Folgen
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I tentativi di riattivare la Democrazia cristiana, anche dopo i verdetti negativi dei giudici del 2013-2015, si moltiplicano: il più interessante trova una possibile via nel codice civile (art. 20), che consente a un decimo degli associati di ottenere la convocazione dell’assemblea di un’associazione, rivolgendosi al presidente del tribunale. Un gruppo di persone (tra cui Nino Luciani e Alberto Alessi) a metà del 2016 interpella ancora il Tribunale di Roma, presentando circa 200 firme di persone che nel 2012 – in vista del secondo XIX congresso, poi invalidato – avevano confermato la loro iscrizione alla Dc. Il percorso è lungo, ma stavolta il tribunale convoca l’assemblea degli iscritti, fissandola per il 26 febbraio 2017 all’Ergife: la riunione si svolge, parecchio movimentata, sceglie come guida temporanea Gianni Fontana, fino al 14 ottobre 2018, quando - al terzo XIX congresso - diventa segretario Renato Grassi.
La pace, però, non torna tra i “democristiani non pentiti”. Mentre l’Udc continua a esistere e operare (sia pure in formato ridotto rispetto al passato) e Gianfranco Rotondi centra di continuo la rielezione in Parlamento (grazie a sigle diverse), la Dc di Fontana e di Grassi non riesce a partecipare con lo scudo crociato alle elezioni politiche del 2018; soprattutto, da più parti si ritiene viziato il congresso del 2018 e c'è chi è convinto di averlo revocato. In vista delle elezioni anticipate del 2022, le Democrazie cristiane che presentano il simbolo sono ben quattro, ma l’unico ammesso è quello della Dc di Grassi, che sostituisce lo scudo con un drappo crociato: nel 2023 la segreteria passa da Grassi a Totò Cuffaro, fresco di riabilitazione e le liti su nome e simbolo ripartono. Offrendo nuove (pen)ultime notizie a una storia che sembra infinita.
La registrazione dell'assemblea del 26 febbraio 2017 è personale; l'intervento di Grassi al congresso del 2018 è stato tratto dal canale YouTube di Luigi abbate; la dichiarazione di antonio Cirillo è stata raccolta dall'emittente TvCity. L'intervento di angelo Sandri è tratto da un filmato della pagina Facebook della sua Democrazia cristiana; la dichiarazione di Totò Cuffaro viene da Tv Europa. Sono tratte invece dall'archivio di Radio Radicale le interviste a Gianfranco Rotondi e Cuffaro, realizzate da Lanfranco Palazzolo. -
La sentenza della Cassazione del 2010 dovrebbe chiudere la contesa giuridica sulla Democrazia cristiana, ma c’è chi non si arrende, con la convinzione che per i giudici il destino del partito, mai sciolto, sia nelle mani degli iscritti del 1993: solo loro potrebbero risvegliare la Dc, magari attraverso gli organi usciti dall’ultimo congresso (il XVIII, celebrato nel 1989). Il primo tentativo lo fa nel 2011 Publio Fiori: chiede di nominare un curatore speciale per la Dc, ma la Procura della Repubblica di Roma nega che il partito sia privo del rappresentante legale. Altri cercano di ripartire dall’ultimo organo che si era espresso sul cambio del nome (il 29 gennaio 1994), il consiglio nazionale: scelgono la strada dell’autoconvocazione e il 30 marzo del 2012 riuniscono a Roma quel che resta del consiglio, eleggendo come segretario l’ex ministro Gianni Fontana. Il gruppo celebra (di nuovo) il XIX congresso e muove i primi passi verso le elezioni del 2013, ma il Tribunale di Roma ferma tutto: i membri del consiglio non sono stati convocati personalmente e non si è rispettato lo statuto nel percorso verso il congresso. Tutti i passi compiuti per ridare vita allo scudo crociato risultano dunque inutili, ma ci vuole altro per scoraggiare i “democristiani irriducibili” e "non pentiti", che trovano il modo di querelare Maurizio Sarri e studiano altre strade.
Tutte le registrazioni incluse nell'episodio sono tratte dall'archivio di Radio Radicale, tranne quella del consiglio nazionale della Dc del 30 marzo 2012 (caricata su YouTube dalla stessa Dc di Fontana) e le parole di Ettore Bonalberti, tratte dalla presentazione del suo libro Demodissea per il sito www.isimbolidelladiscordia.it (26 settembre 2020). -
Fehlende Folgen?
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Dopo la “sentenza Manzo” del 2006, per la Democrazia cristiana guidata da Giuseppe Pizza sembra più semplice operare indisturbata, sperando di poter usare indisturbata il nome e lo scudo crociato. Intanto la XV legislatura finisce dopo soli due anni e alle elezioni del 2008 - quelle del Pd e del Pdl come sfidanti principali - la Dc si schiera con Silvio Berlusconi; il simbolo, però, viene comunque bocciato per confondibilità con lo scudo crociato dell'Udc (che non ha accettato di confluire nel Pdl e corre da sola).
Un'ordinanza del Consiglio di Stato a sorpresa riammette provvisoriamente la Dc meno di due settimane prima del voto: per varie ore le elezioni rischiano seriamente di essere rinviate (come le regionali in Friuli Venezia Giulia di dieci anni prima), in un groviglio politico, giuridico e costituzionale. Dopo un colloquio con Berlusconi, Pizza prima rinuncia ad avere 30 giorni di campagna elettorale, poi ritira la liste "per il bene del paese": nel quarto governo Berlusconi, Pizza diventa sottosegretario all’istruzione.
Tra il 2009 e il 2010, in compenso, si definiscono i contenziosi che nel 2006 avevano portato a due sentenze contrastanti del tribunale di Roma in pochi mesi: nel 2009 la Corte d’appello conferma che il cambio di nome della Dc nel 1994 è stato deciso da organi incompetenti con atti “inesistenti”, che non possono fondare usi esclusivi dello scudo crociato per Cdu e Udc; neanche la Dc-Pizza, però, può impedire ad altri di usare il suo nome e il suo simbolo, non avendo dimostrato di essere la Democrazia cristiana “storica”. Il verdetto, che scontenta tutti, è confermato nel 2010 dalla Cassazione a sezioni unite: la sentenza, tra l’altro, precisa che le delibere che hanno rinominato la Dc come Partito popolare italiano, pur viziate, restano valide perché il Ppi – cioè la Democrazia cristiana, a dispetto del nuovo nome – non era parte del processo. Sembra la parola "Fine"; in realtà la storia è pronta a ripartire.
Tutte le registrazioni incluse nell'episodio sono tratte dall'archivio di Radio Radicale, tranne il servizio iniziale di SkyTg24 (2 aprile 2008), un breve estratto da Striscia la Notizia (3 aprile 2008) e un estratto della puntata di Porta a Porta del 3 aprile 2008 (comunque presente su Radio Radicale). -
Nel 2006 - dopo le elezioni politiche, cui partecipano due Dc (quella di Gianfranco Rotondi e quella di Giuseppe Pizza), senza lo scudo crociato conservato dall'Udc - due filoni delle battaglie legali iniziate tra il 2002 e il 2003 sull’uso del nome e del simbolo della Democrazia cristiana arrivano a sentenza davanti a due giudici diversi del Tribunale di Roma. Ma se in primavera la “sentenza Rizzo” favorisce l’Udc, giudicando confondibile e illegittimo l’uso dello scudo crociato da parte della Dc-Pizza, a settembre la “sentenza Manzo” dice tutt'altro: nota che per cambiare nome alla Democrazia cristiana occorreva un congresso, ma non c’è mai stato, per cui il passaggio al Partito popolare italiano avrebbe di fatto creato un nuovo partito, che non poteva disporre del patrimonio della Dc, segni distintivi inclusi.
Il secondo giudice, in effetti, dice solo che il Cdu non è titolare dello scudo crociato e non può impedire alla Democrazia cristiana guidata da Pizza di usarlo; si diffonde invece l’idea che quella Dc sia proprio quella storica (che in effetti nessuno ha mai sciolto) e che possa operare di nuovo, come titolare esclusiva del simbolo. Giuseppe Pizza conquista visibilità sui media e al “suo” XX congresso della Dc parla persino Romano Prodi, finendo per scatenare polemiche.
Tutte le registrazioni incluse nell'episodio sono tratte dall'archivio di Radio Radicale, tranne l'intervento di Roberto Calderoli il 16 marzo 2006 a Matrix. -
L’idea che da qualche parte ci sia una Democrazia cristiana “addormentata”, diversa dagli altri partiti che se ne proclamano eredi e che attende di essere svegliata affascina varie persone. A dispetto delle prime sconfitte in tribunale, il gruppo della Dc ricomincia a riunirsi: si dà un nuovo segretario (Angelo Sandri), presenta candidature (anche se di solito con altri simboli) e torna in tribunale per chiedere che il Cdu smetta di molestare il – presunto – ridestato partito: inizia una battaglia giudiziaria che durerà anni e desterà colpi di scena.
Nel 2003 il primo XIX congresso elegge come nuovo segretario Giuseppe Pizza; l’anno dopo si tenta la carta delle elezioni europee (senza raccolta firme), ma il Viminale boccia nome e scudo crociato. Il risultato è pessimo e quel che resta della Dc di fatto si sdoppia, a causa delle liti tra Sandri e Pizza. Intanto altri democristiani cercano di agire con nomi (vecchi o nuovi) e simboli meno problematici; soprattutto, però, il 25 ottobre 2004 Gianfranco Rotondi rifonda la Democrazia cristiana (poi Democrazia cristiana per le autonomie), senza scudo, ma ottenendo dai legali rappresentanti del Ppi - ex Dc l’uso del vecchio nome. Che risuona di nuovo anche in Parlamento (ma non nell'etichetta ufficiale della componente).
Tutte le registrazioni incluse nell'episodio sono tratte dall'archivio di Radio Radicale, tranne un breve intervento di Gianfranco Rotondi (tratto da un'intervista rilasciata al sito www.isimbolidelladiscordia.it) e un frammento di Roberto Benigni che canta "Le proprietà di Berlusconi" a Vieni via con me (Rai3, 8 novembre 2010). -
Tra il 2001 e il 2002 c'è parecchio movimento nell'ipotetico centro della politica italiana e, dopo le elezioni si tenta la riunificazione in entrambi i poli. Nel centrosinistra nasce la Margherita, in cui confluisce il Ppi (che non si scioglie, ma si sospende); nel centrodestra si arriva all’Unione dei democratici cristiani e democratici di centro, unendo le vele di Democrazia europea (prima autonoma) e del Ccd allo scudo crociato portato dal Cdu. Da mesi, però, c'è chi vuole far tornare proprio la Dc storica: se nel 1994 nessun congresso l’ha sciolta o le ha cambiato il nome, vuol dire che il partito c’è ancora e ha chi lo rappresenta. Per questo varie persone hanno contattato Alessandro Duce, ultimo segretario amministrativo della Dc e primo tesoriere del Partito popolare italiano (poi rimasto amministratore del patrimonio democristiano come tesoriere del Cdu di Buttiglione). Duce si rivolge ai giudici e annuncia un nuovo tesseramento, ma dopo qualche mese i giudici lo fermano: per loro non c'è nessuna Dc da svegliare, visto che il partito continuano a rappresentarlo i vertici di Ppi e Cdu. Che, tra l’altro, sempre nel 2002 si accordano per terminare la co-gestione del patrimonio immobiliare dell’ex Dc: doveva essere provvisoria, è durata sette anni.
Le testimonianze di Raffaele Cerenza e Alessandro Duce sono state raccolte espressamente per questo podcast; gli altri contributi audio sono tratti dall'archivio di Radio Radicale. -
Un conto è andare dal notaio e costituire un’associazione-partito (come fanno Flaminio Piccoli e vari altri tra dicembre del 1997 e gennaio del 1998), un conto è cercare di partecipare davvero alle elezioni, senza poter più contare sul Cdu che - per qualche mese - ha preso la via cossighiana dell'Udr.
La prima occasione di rilievo arriva con le regionali in Friuli - Venezia Giulia del 1998, ma i contrassegni presentati sono bocciati per confondibilità con il simbolo del Cdu. Davanti al Consiglio di Stato, però, Piccoli e Angelo Sandri – difesi da Roberto Gava, fratello dell’ex ministro Antonio – riescono a farsi riammettere: per qualche manciata di ore segreterie politiche e redazioni impazziscono e credono/temono davvero che sia tornata la Dc, finché i giudici non tornano sui loro passi.
Nei mesi successivi, in compenso, vari giudici, su richiesta di Cdu e Popolari, si pronunciano contro la Dc di Piccoli. Quando nel 2005 arriva la prima sentenza in materia, però, Flaminio Piccoli è morto da cinque anni. La strada del partito nuovo con nome e simboli vecchi non porta da nessuna parte: qualcuno è già al lavoro per cercarne altre.
Tutte le registrazioni incluse nell'episodio sono tratte dall'archivio di Radio Radicale. -
Tra il 1996 e il 1997 in Italia spuntano vari gruppi di Rinascita della Democrazia cristiana, con relativi simboli: si muovono soprattutto Andreino Carrara tra Bergamo e Roma e Angelo La Russa in Sicilia. Nel frattempo l'ex segretario Dc Flaminio Piccoli chiede a Gianfranco Rotondi di convocare tutti gli ex delegati all'ultimo congresso (che nel 1989 aveva eletto Arnaldo Forlani) perché si possa decidere di riprendere l'attività del partito. La macchina - grazie al Cdu - si mette in moto e il 21 giugno 1997 all’Ergife a Roma ci si incontra per la prima volta (per il "XIX congresso", in cui parla a lungo anche Forlani): si fa concreta l'idea di creare un nuovo partito, da chiamare proprio Democrazia cristiana e da distinguere con lo scudo crociato, nel quale riunire il maggior numero possibile di (ex?) democristiani sotto la presidenza di Piccoli. Si fa sul serio? E, soprattutto, il disegno riuscirà?
Tutte le registrazioni incluse nell'episodio sono tratte dall'archivio di Radio Radicale, tranne l'intervista a Robert Carrara (realizzata appositamente per questo podcast) e un breve intervento di Gianfranco Rotondi (tratto dalla presentazione del suo libro La variante Dc per il sito www.isimbolidelladiscordia.it). -
Un filosofo arriva alla guida dei Popolari e in pochi mesi l'atmosfera si fa tesissima. Rocco Buttiglione (già colto in un discusso “fuori onda” con il forzista Tajani) in vista delle regionali del 1995 sigla per il Ppi un’alleanza col centrodestra dopo che il suo partito gli aveva chiesto di non stringere accordi con Alleanza nazionale. Al consiglio nazionale dell’11 marzo 1995 all'hotel Ergife pone la fiducia sulla sua linea politica, ma perde 99 a 102; lui non si dimette, i suoi avversari lo sostituiscono con Gerardo Bianco e scoppia il finimondo.
Si guerreggia (sul serio) in Piazza del Gesù e in tribunale, anche dopo che i popolari europei impongono un accordo: i due gruppi si dividono segni distintivi (Bianco mantiene il nome, Buttiglione ottiene l'uso del simbolo dello scudo crociato), testate e dipendenti, continuando a gestire insieme solo il patrimonio immobiliare per ordine del tribunale di Roma. Ppi e Cdu cammineranno su strade diverse e in poli diversi, con scomposizioni e ricomposizioni, ma intanto qualcuno ha già nostalgia della Dc.
Tutte le registrazioni incluse nell'episodio sono tratte dall'archivio di Radio Radicale. -
Il 18 gennaio 1994 dovrebbe essere il giorno della trasformazione, del passaggio dalla Dc al Partito popolare italiano (senza un congresso: per Martinazzoli ci sarà tempo di farlo più in là, ma di fatto in quel modo non si terrà mai), proprio nel 75° anniversario dell’appello ai liberi e forti di Sturzo.
E invece, a cento metri dall’Istituto Sturzo dove nel pomeriggio viene lanciato politicamente il Ppi, al mattino muove i primi passi il Centro cristiano democratico, che raccoglie chi non vuole stare fuori dai poli, perché si rischiava di far vincere la sinistra. E se i popolari si sono tenuti lo scudo, gli altri si accontentano di citarlo su una vela (disegnata da Giugiaro, mai pagato per questo) e di farsi sospingere verso il baluardo contro i progressisti, Silvio Berlusconi, non prima di farsi dare parte del patrimonio del partito abbandonato.
Il Ppi continua il suo cammino, cercando di non perdere altri pezzi: il peccato originale del cambio di nome senza congresso, in compenso, rispunterà vari anni dopo.
Tutte le registrazioni incluse nell'episodio sono tratte dall'archivio di Radio Radicale. -
Dopo il calo alle elezioni del 1992, per la Democrazia cristiana arrivano le batoste del Quirinale (viene eletto il diccì Scalfaro, ma non il segretario Forlani, impallinato anche dai suoi) e - oltre ai referendum - delle amministrative del 1993 (la Dc conquista pochissimi comuni, spesso non si presenta o non arriva al ballottaggio).
Nel frattempo, dal 23 al 26 luglio al Palazzo dei congressi dell’Eur si svolge l’assemblea programmatica costituente: "Per l'Italia una nuova presenza popolare". Il nuovo segretario Mino Martinazzoli dice che il simbolo dello scudo crociato deve restare, ma propone di riadottare il nome coniato da Sturzo, "Partito popolare italiano". Qualcuno è convinto, qualcuno è più tiepido o addirittura teme che questo preluda a posizioni non nettamente alternative alla sinistra (o che comunque possano favorirla). Martinazzoli ottiene poteri straordinari e prepara la trasformazione della Dc, ma l'unità politica dei cattolici inizia a scricchiolare.
Gli interventi all'assemblea del Palacongressi (luglio 1993) sono tratti dalle registrazioni disponibili sul sito di Radio Radicale. -
Nel 1994 il nome "Democrazia cristiana" scompare dalla vita politica italiana (mentre i democristiani sono rimasti un po' ovunque). Per capire come si è arrivati a quel punto, però, bisogna fare vari passi indietro: la crisi della Dc, infatti, inizia con la vittoria schiacciante dei "Sì" al referendum del 9 giugno 1991 (voluto soprattutto dal riformatore diccì Mario Segni), che riduce a una sola le preferenze esprimibili nel voto per la Camera. Caduto il muro di Berlino, mentre il mondo intero cambia, la Dc sembra non riuscire a fare altrettanto con la stessa velocità; il cambio di sistema elettorale, seguito al referendum del 1993, dà il colpo di grazia al partito.
Oltre che da Radio Radicale, alcuni estratti provengono dal documentario "Andate al mare - La disfatta della Prima Repubblica" (2020), su concessione degli autori Antonio Plescia e Giacomo Visco Comandini.