viviamo, in cui le visioni di film e serie non soltanto sono condivise ma anche parte della costruzione della nostra persona pubblica. Insomma le cose che vediamo, e quello che ne pensiamo, sono parte integrante della personalità che sfoggiamo online. Quindi è logico e prevedibile che ci aspettiamo di venire giudicati anche in base a esse.Abbiamo citato un articolo dal quotidiano Il Post, che trovate qui: https://tinyurl.com/247927p4